Lo Zambia fu il primo stato africano ad andare in default con la pandemia. Sarebbe stato seguito da Ghana ed Etiopia. Si conferma il più problematico riguardo all’uscita dalla fase di emergenza. Nonostante in estate abbia raggiunto un accordo con i creditori privati internazionali, lo stallo sulla ristrutturazione del debito da 12,8 miliardi di dollari non si sblocca. E dallo stesso governo di Lusaka fanno sapere che se ne riparlerà probabilmente nel 2026. Ad agosto dell’anno prossimo si terranno le elezioni presidenziali e gli analisti scommettono che solamente dopo si giungerà a un’intesa definitiva.
Default in Zambia, accordo con Common Framework
La questione del default nello Zambia ci riguarda più da vicino di quanto pensiamo.
Come ha ammesso il ministro del Tesoro, Felix Nkulukusa, il destino di questo stato dell’Africa meridionale sembra essere quello di fare da cavia. L’accordo raggiunto con i possessori di 3 Eurobond per 3 miliardi di dollari fu sottoscritto sotto il Common Framework del G20. Si tratta di un fatto inedito, poiché la nuova cornice per la ristrutturazione del debito non è mai stata applicata prima e segna il passaggio di consegne dal Club di Parigi al nuovo mondo più multipolare e dominato dalla Cina.
Creditori privilegiati, status incerto
Il 92% del debito è stato rinegoziato. I tre Eurobond sono stati trasformati in due nuovi. Uno offrirà cedole tra il 5,75% e il 7,50% al 2033. Il secondo pagherà solo lo 0,5% di interessi e rimborserà il capitale tra il 2051 e il 2053. Nel triennio 2025-2027 lo stato risparmierà sui 2,5 miliardi. La soluzione al default dello Zambia è passata, in buona sostanza, attraverso un taglio del debito del 22%.
Eppure la situazione non si sblocca. Lusaka vorrebbe includervi altri due debitori: Afreximbank e Trade Development Bank (TDB).
Gli interessati non ci stanno. Vogliono essere trattati alla pari di organismi internazionali come il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e Banca Mondiale. Questi sono considerati creditori privilegiati. I prestiti da loro erogati non possono mai essere oggetto di ristrutturazione. Un discorso che abbiamo affrontato negli anni drammatici della crisi in Grecia. Questo status consente a tali enti di emettere debito a condizioni migliori rispetto a quelle di soggetti privati e di quasi tutti gli stessi governi nel mondo. Le agenzie internazionali assegnano loro il rating tripla A.
Ripercussioni possibili su banche sovranazionali
Afrexim Bank e TDB temono di essere declassati dalle agenzie di rating per il caso in cui cedessero alle richieste dello Zambia per sbloccare il default. A quel punto, non verrebbero più considerati soggetti più sicuri dei governi che finanziano. Le ripercussioni sarebbero negative per l’insieme degli stati africani, perdendo la possibilità di ottenere prestiti dai due a condizioni migliori rispetto a quelle di mercato. Di recente, le agenzie hanno già tagliato i giudizi. Il debito di Afrexim è valutato Baa2 con outlook stabile da Moody’s e BBB- con outlook negativo da Fitch. TDB sconta valutazioni ancora peggiori, rispettivamente Baa3 e BB.
Di fatto, la seconda già è un emittente speculativo, ad alto rischio di credito.
Visti i giudizi mediamente assegnati agli stati africani, resta pur sempre in condizioni di vantaggio nel continente. Ma questa storia del default nello Zambia può avere ripercussioni su tutte le altre banche sovranazionali garantite dai governi. Tra queste ci sono la Banca Europea per gli Investimenti e la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo. Finora si è pensato che le due siano creditori alla stregua di FMI e Banca Mondiale. Potremmo presto essere sorpresi dall’apprendere il contrario.
Default in Zambia, bond in stallo
I bond “sicuri” che finora sono stati inseriti nei portafogli istituzionali, quasi immediatamente subirebbero un probabile repricing. L’impasse sta ripercuotendosi sugli stessi bond dello Zambia. La scadenza in dollari del 30 luglio 2027 (ISIN: XS1267081575) era risalita dai 40 centesimi di inizio anno ai 76 di luglio. Ora, si acquista per poco più di 66 centesimi, per cui quota a sconto di un terzo del suo valore nominale alla Borsa di Francoforte.
giuseppe.timpone@investireoggi.it


