Ha fatto scalpore la notizia che l’Unione Europea vorrebbe imporre una tassazione su piattaforme di crowdfunding come Kickstarter e IndieGoGo: l’idea di applicare l’IVA sulle donazioni e i pre-ordini dei beni finanziati dai (piccoli) investitori mette in rima queste piattaforme con i classici negozi online, perché la dinamica risulterebbe piuttosto simile in termini di compravendita, dato che la donazione equivarrebbe a un acquisto mascherato. Non è quindi un caso che l’Unione europea stia pensando a tassare tali donazioni: il momento, visto il successo esponenziale di questa formula, sarebbe prima o poi arrivato.

Non c’è ancora nulla di ufficiale, ovviamente, e probabilmente si sta tentando di regolarizzare questa tassazione con le forme legali giuste, eppure a riguardo ci sono voci discordanti.  

Quale IVA se si tratta di donazioni?

La domanda legittima che segue è questa: come possono venire tassate le ricompense o le donazioni in quanto tali? L’investimento dal basso rischia quindi una brusca frenata qualora la Commissione europea avvalli l’assoggettamento all’IVA invece di incentivare il settore che è in continua crescita e che apre sviluppi e prospettive parecchio interessanti. Sarebbe inoltre un altro freno alla crescita degli investimenti in Europa, mentre a riderne sarebbero probabilmente gli Stati Uniti, Paese dove le start-up godono senza dubbio di vita migliore e di aiuti più consistenti – e anche di meno persone che mettono i bastoni tra le ruote.   Un interessante articolo di Wired ha raccolto i pareri di legali per capire quanto possa essere vera (e veritiera) questa formula di tassazione: per Alessandro Lerro di Paulownia Social Project S.r.l. l’IVA non deve affatto sussistere e se si ragiona in termini di tassazione per le piattaforme di crowdfunding, allora significa che di crowdfunding non si è ancora capito nulla. “Non si sta effettuando nessuna vendita, il gadget è un regalo e quindi non sussiste nemmeno un’attività di fatturazione”, ha affermato il consulente.

L’equivalere una ricompensa a un regalo, di fatto, toglie ogni dubbio su una eventuale, legale ed effettiva sussistenza dell’IVA. E per confermare questa tesi, viene incontro anche il Codice Civile (articolo 793)  a proposito della donazione modale, che afferma quanto segue:  

La donazione può essere gravata da un onere. [Nota: l’onere consiste nell’impsizione di un peso rivolta al beneficiario della donazione che limita gli effetti dell’atto. Non assume la natura di corrispettivo, ma riduce la liberalità che resta, in ogni caso, la causa della donazione] Il donatario è tenuto all’adempimento dell’onere entro i limiti del valore della cosa donata. [Nota: ove l’adempimento dell’onere comporti l’uso di risorse maggiori rispetto a quelle ricevute attraverso la donazione, l’onerato non è tenuto all’adempimento per la parte in eccedenza] Per l’adempimento dell’onere può agire, oltre il donante, qualsiasi interessato, anche durante la vita del donante stesso. [Nota: legittimato non è chiunque, ma solo colui che possa ricevere un vantaggio, seppur indiretto, dall’adempimento] La risoluzione per inadempimento dell’onere, se preveduta nell’atto di donazione, può essere domandata  dal donante o dai suoi eredi.

  Occorre tuttavia una precisazione: la formula fiscale negli USA varia di Stato in Stato, ma l’IVA americana (la cosiddetta VAT) rientra solo nel caso di progetti che seguono il modello basato sulle royalties, laddove quindi l’investitore che finanzia il progetto tramite crowdfunding, ha diritto a ricevere una parte degli utili ricavati dal progetto stesso. Tuttavia, il modello più sfruttato su tali piattaforme è quello basato sulle ricompense e non sulle royalties, quindi sullo scambio tra donazione/investimento e ricompensa finale, pertanto, alla luce degli aspetti legali attuali, sembra proprio che il fantasma dell’IVA sulle piattaforme di crowdfunding sia destinato a restare un fantasma.

Almeno per il momento.