Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo (2 lettori)

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Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio
1 h ·
IMPORTANTE! Ecco la modifica alla Costituzione che i mezzi di propaganda Renziana non vogliono che tu conosca: di fatto la Sovranità del Popolo Italiano (quel che ne rimane) viene consegnata alle tecnocrazie finanziarie Europee. Provare ad utilizzare argomenti come "tagli alla politica" o "risparmi" per far passare una riforma così ostile all'Italia è ignobile. Questi traditori e servi delle oligarchie vanno cacciati, e per farlo il 4 DICEMBRE ANDIAMO A VOTARE NO.

 

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L'€URO-RIFORMA DELLA COSTITUZIONE: LA PISTOLA FUMANTE... [/paste:font]




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1. Allora: l'8 aprile 2014, il presidente del consiglio si presenta al Senato della Repubblica italiana e legge la relazione di accompagnamento al testo del disegno di legge (di riforma) costituzionale (la cui intitolazione figura oggi nel quesito referendario).Dopo una breve premessa sulla insufficienza dei mutamenti costituzionali intrapresi negli ultimi anni per delineare in modo sistematico una riforma adeguata alle “potenti trasformazioni” già intervenute nel quadro istituzionale, espone le
"Le ragioni della riforma (neretto aggiunto)
Lo spostamento del baricentro decisionale connesso alla forte accelerazione del processo di integrazione europea e, in particolare, l’esigenza di adeguare l’ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica europea (da cui sono di-scesi, tra l’altro, l’introduzione del Semestre europeo e la riforma del patto di stabilità e crescita) e alle relative stringenti regole di bilancio (quali le nuove regole del debito e della spesa); le sfide derivanti dall’internazionalizzazione delle economie e dal mutato contesto della competizione globale; le spinte verso una compiuta attuazione della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione tesa a valorizzare la dimensione delle Autonomie territoriali e, in particolare, la loro autonomia finanziaria (da cui è originato il cosiddetto federalismo fiscale), e l’esigenza di coniugare quest’ultima con le rinnovate esigenze di governo unitario della finanza pubblica connesse anche ad impegni internazionali: il complesso di questi fattori ha dato luogo ad interventi di revisione costituzionale rilevanti, ancorché circoscritti, che hanno da ultimo interessato gli articoli 81, 97, 117 e 119, della Carta, ma che non sono stati accompagnati da un processo organico di riforma in grado di razionalizzare in modo compiuto il complesso sistema di governo multilivello articolato tra Unione europea, Stato e Autonomie territoriali, entro il quale si dipanano oggi le politiche pubbliche".

2. Il 3 aprile 2014, senza aver potuto conoscere questo testo, disvelato al Senato 5 giorni dopo, basandoci esclusivamente sulla imponente “comunicazione” mediatica che preannunziava la presentazione della riforma, avevamo così anticipato la “ratio” della riforma:
"si individua uno pseudo-rimedio - cioè la possibilità "monocameralista" di fare leggi, tante leggi "veloci", e possibilmente di taglio alla spesa pubblica- come risposta alla crisi…Insomma il sondaggismo arriva a sostituirsi al Potere Costituente primigenio, nato dalla Resistenza, rafforzando un "potere costituito" - cioè di revisione in via solo derivata della Costituzione, fortemente condizionato dall'attenersi necessariamente a interventi "puntuali"- il cui unico scopo è agevolare I TAGLI ALLA SPESA PUBBLICA.
E, quindi, quello di ACCELERARE LO SMANTELLAMENTO DELLA CAPACITA' DI INTERVENTO DELLO STATO A PROTEZIONE DEI DIRITTI FONDAMENTALI SOCIALI, quelli non revisionabili e previsti nella prima parte della Costituzione".

3. La €uropean Connection, che caratterizza la “ratio” giustificatrice essenziale della riforma, è stata individuata nei suoi tratti fondamentali con un successivo post: costituzionalizzazione implicita ma inevitabile dell’obbligo di appartenere all’Unione europea, attraverso l'introduzione nella mission fondamentale delle Camere dell'inscindibile oblbigo conseguente di “attuare le politiche europee”, nonché attraverso la tipizzazione del contenuto obbligatorio della stessa funzione legislativa, nel senso di attuare tali politiche.
Al post appena citato è seguito quello che individua nel "Report on constitutional amendment" del 2009 della Venice Commission il presupposto ideologico della stessa riforma, cioè il costituzionalismo politico neo-liberista.
Dal Report, con formulazioni che ricalcano quasi alla lettera la relazione governativa presentata al Senato, “si è edotti, infatti, del fatto che per la stessa “legittimità del sistema costituzionale” la revisione talvolta risulta necessaria “… al fine di migliorare la governance democratica o di adattarsi alle trasformazioni politiche, economiche e sociali (punto 5) e che “… le Costituzioni liberali sono progettate per aiutare a risolvere tutta una serie di problemi politici: tirannia, corruzione, anarchia, immobilismo, problemi di azione collettiva, l’assenza di deliberazione, la miopia, la mancanza di responsabilità, l'instabilità e la stupidità dei politici. Le Costituzioni sono multifunzionali. […] Il compito è di creare un governo che è pienamente in grado di governare” (punto 84).

Lo stesso Report, dopo aver teorizzato che:
“… Una democrazia costituzionale dovrebbe in linea di principio acconsentire ad una discussione aperta sulla riforma dei suoi più elementari principi e strutture di governo. Inoltre, fintanto che la Costituzione contiene regole severe in materia di revisione, allora questa fornirà normalmente una garanzia adeguata contro l’abuso e se la maggioranza, seguendo le procedure prescritte, vuole adottare la riforma, si tratta quindi di una decisione democratica che in generale non dovrebbe limitarsi ...”,
preannuncia che:
… La modifica costituzionale dovrebbe preferibilmente essere emanata con revisione formale … Quando sostanziali modifiche informali (non scritte) si siano sviluppate, queste preferibilmente dovrebbero essere confermate da successive modifiche formali” (punto 246)
Dovrebbe essere possibile discutere e modificare non soltanto le disposizioni costituzionali sul governo (cioè gli assetti istituzionali), ma anche disposizioni in materia di diritti fondamentali e tutte le altre parti della Costituzione (punto 248). Principi e disposizioni di inemendabilità dovrebbero essere interpretati e applicati in modo restrittivo (punto 250)”

4. Il quesito da sottoporre al popolo italiano, in funzione di integrazione “Costituente” delle decisioni in tema costituzionale assunte dalla maggioranza parlamentare, dunque, in coerenza con tali presupposti ideologici di derivazione €uropea e con le conseguenti “ragioni della riforma”, indicate dal governo, avrebbe dunque dovuto essere, (dunque, in modo più aderente all’oggetto ed alla finalità della revisione ad adottare):

"Approvate il testo della legge costituzionale concernente l’esigenza di adeguare l’ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica europea (da cui sono discesi, tra l’altro, l’introduzione del Semestre europeo e la riforma del patto di stabilità e crescita) e alle relative stringenti regole di bilancio (quali le nuove regole del debito e della spesa) e alle sfide derivanti dall’internazionalizzazione delle economie e dal mutato contesto della competizione globale, anche, per quanto riguarda le Autonomie territoriali, in relazione alle rinnovate esigenze di governo unitario della finanza pubblica connesse anche ad impegni internazionali?

Il quesito così riformulato è piuttosto lungo, ma ciò sarebbe giustificato dalla stessa “lunghezza” del testo di riforma e dal suo oggetto che abbraccia diversi titoli e diposizioni della Costituzione.
5. La “eterogeneità” di oggetti e la difficoltà di esprimersi con un unico “sì” o “no” su tutto questo, sarebbero oltretutto superate alla luce della coerenza “organica”, e quindi unificante, del disegno di revisione quale enunciata dallo stesso governo.
Questo aspetto di difficoltà di esprimersi su oggetti multipli e non sempre coerenti tra loro, - ma prescindendo dalla legittimità di una tale ampiezza di intervento alla luce dell’art.138 così come effettivamente elaborato dai lavori della Costituente- è stato denunciato in vari ricorsi proposti da Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale.
Chiarita la “ratio” riformatrice qui evidenziata, tale aspetto (dell'ampiezza praticamente illimitata di oggetti della revisione) dovrebbe, invece, essere considerato proprio sotto il pregiudiziale profilo della sua compatibilità con la chiara volontà dei Costituenti e con il parametro del “procedimento in frode alla legge”, ipotizzato a suo tempo da Vincenzo Caianiello (altro presidente emerito della Corte).
Rimangono problematici i profili, sempre denunciati da Onida, relativi alla conformità alla legge che disciplina i referendum, anche quelli sulle revisioni costituzionali, di un quesito ancorato all’attuale “intitolazione della legge” (che abbiamo visto comunque non riflettere le effettive “ragioni della riforma”), e circa la proposizione del referendum come “confermativo” laddove il sistema costituzionale lo prevede, piuttosto, come “oppositivo”.


Pubblicato da Quarantotto a 09:37 13 commenti: Link a questo post
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Maurizio Gustinicchi
GERMANIA: I MAESTRI NELLA SVALUTAZIONE BRUTTA E CATTIVA

Sono piu’ di 10 anni che la Germania svaluta la propria moneta (Marco debole=Euro), adottando la LIRA FORTE (=Euro).

Il risultato?

Massimo disallineamento del cambio nominale dal reale:



Da qui l’enorme svalutazione della Sterlina rispetto all’Euro che piega i nostri industriali ma non ancora quelli tedeschi.

Ancora, per recuperare il differenziale del REER, vi sarebbe un ulteriore 10% di svalutazione necessaria.
 

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Come gli USA attaccano i governi di sinistra latinoamericani


ottobre 10, 2016 3 commenti

Alexander Main e Dan Beeton, Mondialisation, 7 ottobre 2016 – Jacobin 29 settembre 2015

Per chi sia interessato alle relazioni internazionali in America Latina, e più in particolare alla politica estera degli Stati Uniti nella regione, i cablo diplomatici statunitensi pubblicati da WikiLeaks sono un’inaspettata ricchezza di informazioni che va oltre parole e dichiarazioni, avvicinando le azioni. Alexander Main e Dan Beeton, che lavorano presso il Centro per la ricerca economica e politica (Washington DC), hanno partecipato al lavoro collettivo Files Wikileaks: Il mondo secondo l’impero USA (2015). In questo testo, pubblicato il 29 settembre 2015 sul sito web della rivista Jacobin, gli autori riassumono l’interferenza contemporanea degli USA in diversi Paesi dell’America Latina, riflessa dai dispacci diplomatici. Conclusero nel settembre 2015 che “nonostante gli attacchi incessanti degli Stati Uniti, la sinistra domina in America Latina. Con l’eccezione di Honduras e Paraguay, dove colpi di Stato di destra hanno rovesciato governi legittimi, i movimenti di sinistra sono andati al potere negli ultimi quindici anni”. Un anno dopo, con l’elezione di Mauricio Macri in Argentina (10 dicembre 2015), la rimozione di Dilma Rousseff in Brasile (31 agosto, 2016) e i problemi economici e politici del governo di Nicolás Maduro in Venezuela, il panorama è chiaramente offuscato.
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All’inizio dell’estate 2015, il mondo vide la Grecia tentare di resistere a un diktat neoliberista disastroso e di conseguenza ricevere una severa reprimenda. Quando il governo greco, di sinistra, decise di tenere un referendum nazionale sul programma di austerità imposto dalla troika, la Banca centrale europea rispose limitando la liquidità concessa alle banche greche. Di conseguenza, le banche del Paese dovettero chiudere a lungo e la Grecia affondò nella recessione. Nonostante lo schiacciante rifiuto del programma di austerità da parte dell’elettorato, la Germania e il cartello dei creditori europei ignorarono la democrazia e ottennero ciò che volevano: l’adesione completa della Grecia della loro agenda neoliberista. Per quindici anni, una battaglia simile si è svolta contro il neoliberismo nel continente, per lo più sconosciuta al pubblico. Anche se inizialmente Washington cercò di reprimere ogni opposizione, la resistenza dell’America Latina all’agenda neoliberista in sostanza vinse. Si tratta di un’avventura epica che abbiamo scoperto esplorando il grande tesoro dei dispacci diplomatici pubblicati da Wikileaks. Il neoliberismo si era ben consolidato in America Latina molto prima che Germania e autorità della zona euro cercassero d’imporre adeguamenti strutturali alla Grecia e ad altri Paesi periferici indebitati. Facendo uso di coercizione (condizionando i prestiti del FMI, per esempio) e indottrinamento (anche attraverso la formazione, sostenuta dagli Stati Uniti, dei “Chicago Boys” nella regione), gli Stati Uniti a metà anni ’80 imposero in America Latina il vangelo delle austerità fiscale, deregolamentazione, “libero commercio”, privatizzazione e drastica riduzione del pubblico. Il risultato appare sorprendentemente simile a quello osservato in Grecia: stagnazione della crescita (praticamente alcun aumento del reddito pro-capite dal 1980 al 2000), povertà crescente, declino del tenore di vita di milioni di persone e moltiplicazione per aziende ed investitori stranieri delle opportunità di guadagnare denaro facile. Entro la fine degli anni ’80, la regione entrò in tensione e rivolta contro le politiche neoliberiste. Inizialmente, la ribellione fu spontanea e disorganizzata, come nel caso della rivolta del Caracazo in Venezuela nelle prime settimane del 1989 [1]. Ma più tardi, gli avversari del neoliberismo cominciarono a vincere le elezioni e, con grande sorpresa delle dirigenza statunitense, mantennero le promesse elettorali avviando misure contro la povertà e le politiche eterodosse che ribadiscono il ruolo dello Stato nell’economia. Dal 1999 al 2008, le elezioni presidenziali furono vinte dai candidati di sinistra in Venezuela, Brasile, Argentina, Uruguay, Bolivia, Honduras, Ecuador, Nicaragua e Paraguay. Troviamo gran parte della storia degli sforzi del governo degli Stati Uniti per contenere e invertire l’ondata antineoliberale nelle decine di migliaia di cablo, diffusi da Wikileaks, delle missioni diplomatiche statunitensi nella regione, dai primi anni di George W. Bush all’inizio della amministrazione Obama.
I cablo che analizziamo nel libro The Files Wikileaks: Il mondo secondo l’impero degli Stati Uniti, illuminano i meccanismi d’intervento politico quotidiani di Washington in America Latina (e il ridicolo ritornello ripetuto dal dipartimento che afferma che “gli Stati Uniti non interferiscono nella politica interna di altri Paesi“). Sostegno economico e strategico è previsto ai gruppi di opposizione di destra, anche violenti e antidemocratici. I cablo riflettono anche in modo vivido l’ideologia dei rappresentanti degli Stati Uniti, che ragionano come fossero nella guerra fredda e cercano misure coercitive simili a quelle per soffocare la democrazia greca. Naturalmente, i media mainstream hanno largamente ignorato tale imbarazzante cronaca dell’aggressione imperialista, preferendo concentrarsi sulle bubbole diplomatiche degli USA invece che sulle azioni imbarazzanti ed illegali dei funzionari all’estero. I pochi esperti che hanno condotto un’analisi esaustiva dei cablo, in genere sostengono che non vi sia alcuna differenza significativa tra discorso ufficiale degli Stati Uniti e realtà rappresentata nei cablo. Dando retta agli analisti delle relazioni internazionali degli Stati Uniti, “non si trova l’immagine degli Stati Uniti quale burattinaio onnipotente che tira le fila dei governi nel mondo per gli interessi delle proprie aziende“. L’esame dettagliato dei cablo però smentisce tale asserzione.

“Questo non è un ricatto”
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Alla fine del 2005, Evo Morales vinse in modo schiacciante le elezioni presidenziali della Bolivia su una piattaforma focalizzata su riforma della Costituzione, diritti degli indiani e impegno a combattere povertà e neoliberismo. Il 3 gennaio, due giorni dopo l’elezione, Morales ricevette la visita dell’ambasciatore degli Stati Uniti David L. Greenlee, che non perse tempo: gli aiuti concessi dagli Stati Uniti alla Bolivia saranno condizionati dal buon comportamento del governo Morales. La scena poteva essere stata tratta dal film Il Padrino: “L’ambasciatore ha sottolineato l’importanza del contributo degli Stati Uniti per le istituzioni leader internazionali, da cui dipende l’aiuto concesso alla Bolivia, come ad esempio Banca internazionale per lo sviluppo (BIS), Banca mondiale e Fondo monetario internazionale. “Quando si pensa al BIS, si pensa agli Stati Uniti”, disse l’ambasciatore. “Questo non è un ricatto, ma la pura realtà“.” Ma Morales attuò il suo programma. Nei giorni seguenti all’arrivo al comando, annunciò l’intenzione di regolare il mercato del lavoro, ri-nazionalizzare gli idrocarburi e approfondire la cooperazione con la nemesi di Washington, Hugo Chávez. In risposta, Greenlee avanzò una “gamma di opzioni” per forzare Morales a piegarsi alla volontà del governo degli Stati Uniti: imporre il veto sulla concessione dei prestiti multilaterali, da diversi milioni di dollari, rinviare l’alleggerimento programmato del debito multilaterale, scoraggiare la Millennium Challenge Corporation dal fornire assistenza finanziaria (che la Bolivia non ha ancora ricevuto, anche se è uno dei Paesi più poveri dell’emisfero) e fermare il “sostegno materiale” alle forze di sicurezza boliviane. Purtroppo per il dipartimento di Stato, fu subito chiaro che, come previsto, tali minacce sarebbero rimaste lettera morta. Morales aveva già deciso di ridurre fortemente la dipendenza della Bolivia dal credito multilaterale che richiedeva l’approvazione del Tesoro degli Stati Uniti. Nelle settimane seguenti l’insediamento, Morales annunciò che la Bolivia non si sentiva in debito con il FMI e avrebbe lasciato estinguere il contratto di finanziamento stipulato con questi. Anni dopo, Morales consigliò alla Grecia e ad altri Paesi europei indebitati a seguire l’esempio della Bolivia e di “liberarsi dal diktat economico del Fondo monetario internazionale“. Impossibilitato ad imporsi su Morales, il dipartimento di Stato si dedicò a rafforzare l’opposizione in Bolivia. Aiuti furono concessi dagli Stati Uniti alla regione della Media Luna [2] controllata dall’opposizione aumentarono. Un cablo dell’aprile 2007 si occupa del “maggiore impegno dell’USAID nel consolidare le amministrazioni regionali, in modo da controbilanciare il governo centrale”. Un rapporto dell’USAID del 2007 afferma che l’Ufficio delle Iniziative di Transizione (ITO) “aveva approvato 101 sovvenzioni per un totale di 4066131 di dollari per aiutare i governi dipartimentali a migliorare la loro strategia”. Crediti inoltre furono concessi ai gruppi indiani locali “contrari alla visione di Evo Morales delle comunità indiane”. Un anno dopo, i dipartimenti della Media Luna si ribellarono apertamente al governo Morales, prima tenendo un referendum sull’autonomia, dichiarato illegale dalla magistratura nazionale, e quindi sostenendo dimostrazioni violente in favore dell’autonomia in cui fu uccisa almeno una ventina di sostenitori del governo. Molti credevano che un colpo di Stato fosse imminente. La situazione si calmò su pressione di tutti gli altri presidenti del Sud America, che dichiararono congiuntamente sostegno al governo costituzionale del Paese. Ma mentre il blocco sudamericano supportava Morales, gli Stati Uniti comunicavano regolarmente con i capi dei movimenti di opposizione separatisti, anche se evocavano apertamente la possibilità di “distruggere i gasdotti” e “la violenza come opportunità per costringere il governo ad impegnarsi seriamente nel dialogo…” A differenza della posizione ufficiale negli eventi di agosto e settembre 2008, il dipartimento di Stato considerò sul serio la possibilità di un colpo di Stato contro il Presidente boliviano Evo Morales, o il suo assassinio. Un cablo rivela l’intenzione dell’ambasciata degli Stati Uniti a La Paz di prepararvisi: “Il comitato d’azione di emergenza svilupperà, con la squadra di valutazione situazionale del Comando Sud statunitense, un piano di risposta rapida in caso di emergenza improvvisa, vale a dire un tentativo di colpo di Stato o la morte del Presidente Morales“, si legge sul cablo. Gli eventi del 2008 furono presentati quale maggiore sfida alla presidenza di Morales, quando la possibilità di perdere il potere era vicina. I preparativi dell’ambasciata per la possibile caduta di Morales indicano che almeno gli Stati Uniti consideravano vera la minaccia su di lui. Il fatto è che non dissero al pubblico chi Washington appoggiasse nel conflitto, e quali risultati avrebbe probabilmente preferito.
 

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Come gli USA attaccano i governi di sinistra latinoamericani

Un lavoro meccanico
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Alcuni metodi d’intervento applicati in Bolivia riapparvero in altri Paesi guidati da governi di sinistra. Così, dopo il ritorno dei sandinisti al potere in Nicaragua nel 2007, l’ambasciata degli Stati Uniti a Managua accelerò il rafforzamento del sostegno al partito di destra, l’Alleanza Liberale del Nicaragua (ALN). Nel febbraio 2007, il personale dell’ambasciata incontrò il capo della pianificazione della NLA e le spiegò che gli Stati Uniti “non forniscono assistenza diretta ai partiti politici“, suggerendo di aggirare tale limitazione rafforzando i legami con le ONG amiche, per ricevere fondi dagli Stati Uniti. La rappresentante della NLA disse che avrebbe mandato “l’elenco completo delle ONG che di fatto sostenevano l’azione della NLA” e l’ambasciata prese accordi affinché “incontrasse presto gli amministratori locali dell’IRI (International Republican Institute) e del NDI (National Democratic Institute for International Affairs)“. Fu anche scritto nel cablo che l’ambasciata “osserverà da vicino la raccolta dei fondi per sviluppare le capacità della NLA”. Bisognerebbe far leggere questi cablo a coloro che studiano la diplomazia statunitense e a coloro che cercano di sapere cos’è esattamente il sistema di “promozione della democrazia” degli Stati Uniti. Attraverso USAID, National Endowment for Democracy (NED), NDI, IRI e altri organismi parastatali, il governo degli Stati Uniti da notevole sostegno ai movimenti politici che appoggiano gli obiettivi economici e politici degli Stati Uniti. Nel marzo 2007, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Nicaragua chiese al dipartimento di Stato di pagare “nei prossimi quattro anni 65 milioni in più del solito, per le prossime elezioni presidenziali“, finanziando “il consolidamento di partiti politici e organizzazioni non governative” democratici e “piccoli sussidi occasionali dell’ultimo momento, per raddoppiare gli sforzi dei gruppi nel difendere la democrazia in Nicaragua, far avanzare i nostri interessi e combattere chi ci attacca“.
In Ecuador, l’ambasciata degli Stati Uniti si oppose all’economista di sinistra Rafael Correa ben prima delle elezioni del 2006 che lo portarono al potere. Due mesi prima delle elezioni, il consigliere politico dell’ambasciata allertò Washington sul rischio che Correa “aderisse al gruppo di leader sudamericani nazional-populisti Chávez, Morales e Kirchner“, aggiungendo che l’ambasciata “ha avvertito i nostri contatti politici, economici e mediatici sulla minaccia che Correa rappresenta per il futuro dell’Ecuador incoraggiando fortemente a costruire alleanze che controbilancino il radicalismo evidente di Correa“. Subito dopo l’elezione di Correa, l’ambasciata inviò il suo piano d’azione al dipartimento di Stato: “Non abbiamo alcuna illusione che le sole azioni del USG [3] bastino a cambiare la direzione del governo o del Congresso, ma speriamo di aumentare l’influenza lavorando con altri ecuadoriani e altri gruppi che condividono le nostre idee. Senza l’azione, le riforme proposte da Correa e il suo atteggiamento nei confronti del Congresso e dei tradizionali partiti politici potrebbero estendere l’attuale periodo di tensioni e instabilità politica”. I peggiori timori dell’ambasciata si verificarono. Correa annunciò che avrebbe chiuso la base aerea statunitense di Manta, aumentato la spesa sociale e spinto per la convocazione dell’assemblea costituente. Nell’aprile 2007, gli ecuadoriani votarono per l’80% l’assemblea costituente proposta, e il 62% degli elettori approvò la nuova costituzione nel 2008, che comprende vari principi progressisti come sovranità alimentare, diritto ad alloggio, assistenza sanitaria e lavoro, e controllo dell’esecutivo sulla banca centrale (enorme sasso nello stagno neoliberista). All’inizio del 2009, Correa annunciò che l’Ecuador non avrebbe rimborsato parte del debito estero, mettendo in allarme l’ambasciata, assieme alle altre misure come la decisione di Correa di rafforzare i legami tra l’Ecuador e gli Stati membri dell’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America (ALBA) [4]. Ma l’ambasciatore era anche consapevole che gli Stati Uniti avevano poco potere su Correa: “Spieghiamo privatamente che le azioni di Correa avranno conseguenze nelle relazioni con la nuova amministrazione Obama, evitando di fare dichiarazioni pubbliche che sarebbero controproducenti. Non consigliamo di smettere i programmi dell’USG utili ai nostri interessi perché non incoraggiano Correa ad essere più pragmatico”. La sospensione parziale dei pagamenti dell’Ecuador diede i suoi frutti e permise al governo di risparmiare quasi due milioni. Nel 2011, Correa consigliò di applicare lo stesso rimedio ai Paesi indebitati europei, tra cui la Grecia, consigliandogli di non onorare i debiti ed ignorare il parere del FMI.

La piazza è in fermento
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Durante la guerra fredda, la presunta minaccia dell’espansione del comunismo sovietico-cubano fu utilizzata per giustificare gli innumerevoli interventi per far cadere i governi di sinistra e sostenere regimi militaristi. Allo stesso modo, i cablo di WikiLeaks mostrano che negli anni 2000 lo spettro del “bolivarismo” del Venezuela fu utilizzato per giustificare gli interventi contro i nuovi governi di sinistra ostili al neoliberismo, come la Bolivia, accusati di essere “apertamente caduta nel grembo del Venezuela“, o l’Ecuador, considerato “cavallo di Troia di Chávez“. Le relazioni degli Stati Uniti con il governo di Hugo Chávez degenerarono subito. Chavez, eletto presidente nel 1998, al contrario di tutte le politiche economiche neoliberiste, forgiò stretti legami con la Cuba di Fidel Castro e criticò fortemente l’attacco dell’amministrazione Bush all’Afghanistan dopo gli attentati dell’11 settembre, e gli Stati Uniti richiamarono l’ambasciatore a Caracas dopo che Chavez disse: “non si può combattere il terrorismo con il terrorismo“. In seguito, rafforzò il controllo dello Stato sull’industria del petrolio, aumentando le royalties pagate dalle società estere e usando i proventi del petrolio per finanziare l’accesso ai programmi su salute, educazione e alimentari per i poveri. Nell’aprile 2002, l’amministrazione Bush sostenne pubblicamente il colpo di Stato militare che spodestò Chavez per quarantotto ore. I documenti del National Endowment for Democracy ottenuti in base al Freedom of Information Act, mostrano che gli Stati Uniti finanziarono e addestrarono i gruppi che “promuovono la democrazia” che sostennero il colpo di Stato e parteciparono ai tentativi di rovesciare Chavez come lo “sciopero” della compagnia petrolifera che paralizzò l’industria alla fine del 2002 e portò il Paese in recessione. I cablo di WikiLeaks rivelano che, dopo che tali tentativi per rovesciare il governo legittimo fallirono, gli Stati Uniti continuarono a supportare l’opposizione venezuelana attraverso NED e USAID. In un cablo del novembre 2006, l’allora ambasciatore William Brownfield spiegò la strategia seguita da USAID e ITO per minare l’amministrazione Chávez: “Nell’agosto del 2004, l’ambasciatore presentò la strategia in cinque punti elaborata per guidare le attività dell’ambasciata in Venezuela nel periodo 2004-2006… tale strategia è riassunta così: 1) rafforzamento delle istituzioni democratiche; 2) infiltrazione nella base politica di Chávez; 3) dividerne i sostenitori; 4) proteggere le aziende statunitensi; 5) isolare Chavez a livello internazionale”. Gli stretti legami tra l’ambasciata degli Stati Uniti e vari gruppi di opposizione sono evidenti in molti cablo, uno di Brownfield stabilisce la relazione tra Sumate, ONG dell’opposizione che ebbe un ruolo centrale nelle campagne dell’opposizione, e “i nostri interessi in Venezuela”. Altri cablo dimostrano che il dipartimento di Stato esercitò pressioni per il sostegno internazionale a Sumate, incoraggiando gli Stati Uniti a fornire sostegno finanziario, politico e legale all’organizzazione, soprattutto attraverso la NED. Nell’agosto 2009, il Venezuela fu scosso da violente proteste dell’opposizione (come spesso accade contro il governo di Chavez e del successore Nicolas Maduro). Un cablo segreto dal 27 agosto riprende i propositi della Development Alternatives Inc. (DAI), un’organizzazione assunta da USAID/OTI che affermava che “tutti” coloro che protestano contro Chávez “beneficiano del nostro aiuto“: “Il dipendente della DAI Eduardo Fernandez ha detto che “la piazza è in fermento”, riferendosi alle proteste contro gli sforzi di Chávez per consolidare il potere, e che “tutti costoro (gli organizzatori delle proteste) beneficiano del nostro aiuto”.” I cablo rivelano anche che il dipartimento di Stato istruì e aiutò un capo studentesco che sapeva aver incoraggiato la folla a “linciare” un governatore chavista: “Durante il colpo di Stato del 2002, (Nixon) Moreno partecipò alle manifestazioni organizzate nello Stato di Merida, a capo di una folla che marciò sulla capitale dello Stato con l’intento di linciare il Governatore dell’MVR Florencio Porras“. [5] Tuttavia, pochi anni dopo, secondo un altro cablo, “Moreno partecipò nel 2004 al programma Visitor International del dipartimento di Stato, nel 2004“. Più tardi, Moreno era ricercato per tentato omicidio e minacce a un’agente di polizia, tra le altre ragioni.
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Sempre secondo la strategia in cinque punti descritta da Brownfield, il dipartimento di Stato operò per isolare il governo venezuelano sulla scena internazionale e contrastarne l’influenza nella regione. Leggiamo in diversi cablo che le missioni diplomatiche degli Stati Uniti nella regione si coordinarono per far fronte alla “minaccia” regionale del Venezuela. Come Wikileaks rivelò nel dicembre 2010, i capi delle missioni statunitensi in sei Paesi dell’America Latina s’incontrarono in Brasile nel maggio 2007 per adottare una risposta unica ai presunti “piani aggressivi” del Presidente Chávez… “creando un movimento bolivariano unificato in America Latina“. Tra le altre cose, i capi missione decisero di “continuare a rafforzare i legami con i capi militari nella regione che condividono le nostre preoccupazioni su Chavez“. Un incontro simile dei capi missione degli Stati Uniti in America centrale, che si concentrò sulla “minaccia delle attività politiche populiste nella regione“, si tenne nell’ambasciata degli USA in El Salvadorm nel marzo 2006. I diplomatici statunitensi si spesero molto per evitare che i governi di Caraibi e Centro America aderissero a Petrocaribe, iniziativa regionale del Venezuela che permette ai membri di ricevere petrolio a condizioni molto favorevoli. Dai cablo resi pubblici si apprende che gli statunitensi affermavano, pur riconoscendo i vantaggi economici dell’accordo per i Paesi membri, di essere preoccupati che Petrocaribe aumentasse l’influenza politica del Venezuela nella regione. Ad Haiti, l’ambasciata collaborò strettamente con le principali compagnie petrolifere per impedire al governo di entrare in Petrocaribe, ammettendo però che “risparmierebbe 100 milioni di dollari all’anno“, e Dan Coughlin e Kim Ives furono i primi a rivelarlo su The Nation. Nell’aprile 2006, l’ambasciata inviò a Port-au-Prince il seguente cablo: “La stazione continuerà a fare pressione sul presidente di Haiti René Préval affinché non aderisca a Petrocaribe. L’ambasciatore s’incontrerà oggi con il primo consulente di Preval Bob Manuel. Alle riunioni precedenti ha detto di aver capito le nostre preoccupazioni e sa che un accordo con Chavez gli causerebbe problemi“.

Il bilancio della sinistra
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Si ricordi che i cablo di WikiLeaks non fanno luce sulle attività dei servizi segreti degli Stati Uniti, e probabilmente rappresentano la punta dell’iceberg delle interferenze politiche di Washington nella regione. Tuttavia, provano ampiamente gli sforzi persistenti e determinati dei diplomatici statunitensi per bloccare i governi indipendenti di sinistra in America Latina, utilizzando la leva finanziaria e altri strumenti della scatola della “promozione della democrazia”, ed anche mezzi violenti e illegali. Anche se l’amministrazione Obama ha ripristinato le relazioni diplomatiche con Cuba, nulla indica che la politica verso il Venezuela e altri governi di sinistra del continente sia cambiata. E’ chiaro che l’ostilità dell’amministrazione verso il governo legittimo del Venezuela non svanisce. Nel giugno 2014, il vicepresidente Joe Biden lanciò l’iniziativa per la sicurezza energetica dei Caraibi, considerata un “antidoto” a Petrocaribe. Nel marzo 2015, Obama disse che il Venezuela è “una grave minaccia alla sicurezza” annunciando sanzioni contro i leader del Venezuela, una decisione criticata all’unanimità dagli altri Paesi della regione. Tuttavia, nonostante gli attacchi incessanti degli Stati Uniti, la sinistra domina in America Latina. Con l’eccezione di Honduras e Paraguay, dove colpi di Stato di destra hanno rovesciato governi legittimi, i movimenti di sinistra sono andati al potere negli ultimi quindici anni. Grazie a questi governi, tra il 2002 e il 2013 il tasso di povertà nella regione è sceso dal 44 al 28% dopo essere cresciuto negli ultimi due decenni. Questi successi, combinati con la volontà dei leader di sinistra di rischiare per liberarsi dal diktat neoliberista, dovrebbe servire da ispirazione alla nuova sinistra europea anti-austerity. Non c’è dubbio che alcuni governi attualmente affrontino notevoli difficoltà per il rallentamento dell’economia regionale che colpisce i leader di destra e sinistra. Ma se si legge tra le righe dei cablo, ci sono buone ragioni per chiedersi se tali difficoltà siano di origine locale. In Ecuador, ad esempio, dove il Presidente Correa è oggetto delle ire della destra e di certa sinistra, le proteste contro la nuova tassa progressiva proposta dal governo è espressa dagli stessi responsabili dell’opposizione con cui, se si crede ai cablo, i diplomatici statunitensi sviluppano tali strategie.
In Venezuela, dove le lacune nel sistema di controllo dei cambi causano un’inflazione elevata, le manifestazioni violente degli studenti di destra hanno gravemente scosso il Paese. E’ sicuro che tali manifestanti ricevano denaro e addestramento da USAID e NED, il cui bilancio per il Venezuela è aumentato dell’80% tra il 2012 e il 2014. I cablo di WikiLeaks hanno ancora molte cose da dirci. Per scrivere i capitoli dei file WikiLeaks sull’America Latina e i Caraibi, abbiamo supervisionato centinaia di cablo e individuato diversi ambiti d’intervento degli Stati Uniti, descritti in dettaglio nel libro (alcuni già notati da altri osservatori). Altri hanno fatto lo stesso per le altre regioni. Ma il numero di cablo è superiore a 250000 (quasi 35000 solo sull’America Latina) e non vi è alcun dubbio che molti altri aspetti importanti della diplomazia degli Stati Uniti attendono di essere portati alla luce. Purtroppo, una volta passato l’entusiasmo creato dalla diffusione dei primi cablo, pochi giornalisti e ricercatori ne sono realmente interessati. Dato che ciò non cambierà, mancherà un resoconto completo della visione che gli Stati Uniti hanno di sé sulla scena mondiale, e la risposta diplomatica alle sfide alla loro egemonia.
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Alexander Main e Dan Beeton, Dial, Diffusione delle informazioni sull’America Latina – D3384.

Note
[1] Si veda DIAL 3303 “VENEZUELA dal 27 febbraio al 3 marzo 1989: il Caracazo. Semantica della violenza politica, I parte e II parte.
[2] Zona situata nell’Est del Paese.
[3] Governo degli Stati Uniti: United States Government (USG) in inglese.
[4] Alleanza della sinistra creato su iniziativa di Venezuela e Cuba nel 2004 per contrastare il Trattato di Libero Commercio delle Americhe promosso dall’amministrazione Bush.
[5] Movimento per la Quinta Repubblica è un partito di sinistra fondato da Hugo Chávez

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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Antonio Maria Rinaldi
PER QUELLI CHE L’EURO NON FUNZIONA PERCHE’ SBAGLIARONO IL CONCAMBIO A 1936,27! Di A.M. Rinaldi





Se si chiede al normale cittadino quale sia il motivo per il quale ci troviamo in questa situazione economica disastrosa, un buon tre quarti risponde senza esitazione essenzialmente per 3 motivi: hanno sbagliato il cambio a 1936,27 lire per euro, perché doveva essere molto più basso, perché non hanno fatto nessun controllo sui prezzi sin dal primo giorno di introduzione dell’euro e perché l’Italia è il paese più corrotto di tutti (naturalmente dopo la Bulgaria!).

Andiamo con ordine: chi aveva 10.000.000 lire con il concambio a 1936,27 si è ritrovato in tasca 5.164,57 euro, se fosse stato 1.750 lira/euro avrebbe avuto 5.714,57 euro e a 1.500 lire 6.666,67 euro. E se invece di aver avuto attivi (cioè depositi C/C, titoli, obbligazioni) avesse avuto debiti? Avrebbe avuto l’esigenza opposta di vedere con buon occhio il concambio più alto possibile! Ad esempio l’entità del debito pubblico, che al 1 gennaio 1999 data dell’introduzione ufficiale del cambio irrevocabile che fissò i valori di concambio fra le varie valute nazionali europe e l’euro, ammontava a 2483 milioni di miliardi di lire, che tramutato in euro divento 1.282,06 Mld (Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza, n.31, ott. 2008), mentre se il concambio fosse stato ad esempio a 1750 lire/euro, sarebbe stato di 1.419 Mld di euro e a 1500 lire/euro a 1.655 Mld di euro, pertanto molto ma molto più alto.

Quindi più il concambio si fissava alto e più sarebbe stato basso l’entità di chi deteneva debito. Viceversa, chi aveva attivi, il discorso sarebbe stato esattamente inverso, cioè più il concambio era alto e meno sarebbe stato valutato il proprio attivo. Quindi quando si recrimina a Prodi e Ciampi di aver accettato un concambio troppo sfavorevole, si sappia che l’hanno fortemente voluto così, al punto che se avessero potuto l’avrebbero ulteriormente preteso più alto. Per la cronaca il concambio fu influenzato dall’andamento sul mercato dei cambi della lira che “veleggiava” in quel periodo sulle 1.000 lire/marco, infatti il valore irrevocabile di 1936,27 scaturì proprio dal rapporto con il marco a 989,999 lire e dal concambio marco/euro a 1,95583 (1,95583 X 989,999 = 1936,27), pertanto gli spazi di manovra erano obiettivamente molto limitati se non nulli. Chi pensa, come ancora molti leader politici, che se fossimo “entrati” a 1.750, o anche meno, sarebbe stato molto meglio per l’economia, non ha assolutamente compreso assolutamente nulla riguardo ai problemi che sono alla base dell’adozione della moneta unica.

Alto problema, ritenuto fondamentale dall’opinione pubblica come “vizio” capitale dell’euro, è stato quello che le Istituzioni non hanno controllato l’aumento dei prezzi generalizzato avvenuto con l’introduzione della moneta comune. Ma qualcuno mi sa dire se esiste per caso una legge che impedisca l’aumento dei prezzi dei beni (forse per qualche servizio) tanto da poter mettere davanti ad ogni serranda di negozio un Carabiniere, un finanziere o un poliziotto?

Per quanto riguarda il tema “corruzione” mi limito a ricordare che il caso più eclatante a riguardo dai tempi di Erode è ad esclusivo appannaggio della SIEMENS, che risulta essere tedesca, e che i casi domestici, pur essendo da sradicare e condannare senza mezzi termini, appaiono in confronto a livello di mancia al bar.

Ma i problemi non sono stati questi…

I presunti disagi del valore di concambio a 1936,27, dell’aumento dei prezzi al consumo perché non ci si ben rapportava con la nuova moneta e perché qualcuno se n’è approfittato un po’ troppo, e per altri aspetti la corruzione, sono problemi che ormai sono stati ampiamente metabolizzati e dopo 14 anni di effettiva circolazione dobbiamo considerarli solo come sgradevoli effetti collaterali (naturalmente per la corruzione il discorso è diverso).

Cioè i problemi che subiamo per la nostra appartenenza all’euro non sono stati originati da quelli sopra esposti in quanto, in poche parole, oggi saremo esattamente nella stessa identica situazione indipendentemente dal valore di concambio o se all’epoca avessero messo i famosi Carabinieri fuori di ogni negozio o se la corruzione fosse a livelli fisiologici. Anzi paradossalmente, come spiegato, se il concambio fosse stato più basso, oggi ci ritroveremo un debito notevolmente più alto! Per la cronaca vale la pena ricordare, sempre attingendo dai dati di Banca d’Italia, che il debito pubblico italiano contratto dalla Prima Repubblica, conclusasi idealmente nel 1992, ammontava a 849,92 Mld espresso negli attuali euro (nonostante il “Divorzio” del 1981), per arrivare ai giorni d’oggi grazie alla Seconda Repubblica, a 2.228,7 Mld, praticamente raddoppiato da quando abbiamo adottato l’euro (nel 1999 era 1.282,06 Mld) e quasi triplicato dalla Prima Repubblica!

Come il vero problema del nostro debito, non riconosciuto dalla maggioranza dei sostenitori a tutti i costi dell’euro, è che espresso in una valuta che è assimilabile a tutti gli effetti ad una valuta estera in quanto non la governiamo. Se fosse in moneta sovrana sarebbe sostenibilissima. Giappone, e per il motivo opposto l’Argentina, docet. Il fatto di avere un debito in valuta estera ricorda un po’ quei poveri italiani inconsapevoli, che indotti dalle proprie banche (la Storia si ripete sempre!), contrassero mutui in ECU attirati dai tassi molto più convenienti rispetto alla lira, ignorando l’enorme pericolo dell’esposizione al rischio di cambio. Sappiamo purtroppo come è andata a finire e, alla luce di cosa poi è accaduto, avrebbero senz’altro preferito pagare tassi più elevati in lire e non aver mai fatto l’operazione in ECU. A conti fatti questa imprudenza gli costò due/tre volte in più rispetto ad un normale mutuo in lire.

Il vero problema che sfugge alla comprensione dell’uomo della strada, e perdonatemi anche alla quasi totalità della classe politica e dei media schiavi del pensiero unico, risiede nel fatto che noi abbiamo dovuto modificare completamente il nostro modello economico per poter adottare l’euro legandoci mani e piedi a dei vincoli esterni che ci condizionano oltremodo in quanto rispettano le nostre peculiari esigenze in termini di politica economica.

Spieghiamoci meglio: il Sistema Italia si basava su un modello economico che aveva come presupposto il perseguimento della piena occupazione e di un welfare di tutela garantito da una moneta che permetteva la determinazione di una autonoma politica economica. In questo contesto l’inflazione era il prezzo accettabile di compromesso e la svalutazione era solo, ripeto solo, una strumento a disposizione della politica economica autonoma per aggiustamenti del cambio. Vorrei aprire una breve parentesi per ricordare, a chi invoca l’euro come protezione ideale agli effetti della globalizzazione, che invece è l’esatto contrario: una moneta autonoma è il rimedio migliore possibile per contrastare gli effetti della globalizzazione generalizzata e senza regole.

Il modello economico su cui verte la sopravvivenza e il mantenimento dell’euro si basa invece sulla stabilità dei prezzi e il rigore dei conti pubblici fino al perseguimento del principio del pareggio di bilancio (tanto da pretenderne l’inserimento in Costituzione) come presupposto per la crescita. Gli effetti di questo modello, tanto caro all’ortodossia economica tedesca, è l’aver gettato in deflazione l’intero Continente ed aver “infettato” della stessa malattia anche mezzo Mondo! Aver previsto per soddisfare il fabbisogno di finanziamento dello Stato solamente la leva fiscale e/o il taglio della spesa pubblica ha avuto come immancabile conseguenza quello di uccidere letteralmente la domanda interna e affidando esclusivamente alle capacità dell’export le sorti di sviluppo dell’economia di un paese quando è acclarato che questa propensione non deve andare oltre al 30% del PIL.

Siamo in completa rotta di collisione perché per soddisfare questo modello siamo stati costretti ad adottare una politica economica completamente diversa da quella necessaria ed idonea alla nostra identità economica e soprattutto in contrasto a quella Costituzione economica prevista all’interno della Costituzione stessa che disegna un modello economico di riferimento ben preciso. Lotta disuguaglianze, occupazione, dignità del lavoratore e del suo salario, tutela risparmi, tutela salute, funzione regolatrice dello Stato nell’economia. Mentre con l’euro tutto questo viene sostituito con la capacità o meno di rendere flessibile il fattore lavoro comprimendo i salari, con la cosiddetta svalutazione interna, essendo ovviamente preclusa quella esterna impossibile dall’appartenenza al regime dei cambi fisso.

Ed è una visione correttissima quello tracciato nella Costituzione Repubblicana perché questo modello è riuscito a mantenere nel bene e nel male per molto tempo il giusto equilibrio fra Democrazia, Stato e Mercato, i tre pilastri fondamentali della società moderna. Se invece si altera questo equilibrio perché si tende a perseguire un modello che prevede e privilegia, ad esempio, il Mercato rispetto allo Stato, ovvero al ruolo regolatore dello Stato, ne risente immancabilmente anche la Democrazia.

Infatti, lo squilibrio avvenuto in modo sempre più evidente fra questi tre pilastri, sta provocando effetti ancora più devastanti rispetto alle motivazioni economiche sopra esposte. Il progetto di dotare una moneta unica l’intero Continente europeo prevede che per il suo mantenimento e sopravvivenza vengano sempre più sospese e annullate le garanzie previste e sancite dalla democrazia. I Parlamenti nazionali sono sempre più estraniati da qualsiasi potere decisionale, spezzando il rapporto di delega con i cittadini, degli organismi sovranazionali non eletti si sostituiscono sempre più in toto nelle decisioni di politica economica dei rispettivi paesi imponendo decisioni di ogni genere, si attivano dei meccanismi automatici che sono sempre più assimilabili a organismi bio-giuridici che dettano regole e vincoli senza possibilità di correzione o d’interpretazione il tutto solo in virtù di accordi e Trattati Internazionali che vengono di fatto utilizzati come arma di ricatto verso chi non riesce a rispettarli. L’Europa in questo modo ha creato la nuova figura del “sovrano-despota” dematerializzato, che non ha più figura fisica, ma si cela dietro organismi automatici e regole da rispettare, il tutto gestito da persone non elette e che fanno riferimento a non precisati poteri. L’unica certificazione che avanzano è sempre più quella nel proclamare che si sta realizzando finalmente il “sogno europeo” ed è quanto mai necessario “più Europa”!

Tutto questo con l’unica conseguenza effettivamente tangibile di creare all’interno della stessa area valutaria aree sempre più ricche ed aree sempre più povere senza aver previsto effettivi meccanismi di trasferimento e di mutualità per compensare gli squilibri e non mettendo al centro degli interessi i cittadini, ma quello delle lobby e delle multinazionali.

La stessa ipotesi di riformare genericamente i Trattati o di rivedere le attribuzioni della BCE non tengono conto del fatto che è impossibile modificare il vero problema che rende insostenibile l’euro, cioè tutta la sua architettura che si basa su un modello economico errato, ovvero per la stragrande maggioranza delle reali esigenze dei paesi aderenti. Sono riusciti a creare una moneta i cui rigidi dogmi condizionano l’economia reale, mentre deve essere la moneta a plasmarsi al servizio dell’economia reale e dei cittadini.

L’euro e la sua costruzione imploderà per il semplicissimo motivo che è un progetto insostenibile e che paradossalmente farà più danni a chi ora se ne sta avvantaggiando rispetto a chi i danni li subisce da tanto. L’importante è essere pronti a gestire una situazione di emergenza con dettagliati piani di ritorno alle sovranità nazionali affidandosi a uomini in grado di realizzarli nel miglior modo possibile per evitare di esporre i cittadini, e quello che ne sarà rimasto del tessuto produttivo nazionale, a più severe e devastanti prove.

Noi saremo come oggi in prima linea.

Antonio M. Rinaldi

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BANKSTER
Oggi ho appreso con enorme stupore che le 4 banche fallite e salvate dal governo... (Leggi tutto)

  • L’AM-LIRA – albore del debito pubblico, l’inizio dell’occupazione
Posted on 30 agosto 2014 by StarTAZ
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L’Am-lira ovvero Allied Military Currency è stata la valuta che l’AMGOT ( è stato un organo militare deputato all’amministrazione dei territori occupati dagli Alleati durante la Seconda guerra Mondiale. ) mise in circolazione in Italia dopo lo sbarco in Sicilia avvenuto nella notte tra il 9 e 10 luglio del 1943 – Am-lira - Wikipedia


AM-LIRA: come prendere il potere e la sovranità di uno stato attraverso il controllo della moneta.


La prima stampa avvenne un mese prima dello sbarco degli alleati a Pantelleria, dove due aerei scaricarono 20 tonnellate di moneta, circa 143 mld di AM – lire stampati su carta comune (senza nessuno costo tranne quello tipografico).

Fu lo strumento secondo alcuni con cui gli Alleati (e la Federal Reserve ) comprarono l’Italia

Le A.m. Lire vennero distribuite delle forze armate di occupazione alleata fino al 1950, ma successivamente per alleviare le voci che stavano dilagando in tutto territorio Italiano della presunta continua occupazione da parte degli USA, fu imposto alla BANCA D’ITALIA di stampare altre AM-LIRE.

Questo ordine arrivò direttamente dal governo Statunitense ed è interessante notare come la banca d’Italia in quel momento fosse governata da un commissario speciale imposto dagli americani il quale avevano ricostruito dal nulla sia la banca d’Italia sia il ministero del tesoro.


Alla somma della stampa da parte della banca d’Italia di altre AM-lire che avvenne dal 46 al 50, dobbiamo sommare altri 17mld emessi dalla forbes…(fallita negli anni 60 a missione compiuta ). Il risultato di questa operazione fu l’aumento nel nostro paese della quantità di moneta che superò notevolmente i 143 mld di AM-lira e fu la causa della pesante inflazione che colpì l’Italia verso la fine della Seconda guerra mondiale causata della circolazione forzosa di quella carta moneta formale, di nessun valore reale

Ovviamente l’AM-LIRA giovò agli alleati potendo comprare e stampare moneta dal valore ambiguo riuscirono ad accaparrarsi numerosi palazzi a costo 0, tra cui la stessa ambasciata americana di Roma.

L’ACCORDO:

Nel 46 l’accordo prevedeva che alla fine dell’operazione, tutte queste AM-lire non fossero rimborsate in dollari americani, bensì garantiti da titoli del debito pubblico emessi dal ministero del tesoro.

Da qui si sviluppa la teoria del doppio furto o doppio addebito

1) L’immissione delle AM-lire a discapito della lira a costo tipografico che ebbe come risultato l’acquisto della penisola

2) La cifra dell’AM-LIRA messa in circolazione viene nuovamente addebitata al popolo italiano attraverso l’emissione di titoli di debito pubblico

Nel 1952 infatti abbiamo una legge dello stato (controllato dagli alleati attraverso AMGOT) che impone al ministero del tesoro di distruggere le AM lire presenti per poi emettere un contro valore in quote di titolo del debito.

Non solo questo rappresenta il corpo principale della formazione del debito pubblico di cui oggi tanto parliamo, ma addirittura con un’operazione contabile inusuale, la Banca d’Italia fa sì che il ministero del tesoro riconosca al passivo del bilancio tutto l’ammontare di biglietti di stampa a corso legale che erano stati emessi durante il fascismo da Mussolini.

I biglietti di stato sarebbero dovuti rimanere debito flottante, cioè un debito inesistente, quindi si tratta di un falso passivo, come in realtà oggi è l’euro che circola, e viene comprato dagli stati appartenenti alla comunità europea creando debito che non potrà mai essere rimborsato alla BCE, perché trattasi di denaro virtuale.

Questo sembrerebbe dunque un esempio dell’utilizzo del signoraggio bancario a danno del nostro paese grazie alle AM-LIRE applicato dal paese occupante con cui si acquista un paese, per poi ri-addebitargli doppiamente il controvalore attraverso l’emissione di titoli del debito.

Da notare che inizialmente gli accordi dovevano essere diversi:

A) una parte doveva essere ripagata in lire ( cosa che risultò difficile dal momento che gli alleati sequestrarono tutte le LIRE presenti) o attraverso la conversione delle Am-lire in lire senza emissioni di titoli del debito;

B) una parte doveva essere rimborsata dalla FEDERAL RESERVE attraverso i dollari, cosa che non avvenne.

Sarebbe interessante spiegare perché nessuno ne pretese e pretende il rimborso ma rischierei di fare troppa confusione
 

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