Dimessosi dopo 27 giorni dalla nomina a primo ministro e reincaricato a sorpresa dal presidente Emmanuel Macron, Sébastien Lecornu attende con trepidazione in queste ore l’esito delle votazioni sulla sfiducia al suo nuovo governo. Sono due le mozioni di censura presentate all’Assemblea Nazionale, una di La France Insoumise e l’altra di Rassemblement National. Finora sono 265 i deputati che si stima possano votare contro l’esecutivo. Per affossarlo ne servono 289, la maggioranza assoluta. Decisivi saranno i socialisti con i loro 69 seggi. Il segretario Olivier Faure ha confermato che il partito resta all’opposizione, ma che per ora non sfiducerà Lecornu.
Sospesa riforma delle pensioni
Solo se almeno un terzo dei socialisti non seguisse le indicazioni del segretario si arriverebbe alla sfiducia al governo. E c’è timore che qualche voto possa mancare al primo ministro anche tra le file dei Repubblicani. Il centro-destra è in subbuglio dopo che Lecornu ha ceduto ai socialisti su una linea rossa considerata invalicabile: la riforma delle pensioni. Approvata solamente nel 2023 senza il voto dei deputati grazie all’art.49.3 della Costituzione, Faure ha chiesto e ottenuto la sua sospensione fino a tutto il 2027.
Gli effetti concreti di tale cedimento saranno il “congelamento” sia dell’età pensionabile che dei requisiti per ottenere l’assegno pieno. La prima sarebbe dovuta salire gradualmente da 62 a 64 anni entro il 2030. E sarebbero serviti 43 anni e non più 42 per ricevere l’importo massimo. Faure si dice orgoglioso che 3,5 milioni di lavoratori possano beneficiare di questa sospensione. E alza il tiro, invocando la “tassa Zucman“.
In pratica, una patrimoniale del 2% sulle ricchezze dai 100 milioni di euro insù.
Nessuna eredità di Macron
Il cedimento di Lecornu segna la fine del macronismo. Svanisce anche l’ultima eredità rimasta in piedi delle già magrissime riforme economiche del presidente in carica. Aveva promesso più libertà economica, privatizzazioni, minori tasse e la riforma delle pensioni. Nulla di tutto questo c’è stato. Il mondo delle imprese già fiuta il rischio di dover pagare più tasse dopo che la manovra finanziaria da 30 miliardi di Lecornu prevede proprio tagli alla spesa pubblica e alle loro detrazioni fiscali.
Per il momento i mercati la stanno prendendo bene. I rendimenti francesi viaggiano in mattinata attorno al 3,35% sulla scommessa che la sfiducia al governo non passi. Il sacrificio di una misura bandiera come la riforma delle pensioni è stato considerato necessario per preservare la stabilità politica e con essa la prospettiva di un taglio del deficit pubblico. Tuttavia, presto il costo di tale manovra verrà riconsiderato e non soltanto in termini strettamente monetari. La Francia non riesce a varare alcuna riforma da decenni e il suo debito pubblico non fa che crescere, mentre l’economia non è competitiva.
Sfiducia al governo per regolare conti a sinistra
I socialisti stanno cercando di guadagnare terreno a sinistra ai danni di Jean-Luc Mélenchon. Vogliono segnalare agli elettori di riuscire a portare a casa risultati tangibili con il loro atteggiamento meno estremista.
Ma Lecornu non può cedere loro più di tanto, altrimenti perderebbero il sostegno di centristi e destra repubblicana. Se la sfiducia al suo governo oggi non passerà, le probabilità di far approvare dai deputati il nuovo bilancio saranno tutt’altro che basse. Faure ha ottenuto anche che il primo ministro non ricorra all’art.49.3 per la manovra. Resta il fatto che una maggioranza a sostegno di essa non esista e probabilmente non ci sarà mai. Nessuno da qui alle elezioni presidenziali del 2027 vorrà metterci la faccia per misure di austerità impopolari.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

