Le dimissioni presentate dal primo ministro Sébastien Lecornu e accettate dal presidente Emmanuel Macron aggravano la crisi politica e dei conti pubblici in Francia. Sono arrivate martedì mattina dopo soli 27 giorni dalla nomina e 14 ore della nascita del nuovo governo. Di sera l’ennesimo coup de thèâtre: l’Eliseo assegna altre 48 ore al capo del governo dimissionario per negoziare un accordo con i partiti. Ma a Parigi dilaga lo sconcerto per una gestione della crisi non più all’altezza della situazione. E le voci critiche sono iniziate oggi ad uscire allo scoperto tra gli stessi centristi, che finora sono apparsi un blocco monolitico schierato in difesa del capo dello stato.
Anche gli alleati chiedono le dimissioni di Macron
Il primo a parlare è stato l’ex primo ministro Gabriel Attal, che alla stampa ha riferito di “non capire più il presidente”. Subito dopo è stato il turno di uno suo predecessore, Edouard Philippe. Questi si è spinto più in là: “la Francia non può permettersi altri 18 mesi così” e ha invitato Macron a considerare l’ipotesi delle dimissioni. Il diretto interessato, nel prendersi altri due giorni di tempo, aveva fatto sapere che nel caso di fallimento si assumerebbe le sue responsabilità.
Vendite sui bond francesi
I bond francesi sono saliti al 3,60% per la scadenza decennale e alla pari dei BTp. Subito dopo l’annuncio di lunedì di Lecornu, lo spread italo-francese era sceso fino a -4 punti base. In pratica, i rendimenti degli Oat hanno superati i nostri, segnalando un più alto rischio sovrano percepito dai mercati. Il peggio potrebbe arrivare con le dimissioni di Macron. Sarebbe lo scenario più negativo per gli investitori, peggiore dello scioglimento dell’Assemblea Nazionale.
Questa seconda mossa appare quasi scontata per l’impossibilità di formare un governo sorretto da una maggioranza parlamentare.
Dove arriverebbero i rendimenti francesi con il passo indietro dell’Eliseo? Gli analisti scommettono sul superamento dei 100 punti di spread. Nulla di così realmente drammatico. In realtà, le cose potrebbero mettersi male con i declassamenti delle agenzie di rating. La degenerazione della situazione verrebbe evitata eventualmente dalla Banca Centrale Europea (BCE). Essa dispone degli strumenti per reagire, almeno temporaneamente, ad una crisi dei bond francesi sui mercati.
Strumenti anti-crisi della BCE
Già negli ultimi mesi ha evitato di ridurre gli Oat a bilancio, così da ridurre la pressione su di essi. Ricordiamo che Francoforte non solo non acquista più bond con il Quantitative Easing e il PEPP, ma neppure più li rinnova alle scadenze. In teoria, fermo restando lo sfoltimento del portafoglio complessivo, nulla vieterebbe all’istituto di acquistare in via temporanea qualche bond francese per sostenerne i corsi. Se neanche ciò bastasse, ecco spuntare il Transmission Protection Instrument (TPI). Noto come “scudo anti-spread”, fu ideato nell’estate del 2022 per sventare un attacco speculativo ai danni dei BTp all’avvio del rialzo dei tassi di interesse.
Il TPI risulta attivabile su richiesta del governo, nello specifico francese, a patto che s’impegni a onorare una lista di impegni per risanare i conti pubblici. Tuttavia, è necessario che lo stato non si trovi sotto procedura d’infrazione per deficit eccessivo.
E la Francia lo è insieme ad altri stati, tra cui l’Italia. In teoria, lo scudo Parigi non potrebbe essere offerto a Parigi. Di recente, però, il governatore Christine Lagarde ha specificato come esso sia sufficientemente flessibile. Tradotto: in caso di emergenza, verrebbe attivato senza grosse formalità.
Clima politico negativo
Le dimissioni di Macron, se arrivassero, scatenerebbero un’ondata di vendite ai danni degli Oat, probabilmente contagiando anche BTp e Bonos. Per quanto l’intervento della BCE sarebbe rassicurante, i bond francesi diverrebbero oggetto di stigma sui mercati. La speranza è che non si arrivi a tanto. Le probabilità che le cose vadano per il verso giusto si stanno assottigliando. Gli scenari possibili e alternativi sono diversi: dallo scioglimento dell’Assemblea Nazionale con conseguente vittoria del blocco sovranista o di sinistra ad un nuovo esito inconcludente.
Qual è il grande timore di chi investe? Nessun partito vorrà bruciarsi prima delle prossime elezioni presidenziali in programma nell’aprile del 2027. E per questo non appoggeranno alcun governo che tagli la spesa pubblica o aumenti le tasse. Solo che così il deficit correrà e travolgerà i conti pubblici. Nessuno di questo passo comprerà gli Oat. E se il prossimo vincitore alle elezioni politiche o anche presidenziali fosse uno tra la destra di Marine Le Pen e la sinistra di Jean-Luc Mélenchon, non vorrà inimicarsi i cittadini debuttando con politiche di austerità fiscale contro cui ha fatto campagna.
Dimissioni di Macron insufficienti
Le condizioni politiche sono tali da suggerire molta prudenza a proposito degli investimenti nei bond francesi. Anche perché l’impasse potrebbe tenere alla larga i capitali stranieri, affievolendo la già bassa crescita economica. Dunque, avremmo un debito che sale e un Pil fermo. C’è il serio rischio che neppure le dimissioni di Macron porteranno alla svolta ambita. Nessuno vuole tagliare il deficit scontentando gli elettori. Appare velleitario anche solo sperare in un accordo per l’approvazione della legge di bilancio senza passare dall’Assemblea, ricorrendo come quest’anno all’art.
49.3 della Costituzione.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
