RICORDATi CHE IL CORPO E' COMPOSTO AL 70% DI ACQUA... QUINDI NOI NON SIAMO GRASSE, (1 Viewer)

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Prima della riforma, infatti, con meno di trent'anni in Parlamento si riceveva l'85,5% dell'indennità. Se si aggiunge che anche le legislature concluse prima del quinquennio naturale venivano considerate come intere, si ottengono i superassegni di Mitterdorfer (6.868 euro) e dei democristiani Pietro Pala e Giuliano Zoso (6.227 euro entrambi) che hanno ricevuto oltre un milione in più di quanto abbiano versato. Lo stesso dicasi per l'ex ministro socialista Giorgio Ruffolo (4.581 euro di assegno e 861mila euro di ammanco). Così nell'elenco compaiono nomi noti come quelli dell'ex pm Giuseppe Ayala (-297mila), di Nando Dalla Chiesa (-256mila) e del sociologo Franco Debenedetti (-210mila). Il vecchio sistema, inoltre, consentiva di accedere al vitalizio anche con una breve presenza in Parlamento: è il caso di due esponenti di centrodestra come Jas Gawronski e il regista Pasquale Squitieri che hanno ottenuto un trattamento minimo secondo i vecchi parametri (2.381 euro). Avendo versato pochi contributi, però, le loro rispettive posizioni sono già in rosso per 320 mila e 434mila euro rispettivamente. Le regole attuali sono un po' più stringenti, ma non cambiano la sostanza della questione, ovvero se sia giusto ricevere un assegno «pensionistico» quando i contributi versati sono esauriti.
 

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Con il cambio di legislature ed elezioni anticipate di qualche decennio fa, ve l'immaginate se facessero la lista completa di tutti gli ex ??????
 

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Ieri bimbo-minkia ne ha sparata un'altra delle sue.

ROMA - La Salerno-Reggio Calabria la finiamo entro il 2015. Lo ha promesso il premier Matteo Renzi, ospite di Massimo Giletti a L’Arena, certificando così la fine dell’era Ciucci, il presidente di Anas considerato l’ultimo boiardo di Stato che dopo quasi 9 anni lunedì rimetterà in Cda il proprio incarico. Decisione annunciata già un mese fa dopo giorni di polemiche in seguito ai crolli di alcuni viadotti e alle dimissioni di due consiglieri. Mentre il pensiero va a quei 440 km di autostrada infiniti che adesso il premier promette di voler portare a compimento entro l’anno prossimo.
 

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Adesso.....non sono al corrente dello stato dei lavori .....ma il 2015........finisce fa 6 mesi :mumble::mumble::mumble:

Un’autostrada che nel lontano 1966 fu costruita per collegare il sud al resto della Penisola ma in cui non si pagasse il pedaggio, a causa dell’arretratezza economica nella quale si trovava il Mezzogiorno.

Con queste premesse presero il via i lavori della Salerno-Reggio Calabria. L’Autostrada, in realtà, fu completata qualche anno dopo, nel 1972.

Quello di cui si parla adesso è l’ammodernamento, scattato nel lontano 1990 quando l’Unione europea obbligò l’Italia ad adeguare il tratto, che era per la quasi totalità a due corsie, senza quella d’emergenza e con curve, salite e discese talmente repentine da provocare incidenti a catena e ingorghi a ogni esodo estivo.
 

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Evvai,,,ne hanno inventata un'altra.......Agenzia per il digitale......:lol::lol::lol:

ROMA – Sono pronte le regole tecniche per il debutto dello Spid, la password che permetterà a ogni cittadino di accedere ai servizi online della Pubblica Amministrazione e non solo: in sostanza l’identità digitale.
L’Agid, l’Agenzia per l’Italia digitale, ha messo a punto quattro regolamenti, tutte le istruzioni necessarie, c’è solo da attendere il via libera del Garante della Privacy e la firma del nuovo direttore generale dell’Agenzia, Antonio Samaritani. Intanto dalle bozze emerge già un’idea chiara: il pin unico, la chiave per sbrigare tutte le pratiche online (dal pagamento delle tasse alla consegna di referti medici), chiamato in termini tecnici ‘codice identificativo’, viene assegnato al cittadino richiedente da un identity provider, o gestore dell’identità digitale, appositamente accreditato. Il codice base dovrebbe essere composto da 4 lettere a cui seguono 10 caratteri alfanumerici. In tutto quindi 14 click.
 

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Medaglia d'argento 2012 per Antonio Samaritani, direttore dei servizi informativi: 227mila euro
 

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Giulio Murolo, i testimoni: “Anche i residenti hanno sparato contro lui”



A confermare quest’ultima circostanza ci sono i fori di due proiettili situati uno sul portone di fronte al balcone dal quale Giulio Murolo faceva il tiro al bersaglio sui passanti, l’altro sul muro della spaghetteria attigua. Murolo è un tiratore scelto e ieri non sparava a caso. I colpi erano tutti mirati e quei proiettili – fanno osservare alcuni residenti – sono colpi in risposta a qualcuno che gli sparava dalla strada che, forse, non era un appartenente alle forze dell’ordine.
 

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La Corte Costituzionale, d’altronde, ha fatto poco – bisogna ammetterlo – per dissipare lo scetticismo o pessimismo di Togliatti, ma anche di autorevoli esponenti del liberalismo prefascista come Francesco Saverio Nitti e Vittorio Emanuele Orlando, che condivisero le riserve o la contrarietà del leader comunista alla Consulta.


Non hanno giovato alla Corte, fra l’altro, i trattamenti da casta che si è riservata.

Né l’abitudine di eleggere alla presidenza il giudice più vicino alla scadenza del mandato di nove anni, per cui vi sono quasi più presidenti emeriti, cioè ex, che giudici effettivi.
Nè una certa contraddittorietà delle sentenze.

Né il vezzo, riconosciuto da alcuni degli stessi giudici, di sfuggire con l’inammissibilità dei ricorsi all’imbarazzo di certe decisioni.

Nè la degenerazione dei referendum abrogativi delle leggi ordinarie in referendum manipolativi, che snaturano le norme togliendo una parola qua e una là, o solo spostando una virgola.


“Giochetti più da cortile che da Corte”, soleva dire Giulio Andreotti dei referendum consentiti dai giudici della Consulta nel 1991 e nel 1993 in materia elettorale.
 

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l ricorso alla Consulta della Regione Lombardia ha molte ragioni di fondo. Non tanto in riferimento all’art. 77, quello che definisce i caratteri di necessità e urgenza dei decreti legge, quanto per la violazione di almeno altri tre articoli: l’art. 41 che stabilisce che “l’iniziativa economica privata è libera, l’art. 45 che riconosce la funzione sociale della cooperazione, e l’art. 117 che afferma che le casse di risparmio, le casse rurali e le aziende di credito di carattere regionale sono materia di legislazione concorrente.
Più sostanziali sono invece i rilievi sulla base degli art. 41 e 45. Soprattutto il primo (“L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.) appare palesemente violato dalla riforma delle popolari. Sia perché si limita drasticamente l’iniziativa economica privata, sia perché si contraddice apertamente l’ultima parte dell’articolo: nel caso della riforma delle popolari infatti si va nella direzione opposta e non si indirizza l’attività economica ai fini sociali, ma si obbligano le banche cooperative, che hanno per statuto e tradizione proprio fini sociali, a diventare società di capitali con fini soprattutto di profitto.
 

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Anche il rilievo sull’art. 117 è sicuramente fondato. La riforma delle popolari entra a gamba tesa sulle banche che hanno più di 8 miliardi di attivo senza badare se tra queste ci sono aziende di credito “di carattere regionale”. Per esempio la Banca popolare di Milano ha 486 filiali in Lombardia su 648: è sicuramente una grande banca, ma altrettanto sicuramente non si può negare che abbia un “carattere regionale”.
Detto questo, e al di là del caso delle banche popolari, si può dire che l’aver introdotto il concetto di “legislazione concorrente” nella riforma costituzionale del Titolo V è stato un esempio di irrazionalità legislativa come dimostrano i tanti ricorsi alla Corte costituzionale. Ma ci mancherebbe che una norma costituzionale opinabile possa essere aggirata per decreto, anche se poi convertito in legge.
 

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