In 4 anni, nonostante l’aiuto da parte del governo italiano, Alcoa non è riuscita a trovare un acquirente per lo stabilimento di Portovesme, nel Sulcis. Dinanzi a tale situazione la multinazionale americana si vede quindi costretta ad avviare le procedure operative per la chiusura e lo smantellamento del sito produttivo. E’ stata affidata a un comunicato stampa di poche righe la decisione del colosso dell’alluminio di chiudere in giochi in Sardegna. La morale del comunicato è molto chiara: Alcoa lascia la Sardegna e chiude tutto.

La mossa del colosso dell’alluminio ha destata sorpresa ma non può essere definita assolutamente un fulmine e ciel sereno. Al di là delle dichiarazioni di facciata che da più parti sono arrivate in questi 4 anni di passione, la drammaticità della situazione si era intuita da tempo. Complice la crisi dell’alluminio e l’insostenibilità di un sito in Sardegna, la strada per arrivare all’individuazione di un acquirente era apparsa subito in salita.

Certamente in questi 4 anni non erano mancati gli impegni e i faccia a faccia tra il governo, la multinazionale, gli enti locali e i lavoratori. A mancare è sempre stata, invece, una proposta credibile che portasse a un passaggio della proprietà. Vi erano state le trattative con gli svizzeri di Glencore ma questi ultimi avevano messo sul piatto una serie di richieste tali da far apparire la cessione come un passaggio di favore.

La reazione del governo all’annuncio di Alcoa

Subito dopo l’annuncio di Alcoa di voler chiudere tutta la partita in Sardegna, puntuale, è arrivata la replica da parte del governo. Una nota del ministero dello Sviluppo Economico ha parlato di mossa inattesa da parte di Alcoa anche perchè era stata già convocata per settembre una riunione a Roma per fare il punto della situazione. Un summit, l’ennesimo che, evidentemente, Alcoa ha ritenuto inutile allo luce di quello che non avvenuto negli ultimi 4 anni.

Nel comunicato stampa diffuso dalla multinazionale, infatti, si afferma che “lattività produttiva è stata interrotta a novembre 2012 e lo stabilimento è stato chiuso ad agosto 2014. A partire dall’interruzione dell’attività produttiva, considerevoli sforzi sono stati compiuti per trovare un acquirente idoneo, ma le condizioni del mercato dell’alluminio non l’hanno consentito“.

E’ Bob Bear, vice president Transformation di Alcoa a fare quindi il punto su quello che avverrà adesso. “L’obiettivo -evidenzia il manager – è proseguire con l’adempimento dei nostri obblighi e preparare il sito per attrarre nuovi business e creare nuove opportunità di lavoro“. La parte più forte delle dichiarazioni di Bear è quella in cui il vice presidente afferma che “la fase di bonifica del suolo che ha avuto inizio a marzo 2016 sarà affiancata da un processo di dismissione graduale che avrà inizio entro la fine del 2016“. Parole dure come un macigno che confermano solo l’impressione che, questa volta, i giochi siano davvero chiusi.

La reazione dei sindacati

Reduci da una lotta durissima a difesa di Alcoa, i sindacati hanno già reso noto che non intendono cedere. Fu grazie ai rappresentanti dei lavoratori se la storia della multinazionale dell’alluminio in Sardegna si è allungata di alcuni anni. Le risposte alle intenzioni del management di Alcoa, quindi, non stupiscono per la loro durezza. Ma questa volta c’è un fattore in più: 4 anni di ricerche hanno mostrato che nessun colosso vuole quel sito del Sulcis.