Meno di 500 km separano Parigi da Londra e forse mai come da molti anni a questa parte le due parti della Manica sono state così vicine. Se la Francia è in preda all’isteria politica con cambi di governo ogni due e tre, il Regno Unito non se la sta passando molto meglio. Un governo ce l’ha ed è guidato dal premier laburista Keir Starmer da 15 mesi. Ma appare tutt’altro che saldo. Una crisi che si riflette nei Gilt, i titoli di stato emessi dal Tesoro britannico. La scadenza a 10 anni offre poco meno del 4,75% e quella a 30 anni più del 5,55%, rispettivamente +55 e +80 punti base in un anno.
Fondi UK spaventati da crisi dei Gilt
Tornati al governo dopo 14 anni all’opposizione, i laburisti sono divisi sulla politica fiscale. Il cancelliere dello Scacchiere Rachel Reeves cerca di mantenere il controllo dei conti pubblici, mentre l’ala progressista del partito vorrebbe risparmiare ai cittadini i tagli alla spesa. E mentre la prima redige il budget per il prossimo anno, i mercati non ci stanno capendo più niente. La crisi dei Gilt rischia di deflagrare se l’opposizione interna prendesse il sopravvento. A guidarla è sempre più il sindaco di Manchester, Andy Burnham, secondo cui il governo non dovrebbe avere remore nell’emettere più titoli del debito per finanziarsi.
Tra i fondi d’investimento è scattato l’allarme. Una decina di questi hanno appena fatto appello alla Banca d’Inghilterra, affinché cessi il suo Quantitative Tightening (QT). L’istituto aveva accumulato tra il 2008 e il 2022 bond sovrani per 875 miliardi di sterline attraverso l’Asset Purchase Facility, un programma monetario varato con lo scopo di reagire alla crisi finanziaria mondiale.
Attualmente, a bilancio lo stock è sceso a 558 miliardi. Non solo la Old Lady non acquista più bond, ma non rinnova neanche le scadenze. Anzi, vende sul mercato Gilt e questo sta contribuendo alla crisi dei prezzi.
Inflazione alta lega le mani alla Banca d’Inghilterra
A settembre, il governatore Andrew Bailey annunciava il taglio da 100 a 70 miliardi di sterline delle vendite per l’anno successivo. Troppo poco per i fondi d’investimento britannici, secondo cui si starebbe alimentando un circolo vizioso insensato. Le stime narrano di una maggiore spesa per interessi all’anno tra 1 e 3 miliardi. La City o almeno parte di essa accusa la Banca d’Inghilterra di alimentare la crisi dei Gilt, aumentando i rendimenti con la conseguenza che il deficit fiscale sale e a sua volta ciò spinge il mercato a reclamare rendimenti ancora più alti.
Il problema è che l’istituto non ha varato il QT per capriccio. Ancora nel mese di agosto l’inflazione si attestava al 3,8%, ben sopra il target del 2%. Ha già tagliato i tassi di interesse al 4%. Allentare ulteriormente la politica monetaria è rischioso. L’inflazione potrebbe tornare a salire o restare alta, alimentando la sfiducia dei mercati e il malcontento dei cittadini. Anziché aumentare i margini di manovra del governo sui conti pubblici, questi si ridurrebbero.
Timori per nuovo “effetto Truss”
I fondi parlano in difesa dei propri interessi. Rendimenti in rialzo comportano il deprezzamento dei Gilt e perdite nei loro bilanci. Il problema diventa più generale quando si parla di fondi pensione. Il rischio è che tali perdite colpiscano gli assegni di coloro che dovranno andare in pensione da qui a breve e che non possono attendere la ripresa dei prezzi. L’ultima volta che la City scendeva in campo pubblicamente per reclamare un intervento della Banca d’Inghilterra fu tre anni fa esatti. I rendimenti stavano esplodendo a seguito della presentazione del nuovo budget del governo di Liz Truss, appena nato.
Esso prevedeva corposi tagli alle tasse in deficit. Con un’inflazione che correva in doppia cifra, la crisi dei Gilt divampò. Da allora i governi che si sono succeduti – quello conservatore di Rishi Sunak e l’attuale – stanno attenti a non replicare l’infausto “effetto Truss“. Per questo Reeves non vuole mollare il freno alla spesa pubblica. Teme la reazione dei mercati dopo l’assaggio di inizio luglio, quando il dietrofront sui tagli all’assistenza provocò la risalita dei rendimenti e la caduta della sterlina.
Gilt in crisi anche per riarmo UK
Mentre il debito pubblico si avvicina al 100% del Pil, Starmer è impegnato sul fronte bellico internazionale e promette di destinare maggiori risorse alla spesa militare. Un ulteriore elemento di allarme per i conti pubblici, che alimenta la crisi dei Gilt in questi mesi. Se entro breve tempo il premier non porterà a casa risultati tangibili in economia e risalirà la china nei sondaggi, la sua sostituzione si farebbe molto probabile. La finanza teme che a Downing Street possa subentrargli proprio Burnham, con definitivo spostamento a sinistra della politica economica. Spaventa un futuro con più tasse e più deficit.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

