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Oggi: 15 Nov, 2025

Bond Turchia in dollari, il crollo fa esplodere lo spread

I bond della Turchia denominati in dollari sono implosi di prezzo nell'ultimo mese e lo spread con i Treasuries è esploso
4 anni fa
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Bond Turchia in dollari giù

La lira turca è diventata nell’ultimo anno un asset più volatile dei Bitcoin. Del resto, abbiamo assistito a una bizzarria più unica che rara il mese scorso: tasso di cambio crollato ai minimi storici e in recupero del 25% contro il dollaro nella medesima seduta. La valuta emergente, tuttavia, è tornata a deprezzarsi e a farne le spese sono anche i bond sovrani emessi dalla Turchia, sia in lire che in dollari e altre valute forti.

La scadenza decennale in dollari 15 gennaio 2031 e cedola 5,95% (ISIN: US900123DA57) perde circa il 10,5% nell’ultimo mese, scendendo a una quotazione di poco superiore a 87 centesimi venerdì scorso. E così, il suo rendimento è salito all’8,27%.

Era al 6,32% un mese prima. Nel frattempo, si è allargato lo spread con i Treasuries, i titoli di stato americani. Dai 480 punti base si è arrivati agli attuali 650. Il decennale di Zio Sam offriva alla fine della scorsa seduta l’1,72%, in rialzo dall’1,51% di un mese prima.

Bond Turchia più rischiosi

Dunque, ai danni dei bond della Turchia stanno accadendo due cose: anzitutto, i capitali fuggono dall’instabilità valutaria; al contempo, intravedono migliori opportunità d’impiego negli States, dove i rendimenti salgono per l’intravisto rialzo dei tassi FED da qui a qualche mese. Attenzione, poi, anche al rischio sovrano. Pur in calo dai massimi toccati a dicembre, i “credit default swaps” (CDS) a 5 anni si acquistano a circa 521 punti base, implicando un tasso di default atteso entro il quinquennio del 9,5%.

I CDS sono titoli che assicurano il capitale contro il rischio default, per cui il loro rincaro segnala una corsa del mercato a ripararsi da tale probabilità.

Agli inizi dello scorso anno, il costo era ancora inferiore ai 315 punti base. A preoccupare non è certo l’entità del debito sovrano turco, al 40% del PIL. Il problema è che buona parte di esso è denominato in valute forti come il dollaro e con il collasso della lira tende a incidere maggiormente sui conti pubblici di Ankara. Inoltre, la banca centrale dispone di scarse riserve valutarie a cui attingere per i pagamenti. Insomma, esistono tutti gli ingredienti per una frittata indigesta agli obbligazionisti.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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