I sindacati criticano la manovra di bilancio 2026, il cui testo attualmente si trova in fase di discussione parlamentare. Tra le misure finite sotto accusa c’è il taglio IRPEF per il secondo scaglione di reddito. Un taglio che sa solo di fumo negli occhi e che porterà agli interessati un guadagno di poco più di un caffè al giorno nell’intero anno.
Scaglioni IRPEF, un taglio iniziato nel 2022
Gli scaglioni IRPEF, ricordiamo sono stati già oggetto di revisione negli ultimi anni, passando nel tempo dai 5 ai 3 attuali. Il taglio è iniziato dall’anno d’imposta 2022. Fino al periodo d’imposta 2021 la struttura prevedeva le seguenti aliquote per fasce di reddito:
- 23% fino a 15.000 euro;
- 27% oltre 15.000 e fino a 28.000 euro;
- 38% oltre 28.000 e fino a 55.000 euro;
- 41% oltre 55.000 e fino a 75.000 euro;
- 43% oltre 75.000 euro.
Nel periodo d’imposta 2022 il primo taglio, passando da una struttura a 5 ad una struttura a 4, così composta:
- 23% fino a 15.000 euro;
- 25% oltre 15.000 e fino a 28.000 euro;
- 35% oltre 28.000 e fino a 50.000 euro;
- 43% oltre 50.000 euro.
I quattro scaglioni furono confermati anche per l’anno d’imposta 2023.
Il passaggio a tre scaglioni e tre aliquote IRPEF
Nel 2024, con conferma anche per il 2025, la svolta con la riduzione a tre scaglioni. Una struttura che prevede le seguenti aliquote:
- 23% fino a 28.000 euro;
- 35% oltre 28.000 e fino a 50.000 euro;
- 43% oltre 50.000 euro.
Una modifica che fu accolta come un passo verso la semplificazione del sistema, con l’obiettivo dichiarato di alleggerire il carico fiscale sui redditi medio-bassi.
Manovra 2026: il secondo scaglione si riduce
Il testo della manovra di bilancio 2026 varato dal governo (Consiglio Ministri del 17 ottobre 2025) e finita dinanzi al Parlamento, chiede un taglio di due punti percentuali per la seconda aliquota.
Quindi, una nuova struttura degli scaglioni IRPEF per il prossimo anno così articolata:
- 23% fino a 28.000 euro;
- 33% oltre 28.000 e fino a 50.000 euro;
- 43% oltre 50.000 euro.
L’intervento, nelle intenzioni del governo, dovrebbe rappresentare un passo verso una maggiore progressività del sistema e un incentivo ai consumi. Tuttavia, la misura ha già scatenato un’ondata di critiche da parte delle organizzazioni sindacali.
Le perplessità dei sindacati sul taglio del secondo scaglione
Secondo la Cgil, la riduzione della seconda aliquota si tradurrà in un vantaggio minimo per la maggior parte dei contribuenti. L’impatto economico effettivo, calcolato sul reddito annuo, varia tra zero e circa 440 euro, a seconda della fascia di guadagno. In termini concreti, per molti lavoratori il beneficio potrebbe equivalere a pochi euro al mese — una cifra che i sindacati definiscono simbolica, “pari al prezzo di un caffè al giorno”.
La critica principale riguarda la scarsa incidenza della misura sul potere d’acquisto reale delle famiglie. In un contesto di inflazione ancora percepita e di aumento dei costi della vita, il piccolo risparmio sull’imposta appare insufficiente a compensare il fenomeno del drenaggio fiscale, cioè la perdita di potere d’acquisto causata dal mancato adeguamento delle aliquote all’aumento dei prezzi.
Scaglioni IPREF: una riforma ancora incompleta
Il dibattito sugli scaglioni IRPEF si inserisce in un percorso di revisione più ampio, che da anni cerca di conciliare esigenze di semplificazione e principi di equità.
Tuttavia, ogni intervento parziale sembra lasciare irrisolti i nodi principali: la pressione fiscale complessiva e la necessità di un sistema più coerente con la distribuzione reale dei redditi in Italia.
La manovra di bilancio 2026, pur con le sue novità, mostra come la questione della tassazione personale resti uno dei temi più sensibili della politica economica italiana. Mentre il governo rivendica un passo in avanti verso la modernizzazione del fisco, i sindacati continuano a chiedere interventi più incisivi, capaci di sostenere davvero i lavoratori e contrastare il progressivo impoverimento delle famiglie.
Riassumendo
- La manovra 2026 riduce la seconda aliquota IRPEF dal 35% al 33%.
- Gli scaglioni IRPEF sono passati da cinque a tre negli ultimi anni.
- Il governo promette benefici fiscali per redditi medio-bassi con il nuovo taglio.
- La Cgil critica il provvedimento: vantaggi minimi, pochi euro al mese.
- Il taglio non contrasta il drenaggio fiscale né sostiene il potere d’acquisto.
- I sindacati chiedono una riforma più equa e strutturale del sistema IRPEF.