La premier Giorgia Meloni lo ha promesso al Meeting di Rimini, dove l’accoglienza è stata all’insegna del forte entusiasmo: “ora dobbiamo concentrarci sul ceto medio“. E subito la maggioranza si è messa al lavoro per studiare un nuovo taglio dell’IRPEF, stavolta concentrato sul secondo scaglione. Tuttavia, la Lega preme per estendere la “flat tax” alle partite IVA fino a 100.000 euro e per una nuova rottamazione delle cartelle. E in questi giorni riprende corpo l’ipotesi di una riforma dei buoni pasto. Dall’1 settembre è scattato il tetto del 5% per le commissioni praticate dalle società emittenti. Un bel risparmio per gli esercenti, che potranno così sia aumentare i propri margini che offrire un servizio migliore ai clienti convenzionati.
Soglia di esenzione da 8 a 10 euro?
L’idea, che circola da mesi, sarebbe di estendere l’esenzione fiscale dagli attuali 8 euro (4 euro per i voucher cartacei) a 10 euro. Per il lavoratore il risparmio massimo arriverebbe intorno ai 450 euro l’anno. Non proprio briciole. Equivarrebbe a un taglio dell’IRPEF e andrebbe a beneficio di 3,5 milioni di lavoratori. La riforma dei buoni pasto, insomma, tocca la carne viva delle persone. Con 8 euro non ci mangi più granché nei ristoranti e nei bar italiani, specie in città. Dall’inizio della pandemia i prezzi al consumo sono lievitati in media del 19% per l’ISTAT. Solamente nell’ultimo anno, generi alimentari e bevande non alcoliche sono rincarati del 3,9% a luglio.
Ecco che la riforma dei buoni pasto può dare una mano al ceto medio con un impatto visibile più di altre misure. Ed è la spia del declino ormai trentennale dell’ossatura sociale dell’economia italiana.
Milioni di persone alle prese con il carovita e bassi stipendi, che durante la pausa pranzo sono costrette a guardare bene i prezzi prima di consumare. Con 2 euro in più al giorno il problema non sarà risolto, ma alleviato sì.
Riforma buoni pasto urgente per ceto medio
Non è detto che la riforma dei buoni pasto con l’innalzamento dell’esenzione porti automaticamente a un aumento anche dell’importo unitario pagato. Tuttavia, le imprese troveranno più conveniente migliorare il trattamento a favore dei dipendenti. Sui 2 euro in più non pagherebbero imposte e contributi. Dal canto loro, i lavoratori avrebbero a disposizione più soldi anche per fare la spesa. La legge consente loro di accumulare fino a 8 ticket per volta da spendere presso gli esercizi convenzionati. E’ così che per decenni è andato avanti il famoso ceto medio. L’impoverimento nel tempo è stato tale da rendere questa misura più necessaria che mai. E’ urgente prendere meno soldi dalle tasche di chi lavora, migliorandone il potere di acquisto.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

