Quando Berlusconi, alla vigilia delle sue dimissioni come presidente del Consiglio, disse che era in atto un complotto contro il suo governo, pochi gli credettro. Ma, oggi, alla luce dei recenti accadimenti sul piano economico, finanziario e politico, non gli si può dare torto. Media e stampa internazionali cercarono di minimizzare l’accaduto di quel tempo e le dimissioni del premier passarono come una liberazione con le lodi del Quirinale, ma di fatto si trattò di un vero e proprio colpo di stato architettato dalla Germania, fatto non con carri armati e truppe come ai tempi dell’invasione del ‘43, ma a suon di miliardi di euro transitati sui circuiti bancari non regolamentati della Deutsche Bank, il cosi detto mercato “over the counter”.

L’obiettivo non era far fallire l’Italia (il conto lo avrebbero pagato anche i tedeschi e l’Europa intera), ma rovesciare il governo Berlusconi, cioè quel esecutivo che si era fermamente apposto a risanare i conti delle banche tedesche e francesi (coi soldi degli italiani) che stavano naufragando per la crisi della Grecia. Privatizzazioni, tagli delle pensioni e del welfare erano noti obiettivi di Berlino per drenare liquidità dal sistema dell’eurozona. E gli eventi successivi alla caduta di Berlusconi andarono proprio in quella direzione.  

Nel 2011 lo spread btp bund toccò i 570 punti base

  Il quadro della situazione appare oggi più chiaro di cinque anni fa e a darne conferma è la Procura di Trani che ha spedito i militari della Guardia di Finanza  negli uffici della Deutsche Bank, la potente banca tedesca e la più grande (e indebitata) d’Europa, a sequestrare atti, carte, email e fascicoli riconducibili all’attività di vendita massiccia di titoli di stato nell’estate del 2011. Un filone d’inchiesta venuto alla ribalta delle cronache solo di recente, ma già in fermento da almeno un paio d’anni, cioè da quando la procura pugliese ha indagato e mandato a processo i vertici dell’agenzia internazionale di rating Standard & Poor’s per aver declassato, nello stesso periodo della (s)vendita a pioggia di Btp da parte della Deutsche Bank, il rating dell’Italia e alimentando così un flusso vorticoso di vendite di titoli di stato italiani sui mercati internazionali che portò in poco tempo lo spread col Bund a 10 anni da 170 a 570 punti base e il rendimento sui Btp a 10 anni al 7%.

Un mix di fattori che fece temere nell’opinione pubblica il default del paese e che comportò le dimissioni del governo Berlusconi, inviso alla Merkel e a Sarkozy, e l’arrivo del professor Mario Monti, più incline ai tecnicismi di Bruxelles e serio osservante dei diktat tedeschi.  

Deutsche Bank indagata per manipolazione del mercato

  Più precisamente il Pm Michele Ruggiero sta indagando cinque alti funzionari di Deutsche Bank, fra cui l’ex presidente Josef Ackermann, per manipolazione del mercato per aver diffuso notizie riguardo alla sostenibilità del debito pubblico italiano, mentre vendeva in poco tempo 7 miliardi di Btp acquistando contestualmente 1,4 miliardi di Cds (credit defaul swap), cioè strumenti derivati a protezione degli investimenti in caso di default. Una manovra che ha innescato un fiume di vendite a catena anche da parte di altri operatori istituzionali,da Londra alle Isole Cayman, e che ha comportato una evidente e sensibile alterazione dei prezzi di mercato. Il reato (art. 185 T.U.F.) è punito fino a sei anni di reclusione con una multa massima di 5 milioni di euro. Nulla rispetto alle conseguenze che ne sono derivate, a cominciare dai maggiori costi di rifinanziamento da parte dello Stato, che – si spera – avrà l’occasione di costituirsi in un eventuale giudizio come parte civile lesa chiedendo un adeguato ristoro per i danni patiti e che hanno avuto ripercussioni sulle tasche degli italiani, chiamati a pagare onerose tasse che ancor oggi gravano sul bilancio delle famiglie.