Ttip, Trattato Transatlantico, decidono le Multinazionali (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
foto di Progetto E.CO. - Per una Società Etica e Consapevole.









L'EUROPA IMPAURITA DALLA COLLABORAZIONE TRANSANTLANTICA ?


A Sevran, un comune della periferia nord-orientale di Parigi, la resistenza è già iniziata.

Dallo scorso 11 aprile la città si è auto dichiarata una zona libera dal TTIP, il partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, ossia una copia atlantica del NAFTA (accordo nordamericano di libero scambio).La soluzione introdotta dal gruppo di sinistra Sevran Solidaire et Citoyen è stata adottata dalla vasta maggioranza del Consiglio di Sevran.

La città chiede al governo francese di fermare i negoziati per la creazione una zona di libero scambio tra l’America e l’Europa, negoziati che si stanno protraendo da quasi 10 mesi.
A Sevran si crede che il trattato “non riguardi tanto la libera concorrenza e la mancanza di barriere, ma che sia invece una minaccia per il nostro modello sociale e per la vita alla francese: la demolizione di tutte le protezioni sociali e ambientali, la caduta dei salari e dei prezzi, le privatizzazioni, l’attacco allo stato da parte delle multinazionali in tribunali arbitrali privato.
”La paura causata da questo triste quadro si sta spargendo lentamente attraverso l’Europa, nonostante i media europei tendano a chiudere gli occhi davanti ad esso. Inoltre si avvicinano le elezioni europee previste per la fine di maggio e i politici europei, già assediati da orde di partiti nazionalisti scettici nei confronti dell’Europa, non vogliono parlare di un problema così controverso. Il modo in cui Bruxelles cerca continuamente di presentare il trattato è tipico di questa Europa priva di un cuore politico, un club di banche per cui la democrazia coincide con la regolazione di ogni aspetto della vita, compresa la lunghezza di una zucchina.Non è niente meno che l’antropologia iper-astratta del neoliberalismo, un mondo di individui monadici senza connessioni sociali e solidarietà, la cui libertà consiste nel poter scegliere tra diversi beni e nel ‘potere’ di dire qualsiasi cosa gli passi per la testa ad una massa anonima di persone che non stanno ascoltando. Un mondo apparentemente regolato dalla mano magica del mercato, ma che è in realtà un’arena in cui solo i più forti contano e governano, ossia un ritorno alla legge della giungla.Ciò è più evidente negli Stati Uniti dove, come molti film di Scorsese hanno dimostrato, la violenza di fondo della società è a malapena coperta da uno strato sottile di democrazia formale. La vecchia Europa, che si porta sulle spalle secoli di guerre sanguinose, ha bisogno di uno strato più spesso “per fare finta di essere qualcun altro”, come dice la canzone intitolata ‘Guilty’, di Randy Newman. Quindi nella rappresentazione standard europea del trattato in divenire tutto viene mostrato nella sua astrazione suprema, ogni evento umano è degradato e sottomesso alla burocratica possibilità di essere governato, cioè la sua umanità risulta dialetticamente distrutta.Alla fine tutto viene falsificato perché la verità astratta può non coincidere con la verità sociale. Se il problema è rappresentato solo dalla semplificazione e dal rendere meno costoso il commercio tra le due coste atlantiche, chi può essere contrario?Aprire, ma cosa ?Se, come come afferma qualche economista, questo processo di apertura creerà nuovi posti di lavoro e incrementerà il PIL nel lungo periodo: chi può essere contrario? Le industrie automobilistiche europee e americane applaudono il trattato prevedendo di risparmiare decine di migliaia di dollari grazie alle regole semplificate: perché no?Ma sfortunatamente i problemi sono più complessi di così. È questo tipo di complessità che fece perdere al critico mediatico americano Walter Lippmann quasi un secolo fa la sua fede nella democrazia dal basso e gli fece teorizzare un tipo di classe élite-burocratica per guidare il “gregge sperduto.” Anche se si è tentati da questo tipo di teoria, come sembra esserlo l’Eurocrazia, il punto è che l’autonomia di questi specialisti è una chimera. Anche l’élite deve sottomettersi alla legge del più forte che nel nostro mondo oggigiorno coincide spesso con le società globalizzate.Sotto il logo accattivante del libero scambio si muove un gruppo di mostri, ognuno di essi conforme alla mimica della legge di Gresham: ‘I beni scadenti tirano fuori quelli buoni’.

Usando le parole pragmatiche di Jean-Luc Mélenchon, esponente del partito francese di sinistra MP, “In Nord America i polli sono lavati col cloro, tu mangerai polli al cloro.
E per ora gli Stati Uniti e l’Europa non hanno ancora fatto i conti con molte tematiche difficili, come il cibo geneticamente modificato che è comune negli Stati Uniti, ma per la maggior parte ancora al bando in Europa; la carne trattata con ormoni, che è legale in America, ma proibita dall’Unione (anche se tutti sanno che ci sono molti agricoltori non scrupolosi che usano gli ormoni anche in Europa, essi sono comunque illegali).Ironia vuole che un animale di fattoria benefici di diritti molto diversi dal lato opposto dell’Atlantico. Per il Trattato di Lisbona, il benessere degli animali fa parte dei valori europei, mentre negli USA, la carne è solo un prodotto. Indoviniamo qual è la visione più severa e chi sta sulla difensiva? Si può descrivere la creazione del trattato come uno sforzo dell’America per imporre all’Europa la sua giurisprudenza più orientata al business.L’arma segreta Ma, come dicevano i romani, in cauda venenum – il veleno è nella coda. Ossia, il peggio deve ancora venire. Tra tutte le sfide che questo libera-tutto apparentemente positivo può porre alle abitudini di vita degli europei, una è particolarmente insidiosa perché sembra essere un tecnicismo, mentre è in realtà un problema politico gigantesco. Di solito lo si presenta con le sue iniziali soporifere: ISDS (Investor State Dispute Settlement – accordo per le dispute tra investitore e Stato) .L’Unione Europea lo definisce così: “L’accordo delle dispute tra investitore e Stato è uno strumento legale che permette agli investitori di porgere un reclamo ad un tribunale arbitrale, nel quale si afferma che lo stato ospitante non ha rispettato le regole di protezione dell’investimento.” Ancora una volta l’Unione Europea (e anche il rappresentate del commercio degli Stati Uniti, così è come lo difendono) sta presentando i fatti nella sua astrattezza complessiva, senza includerli in un contesto reale nel quale l’equilibrio (o sarebbe forse meglio dire squilibrio) del potere è in azione.Cerchiamo di dare una visione più concreta del problema con le parole di Jim Shultz, direttore esecutivo del Centro di Democrazia: l’ISDI è “un arma poco capita” che le società“hanno costruito per difendersi dalla sfida: una vasta rete globale di scambio internazionale e di accordi d’investimento e un sistema di tribunali amichevole nei confronti delle aziende, progettato per rinforzare i diritti che quegli accordi garantiscono alle società.” Politicamente, l’ISDS può diventare uno strumento per forzare “indirettamente” i governi a governare, o a non governare, seguendo il beneficio, delle società, perché “le società internazionali possono forzare i governi davanti a tribunali di investimento internazionale e obbligarli a cedere centinaia di migliaia di dollari in compensazioni. (…) Il risultato è un sistema che danneggia la democrazia e minaccia seriamente il futuro”.Lori Wallach, direttore dell’Osservatorio dello Scambio Globale, una divisione di Cittadino Pubblico, la mette così: “è come un silenzioso, lento colpo di stato.” Molti tribunali arbitrali lavorano senza la minima trasparenza, se non addirittura in segreto.ISDS non è un invenzione del TTIP. Il mondo è coperto da una rete di oltre 3000 accordi di scambio ed investimento bilaterali e multilaterali. In questi accordi, che stanno in realtà costruendo un sistema di giustizia privatizzato, le società vedono un’opportunità per procedere con azioni legali contro i governi, quando le politiche pubbliche di questi ultimi vanno a toccare le loro possibilità di business in qualsiasi modo. Ci sono moltissimi esempi in tutto il mondo.Il Québec è stato citato in causa per 250 milioni di dollari dopo aver introdotto una moratoria sulla fratturazione idraulica e questa sta aumentando mentre si aspettano gli studi scientifici sull’impatto potenziale. Volendo riportare ciò che un funzionario canadese ha raccontato a William Greider: “Ho visto le lettere delle imprese legali di New York e DC dirette al governo canadese, riguardanti praticamente ogni nuova regolamentazione ambientale e proposta negli ultimi cinque anni. Esse parlavano di prodotti chimici per il lavaggio a secco, di farmaci, di pesticidi, e della legge per i brevetti. Praticamente tutte le nuove iniziative sono state bollate e la maggior parte di esse non fu mai messa in pratica."Si possono trovare svariati altri esempi di questo tipo di arbitrato, in cui lo stato è il perdente, nello studio di Thomas McDonagh intitolato ‘Unfair, Unsustainable and Under the Radar’ (‘Ingiusto, Insostenibile e Non Percepito’). Riguardo al sistema ISDI, persino le non rivoluzionarie Nazioni Unite hanno espresso la loro preoccupazione “per l’attuale sistema ISDS, e tra le altre cose, per il suo chiaro deficit di legittimità e trasparenza; per le contraddizioni tra i riconoscimenti arbitrari; per le difficoltà a correggere decisioni arbitrarie errate; per le domande sull’indipendenza e imparzialità degli arbitri, e per le preoccupazioni relazionate ai costi e al tempo delle procedure arbitrarie".Con quei fatti, la rassicurazione ufficiale europea che“L’Unione Europea punta ad assicurare un sistema ISDS trasparente, responsabile e ben funzionante, che rifletta l’interesse pubblico e i fini delle norme,” suona un po’ strana. Mentre l’Unione Europea sta meditando sui fondi dell’ISDS, ai cittadini sono state chieste le loro opinioni, mostrando un esempio del concetto surreale di democrazia che hanno gli Euro-burocratici: servono una laurea in legge e una in economia e molto tempo libero per completare il questionario. Sicuramente il cittadino medio europeo incontrerebbe parecchie difficoltà cercando di capirlo. Giudicate voi stessi: http://ec.europa.eu/yourvoice/ipm/forms/dispatch?form=ISDSForse con più tattica cha strategia, la politica europea sembra voler ritardare il suo supporto al sistema ISDS, a maggior ragione visto che l’Australia e il Giappone hanno appena firmato un accordo di libero scambio che non include un ISDS.Ci sono segnali secondo cui governo francese e specialmente quello tedesco, il pugno di ferro dell’Europa, stanno considerando di non supportare le scorte dell’ISDS. Karel De Gutcht, il commissario europeo per lo scambio, solitamente non percepito come un nemico dell’ISDS, ha detto in un suo recente discorso che il sistema ISDS “ha creato delle preoccupazioni riguardo lo scopo ampio di alcuni dei 3000 accordi sugli investimenti bilaterali esistenti, attualmente applicati nel mondo. Per dirlo in tono più provocante, è stata espressa la paura che questi accordi siano una tentazione per le multinazionali a prevaricare i governi, particolarmente negli stati con pochi membri, affinché non adottino certe leggi o misure. ISDS ha fatto sorgere dei dubbi sulla capacità degli accordi d’investimento attuali di dare ai governi lo spazio necessario per regolamentare nell’interesse pubblico. Lasciatemi dire chiaro e tondo che il nostro obiettivo primario nella protezione dell’investimento è quello di creare un tipo di accordo sull’investimento nuovo e migliorato. Questo dovrebbe assicurare che i governi possano creare delle norme nell’interesse pubblico e allo stesso tempo provvedere alla protezione dell’investimento.”Si riconosce la filosofia allineante ufficiale dell’Unione Europea nelle parole finali? Si possono salvare capra e cavoli. Ma abbiamo visto che in realtà è molto difficile proteggere l’investimento (o l’aspettativa di investimento) e l’interesse pubblico contemporaneamente, soprattutto in un tribunale privato. Vince il più forte. Indovinate chi è.
Di
Claudio Gallo
ComeDonChisciotte - L'EUROPA IMPAURITA DALLA COLLABORAZIONE TRANSANTLANTICA ?
 

tontolina

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Barnard: Ttip, ricatto finale. Ora siamo davvero finiti

12/5 • segnalazioni

Se fino a ieri una multinazionale americana poteva chiedere a Washington di denunciare un singolo governo europeo per i “mancati profitti” provocati da una legge che tutela il lavoro, l’ambiente, la salute o la sicurezza alimentare, con l’entrata in vigore del Ttip siamo alla fase-2 della globalizzazione, quella terminale: saranno le mega-aziende a denunciare direttamente i nostri governi, e lo faranno presso tribunali speciali, off shore, gestiti da avvocati d’affari che ai governi potranno infliggere sanzioni così salate da scoraggiare in partenza qualsiasi forma di resistenza a tutela di cittadini, aziende e lavoratori. “Merito” dell’oligarchia che si è messa in moto, «la solita lobby d’élite finanziaria e grande industriale», cioè «i mastini del Vero Potere», quelli che «non si fermano mai». Proprio lei, la super-lobby, secondo Paolo Barnard «ha fatto quello che doveva fare: vincere». Si chiama S2B, acronimo dell’inglese “Seattle to Bruxelles Network”. «Ci trovate: J.P. Morgan, Chevron, Bnp Paribas, Microsoft, Uniliver, Philip Morris, Glaxo, Ford, Shell, Monsanto, Goldman Sachs… devo continuare?».
Barnard, il primo in Italia a segnalare in televisione gli abusi della mondializzazione selvaggia con servizi come “I globalizzatori” trasmessi da “Report”, oggi parla di «un orribile risveglio, che suona così: noi non molliamo mai, noi siamo infermabili, non sentiamo fatica, coscienza, rimorso, pietà, e alla fine vinciamo sempre. Firmato: il Vero Potere». La «nuova offensiva» chiamata Transatlantic Trade and Investment Partnership o Trattato Transaltantico «è micidiale, potenzialmente devastante come mai prima per l’esistenza stessa di democrazia e interesse pubblico».
Nel 1999, all’epoca delle primissime denunce sui pericoli della globalizzazione, «intesa proprio come sistema di accordi segreti e potentissimi creato da una élite di capitalisti per ricacciare indietro decenni di progressi democratici a favore del pubblico, nelle aree dei commerci, della finanza e dei servizi», il “mostro” si muoveva, mastodontico, nella stanze di Ginevra del Wto.
In pratica, il Trattato di Marrakech del Wto «stabiliva regole di potere superiore alle leggi degli Stati aderenti che, ad esempio, avrebbero potuto limitare qualsiasi intervento della politica in campo economico e finanziario se esso avesse rappresentato una barriera al Libero Commercio, al Libero Profitto, ai diritti delle Corporations». Ad esempio: «Se una multinazionale americana riteneva che le leggi italiane le impedissero di vendere in Italia un suo prodotto contenente una plastica per noi tossica, poteva chiedere al governo Usa di denunciare Roma al tribunale del Wto, per ottenere l’abolizione della legge italiana», ritenuta “una barriera” al libero sviluppo del loro business. Stessa storia in caso di gare d’appalto per un servizio pubblico: «Qualsiasi mega-corporation mondiale dei servizi poteva reclamare lo stesso diritto a partecipare di un’azienda locale, quando magari il Comune avrebbe preferito dar lavoro e reddito a italiani locali».
Col Trattato di Marrakech, sovranazionale e quindi sovrastante le leggi dei singoli Stati, «l’ignorante politica del mondo occidentale aveva firmato e ratificato regole micidiali tutte a favore delle mega-corporations e tutte a sfavore di qualsiasi intervento politico nazionale o anche locale per proteggere i lavoratori, le famiglie, le aziende nazionali, le cooperative, i Comuni», ricorda Barnard. «L’Italia ratificò Marrakech con un solo politico – uno solo! – che l’avesse letto, fra Camera e Senato». Segretamente, cioè «sotto il naso disattento di milioni di cittadini», questo sistema «ha fatto danni immensi alle economie nazionali ma soprattutto ai distretti piccolo-medi industriali italiani che ci fecero ricchi dopo la II guerra mondiale, con valanghe di fallimenti e licenziati a cascata», dice Barnard. «Danni anche ai diritti dei cittadini alla tutela della salute, per non parlare dell’orrore inflitto al Terzo Mondo». C’era però ancora una clausola: la multinazione di turno avrebbe dovuto chiedere al governo Usa di fare causa al governo italiano presso il tribunale del Wto, non poteva agire direttamente. Ora, l’ostacolo è stato superato. Le multinazionali avranno pieni poteri: il loro imperio sovrasterà la sovranità democratica degli Stati.
Obiettivo dichiarato: “armonizzare” le regole del commercio e della finanza fra Usa e Ue, liberalizzando gli scambi ed eliminando le barriere all’interno dell’area di libero scambio Usa-Ue, dove avviene «almeno un terzo degli scambi globali». Dalle stime della stessa Commissione Europea, aggiunge Barnard, si deduce che alle promesse del Ttip non crede neppure Bruxelles: secondo il commissario europeo al commercio, Karel de Gught, l’impatto dell’accordo sul Pil europeo è di appena lo 0,01%. Già il “meno peggio” del Ttip, per Barnard, è «una tragica porcheria», in tre atti.
Primo: «In Europa verranno imposte le miserrime regole di protezione dell’ambiente e dei consumatori degli Usa, e in America verrà imposta la miserrima regolamentazione della finanza che abbiamo noi europei. Quindi una gara al ribasso ovunque».
Secondo: Il Ttip propone la totale liberalizzazione del settore dei servizi pubblici – sanità, asili e scuole, assistenza anziani, trasporti, acqua potabile.
Terzo: fine di quel che resta dei diritti sindacali europei.
Risultato: «I lavoratori italiani, che già oggi con la bastardata dell’euro devono vedersela con una deflazione dei redditi da incubo, domani saranno anche in gara a tagliarsi i diritti del lavoro per competere con i lavoratori Usa, dove licenziare è più facile che fare un peto. Tutto questo – sottolinea Barnard – per il solito infame motivo che dipendiamo tutti dagli “investitori” per avere economia, e gli “investitori” investono quasi sempre dove i diritti sono minori». Tutto questo ci prepara (si fa per dire) al “peggio” del Ttip, ovvero: le mega-aziende denunciano direttamente gli Stati, e lo fanno presso tribuinali speciali, fuori dalla giurisdizione nazionale. «Significa che abbiamo centinaia di multinazionali che possono aggredire con cause costosissime il nostro paese (gli studi legali per questo tipo di affari prendono parcelle da 3.000 euro al giorno per ciascun avvocato e sono in media una quindicina, per tempi biblici, e moltiplicateli per una pioggia di cause infinita) senza limiti di sorta, imponendoci spese di Stato rovinose, e di fronte alle quali un governo finisce quasi sempre per cedere e cambiare la legislazione d’interesse pubblico».
Il ricatto è micidiale, insiste Barnard, perché «con il dogma economico neoclassico (vedi Eurozona) non è più lo Stato che può intervenire con la sua spesa a dar lavoro, reddito e protezione a cittadini e aziende: oggi quel “pane” a tutti ce lo danno i “mercati”, cioè quelle corporations di beni e finanza». Per cui, ecco la minaccia: «Se perdono le cause ritireranno gli investimenti (il pane) dalle nostre tavole nazionali e noi siamo fottuti». Per Barnard, «già a questo stadio un governo finisce per cedere, ma c’è di peggio». E cioè: nei futuri tribunali internazionali, per gli Stati europei sarà praticamente impossibile difendersi. «In tutti gli aspetti del vivere – governati, o anche solo lambiti dai commerci di beni e servizi – il Ttip può divenire letale per famiglie, cittadini, piccole medie aziende, democrazia e Stato stesso. Ancora un’altra mazzata catastrofica all’idea di Mondo Migliore che tanti di noi sognavano o sognano per i propri bambini. Noi che sappiamo queste cose, noi che capiamo cosa fa e come si comporta il Vero Potere, noi che Renzi, i tagli Irpef, le europee, Grillo, Confindustria e i sindacati sappiamo essere fuffa, zero, nulla in grado di proteggerci da nulla. Good luck».
 
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tontolina

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Nel silenzio dei media, una coalizione di 120 organizzazioni europee si oppone al Trattato transatlantico

Nel silenzio dei media, una coalizione di 120 organizzazioni europee si oppone al Trattato transatlantico - Ticinolive
3 giugno 2014
Oltre 120 organizzazioni europee accusano i negoziati condotti dalla Commissione europea con gli Stati Uniti sul Trattato transatlantico (TTIP). In una dichiarazione congiunta del 21 maggio, queste organizzazioni esigono un cambiamento radicale nei negoziati in corso sul trattato di libero scambio UE/USA. Il tutto mentre prosegue l’ostinato silenzio dei grandi media.
Organizzazioni di difesa dell’ambiente, movimenti sociali, associazioni dei consumatori, organizzazioni di difesa della democrazia, sindacati, … tutti si oppongono al Trattato transatlantico del commercio e dell’investimento, che privilegierà gli interessi delle società americane a discapito di quelle europee.
L’accordo verte su temi diversi, dalla sicurezza sanitaria degli alimenti ai diritti numerici, dalle norme in materia di diritto del lavoro alla protezione sociale e ambientale. Le 120 organizzazioni insistono sugli aspetti inaccettabili del trattato e dei negoziati :
. L’opacità e il carattere non democratico dei negoziati sul trattato
. l’ammorbidimento a favore delle società americane delle norme previste dal trattato
. il meccanismo di regolamentazione delle questioni fra investitori, che permetteranno alle società americane di denunciare l’Unione europea o i suoi Stati membri.
. la struttura di governanza non democratica proposta, con un Consiglio di Cooperazione Regolamentare per un’armonizzazione progressiva delle regole e delle procedure.
Johannes Lauterbach, di Attac Germania, ritiene che il TTIP favorisce il controllo e i diritti delle imprese americane, danneggiando il controllo democratico e i diritti delle persone : “Il trattato minaccia di considerare questioni molto diverse. E’ unendo le forze e offrendo una visione d’insieme che daremo alla coalizione europea tutta la sua forza.”
Sono il governo americano e la Commissione europea, a nome degli Stati dell’UE, ad essere incaricati dei negoziati. Di fronte a deboli barriere doganali applicate al commercio delle merci fra Stati Uniti e l’UE, il TTIP punta ad ammorbidire ancor più le regole e le procedure di approvazione in materia di sanità e della sicurezza – protezioni che per i fautori del trattato sono d’intralcio al commercio.
Per Geneviève Savigny, del Coordinamento europeo del movimento agricolo La Via Campesina “L’obiettivo è chiaro : ridurre le regolamentazioni esistenti per il profitto delle multinazionali. La maggior parte degli agricoltori vedranno diminuire i loro redditi e molti dovranno abbandonare le proprie terre. I consumatori saranno più vulnerabili, si ritroveranno con carne agli ormoni e OGM nei piatti, senza poter dire nulla.”
Wolf Jäcklein, del sindacato CGT, spiega che “la creazione di un mercato comune transatlantico è la chiave di volta di un ambizioso programma di liberalizzazione delle economie. Il trattato rischia di riprodurre gli errori del Trattato di Roma, ossia : l’UE si è trasformata in una fabbrica che mette i lavoratori dei suoi Stati membri in concorrenza fra di loro, contribuendo al dumping sociale.”
La coalizione chiede un rifacimento del trattato affinchè priorità venga data alla popolazione e all’ambiente : “Respingiamo in blocco il trattato e l’idea secondo la quale un’accresciuta liberalizzazione sarebbe di beneficio all’ambiente o all’economia. L’Europa ha bisogno di una miglior protezione sociale, un maggior azionariato pubblico, norme più elevate, più diritti umani e diritti degli animali e una maggior protezione dell’ambiente – commenta Joe Mobbs del collettivo francese Les Engraineurs.
(Fonte : blogapares.com)
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tontolina

Forumer storico
sto ascoltando BORRIOSO
che si è detto favorevole al trattato con gli USA


insomma ci vuole schiavi!! andasse a fanqulo stò portoghese
 

tontolina

Forumer storico
Italia & Mondo

Il paradosso dei debiti pubblici mondiali: cittadini e imprese tartassati, multinazionali (quasi) esentasse
 

tontolina

Forumer storico
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WIKILEAKS SVELA IL CONTENUTO DELLA BOZZA D’ACCORDO SEGRETO SUI ”SERVIZI FINANZIARI” TRA USA E UE (DA SPAVENTO!)

Mentre senza troppo clamore Stati Uniti e Commissione europea elaborano il futuro partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP), è nel riserbo più assoluto che lavorano anche al Trattato sugli scambi nei servizi (TISA) che implica 50 paesi, fra i quali gli Stati Uniti, i paesi dell’Unione europea e la Svizzera, per un totale di circa il 68% degli scambi mondiali in materia di servizi.
Il sito Wikileaks ha pubblicato la bozza del trattato riguardante i servizi finanziari. Si tratta di abolire tutte le restrizioni che limitano ancora i colossi bancari e gli hedge funds.
Il clima di segreto assoluto appare già nelle prime righe dell’accordo sui servizi finanziari, dove si afferma che “l’accordo deve essere protetto da qualsiasi diffusione non autorizzata e deve rimanere protetto sottochiave o con accesso ristretto. Non potrà essere declassificato che cinque anni dopo l’entrata in vigore del TISA o, se non si giunge ad alcun accordo, cinque anni dopo lafine dei negoziati.”
L’accordo punta alla chiusura o alla privatizzazione di ogni forma di servizio assicurato dal settore pubblico, il che include la sanità, l’istruzione, i trasporti, servizi cruciali per i cittadini, che non andrebbero considerati come “mercanzia generatrice di profitti e facente parte della sfero del libero scambio.”
Verranno proibiti anche i fondi pensione statali, in quanto sono considerati monopoli. L’organizzazione Public Services International (PSI) che rappresenta circa 670 sindacati a livello mondiale, in aprile ha pubblicato un rapporto allarmante intitolato “TISA contro i servizi pubblici.”
Nel rapporto si spiega che il TISA impedirà ai governi di fornire servizi pubblici vitali, come la salute, i servizi postali, persino l’erogazione dell’acqua o dell’energia.
“Il TISA garantirebbe la privatizzazione dei servizi pubblici. L’accordo proposto potrebbe anche vietare ai governi di riprendere il controllo, anche nel caso in cui il privato fallisse e non riuscisse ad assicurare il servizio.”
Inoltre limiterebbe la capacità dei governi di regolamentare i settori più importanti, come quello finanziario o energetico, delle telecomunicazioni, il flusso transfrontaliero delle informazioni.
E come ciliegina sulla torta, il TISA mira anche a ridurre ai minimi termini la supervisione nazionale delle attività finanziarie. L’accordo stipula che ognuna delle parti dovrà elencare i diritti di monopolio esistenti e sforzarsi di eliminarli o di ridurne la portata.
Fonte notizia: wikistrike.com)
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