ma Deutsche Bank sta fallendo? (1 Viewer)

tontolina

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LA BUNDESBANK PUO' COMPRARE TITOLI DI STATO, LA BANCA D'ITALIA NO?


Mi stavo facendo proprio questa domanda, quando ho trovato questo articolo di Piero Valerio che esprime la stessa mia perplessità. Abbiamo letto tutti che i bonds non comprati nell'asta sono stati acquistati dalla Bundesbank!!! Ma non era vietato???





di Piero Valerio - Sta passando in sordina ciò che è accaduto oggi nell'asta primaria di collocamento dei titoli di stato tedeschi, i famosi bund, che sono rimasti invenduti per il 35% del totale e sono stati comprati dalla Bundesbank, la banca centrale tedesca, ma in realtà si tratta di un vero e proprio scandalo.


Voci dall'estero: LA BUNDESBANK PUO' COMPRARE TITOLI DI STATO, LA BANCA D'ITALIA NO?
 
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è passata la regola imposta dai Krukki
Unione bancaria: il modello Cipro diventa regola.





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L’unione bancaria viene salutata da tutti, come una grande conquista, in realtà non è altro che il primo passo verso il più grande furto legalizzato della storia che non viene fatto attraverso le armi tradizionali, come una qualsiasi rapina “standard”, ma attraverso la finanza.
Questa mattina la stampa nazionale riporta le dichiarazioni festanti del ministro dell’economia Saccomanni, il quale parla di grande vittoria dell’Italia sul tema dell’unione Bancaria. “L’accordo raggiunto, permetterà di evitare che vi sia un’altra Lehman Brothers a Roma” Come quasi sempre capita da un bel po’ di tempo a questa parte, chiariamo che non c’è proprio niente da festeggiare e se avete qualche minuto di tempo per leggere questo articolo per intero, capirete perché. Bisogna essere molto chiari con i lettori, perché l’informazione “tradizionale” lo è molto poco su questo tema.
Da Asmussen fino a Draghi la motivazione ufficiale per la creazione di questo meccanismo sarebbe quella di non coinvolgere i governi e i contribuenti nel processo di fallimento delle banche.

Il che è anche giusto.

Ma siamo sicuri che il motivo sia proprio quello?

Esaminiamo bene la questione. In caso di fallimento di un istituto di credito, o anche solo in caso di gravi difficoltà attraversate, si prevede che a pagare siano i creditori e cioè gli azionisti della banca in primo luogo e successivamente gli obbligazionisti. Esiste però anche un terzo step, quello che io da mesi ho denominato “modello Cipro” , cioè i correntisti della banca stessa.

Le autorità, assicurano che i conti correnti con importi inferiori ai 100mila euro sarebbero assicurati e quindi esclusi dal provvedimento; ma anche in questo caso il dubbio, fortissimo, è più che lecito. Infatti se si confrontano i dati sulle sofferenze bancarie con gli attivi delle stesse, notiamo che la possibilità di mantenere fede all’assicurazione è a dir poco utopistica. E anche nel caso in cui questo fosse possibile resta il fatto che ci si prepara a legalizzare il furto della proprietà privata, il denaro presente sui conti correnti.
Questa procedura si chiama bail-in e dovrebbe entrare in vigore dal 1 gennaio del 2016 anche se in molti premono per anticipare i tempi, per un motivo ben preciso: la pressione sul settore e soprattutto le incognite presenti sono enormi e i rischi di un crollo è concreto, alla faccia della solidità delle banche europee sbandierata in giro dai burocrati . Per questo motivo è quanto mai necessario trovare una copertura o comunque un’ancora di salvezza nel caso si verifichi qualche “incidente” prima di quella data.
Attenzione però, la questione non si esaurisce con il semplice bail-in a carico dei creditori e dei correntisti; Sempre riferendosi alle modalità di salvataggio, la stessa Bce afferma che dev’essere stabilito anche un back-stop governativo e cioè una sorta di paracadute pubblico nel caso di rischio di default di una banca.
Ma questo “paracadute” pubblico da cosa sarebbe formato? Da quali fondi? E soprattutto con quali tempistiche dovrebbe essere usato?
Partiamo dalla prima domanda: i fondi arriverebbero dall’ESM, il famoso fondo salva stati voluto dalla Bce, quello al quale l’Italia ha già versato 45.000.000.000 (si legge quarantaciqnuemiliardi) di euro, un Meccanismo di stabilità creato appunto per aiutare Stati in difficoltà, anche se fino ad ora non è stato mai utilizzato. Quindi il fondo salva Stati dovrebbe essere impiegato, almeno in parte (quella relativa allo Stato in cui risiede l’istituto in default), per salvare le banche. Peccato che così si intacchino fondi dei contribuenti dei vari Stati europei e peccato anche che gli stessi contribuenti siano anche i correntisti delle banche che si dovrebbero salvare attraverso il bail-in.
La morale di questo ennesimo gioco delle tre carte è sempre la stessa: a pagare sono sempre e solo i privati cittadini e allora ecco spiegate ancora le varie strategie tese a limitare il più possibile l’uso del contante, inclusa l’ultima trovata del governo Letta in tema di pagamento dei canoni di locazione delle abitazioni: in questo modo si estende l’obbligo di avere un conto corrente, dal momento che ogni transazione, affitti compresi, deve avvenire attraverso il sistema bancario. La motivazione ufficiale resta la tracciabilità del denaro ma è pura propaganda, molto più facile vedere in queste mosse le intenzioni di un controllo totale della ricchezza dei privati da parte delle banche stesse. In virtù di questo non mi stupirei se un domani non troppo lontano la carta moneta venisse dichiarata illegale e fosse imposto l’obbligo delle transazioni elettroniche per qualsiasi spesa, anche minima.
Non solo, ma nel meccanismo dell’unione bancaria esistono anche non meglio identificate regole per i cosiddetti “casi eccezionali”. E non è da escludere quindi che in futuro si vadano ad intaccare i conti correnti al di sotto dei 100mila euro, quelli che prima invece erano esentati da ogni tipo di intervento, magari proprio per evitare di ledere gli interessi di un grande investitore che, altrimenti, subirebbe una perdita tropo alta con “grave rischio della stabilità del sistema internazionale”.
Ricapitolando: senza alcuna consultazione democratica si sta mettendo a punto un meccanismo sovranazionale che interviene prima utilizzando i fondi del MES (soldi dei contribuenti) e successivamente ripaga i debiti della banca in questione penalizzando nell’ordine azionisti, obbligazionisti e infine possessori di un semplice conto corrente aperto nella banca in questione.
A queste obiezioni qualcuno potrà rispondere che purtroppo non c’è altra soluzione, ma chi afferma ciò o è incompetente o mente. Una possibilità sarebbe la reintroduzione della leggeGlass-Steagall del 1933, ovvero quella legge che divideva le banche d’affari da quelle commerciali. Con la sua reintroduzione le banche tornerebbero a fare il loro vero lavoro e cioè prestare i denaro ai privati e alle imprese, cosa che adesso non fanno, almeno in Europa. Diversamente, le banche d’affari andrebbero liberamente a speculare rispondendo in prima persona delle perdite create, senza scaricarle su contribuenti e correntisti.
Fino ad oggi le banche hanno vissuto in una perfetta situazione win-win, cioè vittoria in entrambi i casi: se lavoro e guadagno i profitti restano alla banca, se invece si registrano delle perdite allora a pagare sono correntisti e contribuenti.
La distruzione della ricchezza del ceto medio, può proseguire indisturbata, e qui la fanno anche passare per una grande vittoria dell’Italia. Evviva !
www.giancarlodallaglio.it

 

tontolina

Forumer storico
Il ruolo delle banche tedesche nell’Eurocasino: prima alimentarono le “bolle”, poi passarono da 950 a 390 mld di esposizione sui PIIGS facendoli crollare

Superlativo articolo di Voci dall’estero, sul ruolo delle banche tedesche nell’Eurocasino, che prima alimentarono le “bolle”, poi passarono da 950 a 390 mld di esposizione sui PIIGS facendo esplodere le bolle, facendo dilagare gli spread e causando un impioverimento massivo dei paesi periferici, favorito tra l’altro dall’imposizione a questi stessi paesi di politiche di austerita’, sostanzialmente suicide.




Il ruolo delle banche tedesche nell?Eurocasino: prima alimentarono le ?bolle?, poi passarono da 950 a 390 mld di esposizione sui PIIGS facendoli crollare | Scenarieconomici.it
 

tontolina

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Contabilità made in germany: lo strano caso della KfW


La Kreditanstalt für Wiederaufbau è un istituto di credito pubblico che sfugge alle statistiche sul deficit e sul debito e se necessario non si tira indietro quando il governo ha bisogno di nascondere un po' di deficit. Da blog di Bill Mitchell
C'è un'istituzione che è posseduta al 100% dal governo. Prende a prestito miliardi di Euro e i suoi debiti sono garantiti al 100% dal governo federale.
Spende, nel senso che presta ogni anno miliardi ad un tasso di interesse molto basso ad ogni tipo di azienda o organizzazione e costruisce perfino infrastrutture.
E' titolare di azioni (fornisce capitale) in numerose imprese. Non paga tasse perché ha lo stesso status della banca centrale.
Non è un'anatra, ma somiglia ad un'organizzazione fiscale governativa.
Benvenuti nella Kreditanstalt für Wiederaufbau (Istituto di credito per la ricostruzione) oppure meglio conosciuta come KfW.
Questa banca è stata creata nel 1948 come un veicolo tedesco per facilitare la ricostruzione delle infrastrutture durante il Piano Marshall. S
in da allora è cresciuta (e si è diversificata) in una delle piu' grandi banche tedesche pompando miliardi di Euro nell'economia domestica e nel settore dell'export (attraverso l'IPEX, una sua controllata al 100%).
E' la ragione principale per cui in Germania il rapporto deficit/pil è all'80% invece di essere vicino al 100%.
E' uno dei motivi per cui il deficit federale è stato ridotto senza danneggiare l'economia tedesca. E' una storia di contabilità fatta di pistole e specchi, ovviamente made in Germany.



Secondo la legge che regola la Kreditanstalt für Wiederaufbau:


"Il capitale nominale della KfW ammonta a 3 miliardi e 750 milioni di Euro. La repubblica federale (Bund) partecipa al capitale nominale per un ammontare di 3 miliardi di Euro, e gli stati federali (Länder) per un importo di 750 milioni di Euro"


Cosi' l'80% è posseduto dal governo federale e il 20% dai Laender.


L'articolo 1 sulle garanzie della Repubblica federale:


"La repubblica federale garantisce tutte le obbligazioni della KfW in relazione ai prestiti erogati e al debito emesso dalla KfW, agli altri crediti concessi alla KfW nonché i crediti concessi a terzi nella misura in cui sono garantiti dalla KfW"


Non necessariamente risk-free visto che la Germania in teoria ha un rischio default come risultato dell'uso dell'Euro, una moneta straniera.


All'articolo 2 scopriamo che la KfW ha un ampio spettro di soggetti a cui presta, che include "piccole e medie imprese, liberi professionisti, e start-up", "housing", "protezione ambientale", "infrastrutture".


L'articolo 4 indica che puo' "emettere debito e concedere prestiti".


La società è gestita da un comitato esecutivo "nominato e revocato" dal consiglio di amministrazione e vigilanza (articolo 6).


Indovinate chi è l'onnipotente presidente del Board di sorveglianza?


Niente meno che il giocatore di sudoku e ministro delle finanze Dr. Wolfgang Schäuble. Il board è pieno di ministri del governo federale, fatto normale visto che la banca è di proprietà dello stato.


Altre caratteristiche dello status giuridico della KfW:


1) Non distribuisce alcun profitto ma alloca le eccedenze in riserve assegnabili agli azionisti (pubblici), (articolo 10).


2) Ha lo stesso status della banca centrale in matera di tasse - vale a dire, non le paga.


La KfW è dunque inequivocabilmente un ente statale che fornisce prestiti ad un tasso piu' basso rispetto a quello di mercato, visto che le sue obbligazioni sono considerate sullo stesso livello di rischio rispetto a quelle emesse dal governo tedesco.


E' una delle banche tedesche piu' grandi, nel 2012 aveva attivi per 510 miliardi di Euro.


Anche altri paesi hanno banche per lo sviluppo di proprietà statale.
In Italia c'è la Cassa Depositi e Prestiti (CDP),
in Francia la Banque publique d’investissement (BPI).



Ci sono tre ragioni principali per guardare da vicino alla KfW:


1) Ha avuto un ruolo importante nella privatizzazione di Deutsche Telekom, servita al governo tedesco per uscire da una imbarazzante procedura per disavanzo eccessivo nel 2004.


2) Sta certamente giocando un ruolo importante sin dall'inizio della crisi in qualità di agente fiscale del governo: permette a quest'ultimo di registrare un deficit ed un livello di indebitamento piu' bassi


3) Recentemente ha concluso un accordo con il governo irlandese che ha coinciso con l'annuncio fatto dal governo di Dublino di voler uscire dal programma di salvataggio che stava crocefiggendo la sua economia.


L'articolo prosegue (in inglese) qui...
 

tontolina

Forumer storico
oggi Profit Warning della deutsche bank oberata da troppi derivati a leva eccessiva
se non ricordo male è a 1:52


Questione di bolle
Eugenio Benetazzo
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Nell'estate del 2008, ancora con qualche mese di anticipo al crash di Lehman Brothers, ma in prossimità dell'accentuarsi delle difficoltà sempre più palesi del mercato dei mutui sub-prime, Jared Bernstein, Chief Economist and Economic Advisor, di Joseph Biden, vicepresidente degli USA durante il primo mandato di Obama, coniò per la prima volta il termine di "shampoo economy". Oltre ad essere considerato uno dei più brillanti economisti della corrente economica di stampo progressista negli States, è spesso editorialista del Washington Post con articoli di commento sui principali eventi di natura economica nel mondo ed anche ospite opinionista nelle trasmissioni di approfondimento tematico della CNBC. Con il termine di shampoo economy, Bernstein ha voluto definire in modo non convenzionale l'epoca in cui stiamo vivendo soprattutto sul versante economico: in sintesi il modello di sviluppo economico su cui hanno fondamento tutte le economie avanzate genera periodicamente bolle speculative che presto esplodono obbligando l'intervento delle autorità monetarie per garantire la stabilità e la fiducia. Successivamente alla fase di stabilizzazione basta aspettare e dopo qualche anno si ricreano le condizioni per l'innesco di un'altra bolla pronta ad esplodere con tutte le sue conseguenze obbligando nuovamente il regolatore monetario ad intervenire per infondere fiducia sui mercati ed evitare il collasso finanziario. Le bolle hanno tutte le medesime caratteristiche come insegnava Hyman Minsky, l'unico elemento che le rende diverse sono le asset class che colpiscono di volta in volta: beni immobili (case in Spagna e Usa), azioni (lo sboom del Nasdaq nel 2000), materie prime (oro & argento), beni deperibili (tulipani in Olanda nel 1630), monete digitali (bitcoin) e divise tradizionali (franco svizzero). L'idea di affibbiare all'economia l'aggettivo "shampoo" è stata più che mai azzeccata: proprio come lo shampoo per capelli produce le bolle di sapone che scompaiono appena ci passate l'acqua (per analogia l'intervento delle autorità) e ricompaiono non appena iniziate nuovamente a frizionarvi il cuoio capelluto (interazione quotidiana degli attori economici). In tal senso quindi shampoo economy ovvero economia che genera periodicamente bolle, le risolve e successivamente le riforma. Il concetto di bolla speculativa od economica è osmoticamente collegato a quello di moral harzard. Con questo termine (tradotto in italiano sarebbe azzardo morale) si vuole indicare una specifica condizione del mercato, tanto finanziario quanto immobiliare, che consente ad un soggetto (sia esso persona fisica o entità legale) di effettuare un'operazione di investimento o una transazione economica che comporta l'assunzione di determinati rischi sapendo ingenuamente che in caso di esito sfavorevole il danno cagionato sarà saldato e ripagato da altri. Soffermatevi a pensare ora quanto è accaduto negli ultimi cinque anni, la fase di destabilizzazione di interi paesi, grandi banche sistemiche, società multinazionali e persino piccole banche di credito cooperativo. Tutto si è basato proprio su questa constatazione: nessuno ha mai dovuto pagare per i proprio errori. E quando dico nessuno intendo nemmeno i piccoli investitori o risparmiatori che magari hanno affidato i loro investimenti a istituti bancari e finanziari il cui management ha compromesso la solidità patrimoniale della banca stessa con strategie ed investimenti di mercato fallimentari. Sembra che non esista più il motto "chi sbaglia, paga" o peggio a nessuno fa piacere che possa ritornare in auge: per questo motivo oggi abbiamo ancora banchieri, policy makers e regolatori che hanno compresso la stabilità e la serenità dell'epoca contemporanea che rimangono tuttora al loro posto, magari suggerendo che cosa si dovrebbe fare per risanare quei danni che proprio loro hanno creato o provocato indirettamente. Per questo motivo le bolle continueranno a ripresentarsi, sempre più invasive e destabilizzanti. Ad Harvard si insegna, con grande riluttanza, che ormai l'unico modello economico ancora esistente è il socialismo, visto che il comunismo è fallito nel 1989 e il capitalismo nel 2008. Senza la socializzazione delle perdite o il ricorso sistematico all'inflazione (aumento della base monetaria a copertura di buchi finanziari) oggi forse vivremmo in un economia più selettiva e più giusta, in termini di ricerca del merito e lungimiranza del buon "pater familias" A titolo di cronaca, Germania e Svizzera sono in bolla, immobiliare, finanziaria e valutaria: si tratta come sempre di aspettare ed assistere socialisticamente le prossime vittime sfortunate. Autore: Eugenio Benetazzo Fonte: News Trend Online
 

tontolina

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Deutsche Bank, le avvisaglie della prossima crisi


di Stefano Feltri | 22 gennaio 2014Commenti (203)







Attenzione: il caso Deutsche Bank non è un problema solo di Berlino. Domenica sera la più grossa banca tedesca, una potenza con una forte influenza sul governo di Angela Merkel, annuncia una perdita da 1,15 miliardi di euro nel quarto trimestre del 2013. Gli analisti si aspettavano un risultato positivo di 700 milioni. La colpa è soprattutto del calo dei ricavi del trading sui titoli a reddito fisso. E questo tipo di operazioni pesano per il 73 per cento dei ricavi del gruppo tedesco. Tradotto: il giro d’affari di Deutsche Bank è fatto per tre quarti di speculazioni sul mercato obbligazionario. Prestare denaro a interesse è diventato un affare marginale.


Lo schema pubblicato ieri dal Financial Times era inquietante: per le principali banche crollano i profitti da trading sull’obbligazionario e salgono in modo quasi speculare quelli sull’azionario (per Citi, per esempio, -15 da un lato e + 16 dall’altro). I capitali continuano a dirigersi verso la Borsa, dove le opportunità sono più ghiotte. Come al solito nessuno vede la bolla gonfiarsi. Eppure è così evidente: in Italia Piazza Affari è tornata ai livelli del 2011, prima della crisi dello spread, ma l’economia reale è lontanissima e i disoccupati continuano a crescere. La Borsa è di nuovo dopata, come nel 2008.

Il caso Deutsche Bank ha un risvolto ancora più urgente. In questi anni di crisi le banche hanno tappato i buchi lasciati nei bilanci da titoli tossici e prestiti agli amici degli amici, in due modi: spremendo la clientela con le commissioni e facendo trading. Se queste due voci vanno in crisi, perché più di tanto non si può tartassare il correntista e perché la competizione o l’andamento del mercato riduce i margini sulla speculazione, sono guai. Soprattutto perché le banche rischiano di trovarsi ad affrontare problemi di ricavi mentre devono ancora risolvere quelli di patrimonio.


L’esame europeo in vista dell’Unione bancaria sta cominciando e l’incertezza è massima: secondo una simulazione pubblicata sul sito voxeu.org, la necessità di capitale per le banche europee oscilla, a seconda dei parametri di riferimento, tra 7,5 miliardi di euro (guardando il Core Tier 1) e di 66, 8 miliardi (considerando gli asset tangibili). Soldi che bisognerà trovare sul mercato, si spera, perché la rete di salvataggio europea da 55 miliardi è troppo debole e nascerà davvero solo tra 10 anni.

Le banche più fragili sono quelle francesi.

In Italia ci consoliamo dicendoci che 150 miliardi di sofferenze bancarie dimostrano la nostra severità contabile. Ma sono comunque un dato preoccupante.
Da ormai sei anni la storia è la stessa: finché le banche non fanno pulizia e non si ricapitalizzano, non ci sarà mai una vera ripresa ma soltanto una successione di bolle.
Twitter @StefanoFeltri
Il Fatto Quotidiano, 22 gennaio 2014
 

tontolina

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Le Banche dell’Eurozona Devono Fronteggiare un Buco Nero da 50 Miliardi di Euro


Come riporta The Telegraph nell'articolo di Kamal Ahmed, le banche dell'eurozona, e in particolare molte banche locali tedesche, si trovano in cattivissime acque e molte saranno presto costrette a ricapitalizzare o finire in liquidazione.
Grazie a Cristina Capra per la segnalazione



Secondo uno dei più rispettati analisti finanziari del Regno Unito, le banche dell'Eurozona si trovano ad affrontare un nuovo buco nero di capitale stimato in 50 miliardi di euro.


Davide Serra, il chief executive di Algebris, consulente del governo sulle banche, ha detto che gli stress test di quest'anno dell'Autorità Bancaria Europea e della Banca Centrale Europea probabilmente rileveranno nuovi problemi nelle banche dell'eurozona.
Egli ha dichiarato che la Germania ha uno dei "peggiori sistemi bancari del mondo" e che tre o quattro banche regionali "Landesbanken” potrebbero essere liquidate.
Ha anche detto che alcune banche in Portogallo e in Grecia avranno probabilmente bisogno di più capitale.


"Il paese dove mi aspetto brutte notizie è il paese che non è mai stato esaminato ed è ritenuto il più forte," ha detto Serra.

"Mi aspetto cattive notizie dalla Germania. Il Panzer tedesco era imbattibile, ma c'è un solo problemahanno uno dei peggiori sistemi bancari del mondo. Se sei un brillante ingegnere in Germania lavori per la BMW o la Mercedes, non diventi un banchiere.

"Mi aspetto che almeno tre o quattro banche regionali vengano messe in liquidazione. L'organo di controllo tedesco, il BaFin, è uno dei più deboli. E’ sempre stato sottoposto alle pressioni dei politici locali."

Serra, che come è noto è stato fotografato l'anno scorso mentre si recava a piedi a un incontro a Downing Street stringendo sotto braccio un fascio di carte sul futuro della Royal Bank of Scotland, ha dichiarato che gli stress test finalmente permetteranno alle autorità tedesche di "dire la verità" sul loro sistema bancario.

Con un patrimonio complessivo di 1000 miliardi di euro, le banche rappresentano il 12% delle attività bancarie totali del paese e il 3% di quelle europee, secondo la stima della BCE.

Molti credono che alcune di queste abbiano mutui immobiliari in sofferenza che non sono mai stati correttamente contabilizzati.

"Penso che il test della BCE gli permetterà realmente di fare quel che è giusto", ha detto Serra riguardo agli organi di controllo tedeschi. "Che è una delle ragioni per le quali la Bundesbank è stata molto decisa nel richiedere che gli ispettori siano parte nel processo. Perché? Perché hanno bisogno di un pezzo di carta legale, per andare dalla banca locale e dire: 'Spiacenti, la festa è finita'. "

Mr Serra ha elogiato il settore finanziario UK per la sua maggiore robustezza e trasparenza rispetto a molti paesi dell'Unione Europea.

Anche se RBS, Lloyds Banking Group, Barclays e HSBC saranno inclusi negli stress test, sembra improbabile che emerga per loro qualche nuovo problema. L'anno scorso, la Banca d'Inghilterra ha richiesto che Barclays raccogliesse capitali freschi dopo aver controllato il suo bilancio.

"Non mi aspetto altre cattive notizie dal Regno Unito," ha detto Serra. "La Gran Bretagna è il paese che ha perso di più – abbiamo fatto quasi saltare in aria il paese, così hanno dovuto risolvere il problema.

"Il cambiamento nella leadership [presso la Banca d'Inghilterra] con Mark Carney è decisamente il benvenuto. Il Regno Unito ora è sostanzialmente a posto. Abbiamo avuto la nostra Fukushima e abbiamo dovuto affrontarla rapidamente".

Mr Serra ha detto che anche se il precedente stress test non era riuscito a rilevare notevoli problemi in banche come Dexia e Bank of Ireland (che hanno dovuto essere salvate pur avendo superato il test), ormai la BCE ha imparato la lezione.

"La BCE ha assunto circa 900 persone per eseguire il test", ha detto Serra, che precedentemente è stato uno dei migliori analisti bancari per UBS e Morgan Stanley. "Non dovranno fallire. Se lo fanno, il loro lavoro è a rischio. Avranno un forte incentivo."

Serra ha detto che gli investitori istituzionali nelle banche avrebbero il dovere di rivelare come hanno votato alle assemblee sulla politica della banca. "Gli azionisti istituzionali, a meno che non votino chiaramente all’assemblea e tutto rimanga agli atti, non dovrebbero aver diritto al dividendo," ha detto.

 

tontolina

Forumer storico
La Germania ha paura degli stress test sulle banche: 8 istituti rischiano la bocciatura

La Germania ha paura che i test europei mostrino la debolezza di diverse banche tedesche. C'è preoccupazione anche per grosse realtà bancarie




Le 128 più grandi banche dell’Eurozona saranno sottoposte nei prossimi mesi a due importanti esami europei:

gli “Asset Quality Review” della BCE
e gli stress-test dell’Eba.

I primi serviranno per revisionare gli attivi patrimoniali degli istituti, in attesa che dalla fine di quest’anno, la BCE assuma il monitoraggio su di loro.

I secondi serviranno a capire la fragilità delle banche, nel caso di “stress”, ossia se si verificassero eventi negativi.


Stando a un paio di Professori di New York e Berlino, il deficit di capitale di 109 nove banche potrebbe ammontare alla bellezza di mille miliardi di dollari o 770 miliardi di euro. Uno studio simile condotto dall’OCSE ha trovato che il gap di capitale, rispetto al minimo imposto, sarebbe di 84 miliardi per le 60 più grandi banche dell’Area Euro.
Il punto è questo: già nel 2011, l’Eba condusse gli stress-test e furono considerati un inno all’ipocrisia, se è vero che quasi tutti passarono l’esame, salvo scoprire che molti degli istituti promossi erano incorsi in difficoltà patrimoniali subito dopo.

Se si ripetesse il tragico errore di tre anni fa, la credibilità della BCE, dell’Eba e del sistema bancario europeo andrebbe a farsi benedire e, anziché ridursi, le tensioni finanziarie potrebbero riesplodere.
Dall’altra parte, però, esistono gli interessi nazionali e di sistema.

Se davvero i test saranno severi, la BCE e l’Eba saranno in grado di bocciare anche banche di una certa fama e di paesi economicamente forti, rischiando di provocare un’ondata di panico sui mercati?
I guai delle banche tedesche

Se lo chiede anche la versione online di Der Spiegel, famoso settimanale tedesco, che arriva a mettere in dubbio la tenuta delle banche tedesche dinnanzi agli esami di quest’anno. Secondo la banca d’investimento USA, Keefe, Bruyette & Woods (KBW), saranno 27 le banche ad essere bocciate, di cui 8 tedesche, lo stesso numero delle banche italiane e spagnole messe insieme.
I guai in Germania potrebbero riguardare gli ingenti crediti concessi all’industria del trasporto marittimo, al suo sesto anno di crisi.
La sola Commerzbank ne avrebbe prestati 14 miliardi,

ma a rischiare ci sarebbe anche un istituto eccellente, Deutsche Bank.


I timori sono legati anche alla frammentazione dei sistemi regolamentari bancari: sono 18 nell’Eurozona. E in Germania, ad esempio, si considera “non performing loan” un credito scaduto da almeno 90 giorni. In altri paesi, tra cui l’Italia, è sufficiente un periodo inferiore per giudicare un credito non performante. Cosa accadrà, si chiedono i tedeschi, quando la BCE e l’Eba valuteranno le banche tedesche con criteri diversi da quelli applicati da Berlino?
A tremare sono, in particolare, le Landesbanken, le banche regionali, di proprietà dei Laender, finora protetti dalla crisi, grazie ai loro legami piuttosto stringenti con la politica locale. La cancelliera Angela Merkel ha chiesto alla Commissione europea che gli aiuti pubblici concessi a questi istituti non siano sanzionati, ossia che non siano considerati aiuti di stato. Bruxelles è titubante, anche perché un trattamento di favore simile scatenerebbe una rissa in sede europea tra gli stati.


A preoccupare Berlino c’è una proposta del governatore della Banca di Francia, Christian Noyer, il quale vorrebbe che le banche più piccole, non sottoposte ai test europei, fossero ugualmente valutati dalle autorità nazionali e con gli stessi criteri delle grandi.


Berlino teme che si scoperchi una situazione non esattamente edificante sui bilanci delle Sparkassen e delle Landesbanken. Anche perché Danièle Nouy, a capo dell’organo di supervisione della BCE, è stata chiara: “dobbiamo che alcune banche falliscano”.


di Giuseppe Timpone

 

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