Cosa succede se il datore contesta il certificato medico in caso di assenza per malattia? Come canta Umberto Tozzi con il brano Qualcosa qualcuno: “Qualcosa, qualcuno lontano, forse vicino. Sì, qualcosa, sì, qualcuno che ti chiama forse nessuno. Sì, ti passerà è malattia come è venuta puoi mandarla via”.
Parole che descrivono la malattia come qualcosa di inafferrabile, che arriva all’improvviso e, a volte, se ne va altrettanto inspiegabilmente. Una visione che ben si presta a raccontare anche il modo in cui, nel contesto lavorativo, la malattia viene spesso percepita e affrontata tra reale necessità, sospetti e tensioni sottili tra lavoratore e datore di lavoro.
Infatti, se da un lato la salute è un diritto costituzionalmente garantito, dall’altro il datore di lavoro ha un legittimo interesse a verificare che le assenze per malattia siano fondate e non abusive. In questo equilibrio delicato, il certificato medico, pur essendo lo strumento principale con cui il lavoratore giustifica la propria assenza, non rappresenta una verità assoluta e inattaccabile. Ma cosa succede quando, durante un’assenza per malattia, il datore di lavoro contesta la validità del certificato medico? Entriamo nei dettagli e vediamo come funziona.
Assenza per malattia, il certificato medico non è legge: cosa succede se il datore di lavoro lo contesta
Quando un lavoratore si ammala la prima cosa da fare è andare dal proprio medico curante. Sarà proprio quest’ultimo, infatti, a redigere il certificato di malattia, che viene inviato in formato digitale all’Inps e al datore di lavoro. Tale documento serve a giustificare l’assenza dal lavoro ma, come già detto, non è intoccabile.
Il datore di lavoro, se ha dei dubbi sulla reale condizione del dipendente, può contestarlo. Il certificato del medico di base o della guardia medica o di uno specialista, infatti, è la base per giustificare l’assenza. Tuttavia la legge gli riconosce solo un valore probatorio relativo.
In altre parole vale fino a prova contraria. Ed è proprio su questo punto che può agire il datore di lavoro, il quale può decidere se richiedere una visita fiscale tramite l’Inps oppure rivolgersi a un’agenzia investigativa per ottenere prove concrete che dimostrino comportamenti incompatibili con la malattia dichiarata. Ne è un chiaro esempio il caso di un lavoratore in malattia che pratica attività sportiva oppure lavora altrove.
Chi fa i controlli e cosa succede se il medico fiscale non conferma la malattia
I controlli ufficiali sono affidati al medico fiscale dell’Inps che opera come pubblico ufficiale. Il suo compito è quello di verificare se esiste davvero una patologia che impedisce di lavorare e se la durata della prognosi sia o meno proporzionata al problema riscontrato. Il medico fiscale ha il potere di confermare, ridurre o addirittura non riconoscere la malattia.
Se ritiene che il lavoratore sia in grado di tornare al lavoro, può dichiararlo idoneo anche se il certificato del medico curante dice il contrario. A tal proposito è bene sottolineare che il referto del medico fiscale fa fede solo per quanto può essere oggettivamente accertato.
A tal fine si può ad esempio tener conto del fatto che il lavoratore sia presente o assente a casa durante la visita fiscale. Per le valutazioni mediche vere e proprie resta la possibilità di contestazione.
In caso di giudizio negativo da parte del medico fiscale, il lavoratore può andare incontro a diverse conseguenze come la sospensione dell’indennità di malattia. Ma non solo, l’assenza può essere considerata ingiustificata e il dipendente viene invitato a tornare subito al lavoro. Nel caso in cui il lavoratore non sia d’accordo con la valutazione, ha il diritto di opporsi. Il medico fiscale dovrà annotare questa riserva nel suo referto e spetterà poi ad un medico dell’Inps valutare definitivamente la situazione.
Cosa può fare il datore e come si può difendere il lavoratore
Se l’Inps sospende l’indennità o se l’azienda avvia azioni disciplinari, il lavoratore può presentare ricorso direttamente all’istituto di previdenza oppure rivolgersi al giudice del Lavoro. In tribunale spetterà al giudice esaminare tutti gli elementi, anche avvalendosi dell’aiuto di un perito nominato, in modo tale da valutare lo stato di salute del lavoratore nel periodo contestato. In ogni caso spetta sempre al dipendente dimostrare di essere stato davvero malato.
Anche se i controlli sanitari spettano solo all’Inps, bisogna sapere che anche il datore di lavoro può agire. Il tutto, ovviamente, deve sempre avvenire nel rispetto della privacy. In particolare può ingaggiare investigatori privati per verificare se il lavoratore stia svolgendo attività incoerenti con la malattia. Anche se la visita fiscale ha dato esito positivo, inoltre, il datore di lavoro può comunque sollevare dubbi sull’autenticità del certificato, soprattutto se emergono comportamenti sospetti.
Succede spesso, inoltre, che il medico curante, il medico fiscale e il medico competente diano pareri diversi. In questi casi, sarà il giudice del lavoro a valutare quale opinione ha più peso. Potrà esaminare tutta la documentazione e, se necessario, affidarsi a un medico terzo per avere un parere imparziale.
