Quante tasse paga un animatore? Come cantano i Modà con il brano Dove è sempre sole: “Difficile come una città con mille strade, semplice come le luci di un paese in festa. Fragile come una verità che non so dire, unica come la natura della frutta, come la certezza che sei un respiro bellissimo”.
Un po’ come le parole della canzone, anche il lavoro dell’animatore si muove tra strade diverse.
C’è infatti la passione, la creatività e l’energia che l’animatore trasmette alle persone. Allo stesso tempo c’è anche la complessità delle regole fiscali e contributive da conoscere per gestire al meglio la propria attività. Entriamo quindi nei dettagli per capire qual è l’inquadramento fiscale di chi svolge tale lavoro, con un occhio di riguardo sul regime forfettario, sulla gestione dei contributi Inps e su alcune casistiche pratiche per capire quanto rimane realmente in tasca a fine mese.
Quante tasse paga un animatore: inquadramento fiscale
Lavorare come animatore significa portare allegria, coinvolgimento e intrattenimento nelle vite delle persone. Dietro il sorriso e la creatività, però, si cela un mondo di regole fiscali e contributive da conoscere. Per chi svolge questa professione, infatti, comprendere come funzionano imposte, contributi e regimi fiscali è fondamentale per gestire correttamente il proprio lavoro e sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla normativa in vigore.
La complessità dell’inquadramento dipende molto dalla modalità di lavoro. Questo perché le regole fiscali e contributive cambiano a seconda che l’animatore lavori come libero professionista con partita IVA, piuttosto che in collaborazione con un’agenzia di animazione o come dipendente assunto direttamente da strutture turistiche o eventi.
Conoscere queste differenze aiuta a pianificare i guadagni e a evitare sorprese in sede di dichiarazione dei redditi.
Nuovo codice Ateco per gli animatori
A partire dal 2024, e pienamente operativo nel 2025, gli animatori devono adottare il codice ATECO 93.29.99, che identifica le “Altre attività varie di intrattenimento e divertimento n.c.a.”. Questo codice include attività come animazione turistica e villaggi vacanza, organizzazione di spettacoli ed eventi a tema, ma anche gestione di mini-club e attività per bambini e famiglie. Stesso discorso per attività ricreative per anziani o strutture socio-assistenziali. Il codice ATECO corretto è fondamentale per determinare la gestione previdenziale, le aliquote contributive e l’accesso alle agevolazioni fiscali previste dal regime forfettario o da altri strumenti dedicati.
Animatore con partita Iva: regime forfettario
Molti animatori nel 2025 scelgono di aprire una partita IVA in regime forfettario, una soluzione che permette di gestire l’attività in autonomia e con una tassazione semplificata. In questo regime l’imposta sostitutiva è pari al 15% sul reddito imponibile, ridotta al 5% nei primi cinque anni se si soddisfano i requisiti previsti dalla normativa.
Il limite di fatturato annuo previsto è di 85 mila euro, mentre il coefficiente di redditività per il codice ATECO 93.29.99 è del 67%. Quest’ultima, ricordiamo, è la quota del fatturato che sarà considerata reddito imponibile. Per capire meglio come funziona, supponiamo il caso di un animatore che fattura 30 mila euro. Applicando il 67% si ottiene un reddito imponibile pari a 20.100 euro. Su questa cifra si calcolerà la tassa sostitutiva che sarà pari a 3.015 euro se viene applicata l’aliquota del 15%.
L’importo scende a 1.005 euro se applicabile il 5% ridotto nei primi anni.
Contributi Inps per gli autonomi
Se non sono già coperti da altra cassa previdenziale, gli animatori con partita IVA devono inoltre iscriversi alla Gestione Separata Inps. A tal proposito, come si evince dalla circolare numero 27 del 30 gennaio 2025:
“Per l’anno 2025 il minimale di reddito previsto dall’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233, è pari a 18.555,00 euro. Conseguentemente, gli iscritti per i quali è applicata l’aliquota del 24% avranno l’accredito dell’intero anno con un contributo annuo di 4.453,2 euro; mentre gli iscritti per i quali il calcolo della contribuzione avviene applicando l’aliquota maggiore avranno l’accredito con un contributo annuale pari ai seguenti importi:
a) professionisti:
– 4.837,29 euro (di cui 4.638,75 euro ai fini pensionistici) per i professionisti che applicano l’aliquota del 26,07%“.
Ebbene, per il lavoro di animatore l’aliquota 2025 è del 26,07% sul reddito imponibile, con contributi minimi annuali di circa 4.837 euro. Riprendendo l’esempio precedente, i contributi ammonterebbero a circa 5.243 euro, portando il totale delle imposte più contributi a circa 8.258 euro.
Animatori che lavorano tramite agenzia
Chi opera tramite agenzie di animazione può farlo principalmente in due modi:
- Prestazione occasionale: indicata per compensi fino a 5 mila euro annui, con contributi versati alla Gestione Separata Inps e ritenuta d’acconto trattenuta dall’agenzia. Questa modalità è pensata per collaborazioni sporadiche o occasionali.
- Contratto di collaborazione continuativa (co.co.co.): per rapporti stabili, dove l’agenzia trattiene direttamente imposte e contributi dalla retribuzione. Questo strumento permette di svolgere l’attività in maniera professionale senza dover aprire la partita IVA, pur richiedendo di rispettare i confini di autonomia previsti dalla legge per evitare che il rapporto venga considerato lavoro subordinato.
Animatore assunto come dipendente
Se l’animatore è assunto da villaggi turistici, resort o parchi divertimento, rientra nel CCNL turismo/spettacolo. In questo caso le imposte Irpef si applicano secondo le aliquote progressive, attualmente pari al:
- 23% fino a 28 mila euro;
- 35% tra 28.001 euro e 50 mila euro;
- 43% oltre 50 mila euro.
I contributi Inps sono per il 9% circa a carico del dipendente, con la quota restante a carico del datore di lavoro. Questo scenario garantisce maggiore stabilità e tutele, pur offrendo meno autonomia rispetto al lavoro autonomo.
Gestire l’attività di animatore tra opportunità fiscali e modalità di lavoro
Come è facile notare, l’inquadramento fiscale di un animatore dipende principalmente dal tipo di contratto e dal metodo di lavoro scelto. La partita Iva rimane la soluzione più autonoma e conveniente per chi gestisce in maniera indipendente la propria attività, mentre il lavoro tramite agenzia o contratto da dipendente offre maggiore sicurezza e minore burocrazia.
Conoscere le regole fiscali e contributive, pianificare le entrate e valutare attentamente le diverse opzioni è fondamentale per ottimizzare i guadagni, rispettare la normativa e assicurare una gestione chiara e sostenibile della propria professione. In caso di dubbi si invita a consultare un esperto del settore, come un consulente del lavoro o commercialista, per ottenere maggiori dettagli tenendo conto della propria situazione personale.