Nel mondo delle professioni autonome può capitare che un’attività debba essere chiusa a seguito della scomparsa (decesso) del titolare. In queste situazioni, gli eredi possono trovarsi nella necessità di gestire alcuni adempimenti fiscali rimasti in sospeso. Si pensi ad esempio ad professionista (in regime di contabilità semplificata) deceduto nel 2024, i cui familiari mantengono attiva la partita Iva per emettere le ultime fatture relative a prestazioni già svolte ma non ancora riscosse tra il 2025 e 2026.
Una situazione particolare, che solleva un interrogativo in questo esempio: se nel 2025 i compensi incassati dagli eredi non superano la soglia degli 85mila euro, nel 2026 potrebbe scattare l’accesso al regime forfettario? Ovviamente nel presupposto che nel 2026 ci sarebbero ancora da incassare compensi da parte degli eredi per conto del deceduto.
In pratica, la questione è se gli eredi, mantenendo ancora aperta la partita IVA del defunto nel 2026, perché occorre ancora incassare compensi, possono per il 2026 stesso chiedere il passaggio di detta partita IVA al regime forfettario così che nella Dichiarazione redditi 2027 che presenteranno potranno assoggettare detti compensi a imposta sostitutiva propria del regime forfettario.
Partita IVA: passaggio al forfettario da parte degli eredi
La risposta, secondo i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate, è netta: non è possibile. E il motivo risiede nella natura stessa dell’attività svolta dagli eredi e nelle condizioni fissate dalla normativa che disciplina il regime agevolato.
Quando un professionista muore, la sua attività si considera cessata. Tuttavia, possono rimanere da completare alcune operazioni strettamente legate al lavoro già svolto in vita. In queste circostanze, gli eredi mantengono temporaneamente aperta la partita Iva del defunto.
Questa prosecuzione non ha finalità imprenditoriali: serve unicamente a chiudere i rapporti pendenti, come l’emissione di fatture per prestazioni che erano state effettuate ma non ancora pagate. È un adempimento tecnico e limitato nel tempo, che consente di sistemare gli ultimi aspetti fiscali legati all’attività professionale del soggetto deceduto.
A confermare questa interpretazione è stata l’Agenzia delle Entrate attraverso un precedente chiarimento sui forfettari contenuto nella risoluzione n. 34/E del 2019. L’amministrazione finanziaria ha sottolineato che, in tali casi, gli eredi non esercitano una vera e propria attività professionale o d’impresa. Si occupano solo della conclusione delle operazioni residue legate alla cessazione dell’attività del defunto.
Il requisito dell’attività individuale nel regime forfettario
Il regime forfettario è rivolto a chi svolge un’attività economica in forma individuale: impresa, arte o professione. Questa condizione è espressamente prevista dalla legge che ha introdotto il regime agevolato (articolo 1, comma 54, della legge n. 190/2014, legge di Stabilità 2015).
L’applicazione del regime forfettario non dipende solo dal mancato superamento del limite di ricavi o compensi stabilito annualmente (oggi fissato a 85.000 euro). È indispensabile anche che il soggetto svolga personalmente un’attività economica, assumendo il ruolo di imprenditore o professionista.
Gli eredi che gestiscono gli ultimi risvolti fiscali dell’attività del defunto non esercitano alcuna attività autonoma. Non prestano servizi, non producono beni e non svolgono incarichi professionali in proprio.
Si limitano a completare gli adempimenti del deceduto rimasti in sospeso, agendo per conto dell’eredità.
Perché gli eredi non possono accedere al regime agevolato
Sebbene i compensi incassati nel 2025 possano risultare inferiori alla soglia degli 85mila euro, ciò non consente l’ingresso nel regime forfettario per l’anno successivo. Mancano, infatti, i presupposti fondamentali richiesti dalla normativa.
Il mantenimento della partita Iva da parte degli eredi ha un carattere meramente strumentale. Serve a portare a termine operazioni pregresse e non rappresenta lo svolgimento di un’attività economica autonoma. Non si configura, quindi, una posizione soggettiva che possa beneficiare di un regime fiscale riservato esclusivamente a chi svolge attività d’impresa, arte o professione.
In altri termini, la partita Iva gestita dagli eredi non è la manifestazione di una nuova attività, ma solo il veicolo temporaneo attraverso cui vengono liquidate le prestazioni già effettuate dal professionista prima del decesso. Non essendoci alcuna attività economica in corso, manca la condizione essenziale che permetterebbe di applicare il regime agevolato.
Passaggio degli eredi al forfettario: conclusione
La normativa sul regime forfettario è chiara nella definizione dei requisiti soggettivi necessari per accedervi. L’Agenzia delle Entrate ha ribadito che gli eredi che mantengono attiva la partita Iva soltanto per completare la fase di chiusura dell’attività non possono essere considerati autonomi esercenti.
Di conseguenza, anche se gli importi fatturati, con la partita IVA del deceduto, nel periodo successivo al decesso rientrano nei limiti previsti, non è possibile beneficiare del regime forfettario (su quella partita IVA) negli anni successivi. La prosecuzione dell’attività ai soli fini della liquidazione delle prestazioni residue non rappresenta esercizio di impresa o professione e, pertanto, non soddisfa i criteri richiesti dalla legge.
Riassumendo
- Gli eredi mantengono la partita Iva solo per chiudere operazioni residue del professionista.
- Tale prosecuzione non costituisce attività autonoma o professionale.
- Il regime forfettario richiede esercizio individuale di impresa, arte o professione.
- Gli eredi non svolgono nuova attività economica, ma solo adempimenti tecnici.
- Anche sotto 85mila euro, non maturano i requisiti per il regime forfettario.
- L’Agenzia chiarisce che questa gestione non consente l’accesso al regime agevolato.
