Lodo Mondadori - Fininvest (1 Viewer)

tontolina

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Lodo Mondadori, le tappe della vicenda

Il processo iniziato il 4 ottobre 2001, imputati Previti, e i giudici: Pacifico, Metta e Acampora


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Ecco le tappe principali della vicenda giudiziaria per il Lodo Mondadori, i cui risvolti civili il 3 ottobre del 2009 hanno portato il giudice Raimondo Mesiano del Tribunale di Milano a condannare la Fininvest a versare, per danno patrimoniale, un risarcimento di 750 milioni di euro a Cir.

Oggi la seconda sezione civile della Corte d'Appello ha condannato Fininvest a pagare 540 milioni più spese ed interessi per un totale di circa 560 milioni.


4 ottobre 2001 - Davanti ai giudici della quarta sezione del Tribunale di Milano, presidente Paolo Carfì, comincia il processo per il Lodo Mondadori. Imputati per corruzione in atti giudiziari sono Cesare Previti, Attilio Pacifico, Vittorio Metta e Giovanni Acampora. Qualche mese prima i giudici della quinta sezione della Corte d'Appello di Milano ritengono che nei confronti di Silvio Berlusconi è ipotizzabile il reato di corruzione semplice. Reato che, grazie alla concessione delle attenuanti generiche, viene dichiarato prescritto.
28 gennaio 2002 - il processo Imi-Sir, cominciato nel 2000, viene riunito con quello sul Lodo Mondadori.
29 aprile 2003 - Il Tribunale condanna a 13 anni Vittorio Metta, a 11 anni Cesare Previti e Attilio Pacifico, a 8 anni e 6 mesi Renato Squillante, a 6 anni Felice Rovelli, a 5 anni e 6 mesi Giovanni Acampora, 4 anni e 6 mesi Primarosa Battistella. Assolto Filippo Verde.
7 gennaio 2005 - Comincia a Milano, davanti alla seconda Corte d'appello, presieduta da Roberto Pallini, il processo di secondo grado per i casi Imi-Sir e Lodo Mondadori.
23 maggio 2005 - I giudici confermano la condanna di Cesare Previti per la sola vicenda Imi-Sir, assolvendolo per quella Lodo Mondadori. Previti e Attilio Pacifico hanno avuto una riduzione della condanna da undici a sette anni. Riduzioni delle pene per gli altri imputati: Vittorio Metta da 13 a 6 anni, Renato Squillante da 8 anni e 6 mesi a 5 anni, Felice Rovelli da 6 a 3 anni, Primarosa Battistella da 4 anni e 6 mesi a 2 anni. Per la vicenda Lodo Mondadori l'avvocato Giovanni Acampora, Metta, Pacifico e Previti sono stati assolti «perchè il fatto non sussiste».
4 maggio 2006 - Per il caso Imi/Sir, la Cassazione riduce a 6 anni la condanna per Previti e Pacifico, conferma la condanna a 6 anni per Metta, riduce la pena per Acampora a 3 anni e 8 mesi, annulla senza rinvio la condanna per Squillante e Battistella e considera prescritta l'accusa per Felice Rovelli. Per il Lodo Mondadori, la Suprema Corte accoglie il ricorso della Procura Generale di Milano e della parte civile Cir, contro le assoluzioni del maggio 2005.
18 dicembre 2006 - Davanti alla terza sezione della Corte d'appello di Milano, comincia il nuovo processo di secondo grado per il Lodo Mondadori.
23 febbraio 2007 - I giudici condannano Previti, Acampora e Pacifico ad un anno e 6 mesi, Metta a due anni e 9 mesi.
13 luglio 2007 - Le condanne del processo bis di secondo grado vengono confermate dalla Cassazione che ha così cristallizzato l'ipotesi delle indagini avviate nel 1996 dalla Procura di Milano: la sentenza del 1991 della Corte d' Appello di Roma sfavorevole a De Benedetti fu in realtà comprata corrompendo il giudice estensore Vittorio Metta con 400 milioni provenienti da Fininvest. La somma, questa l'accusa, faceva parte dei 3 miliardi di lire che il 14 febbraio 1991, 20 giorni dopo la sentenza di Metta, dai conti esteri Fininvest «All Iberian» e «Ferrido» vennero bonificati sul conto svizzero «Mercier» di Previti, e che poi vennero movimentati da Acampora e Pacifico per fare arrivare, appunto, i 400 milioni a Metta.
3 ottobre 2009 - La prima sezione del Tribunale di Milano ha dichiarato che la Cir ha diritto al risarcimento di 750 milioni da parte di Fininvest per il danno patrimoniale da 'perdita di chancè subito nella vicenda per la «battaglia di Segrate». Il provvedimento civile è arrivato alla luce dalla condanna penale definitiva per corruzione in atti giudiziari di Metta, Previti, Acampora e Pacifico.
9 luglio 2011 - La seconda sezione civile della Corte d'Appello di Milano ha confermato la condanna di primo grado alla Fininvest riducendo però il risarcimento dovuto alla Cir a circa 560 milioni di euro compresi spese ed interessi. (fonte: Ansa)
 

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Fininvest, la holding del Cavaliere Berlusconi

Conti, partecipazioni e struttura di controllo della finanziaria con un patrimonio di 2,5 miliardi


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Fininvest è la holding che raggruppa le proprietà della famiglia Berlusconi, ha un patrimonio di 2,5 miliardi e ha registrato utili nel 2010 per 87,1 milioni decidendo però di non versare alcun dividendo ai soci. Solo l'anno prima aveva distribuito cedole per 200 milioni di euro e così la decisione è stata collegata dagli osservatori all'imminente decisione sul Lodo Mondadori: anche dieci giorni fa, approvando i dati di bilancio, la finanziaria aveva però ribadito la convinzione che non ci fosse proprio alcun danno da risarcire, decidendo di non accantonare alcuna cifra per la vicenda.

L'intero gruppo che fa capo a Fininvest conta su ricavi per ben 5,8 miliardi e utili per 160,1 milioni.

A fine anno aveva un indebitamento netto di 1,3 miliardi.

La holding controlla il 39% di Mediaset, il 50% di Mondadori, il 36% di Mediolanum, oltre al Milan (100%) e al Teatro Manzoni (100%).

Fa capo alla finanziaria anche la quota del 2% di Mediobanca, il «salotto buono» della finanza milanese: l'1% è conferito al patto di sindacato, e per la famiglia partecipa il presidente Fininvest Marina Berlusconi, consigliere anche dell'istituto di Piazzetta Cuccia.
Fininvest ha poi una quasi il 24% di Molmed, lo spin off quotato del San Raffaele attivo nella ricerca oncologica,

e il 2,06% di Aedes.



La famiglia Berlusconi controlla Fininvest tramite otto finanziarie, denominate tutte Holding Italiana, ma con diversa numerazione. Inizialmente queste «scatole» erano ben 22, ridotte a otto dopo l'ultimo riassetto del 2004. Il controllo fa sempre capo a Berlusconi con il 63% del capitale (tramite la Holding Italiana Prima, Seconda, Terza e Ottava). I figli del primo matrimonio Marina (è anche presidente Mondadori) e Piersilvio (vice presidente Mediaset) hanno una quota del 7,65% a testa (rispettivamente attraverso le holding Quarta e Quinta). Nell'estate del 2005 anche i figli di secondo letto, Barbara, Eleonora e Luigi, hanno ricevuto una quota del patrimonio e hanno attualmente il 21,4% di Fininvest (attraverso la holding Quattordicesima).

Tra le vicende famigliari, resta intanto ancora aperta la causa di separazione tra Berlusconi e Veronica Lario, e con essa ogni eventuale impatto sul patrimonio di famiglia. Nella vicenda del Lodo Mondadori, Fininvest ha ottenuto di congelare il risarcimento alla Cir di Carlo De Benedetti, almeno fino all'esito del processo d'appello, presentando nel dicembre 2009 una fideiussione per 806 milioni di euro garantita da Intesa Sanpaolo e controgarantita da Unicredit, Mps e Popolare di Sondrio. Tecnicamente la fideiussione scadeva in aprile ma nel frattempo è stata rinnovata in attesa della sentenza.

Nel bilancio 2009 Fininvest spiegava di non aver presentato alcuna garanzia o pegno per la fideiussione, «anche in considerazione del valore del patrimonio netto contabile della capogruppo, del valore economico dello stesso ed infine del merito di credito conosciuto». (fonte: Ansa)
 

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Un Sodalizio dalla scuola, alla carriera industriale, al Parlamento

Berlusconi ai funerali di Comincioli:
«Dove trovo i soldi, se condannato?»


Lodo Mondadori: «Rischio di dover dare tanti soldi a De Benedetti». Alle esequie don Verzè e Fedele Confalonieri


«Se mi condannano come faccio a pagare?»
Processo Mondadori, lo sfogo del premier



MILANO - «Ma dove trovo i soldi se i giudici mi condanneranno?». Si sarebbe sfogato con gli ex compagni di classe il premier Silvio Berlusconi, al termine del funerali del senatore Pdl Romano Comincioli che si sono svolti nella Basilica di Sant'Ambrogio a Milano. «Se i giudici mi condanneranno, dovrò pagare un sacco di soldi a De Benedetti» avrebbe detto il premier (secondo quanto riferito da alcuni dei presenti alla conversazione che si è svolta sul sagrato) facendo esplicito riferimento al lodo Mondadori. «Rischio di dover pagare 2.500 miliardi di vecchie lire». Berlusconi ha anche parlato della batosta dei referendum, attribuendo la sconfitta alla paura del nucleare. «Gli elettori hanno ragionato così perché indotti dalla paura», ha detto spiegando l'esito referendario agli amici che si sono intrattenuti con lui. Secondo quanto riferito dai presenti, quindi, si sarebbe trattato di un risultato dettato soprattutto dall'onda emotiva che il disastro di Fukushima avrebbe accentuato negli gli italiani.
 

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lodo mondadori - le motivazioni della condanna

I giudici: «Berlusconi corresponsabile
con Fininvest nella corruzione»


La Cir subì «un danno immediato e diretto» dalla sentenza emessa dal magistrato corrotto Metta


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MILANO - «È da ritenere, incidenter tantum e ai soli fini civilistici del presente giudizio, che Silvio Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva per cui si procede». È quanto scrivono, nelle circa 300 pagine di motivazioni, i giudici della seconda sezione civile del tribunale di Milano che hanno condannato la Fininvest a risarcire la Cir di Carlo De Benedetti per il Lodo Mondadori. La corresponsabilità del premier, scrivono ancora i giudici, «come logica conseguenza, comporta, per il principio della responsabilità civile delle società di capitali per il fatto illecito del loro legale rappresentante o amministratore commesso nell'attività gestoria della società medesima, la responsabilità della stessa Fininvest».
«DANNO IMMEDIATO E DIRETTO» - Secondo i giudici, la Cir subì un danno immediato e diretto dalla sentenza. Questa tesi è diversa da quella prospettata dal giudice di primo grado, Raimondo Mesiano, il quale invece parlò di «perdita di chance», nel senso che la sentenza frutto della corruzione avrebbe indebolito la posizione negoziale di Cir nei confronti di Fininvest. La trattativa poi si concluse con una spartizione, in base alla quale il gruppo Espresso e Repubblica finirono alla Cir, a Mondadori andarono i settori dei libri e dei quotidiani e il gruppo di De Benedetti dovette versare un conguaglio. I giudici dell'Appello non hanno invece considerato la perdita di chanche, ma hanno ritenuto che Cir subì un danno immediato e diretto dalla sentenza Metta.
IL MAGISTRATO CORROTTO - I giudici milanesi dedicano largo spazio alla ricostruzione della vicenda giudiziaria che accertò la corruzione del magistrato Vittorio Metta. Se questi non fosse stato corrotto, per i giudici, il lodo sarebbe stato confermato e De Benedetti avrebbe mantenuto il controllo della casa editrice. Il riferimento è alla decisione del 24 gennaio del 1991 della Corte d'Appello di Roma, presieduta dal magistrato Vittorio Metta, la cui corruzione è stata accertata in sede penale: si dichiarava che, dato che una parte dei patti dell'accordo del 1988 tra i Formenton e la Cir era in contrasto con la disciplina delle società per azioni, era da considerarsi nullo l'intero accordo e quindi anche il lodo arbitrale. Il lodo arbitrale dava ragione a De Benedetti circa la cessione a Berlusconi del pacchetto azionario della famiglia Formenton, azionista di riferimento di Mondadori. La sentenza invece, di fatto, riconsegnava la Mondadori a Berlusconi.
METTA CONDIZIONO' I COLLEGHI - Il collegio dei giudici d'appello, presieduto da Luigi De Ruggiero, ha ricostruito una sorta di «sentenza virtuale», immaginando che Vittorio Metta non fosse stato corrotto. La conclusione è stata che, se il magistrato romano avesse agito in modo imparziale, la corte d'appello di Roma avrebbe confermato il lodo arbitrale che, di fatto, consegnò il 20 giugno 1990 alla Cir e a De Benedetti il controllo della Mondadori. Rifacendosi a recenti pronunce della Cassazione, i giudici milanesi hanno sottolineato che una decisione collegiale non è la somma di tre separate opinioni, ma è il frutto di un confronto dialettico. Quindi, anche se i giudici che affiancarono Metta, Arnaldo Valente e Giovanni Paolini, non furono corrotti, Metta li condizionò, inducendoli a prendere una decisione errata. Secondo i giudici milanesi, in base alla legislazione dell'epoca, l'esito «dovuto e non discutibile» del verdetto romano avrebbe dovuto essere di rigetto dell'impugnazione mossa da Fininvest.
LO «SCONTO» - Decisiva nel determinare lo «sconto» a Fininvest (da 750 a 560 milioni per il risarcimento alla Cir) è stata la consulenza tecnica d'ufficio depositata nel settembre scorso. Lo studio aveva rivelato che il valore delle società oggetto dello scambio (tra cui L'Espresso e Repubblica) era diminuito tra il giugno del 1990 e l'aprile del 1991, periodo durante il quale ci fu la trattativa. Inoltre, i giudici non hanno riconosciuto il danno di immagine, sancito invece dalla sentenza di primo grado, per la Cir. Secondo il collegio, presieduto da Luigi De Ruggero, anche se la sentenza Metta le avesse dato ragione, la Cir comunque non sarebbe stata in grado di costituire la «grande Mondadori», perché la politica non avrebbe mai avallato questa soluzione, privilegiando invece una spartizione tra i gruppi facenti capo a De Benedetti e Berlusconi. Non ci sono state peraltro, aggiungono i giudici, significative variazioni del valore delle azioni Cir in Borsa, dopo il verdetto firmato da Metta.

IL CALCOLO DEL DANNO -  Il nesso causale diretto tra la corruzione del giudice Vittorio Metta e l'esito della sentenza definita «ingiusta» della Corte d'appello di Roma del gennaio 1991 comporta che tutti i danni accertati vengano risarciti a Cir senza alcuna riduzione in nome di una perdita di chance. Lo si evince dalla sentenza. La Corte col provvedimento ha in sostanza corretto la decisione del giudice di primo grado che aveva quantificato il danno calcolando una perdita di chance pari all'80% e un danno diretto pari al 20%.
 

diomede

Buongiorno
Secondo l’azienda di proprietà della famiglia Berlusconi infatti, nella pronuncia della corte d’Appello – il 9 luglio scorso – è stato saltato un passaggio molto importante ai fini del risultato: “Il risultato – si legge nel comunicato profuso da Fininvest – è che si fa dire l’esatto contrario di quanto invece la Cassazione afferma nella sua sentenza.
Un taglia e cuci della sentenza della Cassazione che, sempre secondo la società milanese, avrebbe creato un precedente inesistente a favore del gruppo di De Benedetti: “Il precedente esistente è di segno contrario – dicono nella stessa nota stampa – e avrebbe comportato una decisione opposta, favorevole a Fininvest”. Un fatto reso ancora più grave per Marina Berlusconi dalla sostituzione di alcuni parti del testo della Corte Suprema con dei puntini di sospensione, che eviterebbero di far intuire il vero senso della frase: “E’ un fatto la cui gravità è fuori discussione – ha commentato Marina Berlusconi – Di fronte a un’enormità del genere la presentazione dell’esposto è un atto dovuto. Abbiamo sempre saputo di essere dalla parte del giusto e di aver operato nella più assoluta correttezza. Ma non saremmo mai arrivati a pensare che una condanna a pagare 564 milioni di euro potesse fondarsi addirittura fondarsi sul taglio materiale di una frase e su altre incredibili omissioni”.


Leggi tutto: Lodo Mondadori, Marina Berlusconi presenta esposto sulla sentenza - CronacaLive
 

tontolina

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Cir: esposto M.Berlusconi su Lodo Mondadori pretestuoso e infondato MILANO (MF-DJ)--Cir e i propri legali, Vincenzo Roppo ed Elisabetta Rubini, ritengono che l'esposto presentato da Fininvest sia un tentativo pretestuoso e infondato di recuperare una situazione processuale fortemente compromessa.
Lo si legge in una nota di Cir diffusa dopo che Fininvest aveva annunciato che il numero uno, Marina Berlusconi aveva presentato un esposto sulla decisione che aveva condannato la societa' a versare a Cir 564 mln di euro per la vicenda Lodo Mondadori.
L'esposto, spiega la nota, in primo luogo, e' infondato nel merito poiche' si basa su una lettura fuorviante e lacunosa della sentenza di Cassazione penale n. 35325/2007. Viene infatti nascosto che questa sentenza richiama la precedente Cassazione penale n. 33435/2006, la quale tratta in modo piu' approfondito la questione chiave sollevata da Fininvest, e cioe' se per esercitare l'azione di risarcimento contro Fininvest Cir avrebbe dovuto prima agire per la revocazione della sentenza Metta. Fininvest sostiene che avrebbe dovuto, e non avendolo fatto avrebbe perso la sua azione risarcitoria. Ebbene, Cassazione penale n. 33435/2006 dice esattamente il contrario: "l'accertamento, in sede penale, dell'uso abnorme del processo, inquinato dall'intesa corruttiva. costituisce titolo della domanda risarcitoria"; "La domanda e la conseguente pronuncia risarcitoria. non possono essere condizionate alla eventuale e futura impugnazione straordinaria per revocazione e al suo esito. L'autonomia e l'eterogeneita' delle due azioni, la cui operativita' e i cui effetti sono relegati su piani e ambiti diversi, escludono ogni loro interferenza e le collocano ciascuna nel proprio settore, con l'unico limite di non consentire la duplicazione di esiti coincidenti sul piano risarcitorio" (pagg. 182-183). Ovvero: la Cassazione (non citata nell'esposto Fininvest) chiaramente contrasta la tesi sostenuta nell'esposto stesso.
L'esposto ha poi un oggetto del tutto inconsistente quando ritiene di segnalare come anomalo e riprovevole (il comunicato stampa dice "gravissimo") un fatto che invece e' assolutamente abituale nella prassi di stesura delle sentenze, e cioe' la citazione di precedenti limitata ai passi che il giudice ritiene pertinenti, con stralcio dei passi ritenuti non pertinenti. Salvo si adombri che lo stralcio sia stato fatto dolosamente, da un giudice consapevole che i passi stralciati sono pertinenti, e animato dalla volonta' di nasconderli proprio perche' li sa contrari alla tesi prescelta: quindi da un giudice che in questo modo, sia pure obliquamente, si sta accusando di un illecito. E siccome i destinatari dell'esposto sono le Autorita' competenti per l'esercizio dell'azione disciplinare nei confronti dei magistrati, sorge il sospetto che proprio questo l'esposto voglia adombrare. In questo senso, l'esposto rischia di apparire intimidatorio. Anziche' affidare al giudizio della Corte di Cassazione, secondo la normale e corretta fisiologia processuale, quelle che ritiene le proprie buone ragioni contro la sentenza della Corte di Appello di Milano, Fininvest lancia un improprio atto d'accusa contro i giudici che hanno preso la decisione sgradita, e forse un implicito monito ai giudici dai quali teme, in futuro, altra decisione sgradita. com/mcn
(END) Dow Jones Newswires
October 04, 2011 11:28 ET (15:28 GMT)

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