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Oggi: 05 Dic, 2025

La Meloni è felice, ma l’accordo sui dazi spaventa tutta l’Italia

L'accordo sui dazi tra Usa e Ue soddisfa la premier. Entusiasmo di facciata, o davvero è felice mentre l'Italia trema?
4 mesi fa
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accordo dazi
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Giorgia Meloni ha accolto con entusiasmo l’accordo sui dazi tra Unione europea e Stati Uniti, definendola una svolta utile per superare la lunga stagione di tensioni commerciali. Il governo rivendica il risultato come una vittoria della diplomazia italiana, ma dietro le dichiarazioni ufficiali si nasconde una crescente inquietudine. L’accordo, infatti, potrebbe avere conseguenze drammatiche per interi settori strategici del made in Italy.

Accordo dazi raggiunto, ma l’Italia resta in bilico

Il governo italiano ha ribadito più volte la soddisfazione per l’intesa che dovrebbe garantire la fine dell’escalation di misure protezionistiche, con lo scopo di riaprire in modo stabile il mercato americano ai prodotti europei.

L’obiettivo dichiarato da Palazzo Chigi è il modello “zero per zero”, ovvero la totale eliminazione reciproca delle tariffe, con benefici potenziali per agricoltura, industria e piccole imprese.

Tuttavia, dietro le quinte, il timore è palpabile. Il nostro Paese rischia di pagare un prezzo altissimo se l’accordo non sarà equilibrato. Le clausole, infatti, non sembrano tutelare in modo sufficiente le categorie più esposte alla concorrenza americana, mentre i benefici reali restano tutti da verificare. E se da un lato si esulta per la stabilizzazione dei rapporti transatlantici, dall’altro crescono le voci di allarme su una possibile perdita di competitività di molte produzioni italiane.

Chi sta tremando: le categorie più colpite

I timori più concreti si concentrano su alcune categorie produttive che rappresentano l’eccellenza dell’economia italiana, e che esportano gran parte del loro fatturato proprio verso gli Stati Uniti. Il settore farmaceutico è uno dei più vulnerabili: con oltre 10 miliardi di export all’anno verso gli USA, subire un dazio del 15% o più significherebbe vedere svanire margini e competitività.

Anche l’agroalimentare è in forte allerta. Prodotti simbolo come il vino italiano, i formaggi DOP e i salumi rischiano di trovarsi in difficoltà di fronte a un mercato americano che potrebbe privilegiare i prodotti locali o altri concorrenti europei più tutelati. A tremare sono anche le aziende della moda, del tessile e della manifattura, settori che già oggi devono fare i conti con costi di produzione elevati e margini sempre più ridotti.

Ma a essere in difficoltà non sono solo i settori produttivi. A rischiare sono le filiere intere, le microimprese, le cooperative e soprattutto migliaia di lavoratori italiani. Secondo le prime stime, l’impatto dell’accordo potrebbe mettere a rischio fino a 180.000 posti di lavoro, colpendo circa 38.000 imprese. In uno scenario peggiore, si parla di una perdita di 18 miliardi di euro in termini di produzione, una cifra che equivarrebbe a un quarto dell’export italiano verso gli Stati Uniti.

Accordo dazi, allarme rosso per l’occupazione e per l’economia reale

Il quadro che si delinea è tutt’altro che rassicurante. Le associazioni di categoria, come Confcooperative, hanno lanciato l’allarme: se non verranno previste misure compensative, il danno sarà enorme. I sindacati, da parte loro, temono licenziamenti e peggioramento delle condizioni salariali.

L’eventuale aumento dei costi legato ai dazi potrebbe anche riflettersi su tutta la filiera interna, con ricadute sull’inflazione e sul potere d’acquisto.

Il Partito Democratico ha accusato il governo di immobilismo, segnalando come l’Italia non abbia saputo tutelare adeguatamente i propri interessi durante la trattativa. Le opposizioni parlano di un esecutivo poco incisivo in Europa, che ha messo in pericolo imprese e lavoratori per un risultato solo apparentemente positivo.

In questo contesto, il governo promette interventi di sostegno, tra cui lo stanziamento di risorse del PNRR e l’utilizzo dei fondi della Transizione 5.0 per aiutare le imprese in difficoltà. Ma l’impressione generale è che l’accordo sia stato firmato troppo in fretta, senza un’adeguata protezione dei comparti più esposti.

Tra ottimismo e allarme: quale futuro per il made in Italy?

L’Italia si trova in una posizione paradossale: da un lato guida l’ottimismo europeo verso una nuova fase di relazioni economiche con Washington, dall’altro è il Paese che rischia di pagare il prezzo più alto. L’accordo sui dazi potrebbe trasformarsi in un boomerang se non verranno adottate in fretta misure concrete a tutela del lavoro e della produzione nazionale.

Meloni continua a dichiararsi fiduciosa e minimizza i rischi, ma il malcontento cresce. Imprenditori, sindacati e opposizioni chiedono risposte urgenti. L’Italia non può permettersi di sottovalutare le ricadute di una scelta strategica che rischia di penalizzare proprio i settori più rappresentativi della sua economia. Nel frattempo, migliaia di lavoratori e piccole aziende continuano a tremare. E il made in Italy, ancora una volta, si ritrova sull’orlo di un confronto globale in cui potrebbe uscire sconfitto.

Riassumendo.

  • Meloni si dice soddisfatta dell’accordo Ue‑Usa sui dazi, ma l’Italia teme gravi ripercussioni su export e competitività.
  • A rischio ci sono fino a 180.000 posti di lavoro e 38.000 imprese, in particolare nei settori farmaceutico, agroalimentare, moda e manifattura.
  • Cresce la pressione su Palazzo Chigi: sindacati e opposizioni chiedono misure urgenti per tutelare lavoratori e made in Italy.

Daniele Magliuolo

Redattore di InvestireOggi.it dal 2017, scrive per il web dal 2010.
Da autore letterario ha scritto il graphic novel Notteterna e la raccolta di racconti L'Orrore Dentro edita dalla Diana Edizioni.
Tra le sue passioni si annoverano cinema, filosofia, musica, letteratura, fumetti e altro ancora. La scrittura è una di queste, e si dichiara felice di averla trasformata in un vero e proprio lavoro.
Nell'era degli algoritmi che archiviano il nostro sentire al fine di rinchiuderci in un enorme echo chamber, pone al centro di ogni suo articolo la riflessione umana, elemento distintivo che nessuna tecnologia potrà mai replicare.

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