I commissari di Alitalia hanno chiesto altri 12 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria (cigs) per 7.086 dipendenti, inclusi i 209 della regionale Cityliner. Si tratta di un dato superiore ai 6.828 dipendenti della compagnia in cassa integrazione dallo scorso mese di novembre. E’ il segno che non solo la crisi aziendale non stia affatto evolvendo verso una soluzione, ma anzi che starebbe deteriorandosi.

Dovremmo chiederci dove finisca la cassa integrazione e dove si configuri la truffa ai danni dei contribuenti. Intendiamoci, i commissari stanno semplicemente prendendo atto della realtà.

Il punto è che si finge di poter affrontare il problema con gli strumenti messi a disposizione dal legislatore per i casi di crisi aziendale e di ristrutturazione. Alitalia, però, è prossima alla cessazione della sua attività, quale che sia l’interpretazione della nascita di ITA.

A proposito, proprio il decollo della nuova compagnia di stato appare tutto, fuorché una soluzione al disastro storico del trasporto aereo italiano. Nascerà con appena 52 velivoli, di cui solamente 7 adibiti al lungo raggio. In sostanza, si cercherà di porre fine ai mali di Alitalia, portandoseli dietro in ITA. Sì, perché il brusco atterraggio della compagnia inizia oltre una ventina di anni fa. L’Unione Europea avvia la graduale liberalizzazione del trasporto aereo. Entrano sul mercato le compagnie low cost. I grandi vettori nazionali, tra cui Lufthansa ed Air France, capiscono che un’era sia finita e si concentrano sul lungo raggio, consapevoli che subiranno una concorrenza agguerrita sui mercati domestici.

Alitalia trasferisce a ITA i suoi difetti

Alitalia fa esattamente il contrario. Anziché investire nelle rotte intercontinentali, inizia a smantellarle. Ai primi anni Duemila, ad esempio, cessa i voli con la Cina. Il segno di un’assenza di visione, ancor prima che di un piano aziendale. La politica, bipartisan, assiste colpevolmente in silenzio. Anzi, fa credere ai dirigenti della compagnia che potranno soccombere alla loro inconsistenza manageriale con leggi ad hoc per restringere la concorrenza.

Alitalia si riduce ad essere un vettore domestico sempre più piccolo e inefficiente e insidiato per la prima volta persino dall’Alta Velocità dei treni su gran parte del territorio nazionale.

Perché mai prendere l’aereo sulla rotta Milano-Roma, quando con Frecciarossa si arriva in sole 3 ore? Alitalia non lo capisce e dopo il fallimento del 2008, pretende con la privatizzazione in favore dei famosi “capitani coraggiosi” di godere per gli anni seguenti del monopolio sulle tratte nazionali più remunerative. Anziché approfittarne almeno per risollevarsi, la compagnia si adagia sugli allori. Fino ad arrivare al commissariamento del 2017, che ha portato a galla contratti sospetti con prezzi gonfiati per l’acquisto di servizi da terzi.

E’ la storia di una incapacità cronica a confrontarsi sul mercato. E ITA nasce sulla stessa scia di un mancato piano industriale. Forse, è la presa d’atto che ormai sul lungo raggio la concorrenza dei grandi vettori appare indomabile. Ma intestardirsi nel procrastinare gli scempi di Alitalia è diabolico. Intanto, paga sempre pantalone.

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