Non esiste sistema previdenziale basato sul metodo contributivo che non abbia una discreta flessibilità in uscita. Ecco perché, per molti, il nostro sistema dovrebbe essere dotato di una maggiore e più profonda flessibilità. Allo stesso tempo, però, non esiste sistema previdenziale che non preveda un inasprimento dei requisiti basato su un dato inequivocabile, soprattutto in tempi come quelli attuali: l’aspettativa di vita.
Lo dimostra la piega che sta prendendo il sistema pensionistico anche in Paesi che noi italiani abbiamo sempre guardato con una certa invidia, perché caratterizzati da età pensionabili più basse. Se la vita media di una popolazione — italiana, francese, tedesca o inglese che sia — aumenta, inevitabilmente bisogna allontanare l’accesso alla pensione.
È un’ovvietà, perché un sistema non regge se le pensioni da erogare diventano sempre più lunghe in relazione all’aumento della longevità.
Il sistema italiano ha poca flessibilità e requisiti che crescono progressivamente. Il motivo? C’è ancora la legge Fornero a dettare le regole per la pensione di vecchiaia, per quella anticipata e per la maggior parte degli strumenti di uscita dal mondo del lavoro. Ora, però, c’è chi vorrebbe mettere un freno. Le proposte di superamento della legge Fornero sono numerose e una di queste sta ottenendo consensi anche tra diversi esperti previdenziali.
Addio alla legge Fornero: pensione anticipata al sicuro, ecco perché
Le pensioni si adeguano ogni due anni alle variazioni dell’aspettativa di vita della popolazione. L’adeguamento avviene solo se la vita media cresce: se cala — come accaduto durante la pandemia, quando si sono persi 4 mesi — tutto resta congelato per i bienni successivi.
Dopo la ripresa della crescita della vita media, ci troviamo oggi davanti a un aumento di 3 mesi, che sarebbe dovuto scattare nel 2027 ma che il governo ha deciso di distribuire: un mese nel 2027 e due mesi nel 2028.
I requisiti soggetti a variazione sono quelli dell’età pensionabile, e questo incide sulle pensioni di vecchiaia ma non solo. L’aumento, infatti, dovrebbe estendersi a tutti gli strumenti legati a un requisito anagrafico. Perfino un sostegno assistenziale come l’assegno sociale, che segue la stessa età della vecchiaia, cresce in base all’aspettativa di vita.
Ciò che stona è che l’aumento riguarda anche pensioni che non hanno alcun collegamento con l’età anagrafica, ed è proprio questo l’aspetto che i legislatori potrebbero modificare.
Ecco lo stop agli aumenti dei requisiti: su quale misura potrebbe essere introdotto
Bloccare l’aumento dei requisiti di accesso alle pensioni anticipate è un obiettivo concreto. Ed è qualcosa auspicato anche da esperti previdenziali come Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi Itinerari Previdenziali.
Secondo questa linea, chi ha lavorato e versato contributi per 42 anni e 10 mesi dovrebbe poter andare in pensione sempre, senza ulteriori penalizzazioni.
Da qui nasce l’idea di uno stop all’adeguamento dei requisiti all’aspettativa di vita, almeno per le misure che non prevedono limiti anagrafici ma solo contributivi. Uno stop che sarebbe meno oneroso rispetto al blocco totale proposto da tempo dalla Lega.
Per le pensioni anticipate ordinarie, un intervento di questo tipo potrebbe portare al superamento dei meccanismi irrigiditi dalla legge Fornero. Ed è vero che non è la legge Fornero ad aver introdotto il collegamento tra requisiti pensionistici e aspettativa di vita. Tuttavia è altrettanto vero che, eliminando le pensioni di anzianità, ha cancellato la possibilità di andare in pensione con 40 anni di contributi e Quota 96, trasformando radicalmente l’uscita dal mondo del lavoro.
