Seguire l’esempio delle casse depositi e prestiti francesi e tedesche «per ridurre il debito e aiutare l’Italia a monetizzare i suoi attivi». È questa la cura “taglia-debito” che il manager di Mediobanca Securities Antonio Guglielmi ha illustrato al Cnel lo scorso giugno. Il manager della banca italiana è dell’avviso che si possa porre rimedio alla questione del debito pubblico italiano impiegando le risorse finanziarie e la posizione “privilegiata” della Cassa depositi e prestiti (Cdp) all’interno dell’assetto istituzionale italiano.

La Cdp è assieme alla collega francese Caisse des Dépots et Consignations (Cdc) e alla tedesca Kreditanstalt für Wiederaufbau (Kfw) un’entità creditizia «quasi bancaria» che, seppur interamente garantita dallo Stato, non rientra nella definizione di debito pubblico. E proprio grazie a questa sua peculiarità in Germania è stato possibile immettere 400 miliardi di euro di liquidità nella disastrata rete delle Landesbanken, senza aggravare le finanze federali. «Ma se questi 400 miliardi fossero chiamati con il loro vero nome, ossia debito pubblico – annota Guglielmi – lo “spread” reale tra il nostro rapporto debito/PIL e quello tedesco sarebbe almeno il 50% inferiore rispetto a quello attuale».  

CASSA DEPOSITI E ORO BANCA D’ITALIA PER RIDURRE IL DEBITO PUBBLICO

Perché allora non si ricorre anche in Italia all’escamotage contabile tanto caro alle controparti francesi e tedesche? Secondo Guglielmi si tratta di un’idea percorribile, ma per farlo sarebbe necessario allestire un’operazione di dismissione atipica, ossia trasferendo alla Cdp una parte degli asset dello Stato. Nel suo complesso, gli asset oggetto di dismissione avrebbero un controvalore prossimo ai 200 miliardi di euro, di cui 90 miliardi composti da immobili disponibili e non strategici, quasi 50 miliardi da partecipazioni in grandi aziende (quotate e non) e 50 miliardi dalle riserve auree di Banca d’Italia (Tanto oro per nulla, cosa fare con le riserve della Banca d’Italia).

Per finanziarsi, la Cdp emetterebbe obbligazioni, come – tra l’altro – già fanno le colleghe Cdc e Kfw da parecchi anni. Forte della presenza di riserve auree a supporto delle emissioni, le nuove obbligazioni potrebbero valere ai bond della Cdp un rating di prim’ordine, forse anche la tripla A. Contestualmente, l’istituto si prenderebbe l’onere di valorizzare, ossia di dismettere, gli asset della Pubblica Amministrazione.  

EUROBOND E UNA CASSA DEPOSITI E PRESTITI EUROPEA

Il manager di Mediobanca ritiene che lo stesso meccanismo possa essere introdotto a livello europeo, magari mettendo le dotazioni di Cdc, Cdp e Kfw a garanzia delle emissioni debitorie comunitarie (gli Eurobond). Secondo Guglielmi, infatti, l’istituzione di una Cdp europea «permetterebbe di superare la riluttanza tedesca verso passivi comuni e segmentati garantendo, invece, degli “euro covered bond” con attivi diversificati e comuni». Lo Stato italiano potrebbe pertanto utilizzare i suoi attivi per ridurre il debito o metterli a copertura delle emissioni della Cdp europea. Nel caso, invece, nessuna delle due opzioni ricevesse il nulla osta dalla parte della Germania, il manager di Mediobanca ritiene inevitabile «l’inclusione della Cdc, della Cdp e della Kfw nella definizione di debito pubblico: sarebbe un modo più corretto di valutare i divari tra l’ indebitamento dei singoli paesi della Ue».