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mototopo

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CORTE COSTITUZIONALE N.7 DEL 2017: LA PATRIMONIALE INCOMBENTE E L'AUSTERITA' ESPANSIVA COME...RIMEDIO ALLA "CRISI ECONOMICA" [/paste:font]


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1. Di recente, con la pronuncia della Corte costituzionale n.7 del 2017, si è diffuso un certo "entusiasmo" (mediatico) circa la censura che la stessa Corte rivolge al legislatore quando questi si mette all'opera, per rispettare il pareggio di bilancio, cercando ogni mezzo per soddisfare questo principio assurto a grund norm della quasi totalità della legislazione più rilevante degli ultimi anni.
Nel caso, si è trattato della declaratoria di illegittimità costituzionale della norma emanata dal governo Monti che imponeva un prelievo fisso, a favore dello Stato, sostanzialmente patrimoniale (al di là dell'indice utilizzato per determinare la base imponibile) sulle casse previdenziali "autonome" di determinate categorie professionali (ricorrente era la cassa dei commercialisti).
Cercheremo però di evidenziare con la massima semplicità possibile di come non solo, con tale decisione, non sia stato posto in dubbio il "valore" del pareggio di bilancio come equiordinato, se non in concreto prevalente, su quelli tutelati da altre norme costituzionali, ma come, sempre in applicazione dello stesso principio, si sia preventivamente, (sia pure "in astratto" ma non perciò in modo meno significativo), preannunziata la legittimità di "prelievi eccezionali" da parte dello Stato, autorizzati da un "particolare momento di crisi economica".

2. Vi riporterò, nella sua apparente incidentalità, il passaggio rappresentativo di tale interpretazione.
Questo passaggio ci dà conto, ancora una volta, non solo della ormai consolidatasi gerarchia (o NON gerarchia) dei valori costituzionali ma, inscindibilmente, del concetto di "crisi economica", tanto genericamente evocata, quanto ostinatamente trascurata nell'individuare le sue cause efficienti nonché, - elemento veramente decisivo nella comprensione della materia (ovvero nella "incompresione" della Corte)-, il legame univoco di queste cause con le politiche fiscali ed economiche imposte dall'appartenenza all'eurozona.
E quindi, a ben vedere, nelle stesse ormai "inconsapevoli", affermazioni della Corte, sfugge il legame univoco di questa generica "crisi economica" con l'introduzione dell'art.81 Cost. come obbligo derivante dal c.d. fiscal compact, per l'appunto incompreso nella sua autonoma capacità generatrice della crisi: quest'ultima intesa sia come crescita negativa, cioè recessione, sia come crescita ridotta o prossima allo zero, cioè stagnazione, entrambe accompagnate, come riflesso inevitabile del loro manifestarsi, dalla evidenza della crisi occupazionale (cioè dal dilagare della disoccupazione divenuta connotato sociale della realtà italiana proprio in conseguenza dell'adesione alla moneta unica).

3. Ecco dunque il passaggio della sentenza n.7 del 2017:
Se, in astratto, non può essere disconosciuta la possibilità per lo Stato di disporre, in un particolare momento di crisi economica, un prelievo eccezionale anche nei confronti degli enti che – come la CNPADC – sostanzialmente si autofinanziano attraverso i contributi dei propri iscritti, non è invece conforme a Costituzione articolare la norma nel senso di un prelievo strutturale e continuativo nei riguardi di un ente caratterizzato da funzioni previdenziali e assistenziali sottoposte al rigido principio dell’equilibrio tra risorse versate dagli iscritti e prestazioni rese.
L'affermazione, evidentemente a portata generale circa il potere di imposizione fiscale "eccezionale" (appunto: lo "stato di eccezione" dei mercati come neo-detentori della sovranità) considerato legittimo dalla Corte senza mai indagare sulle sue cause, trova ulteriore sviluppo nel periodo immediatamente successivo:
Alla luce di tali considerazioni risultano capovolte anche le argomentazioni dell’Avvocatura dello Stato, secondo cui la fattispecie normativa in esame sarebbe il portato di un’«adeguata ponderazione» delle esigenze di equilibrio della finanza pubblica di cui all’art. 81 Cost. con «gli altri parametri costituzionali richiamati dal Consiglio di Stato […] nel rispetto dei princìpi di proporzionalità e ragionevolezza […] in relazione alla pari necessità di rispetto dell’art. 81 Cost. ed alla luce della necessità di individuare un punto di equilibrio dinamico e non prefissato in anticipo tra tutti i vari diritti tutelati dalla Carta costituzionale».
Una valutazione in termini di proporzionalità e di adeguatezza tra i dialettici interessi in gioco può essere realizzata solo all’interno del quadro legislativo della materia «secondo determinazioni discrezionali del legislatore, le quali devono essere basate sul ragionevole bilanciamento del complesso dei valori e degli interessi costituzionali coinvolti nell’attuazione graduale di quei principi, compresi quelli connessi alla concreta e attuale disponibilità delle risorse finanziarie e dei mezzi necessari per far fronte ai relativi impegni di spesa» (sentenza n. 119 del 1991).
[Inciso necessario per chi non fosse abituato al ragionamento logico-giuridico: se è "riconoscibile", in termini di legittimità costituzionale, la possibilità di un prelievo eccezionale su enti previdenziali che si autofinanziano con i contributi degli iscritti, a fortiori, questa diagnosi preventiva di legittimità vale per ogni categoria di soggetto privato, rispetto a cui il potere di imposizione fiscale, a fini di raggiungimento del pareggio di bilancio, si manifesta senza neppure il problema della destinazione del suo patrimonio allo svolgimento della funzione pubblica di erogazione di prestazioni pensionistiche.
D'altra parte, ciò è confermato dall'uso della congiunzione copulativa "anche" utilizzata dalla Corte in termini logici che implicano una serie di soggetti verso cui tale prelievo eccezionale è già presupposto come "possibile".]

4. Dunque, prendiamo atto: nei valori costituzionali esistono degli evidenti e continui contrasti e, sì, questi contrasti derivano dai limiti di bilancio imposti allo Stato fin da Maastricht, e peraltro continui e reiterati e niente affatto episodici o contingenti.
La Corte pare considerare invece ogni singolo "episodio" legislativo sottoposto al suo esame come caratterizzabile dalla già segnalata visione "atomistica" delle questioni che esamina, facendosi sfuggire, ormai da decenni, che lo "stato di eccezione" è permanente e che i "sacrifici" imposti a tutti gli altri valori costituzionali, per dimensione, durata e pluralità praticamente omnicomprensiva di interventi, assumono ormai un carattere non liquidabile come non lesivo del "nucleo essenziale" dei diritti costituzionali fondamentali (in un tempo ormai lontano...).

5. Il problema lo abbiamo già visto esaminando l'altra pronuncia della Corte affrettatamente salutata come fondamentale "stop" alla priorità, in concreto, del principio €uropeistico del pareggio di bilancio, la n.275 del 2016:
"In particolare, la decisione non affronta e non risolve il problema logico pregiudiziale che è inscindibilmente legato alla ratio ed alla giustificazione della norma censurata (che, appunto, non è certo casuale e frutto di una "malvagia" scelta politica della Regione Abruzzo). Vale a dire, il problema della "guerra" tra poveri ovvero del conflitto tra diversi diritti costituzionalmente fondati che deriverebbe dal mero garantirne uno, quale incomprimibile, all'interno di un finanziamento che, complessivamente e promiscuamente, è comunque non solo limitato ma progressivamente tagliato in omaggio al principio del pareggio di bilancio. Questo si esprime, ormai da anni (e, prima ancora, nell'ottica della riduzione del deficit al 3%, cioè da decenni) in decisioni finanziarie statali di bilancio adottate per adeguarvisi, e, nello specifico, notoriamente, mediante la riduzione dei trasferimenti da parte dello Stato alle regioni, tutt'al più da compensare con aumenti della imposizione "locale" nel quadro del c.d. "patto di stabilità interno". Ma questi meccanismi sono da sempre attuati, per vincolo c.d. "esterno", nel quadro della generale riduzione del fabbisogno statale verso il pareggio stesso, "voluto dall'Europa" e, dichiaratamente (da parte delle fonti europee), al fine prioritario di mantenere la nostra adesione alla moneta unica, e quindi al di fuori di qualsiasi (comprovato) vantaggio ponderabile con i costi sociali che emergono nelle sempre più numerose fattispecie all'esame della stessa Corte costituzionale. IV.3. La Corte, garantendo il pieno e non solo parziale rimborso (nel caso) delle spese sostenute per il trasporto scolastico dei disabili, ha tuttavia, in forza dell'inesorabile meccanismo dei saldi di bilancio, vincolati dal patto di stabilità interna, necessariamente inciso sulla (altrettanto "piena") erogabilità di altri servizi sociali finanziati in tutto o in parte, dalla regione, mediante lo stigmatizzato "indistinto" stanziamento: magari avrà determinato che una madre lavoratrice non avesse più posto nell'asilo nido per il bambino (venendone soppressa la stessa struttura); o che un anziano indigente e affetto da malattia cronica non potesse più vedersi assicurata l'assistenza domiciliare. Non porsi il problema generale di come il pareggio di bilancio incida, in stretta connessione con la questione devoluta alla Corte, sui complessivi livelli di diritti tutti egualmente tutelati dalla Costituzione, porta a comprimerne, o a sopprimerne uno in luogo di un altro, generando un inammissibile conflitto tra posizioni tutelate. Un conflitto che, secondo un prudente apprezzamento della realtà notoria, non può essere risolto scindendo una realtà sociale composta da elementi interdipendenti; tale realtà viene, nel suo complesso, sacrificata illimitatamente, in una progressione di manovre finanziarie di riduzione, portate avanti pressocché annualmente, dall'applicazione del pareggio di bilancio e dalla graduale (o anche talora drastica) situazione di de-finanziamento che esso comporta. La sua logica, propria dell'applicazione fattane agli enti territoriali, è infatti quella di una prioritaria allocazione delle risorse al risanamento del debito pregresso e dei suoi oneri finanziari. IV.4. Non si tratta dunque di tutelare un "pochino" (meno) tutte queste posizioni costituzionalmente tutelate, comunque comprimendole tutte contemporaneamente, ma di un generale e inscindibile piano di "caduta" (in accelerazione), dovuto alla crisi economica indotta dalla euro-austerità fiscale, con la disoccupazione (effettiva) record che essa determina e, dunque, con l'oggettivo e notorio (e drammatico) ampliarsi della sfera dei cittadini aventi diritto alle prestazioni costituzionalmente garantite, cioè tutelandi (secondo la Costituzione)".

6. Con il sopra riportato percorso argomentativo della sentenza n.7 del 2017, la Corte conferma questo ordine di obiezioni in modo categorico: la discrezionalità del Legislatore - essenzialmente su iniziativa del governo, ormai stabilmente esecutiva di diktat minacciosi provenienti dalle istituzioni €uropee (altro aspetto costantemente ignorato dalla Corte) - è, secondo lei, interna a una dialettica e tutti i valori costituzionali (originariamente posti dalla Carte del 1948), proprio perché dialetticamente contrapponibili, sono ormai posti su un piano di parità con quello del pareggio di bilancio.
Questo potenziale super-valore - proprio in conseguenza della continua visione atomistica e priva di "memoria" e prospettiva storica del complesso delle misure fiscali e finanziarie adottate dallo Stato italiano come politica ormai permanente e pervasiva - porrebbe i rapporti tra norme costituzionali in termini "dialettici": ma nel dir ciò, si finisce inevitabilmente per attribuire a questa disposizione di origine sovranazionale (UEM), un'attitudine caratterizzante dell'intero ordinamento.
E questa funzione caratterizzante del pareggio di bilancio trova poi il suo addentellato nell'accettazione acritica, anzi nella ipostatizzazione (per reiterazione ormai inerziale), dell'idea - tecnico-economica- che esso abbia una funzione risolutiva della (abbiamo visto generica) "crisi economica".

7. Eppure la Corte dimentica che, nel 2010, alla "vigilia" della grande stagione dell'austerità espansiva, alla cui ideologia la Corte si è ormai ostinatamente adeguata, l'Italia era ormai uscita dalla recessione, era tornata a crescere e avrebbe potuto, senza particolari sforzi, tranquillamente rispettare il limite di deficit del 3%, stabilito dal precedente patto di stabilità dell'eurozona.
Dunque, l'imposizione del fiscal compact, - peraltro da considerare la formalizzazione di una precedente costante aspirazione al pareggio di bilancio, che risaliva a periodi in cui non c'era affatto una crisi economica (e già questo dovrebbe portare a qualche riflessione la stessa Corte)-, non pare potersi obiettivamente e ragionevolmente giustificare come rimedio alla recessione o anche solo alla stagnazione: e, con essa, la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, .
Di più, l'adozione del paradigma dell'austerità espansiva, non solo è stato messo in dubbio dallo stesso FMI, che l'aveva originariamente diffuso e travasato nelle sollecite spire dei meccanismi di "stabilizzazione" adottati normativamente dall'eurozona, ma esso, solo che si consultino con un minimo di attenzione i dati dell'Istat, risulta essere la causa diretta della crescente disoccupazione e del suo già visto livello strutturale senza precedenti nella storia della Repubblica.
 

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CORTE COSTITUZIONALE N.7 DEL 2017: LA PATRIMONIALE INCOMBENTE E L'AUSTERITA' ESPANSIVA COME...RIMEDIO ALLA "CRISI ECONOMICA" [/paste:font]

8. Sul piano della storia economica, abbiamo proprio visto, nel post precedente che tale idea di "stabilizzazione" è in realtà il portato di un'ideologia monetaria, prima "neo-classica", cioè propria degli anni '20, e poi esplicitamente adottata dall'unione monetaria €uropea (pp.6-6.1.), che si impernia tutta su un rimedio, e uno solo: cioè quello deflazionista e di traslazione sul mercato del lavoro dei costi del debito estero di una Nazione (che è appunto il perno della dottrina delle banche centrali indipendenti).
La correzione dei conti con l'estero - il vero problema che si voleva ovviare attraverso il fiscal compact- e il pagamento dei creditori esteri dell'eurozona, allarmati dalla crescente posizione debitoria dei c.d PIGS, avviene attraverso lo strumento fiscale, espressamente additato in tale funzione (il caso della Grecia dovrebbe dissipare ogni dubbio, al riguardo, se no si è accecati dallo slogan moralistico che avrebbe "falsificato i conti pubblici"...).

9. Ciò perché si è ben consapevoli che l'austerità fiscale limita i consumi e la spesa interna (anche quella per investimenti) prima di tutto attraverso l'innesco del taglio di quella parte del PIL che è la spesa pubblica, (e lo stesso Padoan ha fatto una rilevante ammissione al riguardo), che a qualsiasi titolo effettuata (piaccia o no), aumenta il reddito dei cittadini.
Tagliato per via fiscale tale reddito - accoppiando ovviamente al taglio della spesa pubblica anche l'aumento della pressione fiscale- si limitano le importazioni: la crescente disoccupazione che discende dal taglio del reddito, e cioè degli incassi delle imprese derivanti dalla domanda interna, a sua volta, induce la forza lavoro ad accettare complessivamente (aiutata da una serie continua di riforme flessibilizzanti e precarizzanti del mercato del lavoro), una minor retribuzione e ciò non solo avvia un circolo vizioso di minori importazioni, ma anche di fallimenti seriali di imprese basate sulla domanda interna, abbassa il costo del lavoro e promuove in una certa misura la competitività di prezzo delle nostre merci.

Ed infatti, l'Italia, oggi, si trova nella paradossale situazione di avere un surplus delle partite correnti, ma una crescente disoccupazione (ove realisticamente rilevata con criteri quantomeno omogenei a quelli utilizzati negli USA per l'aggregato U6, qui p.5) e soprattutto una concomitante deindustrializzazione nei settori non export-led, che è alla base delle diffuse sofferenze delle famiglie e delle stesse imprese che, non può più essere ignorato, produce la situazione di crisi bancaria e di intervento di salvataggio dello Stato, - sempre però soggetto a obbligo di rientro per via fiscale (pp.4-5),!- che si configura ormai come esplosivo.

10. Ora, in questo quadro, le due grandi giustificazioni della "bilanciabilità" del pareggio di bilancio in dialettica (quasi sempre prevalente) con ogni altro valore costituzionale, nelle sparse ma ormai sedimentate affermazioni "atomistiche" della Corte, si giustifica essenzialmente per due ragioni (tecnico-economiche ma mai verificate in ordine alla loro attendibilità): a) il sussistere di una situazione di crisi economica e b) la scarsità delle risorse finanziarie pubbliche.
Entrambe queste premesse di fatto si rivelano strettamente ancorate all'adesione alla moneta unica.
Quest'ultima, negli inequivocabili giustificativi enunciati delle stesse istituzioni UE (p.5), si fonda su un particolare concetto della moneta, che si basa sull'idea della banca centrale indipendente e sul divieto di finanziamento monetario agli Stati che, pertanto, assoggettati ai mercati come debitori di diritto comune, devono rendersi solvibili e "appetibili" attraverso la disciplina fiscale a priori imposta dall'appartenanza alla moneta unica.
Se dunque è il pareggio di bilancio, nelle sue varie tappe e proiezioni imposte di volta in volta dalla Commissione UE, alla base del taglio del reddito nazionale e della disoccupazione strutturale, è in definitiva l'euro la causa di recessione (certamente negli anni 2012-2013) e anche della successiva stagnazione deflattiva del paese. Così com'è l'euro, e la sua disciplina fiscale di automantenimento, alla base della crisi bancaria e dei suoi "drammi" di ricapitalizzazione con intervento dello Stato...in pareggio di bilancio.

11. La "crisi economica" e la "scarsità di risorse" hanno dunque una precisa causa: ma il paradosso estremo è che la Corte costituzionale si ostina, inconsapevolmente, a rinvenire in questa causa...il rimedio (in un paradosso eurisitico da cui rischia di non uscire mai): cioè il pareggio di bilancio e l'austerità fiscale, che, anzichè determinare un ritorno alla crescita e all'occupazione, inducono stagnazione, out-put gap e disoccupazione e caduta deflattiva dei redditi.
Per questo, in ultima analisi, appare vieppiù inquietante, all'interno di questa clamorosa incomprensione della situazione macroeconomica e monetaria italiana, la (quasi) preventiva giustificazione, come rimedio ad una "particolare situazione di crisi economica" di un "prelievo eccezionale".
La prospettiva di una patrimoniale straordinaria a carico di tutti i risparmiatori, e magari dei possessori di immobili, per far fronte al "rientro" dei salvataggi bancari, o anche solo per rispettare il parametro del debito pubblico all'interno del fiscal compact, è sempre più incombente.
La Corte costituzionale, però, è sempre più lontana dal comprendere le ragioni della "scarsità di risorse" (un corollario della versione "pura" della banca centrale indipendente applicata alla BCE), e della generazione delle crisi economiche: cioè lontana dal comprendere il valore sintomatico, per una corretta diagnosi, della deflazione, già incombente, della disoccupazione e precarizzazione del lavoro, e della stessa recessione.
Questa conseguirà immancabilmente all'applicazione del "rimedio" del "prelievo eccezionale" , nei suoi effetti, accontenterà i creditori esteri.
Ma la Corte costituzionale rischia di continuare a dire che ciò corrisponde ad un supremo valore costituzionale "discrezionalmente e ragionevolmente (!)" contrapponibile, - in una dialettica atomistica e svincolata dalla comprensione delle cause della congiuntura cui l'Italia s'è sottoposta col vincolo monetario-, ai diritti costituzionali sanciti dalla Costituzione del 1948....

Pubblicato da Quarantotto a 15:11 4 commenti: Link a questo post
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Forumer storico
economici.
conti pubblici luglio 23, 2013 posted by admin
Studio Esclusivo: l’Italia ha pagato 3.100 miliardi di interessi in 3 decenni (198% del PIL)

Abbiamo ricostruito i dati di PIL, Debito Pubblico, Deficit Pubblico, Saldo Primario (differenza tra entrate ed uscite della PA al netto degli interessi) e Spesa per interessi dal 1980 al 2012.





Guardando i dati si nota:

IL DEBITO PUBBLICO HA AVUTO UNA FORTE CRESCITA SPECIE DOPO IL 1981, DATA DEL DIVORZIO TRA BANCA D’ITALIA E TESORO, E PASSA DAL 60% AL 120% NEL 1993





LA SPESA PER INTERESSI ESPLODE SUBITO DOPO IL DIVORZIO TESORO-BANKITALIA E PASSA DAL 4% ALL’8% DEL PIL IN MENO DI 4 ANNI (1981-84)





IL DEFICIT ESPLODE CONSEGUENTEMENTE NEGLI ANNI 80 A 2 PRECISI FATTORI: INCREMENTO INCONTROLLATO SPESA PER INTERESSI (vedi sopra) ED INCREMENTO SPESA PUBBLICA CORRENTE TRA ANNI 70 ED 80.

Dal 1993 al 2012 il saldo cumulato positivo del saldo primario e’ di ben il 47% del PIL



Attualizzando i dati a valuta corrente (equivalente ad Euro del 2012) si ha:



L’ITALIA HA PAGATO TRA IL 1980 ED IL 2012 LA BELLEZZA DI 3.101 MILIARDI DI EURO EQUIVALENTI (al 2012) DI INTERESSI, PARI AL 198% DEL PIL, UNA CIFRA DI PROPORZIONI ENORMI.







Abbiamo fatto una SIMULAZIONE: tenendo fermi i saldi primari ed i valori di PIL dal 1993 in poi, abbiamo visto l’evoluzione del Debito Pubblico dal 1993 ad oggi se nel 1993 il Debito Pubblico fosse stato del 60%. Oggi sarebbe al 26%





In estrema sintesi, negli ultimi 20 anni IL DEBITO E’ PASSATO DA CIRCA 1.500 A 2.000 MILIARDI DI EURO (valori 2012) RESTANDO SOPRA AL 120% DEL PIL nonostante il fatto che:

– ABBIAMO PAGATO QUASI 2.000 MILIARDI DI INTERESSI (valori attualizzati al 2012)

– ABBIAMO REALIZZATO SALDI PRIMARI ATTIVI PER 740 MILIARDI (valori attualizzati al 2012), CIFRA CHE NON HA EGUALI IN EUROPA

In sintesi l’Italia ha comunque fatto enormi sacrifici, con risultati sul fronte del risanamento nulli, e straordinariamente negativi sul fronte della crescita.



By GPG Imperatrice
 

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Forumer storico
Mitt Dolcino
L’Eurofregatura comincia a delinearsi: l’Europa vuole immobili ed aziende italiane a garanzia del debito. Follia!

Riproponiamo un articolo pubblicato i 1 luglio 2014 perché lo riteniamo particolarmente attuale alla luce delle prossime decisioni del governo Gentiloni…

Pian piano iniziamo a vedere i contorni dell’eurofregatura: il ministro Delrio, non si comprende a che titolo, ha affermato ieri che per abbattere il debito pubblico verrà costituito un veicolo europeo con in pancia assets pubblici a garanzia che si indebiterà al fine di ridurre il debito statale del 25 o 30% del PIL. Chiaramente non si dice come si ripagheranno i denari presi in prestito, da qui a qualche anno lo scopriremo…

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Questa è un’immane cazzata, senza se e senza ma. Infatti, se la sostanza è corretta – collaterizzare i propri assets al fine di indebitarsi con lo scopo di ridurre il debito – la grandissima ed immane idiozia, e qui lo ripeto forte e chiaro, idiozia, è farlo con uno strumento europeo e non italiano. L’Italia già ce l’ha il veicolo, si chiama Cassa Depositi e Prestiti e come l’omologa tedesca KFW – nata per gestire i fondi del piano Marshall – non vede i suoi debiti consolidati nel bilancio statale, ossia non vanno a peggiorare il rapporto debito/PIL. Se andassimo infatti a verificare quale sarebbe il rapporto debito/PIL tedesco computando anche i debiti della KFW ci accorgeremmo che la Germania in fondo pur stando meglio dell’Italia non sta poi così bene… [vedasi riferimenti in calce]

E’ lapalissiano che attuare il progetto di cui sopra utilizzando la CDP significherebbe andare contro agli interessi europei, finalizzati a mettere anche a termine le mani su assets nazionali di pregio con menzione particolare per i grandi attivi del periferico più ricco, l’Italia. Si, perché si tratterebbe di buttare dentro ad uno strumento non italiano – leggasi cedere a termine – gli immobili di pregio, l’oro della banca d’Italia depositato a Roma, le quote di aziende a partecipazione statale. Poi, più avanti, per ripagare i denari che verrebbero anticipati oggi dal mercato bisognerebbe alienare e/o dare in consegna gli assets reali messi a garanzia. Carta per sostanza! Follia.

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Che sia chiaro, l’Italia deve certamente percorrere tale strada ma con un veicolo proprio, italiano, ossia la CDP, ente che per altro è ben capitalizzato dal risparmio postale (ergo, le aziende all’interno del perimetro verrebbero scambiate con i crediti postali degli italiani, essi stessi oltre tutto remunerati ad un tasso inferiore a quello dei BTP). Ed in ogni caso le aziende di stato sistemiche (ENI, Enel, Finmeccanica su tutte) che, guarda caso, rendono all’azionista ben più del tasso dei BTP a 10 anni, dovrebbero comunque restare in mano statale: è follia alienare assets anche a termine che occupano e pagano tasse in Italia e che tra l’altro rendono un multiplo del costo di indebitamento ai tassi attuali del BTP! Senza dimenticare che in forza di precise prescrizioni di Yalta la Germania doveva rimanere esclusa dall’estrazione petrolifera, certamente nel disegno tedesco ENI potrebbe essere un buon cavallo di Troia…

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Per inciso si noti bene che KFW, l’omologa tedesca di CDP, aveva fatto qualcosa di simile comprandosi le aziende ex DDR post unificazione per poi rivenderle a pezzi ai vari offerenti una volta più o meno risanate. Ma, attenzione, con una grande differenza: tali assets sono stati nella stragrande maggioranza proposti e venduti in via preliminare a soggetti tedeschi in quanto ciò era aspetto strategico di interesse nazionale (per l’occupazione….). A noi l’Europa ci dice invece di fare un veicolo europeo, gestito dall’Europa e di metterci dentro i gioielli nazionali: bravi! Davvero bravi, almeno così si toglierebbe agli italiani il controllo nel processo di futura vendita all’atto della restituzione dei denari anticipati…. E gli idioti italioti che abboccano… Che dire…

Il discorso potrebbe anche andare bene se a garanzia del veicolo europeo si mettesse solo l’oro italiano depositato in USA [che molto probabilmente non c’è più, se lo sono già venduto, ndr] o immobili di Stato non strategici [permettetemi, ad esempio il Colosseo è strategico, o altrimenti dobbiamo considerare la possibilità che in futuro uno dei simboli dell’Italia potrebbe essere smontato e portato che so, a Pechino o a Berlino in un parco di divertimenti a tema in cui i dipendenti sarebbero solo italiani… fate attenzione che un discorso simile non è farneticazione, se ricordo bene fu fatto da Olli Rehn per il Partenone a garanzia del debito greco]. Per quanto mi riguarda le aziende strategiche italiane e gli assets ad alto potenziale e/o strategici – come le grandi aziende di sistema che occupano e pagano le tasse in Italia – devono essere allocati in un veicolo italiano, gestito da italiani e in cui la sicurezza nazionale possa impedirne l’alienazione definitiva [all’occorrenza]. E questo senza mai dimenticare che il debito che viene chiesto all’Italia di ripagare oggi è stato accumulato in passato principalmente in lire mentre ora lo si dovrebbe restituire in euro: questo non sta né in cielo né in terra!

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Ma si sa che l’invidia tedesca per l’erba del vicino è al limite della patologia, ed ecco le mille incredule rappresentazioni di come i pigri periferici possano essere più ricchi degli stessi tedeschi, con necessità di porvi rimedio…

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E mentre qui ci dicono di vendere i gioielli di Stato nessuno accenna al fatto che ad esempio la Germania in contrasto con qualsiasi legge europea in materia permette alla Bundesbank di fare argine in relazione a tassi in (forte) salita a causa di minore domanda rispetto all’offerta di obbligazioni statali messe in asta (gestione dell’inoptato attraverso l’intervento della banca centrale nazionale, vedasi riiferimenti in calce). Chiaramente all’Italia tale strumento è stato negato: che sia chiaro, avendo avuto accesso a detto strumento la crisi dello spread del 2011 non avrebbe mai preso la piega che tutti conosciamo, la salita dei tassi sarebbe stata sterilizzata dalla Banca d’IItalia. Il grimaldello è proprio questo: PRETENDERE PER I PERIFERICI E PER L’ITALIA GLI STESSI DIRITTI E L’USO DEGLI STESSI STRUMENTI PERMESSI ALLA GERMANIA! Oggi siamo nell’amibito del diritto asimmetrico, sembra di essere tornati al periodo nazista e nessuno lo stigmatizza!

E poi datemi del complottista, quelli presentati sopra sono dati di fatto che vanno TUTTI nella stessa direzione, come si fa a non capirlo: la Germania con le buone e soprattutto con le cattive intende riprendersi la posizione di predominio che ritiene le spetti a livello continentale, poco conta se questo comporti effetti pratici simili ad un’occupazione militare almeno in campo economico, vedasi la Grecia.

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Io spero davvero che la gente comprenda l’aberrazione della proposta di Delrio, proposta che avrà come unico risultato positivo atteso quello di tendere a far esplodere i prezzi in borsa delle aziende statali oggetto della contesa, aspettate alcuni mesi e poi ne riparliamo. Anche perchè deve essere chiaro che il paese che NON vuole cambiare lo status quo – malfunzionamenti inclusi – della moneta unica è proprio la Germania (per propri indubbi vantaggi economici), vedasi uno schema anche se datato delle varie posizioni su temi “pesanti”:

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Senza se e senza ma: chiunque dovesse avallare politicamente la proposta subdolamente fatta filtrare Delrio dovrà mettere in conto la possibilità di poter essere indagato in futuro da un tribunale italiano per alto tradimento. Agli stranieri non va dato nulla di strategico, i panni gli italiani se li devono lavare a casa propria!Piuttosto che si faccia una patrimoniale per uscire dall’euro, almeno quella servirebbe alle generazioni future (anche perché gli effetti pratici sarebbero simili per la cittadinanza): svalutando la nuova lira – e conseguentemente anche il debito nazionale – si spiazzerebbero le merci tedesche e si riinizierebbe a crescere, produrre, consumare e lavorare a pegno di un periodo di un paio di anni di estrema turbolenza, ma poi si ripartirebbe. Ben sapendo che la Germania non accetterà mai tale opzione…

A questo punto chiediamo con forza chiarimenti a Matteo Renzi su quanto affermato dal tanto fido quanto avventato Delrio, chiarimenti molto ben circostanziati.



Mitt Dolcino

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Forumer storico
& Friends
Orban diceva il vero: il patto segreto Merkel-Erdogan esiste.
Maurizio Blondet 16 marzo 2017 38


Era il dicembre 2015, e il primo ministro ungherese Victor Orban dichiarò pubblicamente che la Merkel stava concludendo un accordo con Erdogan sui migranti, che comprendeva una clausola segreta: “Ciò che s’è concordato con la Turchia a Bruxelles…c’è qualcosa che non risulta nell’accordo”, disse Orban: “Un giorno ci sveglieremo – e penso che ciò sarà annunciato a Berlino già la settimana prossima – e ci diranno che dovremo prendere 400 mila o 500 mila rifugiati direttamente dalla Turchia”.

La settimana dopo non ci fu nessun annuncio del genere. Orban fu schernito e ridicolizzato come complottista allucinato. Il vice-presidente della Commissione Frans Timmermans definì le dichiarazioni dell’ungherese “insensate”. Parigi e Berlino fecero addirittura le offese. “Francia e Germania stanno lavorando assieme per gestire il flusso di migranti”, disse Stephane Le Foll, il portavoce del governo francese, e non per prenderne di più. “L’altro fine settimana la UE ha raggiunto un accordo con la Turchia, e Orban dovrebbe sapere i dettagli, visto che c’era”.



Orban sembrò pazzo: l’accordo che la Merkel poi stilò con Erdogan nel marzo 2016, tre mesi dopo che Orban aveva lanciato quell’allarme, non consisteva forse nello sganciare al turco 3 miliardi di euro perché i profughi siriani (e “siriani” tra virgolette) se li tenesse in Turchia, invece di mandarceli?

Adesso, oltre un anno dopo, la stampa tedesca ci dice che Orban aveva ragione: il 6 marzo 2016, la Merkel aveva concordato con Erdogan di prendere ogni anno 150-250 mila rifugiati dalla Turchia. L’aveva concordato senza la minima consultazione degli altri stati membri. Il solo al corrente dell’accordo era il premier olandese Mark Rutte, presente ai colloqui perchè presidente semestrale della UE.

L’accordo fu poi approvato nel panico dai 28 paesi, perché fu presentato come l’unico modo di arrestare il flusso – pagare i 3 miliardi annui a Erdogan, altrimenti ci mandava altri profughi. C’era “l’emergenza-migranti”, perbacco! Non volete pagare quei miliardi per frenare il flusso? Pagammo, la Merkel fece pagare tutti noi per il suo tragicomico errore (“Venite tutti in Germania!”), o quello che pareva un tragico errore.

https://www.welt.de/politik/deutschland/article162778752/Merkel-machte-Tuerkei-konkrete-Zusage-bei-Fluechtlingszahl.html

Perché oggi, Die Welt ci racconta che fu tutto un trucco. In calce all’accordo, c’era la clausola segreta. Accogliere “volontariamente” un certo numero di profughi, “per ragioni umanitarie”. Merkel e Rutte la presentarono agli europei nel Consiglio UE come una “proposta a sorpresa” avanzata da Davutoglu. Cifre, non ne diedero. Ma che volete che sia, li distribuiamo nei 28 paesi…accettammo. Orban, no : e fu linciato dai media nostrani. L’Italia di Renzi-Gentiloni accettò, e per questo ha sempre strillato che altri (Orban) non si prendono le loro quote.

Prenderne 300 mila l’anno. Per 40 anni
Ora si scopre, grazie al Rheinische Post, che la Merkel aveva in mano un rapporto degli esperti demografi tedeschi, che consigliava di accogliere 300 mila immigrati l’anno per 40 anni, per compensare il calo della natalità tedesco, e mantenere l’egemonia economica della Germania. Così, semplicemente, un progetto di ingegneria sociale elaborato a tavolino, nel totale disprezzo delle identità cutlurali che “fanno” l’Europa, è stato imposto su scala continentale.

Senza consultare i popoli, ovvio: avrebbero detto no e fatto perdere le elezioni a Merkel e a Rutte, che invece le ha vinte ancora una volta. Ai popoli, l’assenso è stato strappato con il nuovo metodo di governo delle oligarchie: la “politica della paura”.



Infatti, dalle rivelazioni di Die Welt, si ha forte l’impressione che la “grande emergenza immigrati” del 2015 – ricordate il corpicino del bambino Aylan sulla spiaggia che tanto vi ha commosso ed ha commosso i media e Angela? – sia stata provocata da Erdogan, ma in perfetto accordo con la Merkel in base alla clausola segreta. Improvvisamente, invitati da Merkel, di profughi ne sono arrivati “troppi”; folle miserabili (seguite passo passo dalle tv) hanno riempito le strade della Serbia, sono state bloccate dalla malvagia Ungheria. La gente è colta da “paura”, e combattuta fra la paura e la compassione – ma per fortuna Angela si è messa d’accordo con Erdogan, che si è impegnato a frenare l’emorragia. Ne prenderemo”solo” un po’ (sulla la cifra, 250 mila, i media hanno taciuto), se ogni paese accetta le sue quote nemmeno ve ne accorgerete; ma ne stavano arrivando milioni, dunque, Merkel vi ha salvato.

Per finanziare la guerra contro Assad
Coi 3 miliardi l’anno. Soldi nostri, con cui la UE ha di fatto finanziato l’aggressione di Erdogan alla Siria (rimasto a corto di profitti dopo l’intervento russo) e a pagare la sovversione per rovesciare Assad. Del resto in quello stesso periodo il nostro ministro degli esteri Gentiloni, con l’ accusa di pagare il riscatto onde liberare le due Vanesse che erano andate là per aiutare i ribelli con una Ong da loro inventata e composta da loro due, finanziò una milizia dei guerriglieri con 18 milioni di dollari. Probabilmente su istruzioni del Dipartimento di Stato di allora. Gentiloni è sempre stato clintoniano e atlantico.
Se l’ipotesi è giusta, molte cose si spiegano: il “fallimento” dei “rimpatri” – i profughi e jihadisti che arrivano e chiedono asilo, ad asilo rifiutato, restano facendo perdere le proprie tracce. Il mistero tenebroso delle navi noleggiate da ONG che vanno a prendere i fuggiaschi a 20 miglia dalla Libia: Ong pagate da Soros, ma notoriamente filiazioni di “volontariato umanitario” gestite dai ministeri degli esteri. Si spiegano così le spese in miliardi per la “accoglienza” senza limiti stanziate da governi, come il nostro, che 1) non ne hanno per i loro poveri, 2) quei miliardi li prendono a prestito ad interesse – ma la UE ci ha fatto la grazia, non li conterà nel calcolo del debito pubblico da tagliare



Sicuramente è al corrente del rapporto demografico letto dalla Merkel, e della clausola segreta, il ricco senatore di sinistra Manconi, il convivente della ricca di stato Berlinguer, a vedere come si sta prodigando per l’accoglienza: “Accogliamoli tutti!”, ci ha scritto un libro, e dice: “Sono una risorsa, valgono l’11-12 per cento del Pil” , e «L’Italia proponga al prossimo Consiglio europeo un piano di protezione temporanea di un anno, rinnovabile definendo quote di accoglienza per ciascuno Stato membro». Il periodo di protezione di un anno significa: non cercare di distinguere chi ha diritto all’asilo e chi è immigrato illegale, tutti diventano legali – basta che l’Ungheria e la Polonia si prendano le loro “quote”.

Queste sono risorse per il lavoro nero e sottopagato? Benissimo, perché la UE raccomanda di “vegliare a che le riduzioni del costo del lavoro siano rese permanenti, che la evoluzione del salario minimo sia compatibile con la creazione di impieghi e con la competitività” – come è dettato per esempio al governo francese nel “ Grandes Orientations de politique économique 2016-2017 pour la France”, che il governo ha ratificato, dunque che diventa cogente anche per i futuri governanti. Questi “Grandi Orientamenti” imperativi sono il modo con cui l’oligarchia UE governa l’economia dei paesi sudditi; quello per l’Italia è addirittura introvabile nei documenti europei, ma c’è. Perché, ad esempio, anche la guerra dei governi pd contro i taxisti è iscritta anche nelle “Grandes Orientations” per la Francia, nel quadro della direttiva imperativa “eliminare gli ostacoli all’attività nel settore dei servizi”: il che, tradotto dalla neolingua orwelliana di Bruxelles, significa de-regolamentare tutti i mestieri attualmente regolamentati: si comincia con i taxisti e si continua coi farmacisti, per finire coi medici, che devono diventare dipendenti sotto-remunerati di società private, quindi per definizione “competitive”. Eccetera. Potete leggere qui come il segreto degli “orientamenti” europei sia ben protetto.

http://www.wikistrike.com/2017/03/le-secret-bien-garde-les-grandes-orientations-de-politique-economique-2016-2017-pour-la-france.html

Le politiche che i vostri governi “spontaneamente” adotteranno nel 2017 , sono scritte tutte lì.

E’ incredibile, o cittadini, quanti accordi segreti a vostro danno riescono a farvi accettare facendovi paura.



Miracoli della “politica della paura”: no a Wilders, sì alla UE
Siamo arrivati al punto che l’Onu – ed è tutto dire – ha chiesto a Germania, Francia, Regno Unito e Usa, di smettere di usare “la carta della paura” (testuali parole) per infilare nella legislazione leggi liberticide con la scusa di difendere i cittadini dal terrorismo “islamico” .

Qui potete leggere il rapporto dell’incaricato speciale per la difesa della vita privata, Joseph Cannataci, uscito l’8 marzo:

http://www.ohchr.org/EN/Issues/Privacy/SR/Pages/SRPrivacyIndex.aspx



http://www.ohchr.org/EN/Issues/Privacy/SR/Pages/SRPrivacyIndex.aspx

Lì, l’incaricato Cannataci dubita della “efficacia di misure estremamente intrusive introdotte in Francia, Germania, Regno Unito ed Usa” per debellare il terrorismo – ricordiamoci che in Francia è sempre in vigore lo stato d’emergenza – ma che servono benissimo per controllare le mail e le telefonate dei cittadini ignari, e ridurre la loro possibilità di esprimersi su Internet. Cannataci dubita della volontà degli stati occidentali a far sì che “la protezione della vita privata sia rispettata come un vero diritto universale”.

Secondo il suo mandato, Cannataci denuncia la “politica della paura” usata per l’abolizione della privacy. Così non ha bisogno di denunciare con quanta forza la politica della paura venga usata dalle oligarchie, oggi, per mantenere il loro potere: paura di uscire dall’euro (i media e gli economisti di corte vi terrorizzano), paura dei “populismi” paura della Le Pen all’Eliseo …. In Olanda, la paura per Wilders al governo – ingigantita senza alcun senso, Wilders non avrebbe mai vinto alcun governo – ha fatto sì che i paurosi abbiano dato il trionfo a Mark Rutte. Quello che ha colluso con la Merkel, in base ad un piano segreto, per riempirci di stranieri indiscriminati, non selezionate, ad ondate di 250 mila l’anno.

Beh, ma Orban aveva profetizzato 400-500 mila.. Sbagliava per eccesso? Attenzione: nel settembre 2015, prima della crisi delle ondate migratorie, il vice-cancelliere Sigmar Gabriel gettato lì, come per caso, che il paese poteva assorbire 500 mila immigrati l’anno. E Gabriel è “di sinistra”. Quindi, i germanici governati dalla paura, o voteranno Merkel per paura dell’AfD (partitino ingigantito dai media per farvi paura), o voteranno Schulz perché gli sembrerà più rassicurante della Merkel. E farà le stesse politiche.

E’ inutile dire che i francesi paurosi manderanno al potere Macron de’ Rotschild per paura che all’Eliseo vada Marine Le Pen – possibilità zero, ma paurosamente agitata quanto basta dai media per creare il terrore nell’elettorato “progressista” che sente la minaccia del “populismo”.

…avete votato il vostro rimpiazzo.
Così, con Mark Rutte ancora al governo in Olanda, i paurosi e ignoranti hanno garantito la riuscita dell’esperimento sociale è più colossale della storia, il Gran Rimpiazzo, concordato con Erdogan nel 2015, e denunciato invano da Orban. Ché poi, per sventare la possibilità di un vostro risveglio, o paurosi, e magari di una iniziativa referendaria che potrebbe interrompere l’esperimento sociale, sappiate, o tedeschi, che il Commissario Federale per i Rifugiati e Migranti ha già raccomandato di dare diritto di voto ai migranti residenti fissi in Germania, regolari o no. Sulla linea, in fondo, di ciò che “raccomanda” il senatore Manconi, e di cui si intravvede lo scopo finale: fare degli stranieri i cittadini a pieno diritto, e a voi sottrarre i diritti politici. Ma tranquilli, in cambio vi hanno dato le nozze gay, l’adozione dei bambini strappati alle madri naturali; il suicidio assistito è dietro l’angolo, e presto vi daranno il diritto all’eutanasia. Pensate che conquista: così vi eutanisserete, mentre i migranti voteranno al vostro posto.

Sapete come si chiama il Commissario Federale che propone questo? Aydan Özoguz.

Il fatto è che hanno fatto miracoli, a forza di farvi paura. E voi, maggioranza, ci cascate sempre. Perché la politica della paura non consiste solo nell’impaurirvi, ma nel non farvi aver paura di ciò che dovrebbe spaventarvi.

Per esempio, torniamo all’Olanda che ha votato Rutte per paura di Wilders. E perché Rutte, in fondo, è stato duro con Erdogan, ha impedito i comizi del turco…

Ma sapete cosa hanno scritto i giornali turchi? Hanno ricordato come i caschi blu olandesi si comportarono a Srebrenica, nel 1995, quando per viltà lasciarono massacrare dagli scherani del generale Mladic centinaia di musulmani inoffensivi, bosniaci-erzegovini.

(Per ricordare: http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2017/03/14/srebrenica-massacro-davanti-ai-caschi-blu-olandesi_6a894c49-27a2-4628-8b2f-54abb69a188c.html)

Un giornale turco ha persino scritto: sapete quanti uomini conta l’esercito dei Paesi Bassi? 48 mila uomini. E quanti immigrati turchi ha l’Olanda? 400 mila. Magari gli sono venute delle idee.

Di questo dovevate aver paura, Olandesi. Invece avete avuto paura di Wilders. E voi europei avete paura di Orban, che vi ha detto la verità..
 

mototopo

Forumer storico
Mitt Dolcino
Ecco perchè sono le istituzioni sovranazionali a volere gli immigrati in seno alle società occidentali (soprattutto quelle EU in crisi, Grecia ed Italia)



Tutti si sono chiesti il perchè di quanto al titolo. Siamo arrivati al parossisimo in cui un commento virale su youtube* di alcuni giorni fa ha esposto quanto gli addetti ai lavori sapevano da tempo: gli immigrati non vengono raccolti in mare ma vengono organizzati – nel vero senso della parola – viaggi della salvezza dei migranti facendoli (se volete, lasciandoli) prima partire dalle coste libiche o turche per poi farli entrare scortati nei due paesi che ad oggi li ospitano in misura quasi totalitaria, Italia e Grecia. Si, avete capito bene: per la parte libica i migranti vengono presi dalle navi europee appena fuori dalle 14 miglia nautiche della Libya o giù di lì e letteralmente scortati nel nostro paese, idem in Grecia per la parte siriana. Poi, passo successivo, i paesi EU cd. partner non rispettano le leggi eueropee ed invece di prelevarli pro quota li lasciano dove sono arrivati. Dunque, se tutto questo è organizzato, come ormai tutti sanno (memento il parlamentare Buonanno, morto/ucciso in un sospetto incidente stradale mai ben spiegato di ritorno da una visita in Libya da Haftar, essendosi fatto spiegare cosa stava realmente succedendo), quale è il motivo?

Tutto sommato è semplice spiegarlo: i motivi sono tre, di cui uno è la radice.

Appunto, il primo, la radice: le società occidentali sono in crisi anche e soprattutto di natalità per cui o il sistema crolla – e quindi le grandi oligarchie occidentali si impoveriscono (gli oligarchi ce li abbiamo anche noi come i Russi: si chiamano elites economiche, quelle che di norma detengono i media) – o bisogna fare qualcosa per evitarlo. Appunto, i migranti in quest’ottica sono la salvezza, con i loro numero, i loro consumi, la loro miseria e la loro ignoranza civile [tradotto, li puoi manipolare/usare come vuoi, ndr].

Poi si innestano due altre componenti che fanno derivare la prossima domanda: perchè solo/soprattutto in Italia e Grecia? Si, perchè se è vero che i migranti arrivano nei due paesi sopra citati è parimenti vero che una minimissima parte degli stessi paesi se ne va, per preciso volere europeo che mira a tenere detti migranti in Italia e Grecia (faccio notare che un aumento dei migranti – diventati residenti – aumenta la popolazione di detti due paesi ossia mina la produttività nazionale, che al denominatore ha una funzione della forza lavoro ossia della popolazione). Da qui nasce la domanda sopra posta, perchè Italia e Grecia. Anche perchè maggiori migranti in assenza di lavoro rischiano di far saltare per aria detti paesi sia economicamente che socialmente, appunto Italia e Grecia a partire dal welfare. Tutto già scritto in tempi non sospetti, cliccate sull’immagine sotto.



Il perchè è presto detto – secondo motivo -: la Germania vuole impossessarsi economicamente del paese che è il suo più grande competitor manifatturiero EU, anche se ancora per poco. Si, il bersaglio grosso non è la povera Grecia, la quale deve subire angherie europee su un debito ormai irredimibile senza poterlo tagliare solo per evitare di creare un precedente che permetta ad altri paesi in crisi di fare lo stesso, ma l’ITALIA. Il piano è questo: l’Italia deve essere conquistata quanto meno economicamente dalla Germania e per fare questo è utilissimo far saltare per aria la sua società con l’afflusso dei migranti, che per altro faranno scendere anche le remunerazioni dei dipendenti locali ossia il gettito fisicale ovvero faranno salire il rapporto debito/PIL. Capito ora? Lo scopo è l’implosione del Belpaese, per conquistarlo come successo per le relative ricchezze elleniche (fare click sull’immagine che segue)!



Il terzo motivo è più geostrategico: le orde globaliste imperniate nelle elites clinton-obamiane una volta persa la battaglia elettorale con Trump (che aborrisce i migranti, volendo invece fare il bene della società USA che lo ha votato e non di quattro stronzi che detengono il potere economico-mediatico) si sono fuse con il simbolo del globalismo non USA, ossia con quella Germania che è stata letteralmente e pubblicamente investita dall’uscente Obama quale baluardo nella difesa dei valori “liberistici occidentali” o qualcosa del genere. Tradotto, la Germania e quindi l’euro e l’EU sono il vero simbolo del globalismo del XXI secolo post Obamiano [che, per inciso, ha fatto un disastro, l’accumulo di debito durante i suo doppio mandato non ha pari nella storia dell’uomo in tempo di pace, debito contratto soprattutto per salvare le grandi ricchezze messe in pericoloso dal post crisi subprime, ndr]. Anche qui la cosa va spiegata: Obama fece un accordo con Berlino che più o meno suonava così, “dacci una mano a consolidare il trend/uscire dal subprime e noi ti daremo l’EUropa, andrai a sostituire Washington alla guida del vecchio continente“.

Appunto, visto che certamente l’Italia ma in forma più “britannica” anche la Grecia sono legatissime al dominus anglosassone attuale**, vanno anninennati, troppo pericolosi, non fosse mai che ancora una volta tramite gli oriundi si riesca a far sbarcare gli alleati nel vecchio continente senza sparare un colpo come con Lucky Luciano. Ed anzi le mafie transanazionali per Berlino sono più pericolose che mai ma non per l’ordine pubblico, per i loro interessi! Ma sarebbe troppo liunga spiegare anche questo… E per quelli che dicono che si tratta solo di “comportamenti biasimevoli” lato tedesco, un monito, riassunto nel caso del dito medio di Varoufakis: un falso costruito dai servizi segreti tedeschi per screditare per via mediatica l’avversario di Schauble (forse il futuro ci riserva qualcosa di molto peggio da parte della Germania, fate click sull’immagine per andare all’articolo di Livini su Repubblica.it; sotto trovate anche il link a SE con la ns. analisi al riguardo):

http://scenarieconomici.it/forse-non-ce-ne-siamo-accorti-ma-la-gestapo-e-tornata-la-mistificazione-della-tv-di-stato-tedesca-sul-falso-dito-medio-di-varoufakis-lo-dimostra/

Io spero che abbiate colto il messaggio. Il punto non è più spiegare che esiste un necolonialiasmo (per ora solo) economico in seno all’EU da parte dell’asse franco-tedesco, per il tramite della cooptazione di politici locali venduti. Ormai lo hanno capito tutti. No, il punto è reagire, fare qualcosa per evitarlo. La Germania va sfidata, l’EU franco tedesca va sfidata. Il punto è che Merkel & Co. sono forti ed il piano è ben congegnato, mentre i paesi europei succubi di tali politiche – e con politici venduti al comando – non reagiscono, non dicono di no a dominus in formazione targato Prussia (no, non mi sono sbagliato a scrivere). Ecco perchè Trump fa paura, l’unico che può cambiare le cose è proprio lui! [Come al solito solo Londra ha avuto la forza di reagire, col Brexit…]

Purtroppo in tycoon americano – può piacere o meno ma resta il vero ed unico paladino della classe media occidentale – oggi è bloccato dal suo deep state nell’azione riformatrice, anche lui troppo pericoloso per gli interessi globalistici che mirano a far tendere la società del XXX millennio verso un uovo feudalesimo a cui, sigh, a vivere relativamente bene saranno in pochissimi…

Mitt Dolcino

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*http://www.ilgiornale.it/news/cronache/immagini-incastrano-ong-cos-caricano
 

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Forumer storico
: costruiremo una alleanza con l’Ungheria e la Polonia per...
Marine Le Pen: costruiremo una alleanza con l’Ungheria e la Polonia per smantellare la UE
18 marzo 2017


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Il Front National francese (FN) ha considerato comunque un successo l’ascesa del candidato della destra alternativa, Geert Wilders, nelle elezioni di questo Mercoledì in Olanda e che questo testimonia il rafforzamento delle formazioni “patriottiche” in Europa (pur con le dovute differenze) e che ci sarà occasione di una prossima vittoria.

Il segretario generale del FN, Nocolas Bay ha segnalato che il risultato ottenuto da Wilders, il cui partito si è attestato in seconda posizione con 20 deputati,” è un successo di prima tappa, per quanto non sia ancora una vittoria finale”. Bay ha detto in una intervista al canale France Inter che la posizione di Rutte (il candidato del centro) contro i meeting dei turchi in Olanda ha avuto l’effetto di contenere l’ascesa di Wilders. Tuttavia in ogni caso, ha sottolineato che la salita dei consensi al PVV fa parte di “una tendenza generale che è il progresso delle formazioni patriottiche in tutta Europa”.

Su una linea simile anche il vice presidente, Florian Philippot, il quale ha valutato che” il progresso di consensi dimostra che esiste una aspirazione generale dei popoli europei al concetto di sovranità e più indipendenza e contrasto all’immigrazione di massa”.
Inoltre la candidata alla presidenza, Marine Le Pen, aveva già segnalato, prima della giornata elettorale, “di considerare Wilders non come esponente di estrema destra ma come un patriota” ed ha criticato il modo con cui i media hanno coperto la campagna elettorale del leader olandese. “Ogni volta che in un paese un uomo si oppone alla migrazione di massa, questi viene trattato come un populista, un razzista o uno xenofobo. Possiamo avere diritto ad opporci al concetto delle migrazioni di massa senza essere insultati?, ha dichiarato.


La Le Pen ha manifestato che, se sarà eletta, “costruirà alleanze ” con il primo ministro ungherese Viktor Orban, e con il leader polacco Jarosław Kaczyński per smantellare l’Unione Europea.

In una intervista con il giornale polacco ” Rzeczpospolita”, riportata da Breitbart, ha segnalato che “parlerà con entrambi i leaders ” circa quello che sembra inaccettabile dell’Unione Europea . “Certamente non saremo d’accordo in tutto ma ogni paese sarà libero e sovrano per difendere i propri interessi”. Uno dei molti punti sui quali crede che la sua amministrazione potrebbe lavorare con l’Ungheria e la Polonia è quello delle quote migratorie che propone la UE e che loro rifiutano.

La Le Pen, quale principale favorita, secondo i sondaggi, per le presidenziali che si svolgeranno il prossimo 23 di Aprile, sostiene che “la UE ha fallito in tutti gli ambiti”. “Sul piano economico e sociale esiste una crescita debole e la povertà cresce mano a mano che la disoccupazione aumenta, La UE non è capace di proteggere le frontiere dell’Europa e i cittadini dall’avanzata islamica”, questo ha dichiarato la leader francese.

Nota: Uno stato che non dispone di una propria moneta ed una propria Banca Centrale per finanziare la propria spesa pubblica, assicurare i servizi pubblici, il credito per le imprese e garantire la piena occupazione, si trova alla mercè di quelle entità sovranazionali che hanno il potere di emettere moneta ed imporre il sistema economico a tutela dei propri interessi. Questo il punto fondamentale che dovranno affrontare coloro che si propongono come possibili leaders europei per il recupero delle sovranità dei propri paesi.

Fonte: La Gaceta.es

Fonte: Traduzione e nota. L.Lago per www.controinformazione.info
 

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Forumer storico
Alle radici dell’infamante Seconda Repubblica: il biennio 1992-1993 (parte I)
Scritto il 24 febbraio 2017 by Federico Dezzani
Twitter: @FedericoDezzani

Si avvicina la fine la Seconda Repubblica, che legò indissolubilmente le sue fortune a quelle dell’Unione Europea: ogni passo verso il baratro dell’una è un passo equivalente dell’altra. Sull’altare dell’integrazione europea furono sacrificati l’economica mista ed i partiti che affondavano le radici agli albori del ‘900: privatizzazioni, deindustrializzazione, neoliberismo e sistemi maggioritari sempre più spinti, sono stati i tratti salienti della Seconda Repubblica. È stata soltanto una scommessa sbagliata? Un buon proposito terminato in tragedia? No, la Seconda Repubblica nasce geneticamente tarata e porta da sempre dentro di sé un cancro: le sue fondamenta furono gettate nel biennio 1992-1993, tra terrorismo e giustizialismo, omicidi di fedeli servitori dello Stato e incarcerazioni preventive, rapine e speculazioni. Le “menti raffinatissime” vanno oltre l’omicidio di Giovanni Falcone.

1992: lo Stato salta in aria
Si avvicina, giorno dopo giorno, il collasso dell’Unione Europea, divorata da crisi economica, sfilacciamento politico, delegittimazione dell’élite e ribellione dell’elettorato: non si preannuncia una morte indolore, perché l’arroccamento dell’oligarchia, decisa a difendersi sino all’ultimo, implicherà necessariamente una dissoluzione caotica, sotto i colpi dei “populismi” sempre più forti e determinati. Di pari passo con la disgregazione dell’Unione Europea, avanza quella Seconda Repubblica: tastare il polso dell’una è come tastare il polso dell’altra, perché il disfacimento avanza parallelo. Si può dire infatti che la Seconda Repubblica sia una figlia dell’Unione Europea, appositamente concepita per “agganciare” l’Italia al processo di integrazione europeo: ne è un semplice prodotto, dal cui attento studio si poteva intuire già nei primi anni ‘90 che l’intero meccanismo era guasto, destinato ad una ignominiosa fine nel volgere di qualche decennio.

Studiare l’origine della Seconda Repubblica è ricercare le ragioni dell’attuale decadenza politica, impoverimento sociale e crisi economica: è analizzare quelle forze che hanno divorato l’Italia e portato alla consunzione l’intera Europa. L’esito tragico che stiamo vivendo in questi giorni era scontato, perché la Seconda Repubblica nasce geneticamente tarata e porta al suo interno le cause delle degenerazione attuale, allargabili a tutto il Vecchio Continente. La Seconda Repubblica nasce nell’ignominia e nel crimine, tra il delitto e la rapina, con la violenza ed il tradimento. Le sue fondamenta sono gettate nel biennio 1992-1993, tra il giustizialismo di Tangentopoli, le stragi di Capaci e di via D’Amelio, il pranzo luculliano a bordo del Britannia, speculazioni sfrenate, privatizzazioni vergognose, avvisi di garanzia ed omicidi eccellenti. Le fondamenta sono gettate sul fango e sul sangue e, a distanza di 25 anni, l’intero edificio sta per accartocciarsi su se stesso.

La caduta del comunismo ed il collasso dell’URSS nel dicembre del 1991, convincono l’oligarchia atlantica di aver conquistato l’egemonia globale: respinta la Russia verso est e gettata nel caos la sua economia, si diffonde che l’idea che la storia sia finita (“La fine della storia e l’ultimo uomo” pubblicato da Francis Fukuyama nel 1992), perché non ci può essere storia senza dialettica tra opposti. L’élite finanziaria crede di aver chiuso la partita con l’eliminazione del suo ultimo avversario ed è convinta di poter plasmare indisturbata il mondo, a sua immagine e somiglianza: è l’inizio del cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale entrato nella fase terminale nel 2016 con la Brexit, l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca ed il riemergere della Russia come concorrente geopolitico in Eurasia. Nei primi anni ‘90, pochi però pronosticano questo esito: l’élite atlantica progetta di ridisegnare gli assetti economici e politici planetari, in un delirio di onnipotenza. Emblematico è, a questo proposito, il discorso “The European Community and the New World Order” pronunciato da Jacques Delors, celebre “padre dell’Europa”, il 7 settembre 1992 alla Chatham House di Londra, ritrovo prediletto dell’oligarchia anglofona1:

“Can the European Community, the product of a very different context, born of hostility and incomprehension, provide a blueprint for the creation of this new world order? (…) Is it possible to draw conclusions from the Community experiment, the laboratory I talked about earlier, that will help us to build a new world order? My answer is “Yes, but”. (…) The conclusion, Your Excellencies, Ladies and Gentlemen, is that the Community’s contribution to a new world order is, like the Community itself, something original: a method which will serve as a reference, a body whose presence will be felt.”

L’Unione Europea come “esperimento”, un primo passo verso quel governo mondiale che l’élite atlantica insegue da secoli, un laboratorio per sperimentare fino a che punto si possono svuotare le Nazioni a beneficio di organismi sovranazionali. Sono così poderose le forze in campo, è così ambizioso il progetto, così determinati i circoli dell’alta finanza a portarlo a compimento, che per l’Italia non c’è scampo. La firma del Trattato di Maastricht, con cui sono gettate le basi dell’euro e della nascente Unione Europea, il 7 febbraio 1992 equivale alla morte della Prima Repubblica e di tutto ciò che ha significato: l’economia mista, la ricerca della piena occupazione, “l’ossessione per la crescita” rinfacciata da Beniamino Andretta, una politica estera mai supina agli angloamericani. Il futuro sono le privatizzazioni, l’austerità, i vincoli di bilancio sempre più stringenti, la deindustrializzazione e le politiche lato offerta: è un futuro grigio, tant’è vero che ci si prepara a governare appoggiandosi a fette sempre più sottili dell’elettorato. Dal proporzionale del Prima Repubblica si arriva nel 2016 all’Italicum (poi abortito) che regala la maggioranza del Parlamento ad un partito che raccoglie appena un quarto dei votanti.

In questo nuovo contesto, la DC ed il PSI, i vincitori morali della Guerra Fredda, diventano d’intralcio, perché decisi a difendere gli interessi dell’Italia e, soprattutto, forti abbastanza, dal punto di vista politico ed organizzativo, per riuscirci: meglio puntare sul PCI, riverniciato nel 1991 come Partito Democratico della Sinistra, non solo perché la sua ala destra è in stretto contatto con gli angloamericani sin dagli anni ‘70 (il 19 aprile 1978 Giorgio Napolitano compì la storica visita negli Stati Uniti), ma soprattutto perché facilmente ricattabile. La CIA e l’MI6 si adoperano infatti da subito per comprare a prezzi di saldo gli archivi sovietici che documentano gli affari più e meno puliti tra Mosca ed i partiti comunisti europei: famoso è l’archivio Mitrokhin, di cui i servizi segreti inglesi entrano in possesso nel 1992.

Deve quindi essere eliminato il segretario del Partito Socialista, Bettino Craxi, ma ancor di più deve essere neutralizzato Giulio Andreotti, che è tra i candidati favoriti per il Quirinale ed ha commesso nell’ottobre 1990 lo sgarro di rivelare l’esistenza dell’organizzazione Gladio: occupare la presidenza della Repubblica è fondamentale per dirigere gli eventi secondo il copione stabilito. Come fare?

Tangentopoli e stragi “mafiose”: entrambe dirette dai servizi atlantici che si avvalgano di manodopera locale, nella fattispecie il pool di Milano e quegli spezzoni dei servizi segreti italiani che rispondono direttamente a Washington e Londra.

Il 17 febbraio, Mario Chiesa, “ il presidente socialista del più grande istituto assistenziale per anziani di Milano, il Pio Albergo Trivulzio”2, è arrestato dai carabinieri con l’accusa di concussione: inizia così ufficialmente l’inchiesta di Tangentopoli, destinata a spazzare via l’intero Pentapartito (DC, PSI, PDSI, PRI, PLI), risparmiando soltanto il PDS. Grazie all’intervista rilasciata dall’ex-ambasciatore americano Reginald Bartholomew a La Stampa nell’agosto 20123, sappiamo oggi che tra il pool di Mani Pulite ed il consolo americano di Milano esiste un legame diretto: è il console statunitense Peter Semler che, nel novembre 1991, quattro mesi prima dell’arresto di Mario Chiesa, “incontra” 4 Antonio Di Pietro nei suoi uffici. Ed il futuro simbolo di Mani Pulite, una figura destinata a diventare così popolare da accarezzare l’ingresso in politica, non è un personaggio qualsiasi: impiegato civile dell’Aeronautica Militare, incontrato dal faccendiere Francesco Pazienza alle isole Seychelles nella veste di agente CIA5, Di Pietro bazzica da tempo i servizi segreti italiani ed è orma certo che abbia anche fatto parte della scorta del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, durante il suo ultimo e tragico incarico come prefetto di Palermo, quando la sua protezione passò dai carabinieri al corpo di polizia6.

Un primo potente colpo è quindi sferrato a Bettino Craxi con le inchieste su appalti e finaziamenti illeciti, ma il “piano destabilizzante” in atto in quel cruciale 1992, un piano di cui il Viminale è al corrente tanto da mettere in allarme le prefetture7, sta per compiere un salto di qualità, prendendo questa volta di mira Giulio Andreotti: il 17 marzo 1992, è ucciso in un agguato a Palermo l’eurodeputato Salvo Lima, diretto ad un convegno cui presenzierà lo stesso Andreotti. Lima, grande notabile della DC, è il principale esponente siciliano della corrente andreottina, “l’alter ego” di Giulio Andreotti in Sicilia. L’assassinio di Salvo Lima è il prototipo degli attentati che insanguineranno l’Italia nel biennio 1992-1993: un’operazione congiunta tra Cosa Nostra e la misteriosa Falange Armata8, dietro cui, come vedremo meglio in seguito, si nascondo i “servizi segreti deviati”, quelli che sono una semplice filiazione della CIA e dell’MI6. L’assassinio di Salvo Lima non solo infanga Andreotti con le insinuazioni di una sua vicinanza alla mafia, ma invia anche un chiaro messaggio al Parlamento in vista di imminenti e decisive scadenze.

Si è infatti in piena campagna elettorale per il rinnovo delle Camere che, appena insediate, saranno chiamate ad eleggere il nuovo Capo dello Stato. In concomitanza, come per altro durante tutto il fatidico 1992, l’Italia è aggredita dalla speculazione finanziaria, dietro cui si cela la stessa regia delle stragi “mafiose”: nel mese di marzo la lira perde significativamente terreno contro il marco ed il rendimento dei titoli di Stato si impenna, finché il 5 e 6 aprile gli italiani non si recano alle urne. DC al 30%, PDS al 16%, PSI al 14%. In carica rimane però il vecchio governo Andreotti VII, in attesa che il Parlamento scelga un nome per il Quirinale. Il 13 maggio, Camera e Senato riuniti, iniziano le votazioni decisive per le sorti della Prima Repubblica.

Rientrano in campo i servizi segreti, con un nuovo omicidio da subito considerato come un secondo messaggio dopo l’assassinio di Salvo Lima9: il 23 maggio 1992 si consuma sulla A29 la strage di Capaci, dove trovano la morte il magistrato antimafia Giovanni Falcone, la moglie e tre agenti di scorta. Rivendicato anch’esso sia da Cosa Nostra che dalla misteriosa Falange Armata, l’attentato di Capaci presenta un’interessante peculiarità: a confezionare l’ordino, poi formalmente azionato da Giovanni Brusca col famoso “telecomando”, è Pietro Rampulla, ex ordinovista originario di Mistretta, legato alla destra eversiva. Siamo in sostanza sul terreno dell’estremismo di destra e dei servizi segreti, lo stesso humus sui cui germogliò la strage di Piazza Fontana nel lontano 1969.

Con l’omicidio di Giovanni Falcone si persegue quasi certamente un duplice obiettivo: da un lato influenzare il Parlamento che sta eleggendo il nuovo capo dello Stato, dall’altro interrompere l’attività del magistrato che, dopo il maxiprocesso conclusosi nel gennaio del 1992, ha ormai constato l’esistenza di un legame tra mafia, servizi “deviati” nostrani e servizi atlantici. Scrive la Repubblica in un articolo del 28 maggio 198910:

“Il presidente americano George Bush aveva chiesto di incontrarsi con il giudice palermitano Giovanni Falcone, durante la sua visita in Italia. Evidentemente la notorietà del magistrato italiano, impegnato da alcuni anni nelle inchieste contro la mafia, ha varcato anche i cancelli della Casa Bianca. La richiesta di Bush é stata esaudita. (…) Sull’incontro con Bush non sono filtrate indiscrezioni.”

In che veste Bush senior incontra il magistrato Falcone: in quella di Presidente degli Stati Uniti o di ex-direttore della CIA? Nel colloquio i due quasi certamente non si intendono, considerato che a distanza di un mese, il 21 giugno 1989, i telegiornali informano del fallito attentato dell’Addura: cinquantotto candelotti di tritolo piazzati tra gli scogli, nei pressi della villa estiva affittata dal magistrato. È l’attentato che indurrà Falcone a parlare di “menti raffinatissime”, accennando ad un possibile impiego della mafia da parte di altri soggetti, con obiettivi diversi da quelli di Cosa Nostra: “esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi”. Sono queste “menti raffinatissime” che, nascondendosi dietro la mafia, prima uccidono Lima, poi lo stesso Falcone e proseguiranno le stragi fino al 1993. A muoverli con è certo il 41bis ed il carcere duro per i mafiosi, ma la volontà di dettare legge in Italia, imponendo la propria agenda politica ed economica.

L’autostrada A29 è ancora ingombra di detriti quando, il 25 maggio 1992, a due giorni dall’attentato, il Parlamento elegge al 16esimo scrutinio il nuovo Presidente della Repubblica: è Oscar Luigi Scalfaro, l’ex-Ministro degli Interni sotto cui nel 1985 si è consumata la strage di Fiumicino commissionata dai servizi atlantici. L’elezione di Scalfaro gioca un ruolo decisivo: è lui che, insinuandosi nella fratture tra i partiti, tenuti sotto schiaffo dalle inchieste giudiziarie in corso, chiude le porte di Palazzo Chigi a Bettino Craxi per aprirle a Giuliano Amato. Il 28 giugno 1992, giura così il governo Amato I, passato alla storia per il prelievo sui conti correnti, il dissanguamento di Bankitalia, la finanziaria “lacrime e sangue” e l’avvio della stagione delle privatizzazioni sotto lo sguardo attento delle maggiori banche d’affari angloamericane.

Le “menti raffinatissime” osservano soddisfatte l’evoluzione della situazione italiana. Sono così sicure di sé da peccare di arroganza, osando gesti un tempo impensabili: nel tempo che intercorre tra la nomina di Scalfaro e l’incarico ad Amato, il 2 giugno 1992, attracca al porto di Civitavecchia il panfilo Britannia, di proprietà della corona d’Inghilterra. Scrive la Repubblica, nel lungo articolo “Quella reggia sul mare romantica e spartana”11:

“La regina non c’ è: ha lasciato la sua nave a Palermo ed è ripartita per Londra in aereo, ma si è detta ben lieta di ospitare a bordo del suo panfilo reale, la sua dimora sull’acqua, un centinaio di invitati eccellenti di nazionalità italiana, manager di stato, economisti, banchieri, vertici del Tesoro venuti a seguire un austero seminario sottocoperta sul tema delle privatizzazioni. Privatizzazioni? Vi spieghiamo come si fa, si sono offerti soccorrevoli e certamente interessati a concludere eventuali accordi gli esperti inglesi, come i presidenti di due fra le più antiche banche d’ affari del mondo, la Baring e la Warburg, che era la banca di Bismark. “E’ delizioso questo utilizzo dei simboli della regalità per azioni promozionali”, sorride fumando il sigaro Beniamino Andreatta”.

Ad accompagnare Andreatta, alla cui si scuola si sono formati illustri personaggi come Mario Monti e Romano Prodi, figurano tra gli altri: Giovanni Bazoli, presidente del Banco Ambroveneto, il presidente dell’ Eni Gabriele Cagliari, l’ex-comunista ed economista Luigi Spaventa ed il direttore generale del Tesoro, Mario Draghi che, però, “si limita a introdurre i lavori del seminario con una relazione sulle intenzioni del governo italiano e scende a terra prima che la nave salpi per l’Argentario”12. Sono nomi da tenere a mente, perché rivestiranno un ruolo di primo piano nella dilapidazione della ricchezza nazionale nel biennio 1992-1993, tra speculazione e privatizzazioni. Sia chiaro: pochi esponenti del vecchio Pentapartito sono felici di abbondare l’Italia all’assalto di bucanieri dell’alta finanza, ed è perciò necessario ricordare a Roma che il Paese è tenuto sotto scacco. Come? Con stragi “mafiose”, sempre più aggressive e spettacolari.
 

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Tra giugno e luglio, la speculazione finanziaria, l’arma invisibile brandita dalle “menti raffinatissime”, si accanisce contro la lira ed i titoli di Stato. Il pretesto per l’assalto borsistico lo fornisce la piccola Danimarca, che il 2 giugno 1992 ha bocciato con un referendum la ratifica del Trattato di Maastricht: la lira affonda fino a raschiare i limiti concessi dal Sistema Monetario Europeo, mentre il rendimento dei titoli di Stato schizza alle stelle. La famigerata Goldman Sachs preconizza che la lira presto sarà svalutata13: non si sbaglia, ma prima di quella mossa, le riserve di Bankitalia ed i risparmi degli italiani saranno scientificamente saccheggiati. Tra il 9 ed il 10 luglio 1992, il governo Amato vara il celebre prelievo del 6 per mille sui conti correnti, per poi annunciare una manovra di austerità da 30.000 mld di lire: “siamo in una situazione drammatica, sull’orlo di una grave crisi finanziaria” dichiara il ministro del Bilancio Franco Reviglio, promettendo però che il governo risanerà i conti senza misure inflazionistiche14. Come? L’11 luglio ENI, ENEL, IRI, INA sono trasformate in Spa e lo Stato si dice pronto a scendere sotto il 51% dell’azionariato: “è una rivoluzione copernicana”, commenta gaudente Reviglio al Financial Times ed al Wall Street Journal15.

Bisogna però tenere il Paese sotto pressione: speculazione e bombe, cadaveri eccellenti e tonnare a Piazza Affari. Il 19 luglio 1992, in via d’Amelio, è fatta detonare una Fiat 126 carica di 90 chilogrammi di Semtex: muore il magistrato antimafia Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta. Come nel caso di Falcone, l’obiettivo è duplice: bloccare le inchieste di Palermo ad un livello prettamente siciliano, così da impedire che emerga il ruolo dei servizi segreti angloamericani ed italiani nei crimini di mafia16, e ribadire che il Paese è tenuto sotto scacco. Responsabile dell’omicidio di Borsellino non è la mafia, infatti, ma alcuni spezzoni dei nostri servizi: a dichiararlo è lo stesso Totò Riina nel 2009, come riporta la Repubblica nell’articolo “Riina sul delitto Borsellino: l’hanno ammazzato loro”. Intervistato dal quotidiano, il legale del boss Riina, capo di quei corleonesi cui sono imputate tutte le stragi del 1992-1993, afferma17:

“Le ha mai detto qualcosa, il suo cliente, sui servizi segreti?

“Spesso, molto spesso mi ha parlato della vicenda di quelli che stavano al castello Utvegio, su a Montepellegrino. Leggendo e rileggendo le carte processuali mi ha trasmesso le sue perplessità, mi ha detto che non ha mai capito perché, dopo l’esplosione dell’autobomba che ha ucciso il procuratore Borsellino, sia sparito tutto il traffico telefonico in entrata e in uscita da Castel Utvegio.”

Castel Utvegio, su a Montepellegrino? È un messaggio decifrato, incomprensibile ai più: è però sufficiente attendere un paio di anni perché sempre su la Repubblica si possa leggere la traduzione del “pizzino”. Si legge nell’articolo “Un uomo del Sisde al Castello Utveggio nel 1992”18 del novembre 2011:

“Dopo anni di ipotesi e sospetti, i pm di Caltanissetta che indagano sulla strage di via D’Amelio hanno messo un punto fermo sulla vecchia gestione del Cerisdi, la scuola per manager che sorge su Monte Pellegrino: di sicuro, nel 1992, c’ era un agente dei servizi segreti che lavorava stabilmente alla scuola per manager”.

Sono le “menti raffinatissime” a dirigere le danze, impiegando i nostri servizi segreti per compiere omicidi e stragi secondo la loro agenda: i mafiosi premono solo il bottone oppure, i presunti responsabili materiali della morte di Falcone e Borsellino, i boss Giovanni Brusca e Giuseppe Graviano, credono di premere il bottone. Ad attivare materialmente gli ordigni, potrebbero addirittura essere personaggi rimasti tuttora nell’ombra, membri del SISMI o del SISDE.

Dopo l’assassinio di Borsellino, il governo Amato sceglie però di reagire, eseguendo quasi certamente gli ordini ricevuti: scatta l’Operazione Vespri Siciliani che, entro il mese di agosto, dispiega sull’isola circa 8.000 militari. Totò Riina sarà arrestato entro pochi mesi, perché ormai la mafia e la Sicilia sono state spremute a sufficienza: le stragi riprenderanno nel 1993, ma sul “continente” ed il mandante formale delle bombe, riconducibili alla classica strategia della tensione, sarà un altro boss tutt’ora latitante, Matteo Messina Denaro.

Bombe, inchieste e scandali: l’Italia del 1992 è un Paese in fiamme e sulle braci soffia con zelo la Lega Nord di Umberto Bossi, il cui ruolo nell’intera vicenda merita un articolo ad hoc. Il terreno è stato sapientemente preparato ed i bucanieri della City e di Wall Street sono pronti a passare all’incasso: nell’ultima settimana di agosto, la lira si avvita, sfiorando le 765 lire per marco, il limite massimo concesso dallo SME. I volumi estivi dei mercati finanziari, molto sottili, facilitano le operazioni speculative gestite da pochi, grandi, operatori: è lo stesso schema che sarà applicato nell’estate 2011, quando il differenziale tra Btp e Bund lievita nel corso dell’estate, preparando il terreno per la defenestrazione di Silvio Berlusconi e l’avvento di Mario Monti, “allievo” del sullodato Andreatta.

Di fronte alla speculazione, la Bankitalia di Carlo Azeglio Ciampi, anziché prendere atto che non è possibile difendere il cambio, si ostina a comprare lire e vendere la valuta straniera che conserva nei forzieri: in nove mesi Palazzo Koch dilapida circa 30.000 mld di lire19, l’equivalente della manovra lacrime e sangue di Amato, prima che il presidente del Consiglio annunci il 13 settembre 1992, l’uscita della lira dallo SME, con una svalutazione del 7%. La “profezia” di Goldman Sachs si dimostra corretta. Le perdite subite da Bankitalia sono però guadagni di identico importo per gli speculatori: la banda di Andretta, Bazoli e Draghi in Italia, ma soprattutto i grandi corsari della finanza anglofona, tra cui sta emergendo un nome, quello di George Soros. “Vita da trader, tanti miliardi ma niente complotti”20 scrive la Repubblica, raccontando le gesta di Soros, “passato alla storia della finanza per una colossale speculazione da 10 miliardi di marchi (molto più di un intervento medio di una banca centrale) condotta all’ ndomani della caduta del Muro di Berlino”. È impossibile fare tanti soldi, senza lavorare sodo? No: “i complotti” esistono e si chiamino Tangentopoli e stragi di mafia.

L’Italia è ora fuori dallo SME, ma i ferventi europeisti al governo ripetono ossessivamente che “l’Europa” è un’occasione imperdibile, un’opportunità che capita una sola volta nella vita: il governo Amato mette nell’autunno del 1992 la fiducia su una manovra “lacrime e sangue”, una finanziaria da 93mila miliardi, quasi pari al 6% del PIL, la più imponente correzione dei conti mai realizzata: i risparmi degli italiani sono sacrificati sull’altare di Bruxelles, sotto lo sguardo soddisfatto della speculazione che ha comprato Btp e lire ai minimi e aspetta ora di incassare laute plusvalenze, con Btp e lira in risalita. Per “le menti raffinatissime”, il 1992 si preannuncia come uno degli anni più proficui degli ultimi tempi.

Chi ha perfettamente intuito già nel 1992 cosa sta avvenendo e ne discuterà apertamente nei suoi scritti ed interviste fino alla morte avvenuta nel 2000, è il segretario del PSI, Bettino Craxi. Nell’articolo di la Repubblica, un quotidiano che cavalca Tangentopoli con la stessa foga con cui nel 2016 cavalcherà l’omicidio Regeni, intitolato “Vogliono far fuori i partiti: Craxi vede nemici dappertutto”21, l’ex-premier descrive con parole nitide e precise quando sta avvenendo. Craxi ha perfettamente intuito il grande disegno del 1992:

C’è una mano invisibile che governa il nostro mondo… e in Italia è in atto una nuova strategia degli opposti estremismi, in cui spinte chiaramente di destra e di sinistra concorrono in modo ancora fortunatamente confuso a un disegno che porta a una svolta dai caratteri per ora non definiti… Non c’è una mano unica dietro questo disegno, ma più centri di potere economico, finanziario ed editoriale, una cupola che vorrebbe avere mano libera, sgombrando il campo dai partiti per trasformare l’ Italia a proprio uso e consumo, in una democrazia elitaria.”

Il segretario del PSI racconta, nel settembre di quel tragico anno, l’edificazione di quel Nuovo Ordine Mondiale di cui noi oggi gustiamo i frutti avvelenati: è l’egemonia dell’oligarchia atlantica sull’Europa e sull’Italia, la dittatura dell’1%, la supremazia della finanza, la deindustrializzazione, l’impoverimento generalizzato, la strategia della tensione permanente e l’immigrazione di massa. Troppo lucido, Craxi. Troppo acuto. Meglio metterlo a tacere definitivamente: il 15 dicembre 1992, il segretario del PSI riceve un avviso di garanzia. Diciotto cartelle con cui la procura di Milano accusa Craxi di ricettazione, corruzione e violazione della legge sul finanziamento ai partiti politici.

Si conclude così il 1992: l’Italia è in piena recessione, l’industria di Stato in fase di smantellamento, le vergognose privatizzazioni avviate, il Pentapartito agonizzante, lo stragismo di servizi segreti più rampante che mai, il “mafioso” Andreotti estromesso dal Quirinale ed il “tangentaro” Craxi alle corde.

È finita qui? No, perché la genesi della Seconda Repubblica è appena iniziata e le “menti raffinatissime” hanno in serbo per l’Italia un 1993 altrettanto “esplosivo”…

Prosegue nell’articolo successivo.

 

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