Copertina dell’Economist dedicata al premier Abe

Anche oggi la Borsa di Tokyo è crollata del 3,72% a 13.261,82 punti (Chiusura Borsa Tokyo in rosso: la Cina rallenta). 

Si tratta dell’ennesima correzione, dopo che in poco più di cinque mesi, il listino era cresciuto del 70%. Ora la borsa giapponese vale 14 volte gli utili delle imprese quotate, il doppio di solo un anno fa. Ma con i profitti delle aziende in rimonta, specie di quelle legate all’export, correzioni ulteriori al rialzo sono previste possibili anche per i prossimi due anni.

 

L’economia giapponese e le politiche monetarie della Banca Centrale

Quel che stupisce è che il Giappone stia attuando un programma di governo sotto il premier di destra Shinzo Abe, che lo rende un caso unico al mondo, in tempi di austerity. Non solo la Bank of Japan stampa moneta a go-go e raddoppia la base monetaria, aumentandola di 1.400 miliardi di yen, ma il governo intende proporre aree a fiscalità di vantaggio, in modo da consentire la ripresa dell’economia in zone depresse come Fukushima post-incidente nucleare. E a differenza di un’Europa che guarda alle energie alternative per sganciarsi dalla dipendenza del petrolio e del nucleare, il Giappone di Abe continuerà a puntare sull’atomo con la previsione di investimenti massicci.

Certo, i crolli in borsa di queste ultimissime settimane lasciano intravedere i limiti della cura Abe-Hirohiko. Se da un lato s’inondano i mercati di liquidità, dall’altro i rendimenti sui bond governativi a lunga scadenza tendono a crescere e ciò per effetto dell’innalzamento del target annuo d’inflazione al 2%. Prezzi più alti richiedono rendimenti nominali più alti. Tuttavia, ancora oggi la crescita di questi ultimi è stata inferiore al tasso d’inflazione programmato entro due anni, per cui i rendimenti reali stanno diminuendo.

I tonfi in borsa, quindi, sono legati alla prospettiva dei prossimi anni, non alla contingenza. Bisognerà vedere in futuro se a livello reale l’aggiustamento ci sarà stato o sarà rimasto tutto pressoché uguale.

Il debito pubblico giapponese è al 245% del pil, ma tolta la parte collocata presso gli altri enti pubblici e le riserve valutarie, risulta inferiore a quello italiano. Per non parlare del deficit. Vero è che è già al 10% del pil e Abe lo vorrebbe portare quest’anno all’11,5%, ma la pressione fiscale nipponica si attesta al 30%, quando in Europa si supera spesso il 50% e la spesa pubblica è mediamente sopra il 50% nella UE. Cioè, se anche tutto il deficit dovesse essere coperto in futuro con aumenti di imposte, il paese avrebbe comunque una pressione fiscale inferiore di dieci punti alla nostra, risultando più competitivo.

E nonostante al governo ci sia la destra nazionalista, fautrice delle tutele verso le categorie tradizionali del paese, Abe punta al libero scambio con il Pacifico, USA inclusi, liberalizzando il commercio agricolo e della pesca.

Ciò che aiuta Tokyo sono i punti solidi di partenza. Si va mediamente in pensione quasi a 70 anni (69,7 anni), percependo appena il 35% dell’ultimo stipendio. La popolazione è molto vecchia, è vero, ma gli altri paesi si stanno avvicinando, uno tra tutti la Cina, che dovrebbe mostrare una demografia peggiore di quella giapponese entro i prossimi 20 anni.