Rendite finanziarie nel mirino del governo Renzi. Il presidente del Consiglio propone di alzare l’imposta dal 20 al 26% sugli interessi che maturano le obbligazioni corporate e bancarie. Non senza conseguenze per i piccoli risparmiatori che, magari con un bond ENEL o ENI in portafoglio, sottoscritto con i soldi della liquidazione, ci arrotondano la magra pensione. Ma colpire indiscriminatamente il piccolo risparmiatore sembra sia diventato uno slogan efficace per guadagnarsi la stima dei banchieri stranieri e per perdere la campagna elettorale in vista delle prossime elezioni europee a maggio.

In barba alla Costituzione, naturalmente, che all’art. 47 “tutela il risparmio in tutte le sue forme”, quindi anche in quelle derivanti da investimenti in obbligazioni. Ma al di là di quelli che sono i pro (pochi) e i contro (tanti) di tale scellerata decisone del governo, vediamo di capire come potrebbe difendersi  il piccolo investitore, quello che acquista mediamente 10-20 mila euro di obbligazioni della propria banca e le tiene nel cassetto per 20 anni, tanto per intenderci, portandole regolarmente a scadenza.

 

Il prelievo sui titoli di stato resterà al 12,50%, nell’interesse delle banche

 

renzi

Posto che l’inasprimento dell’imposta sulle rendite finanziarie, nel rispetto delle leggi esistenti, salvaguarderà gli interessi sui conti correnti e sui conti deposito che rimarranno tassati al 20% – come precisato dal Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan – solo i titoli di stato non subiranno aumenti al prelievo fiscale. E ci mancherebbe altro, visti gli striminziti rendimenti che girano. Sicché BOT, BTP e titoli equivalenti emessi da enti pubblici o organismi sovranazionali, continueranno a subire una ritenuta sugli interessi del 12,50%. Questo, non tanto per invitare i risparmiatori a comprare titoli di stato italiani, quanto per tutelare gli interessi delle banche i cui forzieri sono pieni zeppi di BTP. Quelli acquistati con i soldi presi in prestito dalla BCE al 1% ai tempi del governo Monti, quando lo spread decennale col Bund tedesco toccava i 500 punti e i BTP a cinque anni rendevano oltre il 7%.

Ma che interesse ha un piccolo risparmiatore a lasciare i soldi sul conto corrente che offre interessi da prefisso telefonico o investire piccole somme in titoli di stato i cui rendimenti reali son nulli, se non negativi? Un BOT a un anno offre oggi poco più dello 0,50% lordo di guadagno e non ha più alcun senso tenerlo in portafoglio. Quindi che fare?

 

I titoli di stato dei paesi “white list” restano soggetti a prelievo del 12,50%

 

white list

Scartata la possibilità di trasferirsi in un paradiso fiscale e di acquistare titoli di stato italiani i cui rendimenti reali sono negativi nel breve e nulli sul lungo periodo, scartate le obbligazioni bancarie e corporate (se non assumendosi rischi elevati) i cui interessi verranno taglieggiati al 26% dal fisco, resta ben poco da sfruttare. Fra le alternative restano al momento solo le obbligazioni sovrane emesse dai paesi stranieri. Ma non tutti. Solo quelli a fiscalità privilegiata, appartenenti alla cosi detta “white list”, per i quali esistono accordi di libero scambio di informazioni fiscali. Gli interessi delle obbligazioni sovrane emesse da questi stati restano, per legge, assoggettabili al prelievo fiscale del 12,50%, come per i BTP italiani. Quindi, sconfinando, è ancora possibile ottenere rendimenti netti in grado di battere l’inflazione e anche di guadagnare qualcosa, magari investendo in titoli di stato in valuta. Così è possibile ottenere ancora dei rendimenti intorno al 6% investendo, senza troppi rischi, nelle obbligazioni in euro della Repubblica di Cipro o in quelle in dollari emesse dalla Russia con scadenza 2018. Ma l’elenco è smisurato. [fumettoforumright]Una delle più interessanti, al momento, è l’obbligazione in euro da 300 milioni emessa dalla Repubblica d’Albania nel 2010 (Isin XS0554792670) che offre una cedola del 7,50% e un rendimento del 4,35% fino al novembre 2015, quando andrà a rimborso.

 

Elenco paesi “white list” aggiornato

Algeria 

Argentina          

Australia             

Austria

Bangladesh       

Belgio  

Bielorussia         

Brasile 

Bulgaria              

Canada

Cina      

Cipro    

Corea del Sud  

Costa d’Avorio 

Croazia

Danimarca         

Ecuador              

Egitto   

Emirati Arabi Uniti          

Estonia

Federazione Russa        

Filippine             

Finlandia            

Francia

Germania          

Giappone          

Grecia  

India     

Indonesia          

Irlanda 

Islanda

Israele 

Yugoslavia         

Kazakistan         

Kuwait 

Lettonia              

Lituania               

Lussemburgo   

Macedonia        

Malta   

Marocco             

Mauritius           

Messico              

Norvegia            

Nuova Zelanda

Paesi Bassi         

Pakistan             

Polonia

Portogallo          

Regno Unito     

Repubblica Ceca             

Repubblica Slovacca      

Romania             

Singapore          

Slovenia             

Spagna

Sri Lanka             

Stati Uniti           

Sud Africa          

Svezia  

Tanzania             

Thailandia          

Trinidad e Tobago          

Tunisia 

Turchia

Ucraina               

Ungheria            

Venezuela         

Vietnam             

Zambia