La situazione dell’ex Ilva di Taranto sta raggiungendo un punto di non ritorno. Con oltre 4.000 lavoratori a rischio e impianti che necessitano di interventi strutturali urgenti, il governo italiano è chiamato a prendere decisioni immediate per evitare il collasso di uno dei più importanti poli siderurgici del Paese.
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha convocato una riunione ad oltranza con tutte le amministrazioni coinvolte. L’obiettivo è quello di definire un accordo di programma per la decarbonizzazione dello stabilimento, considerata una condizione indispensabile per garantire un futuro produttivo e sostenibile all’area di Taranto. Urso ha chiarito che l’incontro non si concluderà senza una soluzione condivisa, segnalando l’urgenza di una decisione che potrebbe cambiare il destino di migliaia di famiglie.
Sindacati all’attacco: servono garanzie concrete
Fim, Fiom e Uilm hanno espresso una profonda preoccupazione per il percorso intrapreso fino ad oggi. In un comunicato congiunto hanno ribadito che senza una continuità produttiva e senza la presenza diretta dello Stato non sarà possibile realizzare alcun piano di decarbonizzazione. Il nodo principale riguarda lo stanziamento di 200 milioni di euro previsto dal governo, considerato ampiamente insufficiente per riportare in funzione gli impianti e raggiungere l’ambizioso traguardo di sei milioni di tonnellate di acciaio all’anno entro il 2026.
La ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha incontrato le rappresentanze sindacali per affrontare anche il tema della cassa integrazione straordinaria che riguarda oltre 4.000 dipendenti, di cui 3.500 operano nello stabilimento tarantino. L’esame formale della richiesta è stato rinviato al 14 luglio, data che potrebbe segnare uno spartiacque per il futuro dei lavoratori.
Crisi ex Ilva, decarbonizzazione e ripercussioni economiche
Il piano di decarbonizzazione dello stabilimento di Taranto rappresenta un obiettivo strategico non solo per il rilancio produttivo ma anche per la tutela dell’ambiente. La transizione verso una produzione di acciaio più pulita richiede investimenti ingenti in tecnologie innovative, come l’utilizzo di forni elettrici alimentati da energie rinnovabili e l’impiego dell’idrogeno verde. Questi interventi potrebbero trasformare l’ex Ilva in un modello di sostenibilità industriale, ma senza un supporto finanziario adeguato rischiano di restare sulla carta.
Le ricadute economiche di un eventuale fallimento sarebbero devastanti. L’indotto siderurgico in Puglia e in altre regioni, come Piemonte e Liguria, subirebbe un contraccolpo con la perdita di migliaia di posti di lavoro. Anche gli stabilimenti di Novi Ligure e Racconigi sono coinvolti nella crisi e circa 700 lavoratori osservano con crescente preoccupazione l’esito delle trattative in corso.
Crisi ex Ilva, le Regioni pongono condizioni chiare
Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha confermato la disponibilità a sottoscrivere l’accordo di programma, ma ha precisato che l’adesione sarà subordinata a precise garanzie. Tra queste figurano la salvaguardia della salute pubblica, la riduzione dell’inquinamento e la tutela dei livelli occupazionali. Emiliano ha inoltre sottolineato la necessità di tempi certi per la realizzazione degli interventi.
Le Regioni coinvolte chiedono al governo una strategia chiara e un cronoprogramma dettagliato per evitare ulteriori ritardi che potrebbero compromettere il futuro della siderurgia italiana.
In questo contesto complesso, la riunione convocata da Urso rappresenta un momento decisivo. La capacità del governo di intervenire in maniera tempestiva e con misure concrete potrebbe fare la differenza tra un rilancio produttivo e una crisi irreversibile. Per i lavoratori e le comunità locali, la speranza è che l’accordo arrivi in tempi rapidi e consenta di trasformare una delle più grandi sfide industriali del Paese in un’opportunità di rinascita.
I punti chiave.
- Il governo convoca un incontro urgente per decidere il futuro dell’ex Ilva di Taranto.
- I sindacati chiedono più risorse e garanzie per tutelare i lavoratori.
- Le Regioni pongono condizioni sulla sicurezza ambientale e occupazionale.

