Crédit Agricole, JP Morgan e Société Générale hanno ricevuto il mandato di tenere una serie di call con gli investitori istituzionali interessati all’emissione del primo green bond denominato in euro di PIF (Public Investment Fund). Il fondo sovrano saudita ha sorpreso un po’ tutti con l’annuncio di ieri. Si era rivolto ai mercati finanziari meno di un mese fa, quando l’8 settembre scorso collocò sul mercato un nuovo bond in dollari a 10 anni e con cedola 5% (ISIN: XS3181494538). Per l’occasione il rendimento è stato fissato a 95 punti base o 0,95% sopra il Treasury di pari durata.
Avanti con riforme del principe MbS
Il green bond in euro di PIF sarà un dual tranche. Stando alle indiscrezioni, le scadenze offerte sarebbe a 3 e 7 anni. Le previsioni sono per rendimenti molto vicini ai tassi “mid-swap” corrispondenti. I rating assegnati dalle agenzie internazionali sono elevati, rispecchiando il basso rischio di credito: A+ con outlook stabile per Fitch e A3 con outlook stabile per Moody’s.
I proventi della raccolta finanzieranno iniziative legate alle energie rinnovabili, ai trasporti puliti e alle infrastrutture sostenibili. Queste rientrano nelle riforme prospettate quasi un decennio fa con il Vision 2030 del principe Mohammed bin Salman. Trattasi di un percorso teso ad allentare la dipendenza dell’economia saudita dal petrolio. Vi rientrano lo stimolo all’occupazione femminile e il potenziamento del settore privato. A qualcuno potrà fare impressione che ad emettere un green bond sia il fondo di uno dei principali produttori di greggio al mondo.
Petrolio in calo sui mercati
Il fondo sovrano saudita si è impegnato a garantire investimenti nell’economia domestica per 40 miliardi di dollari all’anno.
Il green bond di PIF contribuirà a centrare l’obiettivo di emissioni inquinanti zero entro il 2060. Esso risulta già indebitato per 20 miliardi di dollari in valuta americana e in euro. Nulla in confronto degli asset posseduti per circa 1.000 miliardi. D’altra parte, l’emissione servirà anche a fronteggiare le conseguenze delle basse quotazioni petrolifere.
L’Arabia Saudita è il primo esportatore al mondo di idrocarburi e riesce ad estrarre a costi di poco superiori alla decina di dollari al barile. Tuttavia, ha bisogno di quotazioni sopra 90 dollari per chiudere il bilancio in pareggio. Ma il Brent oggi viaggia a poco più di 65 dollari. Infatti, il deficit fiscale è atteso al 5,3% del Pil per quest’anno, in netto rialzo dal 2,3% del 2024. E l’anno prossimo salirebbe al 3,3%. Nel primo semestre dell’anno, le entrate derivanti dal petrolio hanno inciso per il 53% di quelle complessive dello stato. Per quanto la percentuale resti alta, prima delle recenti riforme era superiore al 90%.
Bond di PIF investimento a basso rischio
Il green bond in euro di PIF offre un’opportunità d’investimento a basso rischio di credito e senza esporsi a variazioni del cambio. Esso potrà risentire sul mercato secondario delle vicissitudini del comparto petrolifero. Le tensioni geopolitiche potranno giocare un ruolo, sebbene Riad sia un alleato dell’Occidente, specie dell’amministrazione Trump.
Da notare come il regno influenzi le quotazioni del greggio guidando l’OPEC, il cartello degli stati esportatori. Dal 2020 tiene volutamente la produzione a freno per sostenere i prezzi.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
