Una decisione destinata a segnare un punto di svolta nei rapporti tra contribuenti e amministrazione finanziaria è arrivata dalla Corte Costituzionale. Con la sentenza n. 137 del 28 luglio 2025, il giudice delle leggi ha posto un limite importante alle richieste documentali effettuate durante i controlli fiscali, tracciando nuove coordinate nel panorama del contenzioso tributario.
Negli ultimi anni, l’infrastruttura tecnologica dell’Amministrazione finanziaria ha subito un’evoluzione radicale. L’introduzione delle fatture elettroniche e la creazione di banche dati sempre più complete consentono oggi al Fisco di accedere a una quantità significativa di informazioni in modo autonomo, rapido ed efficiente.
Questa trasformazione digitale ha modificato profondamente le dinamiche dei controlli fiscali.
Il contribuente non è più l’unica fonte di informazioni, poiché molti dati sono già disponibili all’interno degli archivi informatici dell’Agenzia delle Entrate. In questo contesto, diventa essenziale stabilire quando e in che misura l’amministrazione possa legittimamente richiedere nuovamente informazioni che già possiede.
Controlli fiscali: il caso esaminato dalla Corte
L’occasione per ridefinire questi confini è giunta da una controversia che ha riguardato un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate. L’ufficio, prima di formalizzare l’atto impositivo, aveva richiesto al contribuente di fornire documentazione relativa a spese che potessero giustificare l’aumento di valore di alcuni terreni edificabili ceduti.
Non avendo ottenuto risposta, l’Agenzia aveva calcolato la plusvalenza esclusivamente sulla base della differenza tra il prezzo di vendita e quello di acquisto, senza considerare eventuali costi sostenuti. Durante il giudizio, il contribuente aveva presentato le fatture delle spese, ma l’amministrazione ne aveva contestato l’ammissibilità, sostenendo che i documenti dovevano essere forniti già nella fase amministrativa dei controlli fiscali, a meno di un impedimento oggettivo non imputabile al soggetto controllato.
Un principio di lealtà anche per l’Amministrazione
Di fronte a questa situazione, la Corte Costituzionale è stata chiamata a valutare se fosse legittimo escludere l’utilizzo di documenti in sede di giudizio solo perché non presentati in precedenza. La risposta è stata netta: nell’ambito dei controlli fiscali non si possono pretendere dal contribuente dati già nella disponibilità dell’amministrazione, soprattutto quando questi possono essere acquisiti tramite le piattaforme digitali già operative.
Il pronunciamento ha ribadito l’importanza della correttezza nei comportamenti anche da parte dell’ente impositore. In un sistema basato sull’autoliquidazione e sull’adempimento spontaneo, non può essere ignorata la necessità di collaborazione tra le parti, fondata su principi di buona fede.
La portata innovativa della decisione
La sentenza assume un valore particolarmente significativo nei controlli fiscali (accessi, ispezioni, avvisi bonari, accertamenti in genere. Soprattutto alla luce dell’odierna capacità del Fisco di attingere a proprie banche dati. Le informazioni relative a fatture elettroniche, per esempio, possono essere facilmente reperite tramite una semplice interrogazione dei sistemi informatici. E senza dover coinvolgere il contribuente in ulteriori adempimenti.
Richiedere attivazioni superflue o produrre documenti già archiviati negli strumenti digitali dell’Amministrazione non solo comporta un aggravio procedurale, ma espone anche al rischio di errori.
L’eventuale omissione di un documento può derivare da una svista, più che da una reale intenzione di occultamento.
La pronuncia della Corte, pertanto, ribadisce un principio fondamentale: non è consentito imporre al contribuente oneri che risultano ridondanti, quando l’informazione è accessibile con mezzi autonomi e ufficiali.
Verso un nuovo equilibrio nei controlli fiscali
Questo nuovo orientamento giurisprudenziale contribuisce a definire un modello di controlli fiscali più equilibrato, nel quale si riconosce il ruolo attivo dell’amministrazione finanziaria, ma anche i diritti e le garanzie del cittadino. L’uso delle tecnologie deve servire a semplificare, non a complicare.
La decisione mette in evidenza una criticità di sistema: l’eccessiva formalizzazione delle fasi procedurali può andare a discapito della verità sostanziale. Se il Fisco è già in possesso di informazioni utili, non ha senso impedirne l’uso in giudizio per mere questioni formali.
Riassumendo
- La Corte limita le richieste del Fisco su dati già in suo possesso.
- Le fatture elettroniche sono accessibili direttamente dall’Agenzia, senza coinvolgere i contribuenti.
- I controlli fiscali devono rispettare buona fede e correttezza anche da parte dell’Amministrazione.
- Documenti utili possono essere presentati in giudizio, anche se non forniti prima.
- Evitare richieste ridondanti riduce errori e alleggerisce gli oneri per i contribuenti.
- La sentenza promuove un rapporto più equo tra Fisco e cittadini.