È naturale che l’attenzione dei contribuenti sia rivolta alle ipotetiche nuove misure di pensionamento che il governo tenterà di inserire nel pacchetto pensioni della prossima Legge di Bilancio.
Tuttavia, come vedremo, esistono già oggi soluzioni più vantaggiose e concrete, con requisiti migliori rispetto alle ipotesi formulate per la riforma pensioni del 2026.
Anzi, possiamo dire che esiste una possibilità di prepensionamento ben più favorevole rispetto alle ipotesi di uscita a 62 o 64 anni che potrebbero vedere la luce nel 2026.
Questa misura è già in vigore, lo sarà anche l’anno prossimo e consente di andare in pensione in anticipo con condizioni molto più agevoli.
Non si tratta però di uno strumento facile da comprendere o da sfruttare. Ciò perché è un prepensionamento “vero”, che vede nel datore di lavoro e nelle rappresentanze sindacali due attori fondamentali.
In pensione subito con 60 anni e 4 mesi di età oppure con 35 anni e 10 mesi di contributi: fino al 2026 è possibile
Nel 2025, e anche nel 2026, sarà possibile andare in pensione con:
- 60 anni e 4 mesi di età, oppure
- 35 anni e 10 mesi di contributi.
Se consideriamo che l’età ordinaria per la pensione di vecchiaia è di 67 anni, e che le ipotetiche misure del 2026 potrebbero abbassare l’uscita solo a 62 o 64 anni, appare evidente il grande vantaggio della misura che analizzeremo.
Come funziona l’anticipo con il prepensionamento
Fino al 2026, alcuni lavoratori potranno sfruttare un’opportunità che consente un’uscita anticipata fino a 7 anni prima dell’età pensionabile ordinaria o con 7 anni di contributi in meno rispetto alla pensione anticipata.
La misura riguarda esclusivamente i lavoratori dipendenti del settore privato e non è applicabile né agli statali né ai lavoratori autonomi.
Inoltre, l’azienda deve avere almeno 15 dipendenti.
Questa possibilità prende il nome di Isopensione: uno strumento di prepensionamento che deve essere attivato dal datore di lavoro. Ovviamente previo accordo con i sindacati più rappresentativi all’interno dell’azienda.
Se l’intesa viene raggiunta e vengono individuati i dipendenti interessati, spetta a ciascun lavoratore accettare o rifiutare l’uscita.
Un netto vantaggio da sfruttare: l’Isopensione a partire da 60 anni e 4 mesi o con 35 anni e 10 mesi di contributi
L’Isopensione nacque con un anticipo massimo di 4 anni rispetto alla pensione ordinaria.
Tuttavia, fino al 2026, questa finestra è stata estesa a 7 anni, ampliando notevolmente il beneficio.
In concreto, la misura può interessare:
- chi ha 60 anni e 4 mesi di età ed è a meno di 7 anni dalla pensione di vecchiaia;
- chi ha raggiunto 35 anni e 10 mesi di contributi ed è a meno di 7 anni dal traguardo dei 42 anni e 10 mesi richiesti per la pensione anticipata ordinaria.
Per le donne lavoratrici, che necessitano di 41 anni e 10 mesi di contributi, l’accesso all’Isopensione è possibile già con 34 anni e 10 mesi di versamenti.
Chi paga la pensione e chi la finanzia
Una volta soddisfatti i requisiti anagrafici o contributivi e quelli aziendali (almeno 15 dipendenti), serve un accordo tra azienda e sindacati.
L’azienda deve attivare il cosiddetto contratto di espansione.
Se l’intesa va a buon fine, l’impresa si impegna a garantire a proprie spese l’assegno di prepensionamento.
L’assegno è erogato dall’INPS e calcolato sui contributi maturati fino al momento del prepensionamento. Ma i costi sono interamente a carico dell’azienda.
>Inoltre, per i lavoratori che si trovano a circa 7 anni dalla pensione anticipata, l’impresa deve farsi carico anche del versamento dei contributi figurativi per tutto il periodo di percezione dell’Isopensione.
