La Legge di Bilancio 2026 prevede una misura che potrebbe avere conseguenze significative sull’attività dei CAF, i Centri di Assistenza Fiscale che ogni anno supportano milioni di contribuenti nella gestione dei loro obblighi con il fisco. Un provvedimento che, se confermato, potrebbe indebolire una rete di servizi essenziale per il corretto funzionamento del sistema tributario e per la tutela dei cittadini più vulnerabili. Il tutto con conseguenze indirette anche per i contribuenti.
Un taglio che pesa sui centri di assistenza fiscale (CAF)
Il punto critico si trova nell’articolo 129, comma 5, della Legge di Bilancio, che prevede una riduzione del 9,959% dei compensi riconosciuti ai CAF per l’elaborazione e l’invio dei modelli 730.
In termini pratici, si tratta di oltre 21 milioni di euro in meno per l’intero sistema dei centri convenzionati con lo Stato. Una diminuzione di risorse che, secondo gli operatori del settore e come evidenziato da Cgil e dai CAF stessi,, rischia di mettere in ginocchio molte strutture già in difficoltà economica.
La riduzione dei compensi si inserisce in un contesto in cui i CAF subiscono da anni una costante erosione dei contributi pubblici, stimata intorno al 50% rispetto a quanto previsto dalle norme originarie. Con questo nuovo intervento, la sostenibilità economica delle attività di assistenza rischia di diventare insostenibile.
Effetti retroattivi e bilanci in difficoltà
Particolarmente controverso è il carattere retroattivo del provvedimento: il taglio, infatti, si applicherebbe anche alla campagna fiscale già conclusa. Ovvero quella del 2025. Ciò significherebbe che i CAF, che hanno già svolto il loro lavoro in base a compensi prestabiliti, si troverebbero a fronteggiare perdite di bilancio certe, senza la possibilità di riorganizzare i costi o rivedere i contratti in corso.
I centri di assistenza fiscale operano in convenzione con l’Agenzia delle Entrate, garantendo un servizio pubblico di grande utilità collettiva. Colpire economicamente strutture che agiscono in collaborazione diretta con lo Stato significa indebolire un pilastro del sistema di supporto ai contribuenti, soprattutto in una fase in cui la complessità delle norme fiscali e la digitalizzazione richiedono competenze sempre più specializzate.
Conseguenze per i cittadini: costi più alti e servizi più lenti dei CAF
La riduzione dei fondi destinati ai CAF potrebbe, suonano i sindacai, avere ricadute dirette sulla popolazione. Molti centri potrebbero trovarsi costretti ad aumentare le tariffe per i servizi di compilazione e trasmissione del modello 730 o a ridurre il personale, con conseguente allungamento dei tempi di attesa e una diminuzione della qualità del servizio.
Questo scenario penalizzerebbe soprattutto anziani, lavoratori a basso reddito e famiglie che si affidano ai CAF non solo per la dichiarazione dei redditi, ma anche per ottenere informazioni e supporto su bonus, agevolazioni, detrazioni e pratiche previdenziali. In molte aree del Paese, i centri di assistenza fiscale rappresentano un presidio sociale di prossimità, un punto di riferimento per chi ha difficoltà a orientarsi tra moduli, scadenze e piattaforme digitali.
Le motivazioni del governo
L’esecutivo giustifica il taglio con il crescente utilizzo del modello 730 precompilato “fai da te”, disponibile online sul portale dell’Agenzia delle Entrate.
Secondo il governo, l’aumento di cittadini che gestiscono autonomamente la propria dichiarazione ridurrebbe la necessità dell’intervento dei CAF e dei professionisti abilitati.
Tuttavia, questa spiegazione non tiene conto di un aspetto essenziale: anche con la diffusione del modello precompilato, molti contribuenti continuano ad affidarsi ai CAF per controllare la correttezza dei dati, integrare informazioni mancanti o chiarire dubbi su detrazioni e deduzioni. Il supporto umano resta indispensabile per evitare errori e garantire la piena conformità alle regole fiscali, spesso soggette a modifiche e interpretazioni complesse.
Un equilibrio da ritrovare per CAF e contribuenti
La riduzione delle risorse ai CAF pone una questione più ampia sul rapporto tra digitalizzazione e inclusione fiscale. Se da un lato la tecnologia semplifica le procedure, dall’altro rischia di lasciare indietro chi non possiede gli strumenti o le competenze necessarie per gestire autonomamente la propria posizione tributaria.
Garantire un sistema di assistenza solido, capillare e accessibile significa investire nella fiducia dei cittadini verso lo Stato e nel buon funzionamento del sistema fiscale. Tagliare i fondi ai centri di assistenza può tradursi, nel medio periodo, in un costo sociale e amministrativo più alto, fatto di errori, ritardi e perdita di prossimità nei rapporti tra contribuente e pubblica amministrazione.
La speranza è che in questa fase di discussione parlamentare in cui si trova la manovra, Camera e Senato riescano a liberare risorse che vadano ad eliminare il taglio previsto nel testo licenziato dall’esecutivo. La manovra dovrà essere approvata in via definitiva entro il 31 dicembre 2025.
Riassumendo
- La Legge di Bilancio 2026 riduce del 9,959% i compensi ai CAF.
- Il taglio comporta una perdita complessiva di oltre 21 milioni di euro.
- La misura retroattiva genera gravi squilibri economici per i centri convenzionati.
- I cittadini rischiano costi più alti e servizi fiscali più lenti.
- Il governo giustifica il taglio con l’aumento dell’uso del 730 precompilato.