Settembre nero per i contribuenti italiani. Con la fine di agosto, e nella sostanza dell’estate, l’Agenzia delle Entrate ha iniziato a inviare le prime cartelle esattoriali dopo il blocco di 18 mesi dovuto alla pandemia. Gli avvisi di riscossione sono ben 25 milioni, sebbene l’ente abbia rassicurato che da qui alla fine dell’anno saranno “solamente” 4 milioni. Magrissima consolazione, dato che si tratterebbe di 1 milione di cartelle al mese, qualcosa come 33.000 al giorno. Un’enormità. Tant’è che il Parlamento ha chiesto al governo lo stop alla riscossione, votando una mozione presentata da Forza Italia.

Resta da vedere se l’esecutivo vi darà seguito con un emendamento alla Nadef.

I dati ci dicono che gli importi di metà delle cartelle esattoriali in corso di invio ai contribuenti sono inferiori ai 300 euro. E nel 10% dei casi superano i 5.000 euro. Dunque, nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di bassi importi. Il problema è che arrivano a destinazione in una fase delicata per l’economia italiana. La ripresa è iniziata da poco dopo lunghi mesi di chiusure e restrizioni anti-Covid, ancora parzialmente attive. Molte attività non conoscono il loro destino per i prossimi mesi. Temono nuove chiusure come nell’autunno scorso.

Verità e dati sulle cartelle esattoriali

La verità è che hanno ragione entrambi i fronti. Si fa presto a dire di rottamare le cartelle esattoriali. Il punto è che fanno riferimento a crediti che il Fisco vanta da prima della pandemia, pur in qualche caso da decenni. Sarebbe giusto stracciarle e fingere che non sia accaduto nulla? I contribuenti onesti o che hanno pagato dopo avere ricevuto una prima sollecitazione sarebbero stati più stupidi? D’altra parte, nel magazzino dell’Agenzia vi sono crediti per quasi 1.000 miliardi, cioè pari al 60% del PIL. Se potessero essere riscossi per intero, avremmo risolto il problema del debito pubblico nel giro di qualche mese.

Ma di questi 1.000 miliardi, gli importi che si calcola potranno effettivamente essere riscossi ammontano sugli 85 miliardi. Tantissimi, ma certo appena l’8-9% del totale. E fidatevi se vi diciamo che neppure questi 85 miliardi saranno incassati tutti e certamente non nell’arco di breve tempo. La macchina della Pubblica Amministrazione si conferma, quindi, profondamente inefficiente. Lo stesso direttore dell’Agenzia, Ernesto Ruffini, ha invitato il Parlamento a varare una legge per stracciare le cartelle esattoriali di basso importo. Riscuoterle costerebbe di più. In sostanza, stiamo spendendo i soldi dei contribuenti in molti casi per incassare somme inferiori ai costi.

Serve il giusto equilibrio tra lassismo e spirito di persecuzione. I contribuenti non possono pensare che la pandemia abbia cancellato il passato con un colpo di spugna. Devono essere, però, messi nelle condizioni di pagare. Sembra inopportuno che siano chiamati a farlo quando ancora la crisi non è alle spalle e il futuro resta incerto. Rischiamo di deprimere la ripresa, se milioni di italiani pagassero anche importi modesti attingendo ai propri risparmi. La ripartenza dei consumi per i prossimi mesi sarebbe meno robusta del previsto. In attesa di una compiuta riforma delle riscossione, si auspica largamente condivisa tra le forze politiche, il governo Draghi dovrebbe evitare di mostrarsi fesso con i disonesti, ma anche di apparire un Dracula dello Stivale.

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