Dal 2000 il tuo quotidiano indipendente su Economia, Mercati, Fisco e Pensioni
Oggi: 05 Dic, 2025

Sulle pensioni l’INPS è in debito con tutti i pensionati, ecco perché

Ecco perché i pensionati INPS devono recuperare arretrati di pensione per via di una inflazione maggiore rispetto a quella adottata.
5 mesi fa
2 minuti di lettura
pensioni 20 anni di contributi
Foto © Pixabay

Tutti i pensionati, chi più chi meno, sono a credito con l’INPS. In parole povere, i pensionati avanzano qualcosa dall’Istituto Previdenziale Italiano. Ma attenzione: non si tratta di errori da parte dell’Istituto, perché il credito dei pensionati nasce da un altro fattore. Si parla, infatti, di un meccanismo di perequazione particolare, che, per questioni di tempistiche, obbliga l’INPS ad applicare alcune misure in via provvisoria, per poi correggerle nel corso dell’anno, rimborsando i pensionati se necessario.

Parliamo del riequilibrio delle pensioni rispetto al tasso di inflazione, un meccanismo che quest’anno ha generato un credito per i pensionati nei confronti dell’INPS.

Una situazione che si è già verificata in passato, anche se, ad esempio, nel 2024 non si è concretizzata.

La perequazione in Italia, ecco come l’INPS aumenta le pensioni e cosa è cambiato nel 2025

Lo scorso anno ha fatto scalpore la notizia che l’adeguamento delle pensioni al tasso di inflazione fosse finito davanti alla Corte Costituzionale. Tuttavia, la Consulta non ha ritenuto incostituzionale il meccanismo di perequazione adottato nel 2023 e nel 2024 da parte del Governo e, di conseguenza, non ha obbligato lo stesso Esecutivo a rimborsare i pensionati.

Nel 2024, la perequazione si è basata su un meccanismo progressivo, che prevede l’aumento delle pensioni in relazione al tasso di inflazione, ma con riduzioni progressive man mano che cresce l’importo della pensione. Il meccanismo finito al vaglio della Consulta, poi confermato dalla stessa, era il seguente:

  • 100% di aumento rispetto all’inflazione per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo;
  • 85% per le pensioni tra 4 e 5 volte il trattamento minimo;
  • 53% per le pensioni tra 5 e 6 volte il trattamento minimo;
  • 47% per le pensioni tra 6 e 8 volte il trattamento minimo;
  • 37% per le pensioni tra 8 e 10 volte il trattamento minimo;
  • 22% (nel 2023 era il 32%) per le pensioni superiori a 10 volte il trattamento minimo.

Le modifiche del 2025

Nel 2025, il Governo ha deciso di intervenire per evitare nuovi ricorsi, sebbene la Consulta non avesse bocciato il meccanismo precedente. Le nuove fasce previste sono le seguenti:

  • 100% di aumento rispetto all’inflazione per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo;
  • 90% per le pensioni tra 4 e 5 volte il trattamento minimo;
  • 75% per le pensioni superiori a 5 volte il trattamento minimo.

Ma è cambiato anche il metodo di applicazione. Adesso il sistema è realmente progressivo, perché la percentuale ridotta si applica solo sulla parte eccedente della pensione, relativa alla specifica fascia. In altre parole, anche le pensioni superiori a 4 volte il trattamento minimo vengono rivalutate al 100% per la parte fino a 4 volte il minimo. In passato, invece, la percentuale inferiore (e quindi i tagli) si applicavano all’intero importo della pensione.

Ecco quando si va a credito nei confronti dell’INPS

La rivalutazione viene sempre applicata a partire dalla pensione del mese di gennaio di ogni anno. Il tasso di inflazione utilizzato è quello rilevato dall’ISTAT sul finire dell’anno solare precedente. Tuttavia, a gennaio si fa riferimento a un tasso provvisorio, poiché l’ISTAT non ha ancora completato l’analisi dell’ultimo trimestre.

Nel dettaglio:

  • nel 2023 si applicò un tasso provvisorio del 7,3% per la rivalutazione delle pensioni;
  • nel 2024 il tasso fu del 5,4%;
  • nel 2025, il tasso provvisorio è stato dello 0,8%.

Successivamente, se emerge una discrepanza tra il tasso provvisorio e quello definitivo, l’INPS provvede a un ricalcolo, riconoscendo gli arretrati e aggiornando le pensioni con il tasso definitivo corretto.

Cosa è accaduto negli ultimi anni ai pensionati INPS

Nel 2023 si è verificato proprio questo. Il tasso definitivo di inflazione risultò pari all’8,1%, mentre quello provvisorio era del 7,3%. I pensionati, quindi, ricevettero a dicembre gli arretrati relativi allo 0,8% di differenza non percepito da gennaio a dicembre.

Nel 2024, invece, il tasso provvisorio e quello definitivo coincisero, entrambi al 5,4%, motivo per cui non ci furono arretrati da corrispondere ai pensionati.

Per il 2025, la situazione è diversa: il tasso definitivo di inflazione è emerso pari all’1%, mentre a gennaio si era applicato il provvisorio dello 0,8%. Pertanto, si è creato un credito dello 0,2% al mese da gennaio a dicembre 2025.

Ci si può dunque aspettare che, entro dicembre 2025 o al più tardi a gennaio 2026, con i nuovi adeguamenti per la perequazione, i pensionati ricevano anche gli arretrati maturati. Non si tratta certo di cifre da capogiro, ma resta comunque un piccolo importo aggiuntivo che spetta di diritto.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

legge 104
Articolo precedente

Permessi 104 in cassa integrazione: come calcolare quanti giorni spettano

Ecco perché una pensione che l'INPS liquida in base al calcolo, con poco più di 380 euro al mese può passare a circa 750 euro mensili.
Articolo seguente

Nel 2026 pensioni più alte: 120 euro in più al mese, ecco perché è possibile