Secondo quanto riportato stamane dal Financial Times, la Banca Centrale Europea (BCE) si sarebbe rifiutata di accondiscendere al piano della Commissione europea per l’elargizione di un prestito all’Ucraina da 140 miliardi di euro. Alcuni funzionari dell’istituto hanno fatto presente che l’idea contrasterebbe con il mandato, che vieta il finanziamento monetario per via dei rischi per la stabilità dei prezzi e la credibilità della banca centrale.
Commissione nell’angolo, Belgio contrario al piano su Kiev
Più che uno scontro ai vertici delle istituzioni europee, questa è la più palese dimostrazione che il sostegno economico a Kiev da parte dei governi comunitari si stia facendo sempre più complicato.
La Commissione vorrebbe che i governi fornissero garanzie pubbliche al prestito che l’UE erogherebbe all’Ucraina. Tuttavia, queste non sono facili da escutere nel caso di emergenza. Da cui la richiesta alla BCE di provvedere come prestatore di ultima istanza ad Euroclear, la stanza di compensazione in cui risultano depositati gli asset russi “congelati” con la guerra per 210 miliardi di euro.
Essa ha sede nel Belgio. La vera idea su cui lavora da mesi Bruxelles sarebbe di erogare un prestito all’Ucraina garantito da tali riserve di Mosca. Un’operazione che continua a vedere la dura opposizione del premier belga Bart de Wever. Egli giudica il piano “fondamentalmente sbagliato” e per dare il suo placet chiede a tutti gli altri stati comunitari un sostegno “vincolante, incondizionato, irrevocabile” per la condivisione del rischio.
Rischio reputazionale con esproprio degli asset russi
Come abbiamo scritto già in queste settimane, il Belgio teme che un giorno la Russia possa avere titolo per reclamare la restituzione degli asset.
A quel punto, lo stato sarebbe chiamato a rispondere dell’indennizzo. Pertanto, o tutti i governi nell’UE sono d’accordo nel procedere ad un “esproprio” di fatto degli asset russi o non se ne farà niente. Se ne discuterà ancora una volta al Consiglio europeo del 18 dicembre. Per il momento il prestito all’Ucraina resta in stand-by. E non è questione di poco conto tra offensive militari di Mosca e accordo di pace proposto dagli Stati Uniti e che vede l’opposizione proprio di UE e in parte del presidente Volodymyr Zelensky. Questi è stato indebolito sul piano interno anche dalla recente indagine anti-corruzione di Kiev.
L’opposizione della BCE e di alcuni degli stati comunitari tra cui Francia e Italia è dettata dal rischio reputazionale. Se l’UE erogasse un prestito all’Ucraina garantito dagli asset russi, molti capitali stranieri dal nostro continente potrebbero defluire sul timore che un giorno possano essere sequestrati com’è accaduto alla Russia. Poiché gran parte del pianeta non appartiene al nostro stesso blocco geopolitico, il danno che rischiamo di auto-infliggerci sarebbe enorme. Tanto per fare un esempio, le stesse petro-monarchie del Golfo finirebbero per portare altrove i loro capitali. E per altrove intendiamo persino gli Stati Uniti, che si stanno tenendo alla larga da questa opzione “nucleare”.
Prestito all’Ucraina dilemma europeo
Un paradosso. Dopo che proprio Washington ha sostenuto le sanzioni più dure contro la Russia per anni, le vittime sacrificali di questa storia saremmo noi europei. Il prestito all’Ucraina serve, ma dovrà essere erogato su altre basi, legalmente meno discutibili e senza riflessi finanziari futuri negativi. Ruota tutto attorno a questo tema il dibattito sugli asset russi. La BCE si è opposta sin dall’inizio all’esproprio, fiutando il rischio che l’unione monetaria possa venire destabilizzata da un’eventuale fuga dei capitali. E in queste ore ha avuto modo di ribadire il suo no, pur appigliandosi alla più facile motivazione dei limiti al suo mandato.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
