Si è spesso parlato del giro di affari relativo all’acqua minerale in Italia, un business che, solo nel nostro paese, è stimato intorno ai 10 miliardi e un fatturato che tocca 2,8 miliardi per le aziende che operano nell’imbottigliamento. Di recente, in merito ad una campagna legata all’economia circolare, si era discusso dei potenziali benefici per chi preferisce l’acqua del rubinetto a quella imbottigliata. Non solo una questione economica ma anche legata alla salute.

I numeri italiani

Nel nostro paese, rispetto a molti altri europei e non solo, si bevono molti più litri di acqua minerale in bottiglia, si stimano  208 litri all’anno contro una media europea di 106 litri, una questione che è legata indubbiamente anche alla questione dei rifiuti e il loro smaltimento.

Bottiglie di acqua con microplastica

Secondo un recente articolo riportato da Il Fatto Alimentare, infatti, alcuni ricercatori del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università Statale di Milano avrebbero scoperto la presenza di microplastiche nei tappi delle bottiglie dell’acqua, microplastiche che si liberano ogni volta che il tappo si svita. Alcune ricerche, infatti, avevano appurato che nell’acqua in bottiglia erano state trovate delle microplastiche e i ricercatori hanno scoperto che sarebbero i tappi i colpevoli.

Lo studio, che è stato pubblicato sulla rivista Water Research, voleva analizzare le conseguenze dell’usura delle bottiglie sui tipi di microplastiche trovate nell’acqua. I ricercatori hanno studiato e analizzato 3 diversi marchi di acqua minerale realizzate con PET (polietilene tereftalato) tramite l’apertura e chiusura del tappo, azione eseguita varie volte, e facendo rotolare le bottiglie sotto un peso da 5 kg. Ad essere incriminati, alla fine della fiera, sono i tappi realizzati in HDPE (polietilene ad alta densità) durante l’azione di apertura e chiusura degli stessi. Secondo i ricercatori, quindi, il problema del tappo potrebbe avere conseguenze anche per le bottiglie e le borracce riutilizzabili con tappo a vite.

Il problema è stato sottolineato anche da Paolo Tremolada, professore di ecologia e uno degli autori dello studio che ha fatto notare come il punto debole delle bottiglie sia proprio il tappo: “i produttori dovrebbero garantire ai consumatori la purezza dell’acqua anche rispetto al contenuto di plastica, come già accade per batteri e altri contaminanti. Invece, non essendoci controlli c’è il rischio che un elevato quantitativo di microplastiche entri in contatto con l’organismo o sia disperso nell’ambiente e quindi possa finire i nuovo nel cibo per via indiretta”.

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