Nel mese di agosto, i conti bancari degli italiani erano un po’ meno gonfi del mese precedente: 1.860,7 miliardi di euro, in calo dai 1.874,5 miliardi di luglio. Sarà stato il peso dei consumi per andare in vacanza dopo due anni di chiusure per Covid. O forse avrà inciso l’inflazione, che ha indotto milioni di famiglie a intaccare i propri risparmi per fare la spesa. Fatto sta che è ancora troppo presto per capire se si stia trattando di un’inversione di tendenza.

Su base annua, poi, il saldo rimane estremamente positivo. Nello stesso mese del 2021, i conti bancari italiani, tra conti deposito e conti correnti, ammontavano a 1.799,7 miliardi.

Perdite choc con crescita prezzi

Noi italiani, lo sappiamo, siamo un popolo di risparmiatori. Un po’ meno, forse, di oculati investitori. Se prendiamo i numeri sopra indicati e li combiniamo con quelli sui tassi d’interesse e dell’inflazione, ne otteniamo un quadro catastrofico. Sempre ad agosto, l’indice dei prezzi al consumo segnava per l’Italia un aumento annuale dell’8,4%. A settembre, poi, accelerava all’8,9%. Mai così alto da metà anni Ottanta. Quanto agli interessi offerti dalle banche ai clienti, la media dell’agosto 2021 era di poco superiore allo 0,30% lordo.

Dunque, i conti bancari nell’ultimo anno hanno generato una miseria di interessi, ma allo stesso tempo hanno subito una perdita del potere di acquisto di quasi 150 miliardi di euro. A tanto ammonta l’erosione dell’inflazione in dodici mesi sui 1.800 miliardi. Pensate a quante cose il sistema Italia potrebbe fare con quella cifra. Ciascuno di noi potrebbe spendere di più, avere da parte un gruzzolo maggiore per i brutti momenti o per investire. E fa specie che ciò accada proprio mentre viviamo l’incubo del caro bollette, con milioni di famiglie che non sanno dove sbattere la testa per pagare luce e gas.

Conti bancari devastati da inflazione

L’inflazione è la classica tassa occulta. Non è vero che sia sui poveri, essa è una tassa che grava su tutti. I più poveri la pagano al supermercato, i più abbienti soprattutto in banca, nel caso tengano liquidità infruttifera o quasi. Se lo stato annunciasse un prelievo forzoso dell’8% sui conti bancari, giustamente scatteremmo dalla sedia e protesteremmo vivacemente. Ancora oggi è fervido il ricordo della stangata dello 0,6% del luglio 1992. Ma nessuno di noi alza la voce o s’impensierisce se capisce di avere perso l’8% in un anno a causa dell’inflazione. Un po’ c’entra certo fatalismo, per cui facciamo spallucce come se non fosse stato possibile evitare la maxi-perdita.

Invece, non è così. Una gestione più accorta dei risparmi dovrebbe evitarci simili risultati. E’ vero che nell’ultimo anno hanno sofferto anche gli investimenti di natura finanziaria, a causa del contestuale e inusuale crollo sia del mercato azionario, sia del mercato obbligazionario. Ma stiamo parlando di perdite nel breve, verosimilmente destinate a lasciare spazio ai guadagni e che arrivano dopo tanti anni di corsa dei prezzi. L’inflazione, invece, bassa o alta, rosicchia i risparmi sempre. E se non ce ne accorgiamo in tempo, è perché la crescita dei prezzi non è esplosiva, fuorché in alcuni periodi particolarmente negativi come questo, bensì avviene lentamente. Come la goccia che perfora la pietra.

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