Si riduce il numero delle nuove pensioni anticipate erogate dall’INPS nel primo semestre di quest’anno a meno di 100.000 unità, per l’esattezza a 98.356 (-17,3%). Il numero di nuovi assegni complessivi liquidati si attesta a 397.691, segnando un calo tendenziale in doppia cifra. E sappiamo dagli ultimi dati disponibili che è salita anche l’età pensionabile effettiva a 64,8 anni nel 2024 dai 64,2 dell’anno precedente. Le cose vanno nel verso giusto, anche se il dato sui pensionati italiani all’estero deve farci riflettere.
Pensionati italiani all’estero, qualche dato
Nel 2023 sono stati 3.100 i concittadini ad avere salutato il Bel Paese per trasferirsi fuori dai confini nazionali con un assegno dell’INPS in tasca. Rispetto ai 2.563 del 2022 si registra un aumento, anche se dai 4.064 del 2019 (ultimo anno prima del Covid) c’è stato un evidente calo.
In tutto, i pensionati italiani all’estero sarebbero 310.000, anche in questo caso sotto i 373.000 raggiunti nel 2016.
Il Portogallo ha attratto circa 2.000 nostri connazionali nel quinquennio al 2023, anche se i nuovi arrivi sono letteralmente precipitati dell’83,7% rispetto al 2019. Infatti, due anni fa il governo di Lisbona pose fine ai benefici fiscali per i residenti stranieri e oggetto di forti polemiche tra i cittadini lusitani. Resta il fatto che l’INPS per quell’anno abbia sborsato 157 milioni in favore di pensionati italiani in Portogallo, concentrati perlopiù nella regione di Algarve. Altri 147 milioni sono andati a beneficio di residenti in Spagna e 87 milioni in Tunisia. Qui, nella sola città di Hammamet risiedono 4.000 nostri connazionali.
Grossi risparmi sulle imposte
Quali sono le ragioni del trasferimento? La più importante sarebbe di natura fiscale.
Nei principali stati in cui si trovano pensionati italiani esiste un trattamento di favore circa il pagamento delle imposte. In più, si tratta di luoghi generalmente con clima mite e sicuri. In alcuni casi, tuttavia, parliamo di genitori che seguono i figli andati a lavorare all’estero. Per approfittare dei benefici fiscali occorre iscriversi all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) e risiedere nello stato straniero per almeno 183 giorni all’anno (184 giorni negli anni bisestili). L’INPS erogherà loro l’importo dell’assegno al lordo delle imposte, senza effettuare le trattenute altrimenti dovute.
Chi percepisce assegni alti, beneficia del trattamento fiscale di favore. Pensate che in Italia sopra 50.000 euro lordi all’anno (poco più di 4.000 euro al mese) l’aliquota IRPEF sale al 43%. E poi ci sono le addizionali regionali e comunali, che portano benissimo l’aliquota complessiva intorno al 45%. Questo è gettito risparmiato dai contribuenti, ma perduto dallo stato italiano. Ed ecco che i pensionati italiani all’estero rischiano di diventare in futuro un altro motivo di allarme per i nostri conti pubblici. La loro incidenza risulta triplicata rispetto al 2010, sebbene restino una minoranza esigua.
Pochi pensionati stranieri in Italia
Se la tendenza alla crescita proseguirà nel tempo (il calo degli ultimi anni sarebbe dovuto più che altro alla pandemia), ci saranno sempre più miliardi pagati dall’INPS a persone che vivono e spendono fuori dai confini nazionali. La sostenibilità della previdenza diverrebbe ancora più traballante. Cosa fare per invertire il trend? L’Italia ha approvato una legge che imita quella di stati come Portogallo e Grecia, offrendo una flat tax del 7% per i pensionati stranieri che scelgono di risiedere nei piccoli Comuni del Mezzogiorno.
Ad oggi il successo non sembra esservi stato. In primis, perché pone eccessive condizioni agli stranieri, limitandone la residenza ad aree ristrette del Bel Paese. E sono anche quelle note per servizi pubblici inefficienti.
Prima di cercare di attirare stranieri, dovremmo capire perché molti pensionati italiani vanno all’estero. Il regime fiscale è penalizzante nel confronto internazionale, anche con stati come la Germania. E poi i servizi pubblici non sono sempre all’altezza dei bisogni. Le lunghe attese per una visita medica in un ospedale pubblico vanno a svantaggio principalmente proprio degli over 60. Anche la burocrazia penalizza chi non sempre può spostarsi agevolmente o non ha voglia di trascorrere le giornate tra un ufficio e l’altro.
Pensionati all’estero, benefici fiscali preclusi ad ex INPDAP
Il colpo per le casse dello stato è duplice, perché ad andare via sono soprattutto coloro che percepiscono assegni medio-alti. Le percentuali più alte riguardano il Nord. E sinora gli accordi contro la doppia imposizione hanno riguardato solamente gli ex dipendenti del settore privato. Immaginate se in futuro vi rientrassero gli ex INPDAD, ai quali quasi ovunque sono preclusi i benefici fiscali. Una platea ancora più numerosa di pensionati si dirigerebbe all’estero, allettata dalle minori imposte pretese.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
