Il futuro delle pensioni non è roseo. Forse il governo riuscirà a bloccare l’aumento di 3 mesi dell’età pensionabile previsto per il 2027, ma è ormai chiaro che presto i requisiti per tutte le pensioni saranno destinati a salire.
Lo Stato ha bisogno di risparmiare: non può permettersi di pagare pensioni troppo a lungo, visto che, secondo le statistiche ufficiali ISTAT, l’aspettativa di vita continua a crescere. Si vive più a lungo e, di conseguenza, occorre rendere più difficili i requisiti di accesso alle prestazioni, posticipando l’uscita.
La questione più dibattuta riguarda l’età pensionabile, ma non sarà l’unico requisito a salire.
Anche altre misure subiranno irrigidimenti e, per alcuni strumenti previdenziali, sta maturando un nuovo paletto: il raggiungimento di un importo minimo della pensione per ottenere l’ok dell’INPS all’uscita. Anche questo requisito è destinato ad aumentare nei prossimi anni.
Sulle pensioni 3 mesi di attesa in più anche sulle anticipate e nuovi esodati in arrivo
I 3 mesi di attesa in più derivano dall’adeguamento automatico all’aspettativa di vita. Più a lungo si vive, più si allontana l’età di accesso alle prestazioni: questo è il meccanismo alla base dell’innalzamento dei requisiti.
Dal 2027, dunque, l’età della pensione di vecchiaia, oggi fissata a 67 anni, passerebbe a 67 anni e 3 mesi. Lo stesso vale per l’assegno sociale (l’ex pensione sociale), che segue i requisiti anagrafici della pensione di vecchiaia.
Ma non solo: salirebbe anche la pensione anticipata contributiva, oggi fissata a 64 anni. Dal 2027 servirebbero 64 anni e 3 mesi, più i 3 mesi di finestra già previsti, rendendo la misura ancora più difficile da ottenere.
Attenzione: i 3 mesi in più non riguardano solo l’età pensionabile
Anche le misure senza limiti anagrafici subiranno aumenti. La pensione anticipata ordinaria, che oggi consente l’uscita con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini (41 anni e 10 mesi per le donne), richiede già oggi una finestra di 3 mesi. Dal 2027 diventerebbe di 43 anni e 1 mese per gli uomini e 42 anni e 1 mese per le donne.
Di conseguenza anche la Quota 41 per i precoci salirebbe a 41 anni e 3 mesi, sempre con la finestra mobile di 3 mesi.
A conti fatti, per tutti ci sarebbero 3 mesi di attesa in più, con il rischio del ritorno di un fenomeno tristemente noto: quello degli esodati.
Un nuovo caso esodati in arrivo?
Fu la CGIL a lanciare l’allarme sugli esodati in relazione all’aumento dei requisiti di 3 mesi. Il problema riguarda soprattutto chi ha aderito agli scivoli aziendali, ossia agli accordi tra imprese e sindacati per accompagnare i lavoratori più vicini alla pensione verso il prepensionamento.
In questi casi l’accompagnamento è stato calcolato fino all’età di 67 anni, l’attuale requisito. Se questo limite sale, c’è il rischio che le aziende non accettino di coprire i 3 mesi aggiuntivi, lasciando i lavoratori senza reddito né pensione.
Pensioni: oltre ai 3 mesi di attesa, anche importi più elevati da raggiungere
Oltre all’età e ai contributi, un ulteriore vincolo riguarda il raggiungimento di importi minimi per l’erogazione della pensione.
- Le pensioni anticipate contributive non vengono concesse se inferiori a 3 volte l’assegno sociale.
- Le pensioni di vecchiaia per i contributivi puri (chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995) non vengono erogate se non raggiungono almeno 1 assegno sociale.
Il governo ha già fissato al 2030 l’innalzamento del requisito per le pensioni anticipate contributive a 3,2 volte l’assegno sociale.
Si tratta di un irrigidimento significativo, che rischia di penalizzare molti lavoratori. L’obiettivo è chiaro: spingere (o costringere) i contribuenti a investire nella previdenza integrativa, così da poter raggiungere le soglie minime grazie alle rendite dei fondi pensione.