Giovedì 23 luglio è quasi certo che la Banca Centrale Europea (BCE) lascerà i tassi di interesse invariati per la prima volta dopo un anno. L’inflazione nell’Eurozona è scesa al 2% a giugno, pur in lieve ripresa da maggio. Resta alta l’incertezza economica e sulla stessa stabilità dei prezzi al consumo, a causa dei dazi. E preoccupa il tracollo del dollaro, che contro l’euro perde quest’anno il 13%. Una situazione che semina malcontento e timori tra governi e imprese, tale per cui una svalutazione dell’euro sarebbe dietro l’angolo.
Svalutazione dell’euro contro “mini dollaro”
Intervenendo al G20 di Durban, Sudafrica, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha espresso preoccupazione per le tensioni commerciali e il deprezzamento del dollaro. L’effetto combinato tra dazi e apprezzamento dell’euro gli toglie il sonno.
Come aveva fatto notare in precedenza il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, le due cose sommate portano al 43% la stangata a carico delle nostre esportazioni.
Il presidente americano Donald Trump ha annunciato l’innalzamento dei dazi sulle importazioni dall’Unione Europea al 30% dal 10% attuale e una media del 2,4% fino al 2 aprile scorso. Anziché deprezzarsi, il cambio euro-dollaro è risalito drasticamente negli ultimi mesi, aggravando lo scenario. Non solo le nostre merci subiranno rincari per i consumatori americani a causa delle tariffe doganali, ma anche l’effetto cambio rema contro le nostre imprese. Ecco perché sul tavolo della BCE, pur mai ufficialmente, vi è la svalutazione dell’euro.
Rischio recessione in Germania
La Bundesbank, che è la banca centrale più potente tra le azioniste di Francoforte, ha paventato un nuovo rischio di recessione per la Germania.
Nei mesi scorsi, la crescita del Pil tedesco per quest’anno era stata rivista al rialzo da 0 allo 0,7%. Ora, l’istituto guidato da Joachim Nagel sostiene che con i dazi al 30% c’è la possibilità che tale crescita venga azzerata. La Germania è particolarmente esposta alle tensioni commerciali, essendo un’economia esportatrice come e più dell’Italia.
La svalutazione dell’euro è stata adombrata nelle settimane scorse dal numero due della BCE, lo spagnolo Luis de Guindos. Egli ha indicato in 1,20 la soglia massima sostenibile per il cambio contro il dollaro. Sopra, ha spiegato, diverrebbe problematico. Ma quello scenario contemplava ancora dazi al 10% o al massimo al 20%. Ora che il rischio è il 30%, probabile che già agli attuali livelli il cambio venga considerato troppo forte.
Governi deboli e conti pubblici in rosso
Come avverrebbe la svalutazione dell’euro? Attraverso il taglio dei tassi di interesse. Il mercato ne sconta un altro entro fine anno, ma da qui alla fine dell’estate possono crearsi le condizioni per prevederne qualcuno in più. La BCE si prenderebbe una pausa a luglio per capire che direzione prenderanno gli eventi. Da agosto le cose saranno più chiare. Dazi al 30% non sono sostenibili per l’economia europea. Il dirottamento dell’offerta sui mercati domestici può farla scivolare nella deflazione, almeno transitoriamente. Verrebbe meno la credibilità dell’istituto, il cui target d’inflazione è fissato al 2% e che già dal 2021 è stato smentito al rialzo.
Ci sarebbero pressioni politiche in tal senso. La Francia è in piena crisi fiscale. La Germania ha conti pubblici a posto, ma un’economia ferma. Il cancelliere Friedrich Merz ha promesso 1.000 miliardi di nuovo debito in dieci anni, ma non può smantellare le politiche di austerità in recessione. Ha bisogno che il Pil torni a salire per recuperare fiducia tra cittadini e investitori. Il suo è un governo politicamente debole. Una svalutazione dell’euro allevierebbe il dolore delle imprese tedesche senza necessariamente compromettere la stabilità dei prezzi interna.
Svalutazione dell’euro come atto di sopravvivenza
Quello che ad oggi sembra una possibilità, diverrebbe una necessità nel caso in cui la Federal Reserve tornasse a tagliare i tassi. La mossa avrebbe l’effetto di indebolire ulteriormente il dollaro. A quel punto, e con i dazi già comminati, la svalutazione dell’euro sarebbe percepita come una reazione istintiva per la sopravvivenza. E se anche Trump si arrabbiasse, avrebbe già combinato troppi guai alla nostra economia per essere temuto.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

