Lo Sri Lanka è un’isola al largo delle coste indiane. Ottenne l’indipendenza dal Regno Unito nel 1948. E’ un’economia emergente ancora a uno stadio di sviluppo medio-basso, anche se finora ha vissuto in condizioni nettamente superiori a quelle dell’India. Da poco è andato in default su 51 miliardi di dollari di debito estero. Ma è la cosa meno peggiore che sta accadendo a Colombo. La crisi dell’economia sta travolgendo i 22 milioni di residenti. Il 90% delle famiglie è costretto a saltare i pasti a causa della carenza di cibo.

Le file dinnanzi ai distributori di benzina possono durare ore e non è detto che si abbia la fortuna di trovare ancora carburante. Questa settimana, il premier Ranil Wickremesinghe ha lanciato un appello disperato alla comunità internazionale: “l’economia è crollata”.

Cause della crisi in Sri Lanka

Per capire cos’è successo nello Sri Lanka dobbiamo fare un passo indietro al 2019. Quell’anno, a Pasqua vi furono attacchi suicidi contro le chiese, che provocarono 260 morti. Già l’accaduto ridusse il numero dei turisti stranieri, sceso a 1,9 milioni. L’anno seguente, però, a causa della pandemia tale dato crollava a soli 570.000. Un’importante fonte di entrata di valuta estera si era prosciugata.

Nel frattempo, l’ex premier Mahinda Rajapaksa varava un potente taglio delle tasse in deficit. Le agenzie internazionali riducevano i rispettivi rating sul debito cingalese. E l’anno scorso, il governo a sorpresa vietò l’uso dei fertilizzanti chimici in agricoltura, con l’obiettivo di essere il primo paese a coltivare solo prodotti biologici. La misura non fu accompagnata da alcun piano di transizione. Il risultato fu il crollo dei raccolti e la necessità per lo Sri Lanka di aumentare le importazioni di generi alimentari dall’estero. Con lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, poi, questi sono rincarati a livelli insostenibili persino per le economie ricche del mondo.

Finiti i dollari per le importazioni

L’insieme di questi fattori ha provocato il prosciugamento delle riserve valutarie, tant’è che il ministro delle Finanze ha dichiarato in questi giorni che vi sarebbero appena 25 milioni di dollari a disposizione per comprare beni dall’estero. Le importazioni sono state limitate ai soli prodotti di prima necessità. Manca di tutto e persino i prodotti di base scarseggiano. La banca centrale ha svalutato la rupia locale del 44% contro il dollaro quest’anno, ma ciò risulta ormai insufficiente a garantire la risalita delle riserve. L’inflazione nel frattempo è esplosa al 43,5% a maggio, mentre i prezzi dei generi alimentari corrono al ritmo di almeno il 60%.

L’India ha già sostenuto finanziariamente lo Sri Lanka con prestiti per 4 miliardi di dollari, mentre altre centinaia di milioni sono arrivate da Cina, Giappone e Australia. Rappresentanti di Nuova Delhi stanno discutendo con Colombo di un nuovo prestito, ma è lo stesso premier cingalese ad avvertire di non aspettarsi troppo dai colloqui, perché “l’India non può sostenerci all’infinito”. Un accordo con il Fondo Monetario Internazionale è atteso entro la fine di luglio; ovviamente arriveranno prestiti in cambio di riforme economiche. Di questo passo, però, l’isola non resiste un altro mese. Il governo ha fatto presente che per alleviare la carenza di carburante intensificherà gli acquisti di petrolio russo a sconto. Un capolavoro dell’Occidente voltarsi dall’altra parte, l’ennesimo.

Fuga dall’isola per sfuggire alla fame

La popolazione protesta chiedendo le dimissioni anche del presidente Gotabaya Rajapaksa, fratello del dimissionario ormai ex premier. I due fanno parte di un clan familiare accusato di avere depredato risorse pubbliche, tant’è che le agenzie internazionali hanno chiarito che qualsiasi aiuto che sarà offerto allo Sri Lanka dovrà passare per rigidi controlli, onde evitare un cattivo uso dei fondi.

L’unica via d’uscita che molti cittadini stanno trovando per sfuggire alla fame è espatriare. Già quest’anno al 15 giugno sono stati rilasciati 329.000 passaporti, un ritmo doppio rispetto ai 382.504 dell’intero 2021. La gente fa la fila davanti agli uffici sotto la pioggia e il sole e non molla mai il posto, non vedendo l’ora di ottenere il rilascio di un pezzo di carta per uscire fuori dal paese. Gli occhi del mondo sono distratti dalla guerra e dalla crisi energetica che sta travolgendo l’Occidente. Eppure il caso di Colombo si mostra abbastanza indicativo di quello che potrà accadere tra le economie emergenti nei prossimi mesi. Le tensioni esistono già in paesi come Tunisia, Egitto, Turchia, Libano, ecc. Potremo fingere di non vedere finché i disperati non arriveranno a casa nostra senza bussare.

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