In molti Paesi avanzati, e in particolare in Italia, le pensioni si stanno trasformando in un traguardo sempre più lontano. I numeri relativi a chi ha lasciato il lavoro nel 2024 lo mostrano chiaramente: l’età media effettiva di pensionamento è stata di 63,9 anni per le donne e 64,7 anni per gli uomini. Questi dati arrivano dal Panorama delle Pensioni 2025 dell’Ocse e rappresentano solo il punto di partenza di una tendenza destinata a intensificarsi.
Pensioni, in Italia sempre più lontani
Per l’Italia, lo scenario tracciato dallo studio è ancora più severo. Le simulazioni indicano infatti un’età di accesso alle pensioni prossima ai 70 anni.
Non si tratta quindi solo di qualche mese in più di lavoro, ma di un vero spostamento in avanti dell’intero ciclo di vita professionale. Una prospettiva che avrà conseguenze profonde sull’organizzazione delle famiglie, sulla salute dei lavoratori e sulla stessa idea di vecchiaia.
Alla base di questo allungamento dei tempi per andare in pensione c’è un fenomeno ben noto ma sempre più pressante: l’invecchiamento della popolazione. Nei Paesi Ocse, il numero di persone con almeno 65 anni rispetto a chi si trova in età lavorativa (tra i 20 e i 64 anni) cresce in modo costante e strutturale. Nel 2000 gli over 65 erano in media 22 ogni 100 persone in età da lavoro. Nel 2025 il rapporto sale a 33 su 100, e le proiezioni indicano che nel 2050 si arriverà a 52 anziani ogni 100 lavoratori.
Questo significa che, passo dopo passo, la base di chi lavora e versa contributi si restringe, mentre il numero di chi percepisce pensioni aumenta. Per mantenere in equilibrio i conti, i sistemi previdenziali reagiscono in due modi: chiedendo di lavorare più a lungo e, spesso, accettando che l’assegno futuro sia meno generoso rispetto al passato.
L’Italia non fa eccezione, anzi: è uno dei Paesi in cui l’effetto combinato di invecchiamento e calo demografico rischia di essere più forte.
Allarme doppio dall’OCSE
Il rapporto OCSE parla, per il nostro Paese, di un vero e proprio allarme doppio. Da un lato, l’età media si alza e gli anziani aumentano; dall’altro, si riduce in misura drastica la popolazione in età lavorativa. La fascia tra i 20 e i 64 anni, quella che rappresenta il cuore del mercato del lavoro e sostiene con i contributi il sistema delle pensioni, è destinata – secondo lo studio – a diminuire di oltre il 35% nel corso dei prossimi quarant’anni. In altre parole, ci saranno molti più pensionati e molti meno lavoratori.
Questa dinamica mette sotto pressione il patto generazionale su cui si regge la previdenza pubblica. Con meno persone attive e più beneficiari di pensioni, ogni singolo lavoratore sarà chiamato a sostenere un carico crescente. A risentirne non saranno solo i bilanci dello Stato, ma anche le opportunità per i giovani, che rischiano di entrare più tardi nel mondo del lavoro, con carriere discontinue e contributi versati per un periodo più breve, pur dovendo restare occupati fino a un’età avanzata.
Pensioni: il gap tra donne e uomini
Nel quadro tracciato dall’Ocse emerge poi un altro elemento critico: le differenze tra uomini e donne. L’allungamento della vita lavorativa, infatti, riguarda tutti, ma non tutti arrivano alla pensione nelle stesse condizioni. In media, le pensioni delle donne risultano inferiori di circa un quarto rispetto a quelle degli uomini: l’assegno mensile femminile è più basso del 23%. Questo divario nasce lungo l’intera vita professionale, fatta spesso di salari inferiori, carriere più lente, periodi di inattività legati alla cura della famiglia e del lavoro domestico non retribuito.
Il risultato è che, in età avanzata, la povertà colpisce più spesso le donne rispetto agli uomini. Pensioni più leggere significano meno margini per affrontare spese sanitarie, affitti, bollette, assistenza. In un contesto in cui l’uscita dal lavoro viene rimandata e le famiglie sono sempre più chiamate a sostenere costi legati alla non autosufficienza, il divario di genere nelle pensioni non è solo una questione statistica: è un tema sociale, che riguarda la qualità della vita nella terza età.
Il quadro delineato dall’Ocse mostra quindi un intreccio di criticità: pensioni sempre più lontane, pressione crescente sulle generazioni in età da lavoro, forte riduzione della popolazione attiva e un divario di genere che rende particolarmente vulnerabili le donne anziane. In assenza di interventi capaci di agire sia sulla demografia sia sulle disuguaglianze nel mercato del lavoro, il rischio è che il sistema delle pensioni diventi non solo più severo nei requisiti, ma anche meno equo nei risultati.
Riassumendo
- L’età di accesso alle pensioni tende ad aumentare, soprattutto in Italia.
- L’invecchiamento demografico riduce i lavoratori e aumenta i pensionati nei Paesi Ocse.
- In Italia la popolazione attiva potrebbe calare di oltre il 35% entro quarant’anni.
- L’equilibrio del sistema previdenziale è minacciato da meno contribuenti e più beneficiari.
- Le donne percepiscono pensioni mediamente inferiori del 23% rispetto agli uomini.
- Il rischio di povertà in età avanzata è più alto tra le donne.