News, Dati, Eventi finanziari debito pubblico ......moneta.....e nonna abelarda (1 Viewer)

mototopo

Forumer storico
wahhabiti
FMI, BRICS e l’”ideale di potenza”

aprile 18, 2014 Lascia un commento

Dedefensa 17 aprile 2014
Presso gli “economisti”, secondo un’idea corrente, scrive Tyler Durden citando un testo di RTBH su Zerohedge del 16 aprile 2014, lo status degli Stati Uniti si quaglia e quindi anche la legittimità del FMI: “Gli economisti avvertono che la legittimità del FMI è in gioco, mentre il ruolo statunitense all’estero viene eroso“. Nel suo testo, Durden inizia con commenti introduttivi su due notizie: la minaccia della riduzione dello status degli USA in seno al FMI e l’evoluzione dell’iniziativa BRICS nel creare da sé propri FMI e Banca Mondiale. In entrambi i casi s’illustra il declino accelerato della potenza finanziaria strutturale degli Stati Uniti, che domina e manipola a piacimento le agenzie internazionali. “I Paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) hanno compiuto progressi significativi nella creazione di strutture che potrebbero servire come alternativa a FMI e Banca Mondiale (dominati da Stati Uniti e Unione europea), secondo RBTH. Come riporta il WSJ, gli Stati Uniti perderanno il loro potere di veto sul comitato esecutivo del Fondo monetario internazionale nell’ambito di un piano considerato da alcune economie emergenti. I Paesi sono stufi dalla mancata ratifica degli Stati Uniti, in quattro anni, dell’accordo per ristrutturare il creditore d’emergenza. Inoltre, perde credibilità sulla scena mondiale e, come il ministro delle Finanze del Brasile Mantega riassume, “il FMI non può rimanere paralizzato e rimandare i suoi impegni per la riforma“.”
Quindi spiega questo scontro in seno al FMI, dove gli Stati Uniti lottano da quattro anni contro le riforme strutturali che rimuoveranno parte della loro influenza. Il risultato è il programma degli “emergenti” (BRICS inclusi) che priverà gli Stati Uniti del veto, che in questo caso assicura la maggior parte del loro potere decisionale. È una tipica situazione di reciproca radicalizzazione, il rifiuto radicale degli Stati Uniti di perdere parte della loro influenza e la conseguente offensiva contro il loro potere decisionale. Possiamo quindi supporre che se gli Stati Uniti ancor più si radicalizzeranno sabotando con tutti i mezzi il piano degli “emergenti”, i BRICS giungeranno rapidamente a vedere nella loro iniziativa per avviare strutture finanziarie aggiuntive, un’iniziativa di rottura radicale, di passaggio dal complemento all’alternativa, e ben pesto dall’alternativa al confronto. In effetti, si potrebbe sostenere che questa ipotesi, per concretizzarsi, dipenda solo dagli aspetti tecnici e finanziari della creazione del loro equivalente al binomio FMI/Banca Mondiale… Il testo su RTBH (Russia Beyond the Headlines) di Olga Samofalova, del 14 aprile 2014, fornisce le ultime notizie sullo sviluppo delle organizzazioni avviato dai BRICS per formare il loro equivalente a FMI/Banca Mondiale… “I Paesi BRICS (…) hanno compiuto progressi significativi nella creazione di strutture che saranno alternative a Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale, dominati da Stati Uniti ed Unione europea. Un pool di valute di riserva in sostituzione del FMI, e una banca di sviluppo dei BRICS al posto della Banca Mondiale, saranno operativi al più presto nel 2015, ha detto l’ambasciatore russo itinerante Vadim Lukov. Il Brasile ha già elaborato una Carta per la Banca di sviluppo dei BRICS, mentre la Russia elabora accordi intergovernativi sull’impostazione della banca, ha aggiunto. Inoltre, i Paesi BRICS hanno già concordato l’importo del capitale autorizzato per le nuove istituzioni: 100 miliardi di dollari per ciascuna. “Colloqui sono in corso sulla distribuzione del capitale iniziale di 50 miliardi di dollari tra i partner e sulla localizzazione per la sede della banca. Ciascuno dei Paesi BRICS ha espresso grande interesse ad avere la sede sul proprio territorio”, ha detto Lukov. Si prevede che i contributi al pool delle valute di riserva saranno i seguenti: Cina, 41 miliardi dollari; Brasile, India e Russia, 18 miliardi dollari ciascuno; e Sud Africa, 5 miliardi. L’importo dei contributi riflette la dimensione delle economie dei Paesi. A titolo di confronto, le riserve del FMI, impostate dai diritti speciali di prelievo (DSP), attualmente ammontano a 238,4 miliardi o 369,52 miliardi di dollari. In termini di importi, la valuta di riserva per BRICS è, ovviamente, inferiore a quella del FMI. Tuttavia, 100 miliardi di dollari dovrebbero essere più che sufficienti ai cinque Paesi considerando che li FMI comprende 188 Paesi, che possono richiedere assistenza finanziaria in qualsiasi momento”.
Infatti… se la situazione con tutti i suoi elementi d’interesse e di potenza viene considerata dal punto di vista della comunicazione che influenza la percezione e la visione psicologica che trasmette tale percezione, elementi essenziali della dinamica dei cambiamenti strutturali della politica di oggi, come in molti altri settori che interessano le relazioni internazionali e l’evoluzione della civiltà, non c’è per noi alcun dubbio che la suddetta ipotesi si avvererà e che i Paesi BRICS attueranno le proprie strutture alternative in rottura alle strutture manipolate dagli Stati Uniti (con la complicità di altri Paesi del blocco BAO, certamente). Con questo metro, il destino del nuovo piano “emergente” per riformare il FMI non ha più l’importanza che aveva inizialmente, proprio come ha poche possibilità di riuscire nella sua dimensione reale, quella della redistribuzione del potere, davanti all’opposizione degli Stati Uniti che sembra completamente intrattabile e supportata da un concezione elevata dell’automatismo che non conosce compromessi. Questa valutazione è specifica nell’azione innescata dalla “grande potenza” (v. 9 aprile 2014), e quindi non si tratta nemmeno dei soli aspetti della comunicazione e della psicologia (non più delle componenti politiche e finanziarie), ma di metastoria. Parliamo di un riflesso fondamentale di ciò che è un sistema quasi-autonomo grazie a un’incontrollabile psicologia (degli Stati Uniti) bloccata nella loro concezione paralizzante dell’hubris; Insomma, parliamo del sistema.
È da quasi sei anni (dalla crisi finanziaria del 2008), che l’idea di una riforma del FMI è diventata urgente, proprio a causa della crisi finanziaria, da quattro anni la riforma è “sul tavolo”. Gli Stati Uniti di fatto bloccano questa riforma, potendolo fare per la loro posizione di forza legale, l’unica posizione consentita dall’ideale di potenza che considera solo ciò che l’avvantaggia o ne protegge senza compromessi il potere acquisito. Così hanno provocato questo movimento nel gruppo informale (BRIC o BRICS da quando il Sud Africa è entrato nel gruppo), che inizialmente aveva unità congiunturale e ambizione immediate. La resistenza incondizionata degli USA, arroganti se non indifferenti a situazioni diverse dalla propria, ha suscitato il rafforzamento naturale da BRICS, come in qualsiasi altra situazione, quando una richiesta si basa su una vera e propria potenza. Il paradosso è… che la situazione rafforza la potenza (dei BRICS), a sua volta ispirata all’ideale di potenza che infine diventa una forza ribelle a quella principale (gli Stati Uniti) sempre ispirata dall’ideale di potenza; così la produzione centrale dell’ideale di potenza viene sfidata da una produzione parallela di tale ideale di potenza. (Allo stesso modo, seguendo lo stesso percorso politico, diciamo che i BRICS hanno per obiettivo generale entrare nel sistema per raccogliere i frutti delle loro varie competenze, affrontando la resistenza egemonica degli Stati Uniti, o del blocco BAO, cioè i principali rappresentanti del sistema, sviluppando eventualmente azioni e politiche che s’identificano solo come antisistema). Appare chiaro che se gli Stati Uniti avessero sviluppato una posizione diversa, incline al compromesso, accettando la riforma del FMI senza lamenti, i contestanti attuali non si sarebbero raggruppati come hanno fatto e continuano a fare e ancor meno avrebbero iniziato a sviluppare un’alternativa come fanno oggi. Invece, un processo d’integrazione della potenza avrebbe avuto luogo, che avrebbe potuto essere armonioso, e il sistema in generale ne sarebbe uscito rafforzato nella sua coesione, assorbendo i BRICS come tale (nuova forza costituente del FMI). La direzione è esattamente contraria. Lungi dall’essere un complemento al binomio FMI/Banca Mondiale, la struttura sviluppata in tali condizioni dai BRICS naturalmente diventa una struttura concorrente, sempre con la stessa ispirazione all’ideale di potenza che conduce all’opposizione al primo ideale di potenza, e di nuovo ricreando l’antagonismo sistema contro antisistema. Troviamo così la sostantivata ispirazione della ragione sovvertita dalla modernità, rappresentata dall’ideale di potenza, lo stesso processo logico delle attività di trasmutazione dall’attività da superpotenza che caratterizza il binomio FMI/Banca Mondiale a una situazione che distrugge tutti gli attori interessati alla partita, coloro già nel sistema e coloro che aspirano a entrarvi…
Così effettivamente vediamo, in generale, l’azione del raggruppamento BRICS. Non riteniamo, secondo i nostri piani, che questo gruppo si sviluppi per creare un’alternativa stabile, che avrebbe preso il posto di tutto ciò che è formato dal blocco BAO, stabilizzando il sistema e dicendo di aprire una “nuova era”. Per noi l’iniziativa BRICS, qualunque cosa i suoi membri vogliano e sebbene le loro intenzioni siano sempre sensibili alla possibilità di disposizione, è necessariamente una “lotta alternativa” che si scontrerà, e già si scontra, con l’opposizione del blocco BAO (Sistema) nel settore finanziario, come in tutti i settori, anche geopolitico (la Russia nel caso ucraino). L’ideale di potenza è questa concezione, tale falsa costruzione intellettuale che assegna a coloro che s’ispirano all’imperativo della vittoria con l’unico argomento della vittoria quale affermazione della potenza, così come la necessità di non cedere il potere quando s’é quasi onnipotenti. Nella parte che illustra l’approccio dei BRICS, il blocco delle potenze BAO, gli USA, ecc. nel cuore del sistema, è abbastanza grande da creare scontri la cui vittima principale sia il sistema stesso. Sempre secondo il processo superpotenza-distruzione. Il futuro dei BRICS non è inglobare il sistema e usarlo a proprio vantaggio (il sistema), cioè in realtà salvarlo, ma al contrario partecipare alla sua distruzione. Non è una strategia, una vendetta o l’asserzione di una predominanza, ma è una necessità metastorica
 

aquilarealeatapple

Forumer attivo
<http://www.youtube.com/watch?v=XZtzcx7rKDc>
<http://www.youtube.com/watch?v=gpSGivY7jUo>
<http://www.youtube.com/watch?v=79W1eV8YIAA>
<http://dom2-hd.ru/video/dom-2-i-vse-vse/ulija-tojvonen-gorod-dozhdej-yuliya-tojvonen-gorod-dozhdej.html>
 

mototopo

Forumer storico
IL FISCAL COMPACT Forse non tutti sanno che…



IL FISCAL COMPACT Forse non tutti sanno che…

Pubblicato in Diritto internazionale il 10/04/2014
Autore: Avv. Palma Giuseppe
http://www.diritto.it/docs/36145-il-fiscal-compact-forse-non-tutti-sanno-che

Forse non tutti sanno cos’è esattamente il Fiscal Compact, e sicuramente in pochissimi sanno che – a partire dal 2015 – segnerà per almeno due decenni le sorti delle famiglie italiane.
Da un punto di vista prettamente giuridico è un Trattato internazionale denominato “Patto di bilancio europeo” o “Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria”, sottoscritto da venticinque Stati membri dell’Unione Europea il 2 marzo 2012 (ad eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca).

Il nostro Parlamento, con una rapidità che non viene utilizzata per le necessarie riforme istituzionali, lo ha ratificato definitivamente nel luglio del 2012 (appena quattro mesi dopo la sua sottoscrizione) ed ha inserito in Costituzione il principio del pareggio di bilancio (art. 81 Cost).

Ritengo, a mio modesto parere, che se uno Stato sovrano deve garantire il pareggio di bilancio non può in alcun modo esercitare la sua indispensabile funzione sociale e sussidiaria, propria dell’essere Stato!

A cosa serve uno Stato se non può esercitare la sua funzione naturale, che è quella di garantire – anche ad un prezzo particolarmente alto – l’eliminazione delle disuguaglianze sociali?

Ma per quale motivo questo Trattato internazionale, passato in secondo piano su tutti i media nazionali e nei più accreditati talk-show di approfondimento politico, muterà la vita dei cittadini italiani (e non solo) per i prossimi vent’anni?
Più nello specifico, il Fiscal Compact prevede principalmente queste tre misure alle quali tutti gli Stati firmatari dovranno adeguarsi:

1) significativa riduzione del rapporto fra debito pubblico e PIL al ritmo di un ventesimo all'anno (5%), fino al raggiungimento del rapporto del 60% sul PIL nell'arco di vent’anni;

2) obbligo del perseguimento del pareggio di bilancio;

3) obbligo di non superamento della soglia di deficit strutturale superiore allo 0,5% del PIL (e superiore all'1% per i paesi con debito pubblico inferiore al 60% del PIL).

L’impatto di tali misure sull’economia reale del nostro Paese (ma anche su quella di Paesi come la Grecia, la Spagna, il Portogallo e in parte la Francia) sarà – ovviamente – devastante.
Prendiamo ad esempio l’Italia, la quale ha attualmente un rapporto debito pubblico/PIL del 133% ed una spesa pubblica pari a circa 800 miliardi di Euro.
Ridurre il rapporto del nostro debito pubblico/PIL dall’attuale 133% al 60 % in vent’anni, significa porre in essere una riduzione della spesa pubblica di circa 40-50 miliardi l’anno, quindi (come anche il lettore meno accorto potrà rendersi conto) i vari Governi che si succederanno dovranno necessariamente effettuare sistematici tagli alla spesa pubblica che non ha precedenti nella Storia. E’ pur vero che, nell’effettuare questi tagli, si dovrà tener conto del PIL e quindi del tasso di crescita, ma solo uno sprovveduto può pensare che con l’attuale sistema monetario e per come è stata sinora concepita l’Unione Europea ci potrà essere una crescita tale da rendere indolore – o quanto meno sopportabile da un punto di vista sociale – tutti i tagli che si andranno a fare.
Al fine di rendere maggiormente comprensibile la reale portata del problema, si pensi al mancato reperimento – da parte del Governo Letta - di appena 4 miliardi di euro che sarebbero dovuti servire ad evitare (nell’ottobre del 2013) l’aumento dell’I.V.A. di un punto percentuale, e che l’esecutivo non è riuscito a trovare (tant’è che l’I.V.A. è aumentata dal 21% al 22%).
Ma se i Governi della Repubblica non sono in grado di reperire 4 miliardi di euro da una spesa pubblica di circa 800, come faranno a tagliare 40-50 miliardi di euro l’anno (o poco meno, a seconda del tasso di crescita economica) per vent’anni sino al raggiungimento del 60% del rapporto debito pubblico/PIL? Le risposte sono, oltre che sorprendentemente semplici, anche particolarmente preoccupanti:

a) aumentando le tasse e/o inasprendo maggiormente i sistemi di accertamento fiscale;

b) limitando ulteriormente la circolazione del denaro contante e introducendo un meccanismo forzoso di utilizzo della moneta elettronica;

c) bloccando o limitando fortemente le assunzioni
di pubblici dipendenti, con conseguenze drammatiche sia sull’efficienza della Pubblica Amministrazione che sul necessario turn&shy;over occupazionale e generazionale;

d) eliminando o riducendo i benefici fiscali a vantaggio di aziende, giovani artigiani e professionisti;


e) intensificando gli accertamenti fiscali - attraverso l’Agenzia delle Entrate – nei confronti delle piccole imprese, dei piccoli commercianti e dei professionisti;


f) riducendo la spesa per gli ammortizzatori sociali e tagliando le pensioni;


g) aumentando l’età pensionabile già oggi particolarmente alta, con la conseguenza che le nuove generazioni resteranno per più tempo fuori dal mercato del lavoro (con l’ulteriore effetto che intere generazioni avranno serie difficoltà – un domani – a percepire una pensione

dignitosa);

h) tagliando le voci di spesa pubblica più sensibili quali la sanità, la sicurezza pubblica, la giustizia, la scuola e la cultura, con conseguenze negative di facile intuizione.
Ciò premesso, mi auguro che – per evitare che i Governi nazionali adottino le soluzioni e gli strumenti come sopra brevemente elencati -, l’Europa muti radicalmente rotta per il bene comune di circa quattrocento milioni di persone.

 

mototopo

Forumer storico
Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest




Tamburro: una banca pubblica per risparmiare 70 miliardi l'anno




ITALIA - COME RISPARMIARE 70 MILIARDI DI EURO L'ANNO?


APPELLO PER UNA BANCA PUBBLICA DI INTERESSE NAZIONALE

Scarica il testo integrale con tabelle in formato pdf

Il Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE) è, accanto al Trattato sull'Unione Europea (TUE), uno dei documenti fondamentali dell'Unione Europea (UE). Assieme costituiscono le basi fondamentali del diritto primario nel sistema politico dell'UE.
Il TUE contiene soprattutto i principi istituzionali.
Il TFUE, invece, è composto da ben 358 articoli; in particolare spiega in modo più dettagliato il funzionamento degli organi dell'UE e stabilisce con precisione in quali ambiti l'UE è attiva e con quali competenze.


Di seguito si citano l'art.1, art.123 e l'art.128 del TFUE1:
Articolo 1
1.Il presente trattato organizza il funzionamento dell'Unione e determina i settori, la delimitazione e le modalità d'esercizio delle sue competenze.
2.Il presente trattato e il trattato sull'Unione europea costituiscono i trattati su cui è fondata l'Unione. I due trattati, che hanno lo stesso valore giuridico, sono denominati «i trattati».


Articolo 123
1.Sono vietati la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della Banca centrale europea o da parte delle banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate «banche centrali nazionali»), a istituzioni, organi od organismi dell'Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l'acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali.
2.Le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell'offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca centrale europea lo stesso trattamento degli enti creditizi privati.

https://www.blogger.com/blogger.g?blogID=2098541110841960849
Articolo 128
1.La Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote in euro all'interno dell'Unione. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell'Unione.
2.Gli Stati membri possono coniare monete metalliche in euro con l'approvazione della Banca
centrale europea per quanto riguarda il volume del conio. Il Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e della Banca centrale europea, può adottare misure per armonizzare le denominazioni e le specificazioni tecniche di tutte le monete metalliche destinate alla circolazione, nella misura necessaria per agevolare la loro circolazione nell'Unione.


PREMESSO CHE
l'euro è amministrato dalla Banca centrale europea (BCE), con sede a Francoforte sul Meno, e dal Sistema europeo delle banche centrali (SEBC); il primo organismo è responsabile unico delle politiche monetarie comuni, mentre coopera con il secondo per quanto riguarda il conio e la distribuzione di banconote e monete negli stati membri.
Obiettivo del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prezzi per preservare il valore dell'euro. Per svolgere le operazioni che rientrano nei compiti della SEBC, la BCE farà capo alle banche centrali nazionali. Spetta al SEBC fissare il Tasso Ufficiale di Riferimento (TUR). Il TUR rappresenta il costo del denaro, ossia il tasso con cui la Banca centrale concede prestiti alle altre banche. Dal 13 novembre 2013 esso è pari allo 0,25%.


PREMESSO CHE
i Titoli di Stato sono obbligazioni emesse periodicamente dal Ministero dell'Economia e delle Finanze per conto dello Stato con lo scopo di finanziare il proprio debito pubblico o direttamente il deficit pubblico.
L'acquisto dei Titoli di Stato può essere effettuato sia in asta sul mercato primario al momento dell'emissione, sia sul mercato secondario; in ogni caso occorre farlo tramite una banca o un intermediario finanziario.
Sul Mercato Primario hanno accesso unicamente banche definite “Specialisti in Titoli di Stato”, ossia operatori che svolgono la funzione di market maker (primary dealers) per i quali sono previsti obblighi di sottoscrizione nelle aste dei titoli di Stato e di negoziazione di volumi sul mercato secondario. A fronte di tali doveri, essi godono di alcuni privilegi, tra cui la facoltà di partecipare in maniera esclusiva ai collocamenti supplementari delle aste di emissione. (vedi artt. 4 e 9 del Decreto Dirigenziale n. 993039 3 del 11/11/2011)
Tra i cosiddetti “Specialisti in Titoli di Stato” si annoverano banche non solo italiane, ma anche straniere.


Elenco degli Specialisti in Titoli di Stato a decorrere dall'8 aprile 2013:


Banca IMI SpA
Barclays Bank PLC
BNP Paribas
Citigroup Global Markets Ltd.
Commerzbank AG
Crédit Agricole Corp. Inv. Bank
Credit Suisse Securities (Europe) Ltd.
Deutsche Bank AG
Goldman Sachs Int. Bank
HSBC France
ING Bank N.V.
JP Morgan Securities Ltd.
Merryl Lynch
Monte dei Paschi di Siena SpA
Morgan Stanley & CO Int. PLC
Nomura Int. PLC
Royal Bank of Scotland PLC
Société Générale Inv. Banking
UBS Ltd
Unicredit SpA


Con un debito pubblico che viaggia ormai oltre i duemila miliardi di euro (nel 2013 è stato pari a €2.067 miliardi – fonte Banca d'Italia), che nel 2013 ha raggiunto il 132,6% del Pil, il livello più alto dal 1990, di questi ben oltre 1.700 miliardi sono rappresentati da Titoli di Stato (prevalentemente Btp) detenuti da banche e istituzioni finanziarie italiane ed estere e, in misura minore, da piccoli risparmiatori (solo il 10% del totale).
Negli ultimi anni i detentori esteri sono scesi dal 47,1% al 30%, mentre quelli italiani sono passati da poco più della metà al 70%.


PREMESSO CHE
dovendo far ricorso al mercato finanziario ogni anno lo Stato italiano – ma sarebbe meglio dire “i cittadini italiani” - versa nelle “casse” delle banche (i principali detentori dei Titoli di Stato) miliardi di euro che vengono sottratti alle esigenze della collettività.


Già solo analizzando gli anni dal 2006 al 2013 si potrà agevolmente evincere come lo Stato italiano abbia erogato circa seicento miliardi di euro per finanziare il proprio debito pubblico, pagando solo nell'anno 2013 oltre settantotto miliardi di euro di interessi e le previsioni per questo valore sono in costante aumento.
Il circolante Titoli di Stato a gennaio 2014 è stato pari a 1.738 miliardi, massimo storico.


NE CONSEGUE
che dalla lettura dei precedenti articoli del TFUE si evince che lo Stato italiano, membro dell'Unione Europea, non potendo ricorrere all'emissione monetaria di una valuta diversa dall'euro, è vincolato esclusivamente all'utilizzo della valuta euro per finanziare il proprio debito pubblico e per fronteggiare gli obiettivi di spesa pubblica, la realizzazione di beni e servizi ai cittadini e il perseguimento della piena occupazione.




SI PROPONE
di ricorrere a quanto descritto dall'art.123 comma 2 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE) allo scopo di dotarsi di un ente creditizio pubblico (es.: una banca di interesse nazionale e a capitale interamente pubblico), accedendo alla liquidità offerta dalla BCE al tasso attuale dello 0,25%, tasso di gran lunga inferiore rispetto a quello offerto dal mercato finanziario, e in seguito utilizzare questa liquidità per rifinanziare il settore industriale italiano e ridurre il debito pubblico esistente, il tutto senza ledere alcun trattato stipulato nell'euro-zona ed utilizzando sempre l'euro come moneta a corso legale.
Il questo modo il debito generato sarebbe direttamente nei confronti della BCE, che oggigiorno presta liquidità al tasso dello 0,25% , piuttosto che indebitarsi con i mercati al tasso medio del 4-5%.
Se solo avessimo fatto ricorso a questa soluzione, cioè adottando una banca pubblica in grado di approvvigionarsi di liquidità direttamente dalla BCE, anziché attraverso banche ed intermediari privati, avremmo ottenuto un risparmio calcolato dal 2006 al 2013 di oltre 388 miliardi di euro, pagando oggi oltre 70 miliardi di euro in meno di interessi l'anno.




Non si comprende perché, alla luce di queste soluzioni, tra l'altro realizzabili da subito se non nel breve periodo e nel pieno rispetto dei Trattati europei, i governi che si avvicendano continuino “ingenuamente” a proporre ricette economiche fallimentari o incapaci di risolvere i problemi che attanagliano il popolo italiano, quali mancanza di competitività delle nostre imprese all'estero, diminuzione dei consumi interni, assenza di grandi investimenti pubblici, con conseguente incapacità di risollevare l'economia e le piccole-medie imprese che compongono l'ossatura del nostro sistema produttivo.
Tutto ciò senza dimenticare due piaghe che non possiamo ignorare: il continuo aumento del debito pubblico che ci impone di seguire vincoli capaci solo di strozzare la nostra economia (e i dati macro-economici ne sono la prova), e la disoccupazione che strappa un nuovo record negativo, toccando a febbraio 2014 quota 13%, registrando 3,3 milioni di italiani in cerca di lavoro e senza futuro.
Confido nel fatto che questa proposta, quantunque non esauriente a risolvere tutti i problemi sistemici, venga presa al più presto in considerazione, anche perché non sarebbe una novità nel contesto europeo, dal momento che ci sono altri Paesi i quali, non a torto, adottano una banca con la caratteristica specifica di finanziare l'apparato produttivo nazionale.
Non tutti sanno che in Germania è operativa da tempo una banca molto utile all'economia tedesca, ossia la KfW Bankengruppe.
La KfW (non a caso reputata la prima banca più sicura al mondo) è nata nell'immediato dopoguerra, definendosi una "banca della ricostruzione", col compito di amministrare i fondi del piano Marshall. Essa è posseduta all'80% della Repubblica federale e al 20% dai Lander (ossia i 16 stati federati della Germania, sempre soggetti pubblici).
Svolge molti compiti di finanziamento del settore pubblico e finanzia le piccole-medie imprese, sostenendo costi che restano al di fuori del perimetro del bilancio federale e che pertanto non figurano nel debito pubblico tedesco11.
Come la Germania, anche la Francia, su modello della KfW tedesca, si serve di una banca chiamata BPI (Banca pubblica d’investimento) che, a detta del presidente francese François Hollande, è in grado di “promuovere lo sviluppo della PMI, acquisire partecipazioni in aziende strategiche per lo sviluppo locale e per la competitività della Francia, in cui parte del finanziamento sia diretto verso l'economia sociale e solidale”.
C'è da chiedersi perché, in Italia, una proposta del genere non sia avanzata da alcun partito politico, discussa nelle sedi istituzionali o in dibattiti mediatici, bensì resti un'idea sconosciuta all'opinione pubblica e circoscritta ad una ristretta élite di “addetti ai lavori”.
Salvatore Tamburro, 13 aprile 2014



Pubblicato da Nicoletta Forcheri a 02:40 Reazioni: Link a questo post ShareThis
 

mototopo

Forumer storico
<LI class="cat-item cat-item-208768">Geopolitica <LI class="cat-item cat-item-1264196">Covert Operation <LI class="cat-item cat-item-48419">Eurasia <LI class="cat-item cat-item-210045">Difesa <LI class="cat-item cat-item-758">Tecnologia <LI class="cat-item cat-item-7741">Storia <LI class="cat-item cat-item-70990014">Bolivarismo <LI class="cat-item cat-item-2805">Varie Speculatori, cartelli e miti della scarsità

aprile 19, 2014 Lascia un commento

Dean Henderson 15 aprile 2014
Mentre ai governi di tutto il mondo viene detto di “stringere la cinghia”, le economie contratte e il mito della scarsità (radice della parola: paura) incoraggiano la corsa al ribasso per le masse globali. Accanto a tali pretese di austerità, continua la concentrazione storica di potere dell’élite globale ben pasciuta. Il cartello energetico e i trafficanti di petrolio evasori dei Rockefeller/Rothschild a Zug, in Svizzera, diffusero la menzogna del picco del petrolio, sapendo bene che mentre il petrolio si aggira sui 100 dollari al barile sui casinò internazionali, le compagnie petrolifere pagano circa 18 dollari al barile il greggio estratto dalla terra. Big Oil trae il solito utile record trimestrale, mentre gli speculatori guidati da Goldman Sachs e Morgan Stanley strappano altri 50 dollari al barile prima che la gente si piazzi alla pompa di benzina. Nell’aprile 2011, il dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti riferì che il principale deposito di petrolio degli USA di Cushing, Oklahoma, aveva 41,9 milioni di barili di greggio, molto vicino alla sua capacità di 44 milioni di barili. In altre parole, gli Stati Uniti sono inondati di greggio. Ora siamo un esportatore netto, eppure i prezzi del petrolio rimangono elevati. Nello stesso momento l’USDA annunciava che gli agricoltori del Sud Dakota prevedono di piantare ulteriori 850000 ettari di mais rispetto al 1931. Secondo il bollettino dell’USDA del 10 marzo 2011, il raccolto di mais del Brasile è stato di 2 milioni di tonnellate superiore rispetto allo scorso anno. Eppure, i futures sul mais alla Chicago Mercantile Exchange sono scambiati a prezzi record. I prezzi del cibo sono alti per le stesse ragioni: concentrazione e speculazioni. Secondo lo stesso rapporto dell’USDA, “le ultime scorte di grano statunitense per il 2010/11 balzano in alto questo mese, data la prospettiva di ridotte esportazioni. Le esportazioni si sono abbassate di 25 milioni di bushel date le maggiori forniture mondiali di frumento di alta qualità, in particolare dell’Australia, e il ritmo delle spedizioni commerciali di frumento statunitense, nell’ultimo trimestre dell’anno scorso, è più lento del previsto. “Ma ancora i futures sul grano sono vicini a livelli record”. Non c’è nulla di allarmante nel rapporto sulle forniture di carne bovina, pollame, uova, latte, zucchero o riso. Eppure, i prezzi alimentari continuano a salire alle stelle. Le élite globali sanno che cibo ed energia sono essenziali per la vita. Il controllo su questi due beni elementari significa controllo sui popoli.
Dopo le acquisizioni nel 2008 di Swift, Smithfield e National Beef Packers da parte dell’azienda brasiliana di scatolame JBS, vi sono tre conglomerati che controllano oltre l’80% di carne bovina in scatola negli Stati Uniti: Tyson, Cargill e JBS. Queste stesse aziende controllano la maggior parte della fiorente industria del bestiame allevato concentrata nel Kansas e in Colorado. Dominano anche le industrie dei maiali, polli e tacchini. Cargill è il maggiore processore di grano sul pianeta, gestendo al completo metà delle forniture globali di cereali. Quattro colossi non solo possiedono il petrolio, ma praticamente tutte le fonti energetiche del pianeta. Nel mio libro, Big Oil e i suoi banchieri… li ho definiti i Quattro Cavalieri: Royal Dutch/Shell, Exxon Mobil, Chevron Texaco e BP Amoco. Queste imprese controllano il greggio dal pozzo saudita alla pompa di benzina americana, traendo profitto da ogni fase di lavorazione, trasporto e commercializzazione. Mentre i repubblicani reazionari accusano gli ambientalisti per l’assenza di produzione petrolifera negli Stati Uniti, questi giganti del petrolio hanno chiuso i pozzi consentiti in Texas e Louisiana e spostato la produzione in Medio Oriente, dove i lavoratori bangleshi, filippini e yemeniti sono pagati un dollaro al giorno per lavorare negli impianti petroliferi. Royal Dutch/Shell e Exxon Mobil sono i più integrati verticalmente dei Quattro Cavalieri. Questi colossi guidano la carica all’integrazione orizzontale dell’industria energetica, investendo molto su gas, carbone e uranio.
Con la caduta del muro di Berlino, Europa dell’est, Russia, Balcani e Asia centrale furono aperti a Big Oil. Secondo Kurt Wulff dell’impresa d’investimento petrolifera McDep Associates, i Quattro Cavalieri si sono scatenati sui nuovi pascoli dell’Estremo Oriente, vedendo l’incremento patrimoniale, nel 1988-94, seguente: Exxon Mobil 54%, Chevron Texaco 74%, Royal Dutch/Shell 52% e BP Amoco 54%. Il cartello petrolifero Rockefeller/Rothschild ha più che raddoppiato il proprio patrimonio collettivo in sei anni. Russia e Asia Centrale hanno oltre la metà delle riserve di gas naturale del mondo. Royal Dutch/Shell hanno aperto la pista all’estrazione di queste riserve, formando una joint venture con l’Uganskneftegasin per l’enorme giacimento di gas in Siberia in cui Shell detiene una quota del 24,5%. Shell è stato il maggiore produttore mondiale di gas naturale dal 1985, spesso attraverso joint venture con Exxon Mobil. Nel campo del gas naturale al dettaglio negli Stati Uniti, Chevron Texaco possiede Dynegy, mentre Exxon Mobil possiede Duke Energy. Entrambi sono stati protagonisti, assieme ad Enron, nel 2000 dei picchi sul gas naturale che hanno sconvolto l’economia della California, portando al fallimento del principale ente dello Stato, Pacific Gas & Electric. Exxon Mobil ha vasti interessi negli impianti energetici di tutto il mondo, tra cui la piena proprietà della China Light & Power di Hong Kong.
Negli anni ’70 Big Oil investì 2,4 miliardi dollari per l’esplorazione dell’uranio. Controlla ora oltre la metà delle riserve mondiali di uranio, fondamentali per alimentare le centrali nucleari. Chevron Texaco e Shell hanno anche sviluppato una joint venture per costruire reattori nucleari. Exxon Mobil è il primo produttore di carbone negli Stati Uniti e ha le seconde maggiori riserve di carbone dopo la Burlington Resources, l’ex-controllata delle ferrovie BN che nel 2005 fu acquistata dalla Conoco Phillips della famiglia DuPont. Royal Dutch/Shell possiede miniere di carbone nel Wyoming attraverso la controllata ENCOAL e in West Virginia attraverso l’Evergreen Mining. Chevron Texaco possiede Pittsburgh e Midway Coal Mining. Sette dei primi quindici produttori di carbone negli Stati Uniti sono compagnie petrolifere, mentre l’80% delle riserve di petrolio degli Stati Uniti sono controllate dalle nove maggiori aziende. Royal Dutch/Shell e Exxon Mobil stanno frettolosamente comprando altre riserve di carbone. La concentrazione di potere nello spettro energetico non si limita agli USA. In Colombia, Exxon Mobil possiede enormi miniere di carbone, BP Amoco possiede vasti giacimenti di petrolio e Big Oil controlla tutte le vaste risorse non rinnovabili del Paese. Nel 1990 Exxon Mobil importava il 16% del suo greggio estero dalla Columbia. I Quattro Cavalieri hanno investito pesantemente in altre imprese minerarie. Shell detiene i contratti a lungo termine con diversi governi per la fornitura di stagno attraverso la sua controllata Billiton, che possiede miniere in luoghi come Brasile ed Indonesia, dov’è il maggiore produttore di oro del Paese. Billiton s’è fusa con le Broken Hill Properties in Australia diventando il maggiore conglomerato minerario del mondo: BHP Billiton. Shell gode di calde relazioni con la seconda società mineraria del mondo, Rio Tinto, attraverso direzioni storicamente intrecciate. La regina d’Olanda Juliana e Lord Victor Rothschild sono i maggiori azionisti di Royal Dutch/Shell. Shell ha recentemente iniziato ad investire pesantemente nel settore dell’alluminio. Shell Canada è il primo produttore di zolfo del Canada. Shell gestisce gli interessi del legname in Cile, Nuova Zelanda, Congo e Uruguay e una vasta industria dei fiori con aziende agricole in Cile, Mauritius, Tunisia e Zimbabwe. Recentemente, il ramo della Shell BHP Billiton ha annunciato un tentativo di acquisizione ostile da 38,6 miliardi di dollari della canadese Potash Corp. BHP Billiton già possiede Anglo Potash e Athabasca Potash. La proprietà di Potash Corp. gli darebbe il controllo di oltre il 30% del mercato globale del potassio, componente necessaria in qualsiasi coltura agricola. BP Amoco, attraverso la controllata ARCO, è diventata uno dei sei maggiori produttori mondiali di bauxite, da cui l’alluminio è derivato. Ha miniere in Giamaica e in altre nazioni caraibiche. Chevron Texaco controlla oltre il 20% del grande gruppo minerario AMAX, principale produttore di tungsteno negli Stati Uniti e con grandi aziende agricole in Sud Africa e Australia. Exxon Mobil Oil possiede Superior e Falconbridge Mining, grandi produttori canadesi di platino e nichel. Exxon possiede anche Hecla Mining, uno dei maggiori produttori di rame e argento di tutto il mondo, e Carter Mining, uno dei primi cinque produttori di fosfato al mondo, con miniere in Marocco e Florida. I fosfati sono necessari per raffinare l’uranio, mentre l’acido fosforico è la chiave per la produzione petrolchimica, che sempre i Quattro Cavalieri controllano.
Un altro strumento dell’egemonia dei Quattro Cavalieri nel settore energetico è la joint venture. Per decenni prima che Chevron si fondesse con Texaco nel 2001, le società hanno commercializzato prodotti petroliferi in 58 Paesi sotto il marchio Caltex. Hanno inoltre creato le joint venture Amoseas e Topco prima di fondersi. Caltex possiede raffinerie in Sud Africa, Bahrain e Giappone. Nelle Filippine, Caltex e Shell controllano il 58% del settore petrolifero. Quando il dittatore filippino Ferdinand Marcos impose la legge marziale nel 1972, il vicepresidente della Caltex Frank Zingaro commentò: “La legge marziale ha notevolmente migliorato il clima per gli affari”. Exxon e Mobil condivisero molte joint ventures in tutto il mondo, prima della loro fusione nel 1999, tra cui PT Stanvav Indonesia. Royal Dutch/Shell e Exxon Mobil crearono una joint venture sul Mare del Nord chiamata Shell Expro, nel 1964, mentre nel 1972 la Shell si legò con la Mitsubishi in Brunei per la fornitura di petrolio al Giappone. Shell detiene il 34% della Petroleum Development Oman in partnership con Exxon Mobil. Saudi Aramco, Consorzio iraniano, Iraqi Petroleum Company, Kuwait Oil Company e ADCO degli Emirati Arabi Uniti sono tutti collusioni dei Quattro Cavalieri. In Iran, Iraq e Libia questi cartelli furono nazionalizzati, ecco perché il cartello petrolifero Rockefeller/Rothschild ha fatto pagare ai contribuenti degli Stati Uniti l’invasione di Iraq e Libia, continuando a minacciare l’Iran. Il primo contratto petrolifero in Iraq andò a Royal Dutch/Shell, il secondo a BP e il terzo a Exxon Mobil. Così avete il quadro.
Cibo ed energia sono di fondamentali per la vita, ecco perché il Congresso dovrebbe chiudere i casinò degli speculatori come Chicago Mercantile Exchange e NYMEX, e nazionalizzare il monopolio delle industrie alimentari dei Quattro Cavalieri. Dobbiamo formare una Società per l’Energia degli Stati Uniti e una US Food Processing Company che si concentri sulle energie rinnovabili e una dieta diversificata più sana. Tutte cose possibili se mostriamo volontà politica e non siamo spaventati. Dobbiamo rifiutare il “picco del petrolio” e il mito relativo della scarsità di cibo, e affrontare i veri problemi: la concentrazione del potere corporativo e la speculazione.
Dean Henderson è autore di: Big Oil & Their Bankers in the Persian Gulf: Four Horsemen, Eight Families & Their Global Intelligence, Narcotics & Terror Network, The Grateful Unrich: Revolution in 50 Countries, Das Kartell der Federal Reserve, Stickin’ it to the Matrix & The Federal Reserve Cartel. Potete seguirlo su Left Hook.
Traduzione di Alessandro
 

mototopo

Forumer storico
o
Forum
Link



lunedì 21 aprile 2014

La globalizzazione attuale ha fallito


undefined
undefined



Di Marco Mari

Al termine della tragedia della seconda guerra mondiale è nata una corrente di pensiero, poi diventata dominate, sulla necessità di aprire gli Stati al mondo. Grandi discorsi sull’uguaglianza tra le genti e i continenti per uno sviluppo globale ed uniforme del pianeta in modo da scongiurare futuri conflitti apocalittici. Il risultato però non è stato raggiunto: le multinazionali, la finanza e le banche dominano il globo.
Lo spettacolo è deludente: l’Africa nonostante le enormi ricchezze è oggi più povera di 40 anni fa, alcuni paesi dell’America Latina, che comunque resta l’unica zona del mondo dove si contrasta il dominio mondialista, sono in mano ai narcotrafficanti che riforniscono l’Occidente di droga, l’Asia è sempre arretrata e sfruttata dalle multinazionali angloamericane.
Concludendo , una ristretta elite di super-ricchi domina indisturbata su miliardi di persone e non c’è poi da stare allegri neppure per l’Europa perché dall’avvento della moneta unica abbiamo visto cambiare molte cose e non in meglio. La voracità della finanza globale sta uccidendo l’economia reale . Risultato: milioni di posti di lavoro persi e altrettante famiglie nella disperazione.

1397735456.jpg
Banche e finanza hanno preso il potere e dettano legge sugli stati: l’Unione Europea, nata per avvicinare gli Stati si è trasformata così un una gabbia nella quale i più forti mangiano i più deboli nel disinteresse dei rispettivi governi. Con il trattato di Schengen per la libera circolazione delle persone, delle merci e dei capitali si è provveduto alla eliminazione delle frontiere e dei dazi lasciando indifesi i mercati dei paesi più vulnerabili di fronte alla concorrenza di quelli più strutturati.
E’ la regola del più forte che si mangia il più debole: la cooperazione tra Stati dell’epoca del mercato comune europeo è stata sostituita dalla competizione che non porta nulla di buono. Anzi stiamo assistendo all’insorgere di insofferenze tra i popoli: i tedeschi guardano con sufficienza e scherno greci e italiani ritenendoli spreconi; a loro volta i popoli euromediterranei iniziano a detestare tedeschi e scandinavi rei di voler far la parte del leone e così via.
La contrapposizione che vediamo oggi non è più tra destra e sinistra bensì tra sopra e sotto: sopra ci sono le ristrette di finanzieri, banche ed i loro esecutori nei palazzi del potere e sotto centinaia di milioni di inermi cittadini che ogni anno che passa vengono privati di qualche diritto. La democrazia che ci hanno promesso è ferma nei proclami studiati ad arte dei burocrati e politici strapagati e affiliati alle varie massonerie che si spartiscono e allo stesso tempo si contendono il controllo del continente.
Le conquiste dei lavoratori degli anni Sessanta, del diritto alla salute, a una pensione si stanno infrangendo contro il muro eretto dalle lobbies
1397735580.jpg
economico-finanziarie che impongono contratti a tempo determinato e tagli agli stipendi spacciati per recupero di competitività. Pure il voto rischia di diventare un fenomeno ormai superato. Si è visto come in Europa è stato preso il referendum della Crimea e come sono visti quelli prossimi di Scozia e Catalogna. Nessuno ha poi mai eletto la Commissione europea e tantomeno il presidente di questa oscura struttura: pochi autonominati che hanno tra le mani i destini di 400 milioni di persone. A malapena eleggiamo il Parlamento di Strasburgo che tuttavia non ha facoltà di legiferare cioè proporre leggi, ma solo di modificarle.
Attraverso i trattati Eurolandia ha reso inutili le Costituzioni degli Sati e molti referendum proposti dai cittadini. E spesso il voto per l’elezione dei governi nazionali si rivela inutile in quanto le forze politiche che in campagna elettorale si contendono la guida dei paesi finiscono per riunirsi in grandi coalizioni di unità nazionale spacciati “per il bene del paese” tradendo la volontà popolare per qualcosa che il parco buoi non può capire…. Tirando le somme, l’internazionalismo ha portato alla globalizzazione e da qui all’autoritarismo, dove il capitale e la finanza si servono della politica per dettare legge: ecco così la comparsa dell’ “homo economicus” che nasce e vive per consumare e niente più.
I grandi propositi di libertà, equità sociale e democrazia sono ormai una illusione e legati al puro interesse economico che crea attraverso i propri pensatoi e fonazioni schiere di politici allevati in batteria asserviti al suo proprio volere e non al servizio della collettività.
Finchè i popoli non troveranno uomini e donne nuovi e liberi da contaminazioni dei poteri globalizzanti non usciremo da questa gabbia, quest’incubo nel quale ci troviamo nostro malgrado.
Qualcuno di questi uomini e donne coraggiosi inizia a comparire, guarda caso ignorato, denigrato e sbertucciato dai grandi media asserviti al potere dominante. Le cose potranno iniziare a cambiare quando il grosso dei cittadini riuscirà a capire che i partiti tradizionali (destra e sinistra) hanno tradito il loro mandato: fingono di contrapporsi ma poi si accordano sempre.
Succede nei vari paesi della Ue come pure a Strasburgo.

Questa è la post-democrazia del terzo millennio che ci vogliono imporre, ma i popoli sono pazienti e non stupidi come credono loro: ce la giocheremo. Questo sistema economico serve solo ai potenti e non alle genti, prima se ne esce e prima sarà meglio per tutti.

Fonte:http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=23344
 

mototopo

Forumer storico
States, USA, Washington
Una pipeline dalla Russia all’India attraverso la Cina

aprile 19, 2014 Lascia un commento

Rossijskaja Gazeta, Global Research, 17 aprile 2014
I colloqui sulla costruzione del progettato oleodotto Russia all’India dovrebbero concludersi entro la metà del 2014, secondo i funzionari dell’ONGC. Così la Russia cambia direzione politica nell’esportazione energetica mentre la forte domanda di idrocarburi, sia in Cina che in India, tra le maggiori economie del mondo, continua a crescere. I vantaggi sono evidenti, anche quelli relativi ai piani dell’India per divenire membro della Shanghai Cooperation Organization (SCO). La Cina appoggia i rifornimenti via oleogasdotti per l’India, cosa non sorprendente. Una delle opzioni del progetto è la costruzione di un gasdotto dalla regione di Altai al nord dell’India attraverso il nord-ovest della Cina. Il direttore del Centro per gli Studi Strategici sull’Energia della Repubblica popolare cinese, Xia Yishan, dice: “Il progetto è vantaggioso per l’India e la Cina, in quanto consentirà alla Cina di diventare una rotta per il petrolio, oltre ad avere lo ‘status’ di consumatrice del petrolio russo. “Per la Russia, un’ulteriore vantaggio del progetto è rifornire di petrolio il mercato della SCO”. “La Russia e l’India hanno concordato la costituzione di un gruppo congiunto per studiare la possibilità di trasportare direttamente via terra gli idrocarburi” afferma la dichiarazione congiunta di Vladimir Putin e Manmohan Singh di dicembre. La discussione del progetto iniziò nel 2005. Alla fine dello scorso anno, ONGC ne ha sostenuto l’attuazione dicendo: “Il gasdotto dalla Russia appare adeguato. I dettagli del progetto saranno chiariti con i partner russi“. Secondo il direttore dell’agenzia del gas Mikhail Ermolovich, il progetto potrà essere associato alla creazione di una joint venture petrolchimica russo-indiana in Gujarat. Gli investimenti in questa impresa sono stimati 450 milioni di dollari e la sua capacità in 100000 tonnellate di prodotti finiti all’anno. In generale, l’India programma l’aumento significativo delle sue riserve di oro nero, per via dell’aumento della domanda interna. Il segretario del Ministero degli Esteri indiano Ajay Bisaria ha detto che “nel 2013, gli acquisti di petrolio in Russia ammontavano a 176 milioni di dollari, ma l’India intende acquistarne di più. Ciò richiede una rotta via terra“. Fino al 35 per cento del gasdotto passa in territorio montagnoso. Il costo preliminare del progetto sarebbe di 30 miliardi di dollari e il completamento della costruzione è previsto per il 2020-2022.
Riguardo il mercato occidentale, per via della crisi nell’eurozona la domanda di petrolio è assai volatile. Inoltre, se vuole “fare pressione” su Mosca, l’UE può aumentare l’importazione di greggio da Norvegia, Nord Africa, Golfo e Trinidad, ma questo è un problema dell’UE. In aggiunta a ciò, l’UE si lamenta dei prezzi interni bassi di petrolio e gas in Russia, è per questo molte merci prodotte in Russia vengono tassate con restrizioni antidumping. Timur Nigmatullin, analista d’Investkafe ha detto: “L’uso delle cosiddette rettifiche sull’energia da parte dell’Unione europea, appare un tentativo di ridurre uno dei principali vantaggi competitivi della nostra economia. Tale approccio ha introdotto dazi antidumping ingiustificati, motivo per cui le aziende russe ogni anno perdono più di 600 milioni di dollari“. In breve, vi è la necessità di nuovi mercati, in particolare quelli in cui si sviluppano i processi d’integrazione con la partecipazione della Russia. Si tratta soprattutto della SCO. “La crescita dei mutui investimenti in Russia e Cina è accompagnata dalla maggiore attività del business russo e cinese negli altri Paesi della SCO”, ha detto il presidente dell’Organizzazione internazionale dei creditori Robert Abdullin. “La crescita economica in questi Paesi è più favorevole di quanto lo sia nei Paesi industrializzati”. Paesi come India, Pakistan, Mongolia, Vietnam e loro vicini sarebbero naturalmente attratti dalla stretta collaborazione con la SCO, comprese le partnership nell’energia.
Copyright © 2014 Global
 

mototopo

Forumer storico
Pubblicato da Fabiano Montanari a 10:27 http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=5059412735603746405&postID=5949106184504028190&from=pencil
icon18_edit_allbkg.gif
http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=5059412735603746405&postID=5949106184504028190&from=pencil

Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest

Fact Checking alle argomentazioni PRO-EURO: smontate una per una




http://blogs.telegraph.co.uk/news/files/2011/11/euro-break.jpg
euro-break.jpg
http://blogs.telegraph.co.uk/news/files/2011/11/euro-break.jpg







PREMESSA: LE ARGOMENTAZIONI A FAVORE DELL’USCITA DELL’EURO
Da tempo scrivo sulla questione Euro, ed irrimediabilmente, a valle di articoli argomentati di analisi e numeri, mi ritrovo contestazioni sulla questione. Si badi bene che non ho scoperto l’acqua calda, ma semplicemente ho visto le tesi ed il dibattito internazionale, ed interpretandoli, li ho condivisi coi lettori. Le tesi che la crisi che attanaglia l’Euro-zona e’ una crisi che nasce dal fatto che s’e’ introdotta una Valuta unica (Euro) senza fare prima tutte le cose necessarie a far funzionare il meccanismo (armonizzazione mercati del lavoro e sistemi fiscali, meccanismo trasferimenti interno, unione politica) e che portano inevistabilmente a squilibri legati ad una crisi di bilancia dei pagamenti e’ opinione condivisa da Krugman, Roubini, Manchau, Bagnai, etc.
Qui gli articoli sul tema piu’ importanti:
Capire la Crisi dell’Europa in 9 slides (per Super-Dummies) (clicca sul titolo per aprirlo)
Esclusiva – L’Intervista in forma integrale all’economista Alberto Bagnai – Euro e Crisi (clicca sul titolo per aprirlo)
Esclusiva Analisi: simulazione di cosa accadrebbe con e senza EURO. (clicca sul titolo per aprirlo)
EURO: Analisi di dettaglio del perche’ all’Italia conviene uscire (clicca sul titolo per aprirlo)
Analisi della Svalutazione del 1992-1995 (clicca sul titolo per aprirlo)
LE ARGOMENTAZIONI DEL RIMANERE NELL’EURO
Le argomentazioni a favore del restare nell’Euro che ho avuto modo di leggere sui Media nazionali ed internazionali, non sono MAI numeriche ed analitiche, ma tendenzialmente sprezzanti e senza alcun background storico. Generalmente si basano su 2 concetti:
a) Introdurre il concetto di PAURA attraverso falsita’ o verita’ parziali (ripeto MAI supportate da dati)
b) Demolire le tesi altrui con argomentazioni MORALI
Ovviamente sono le stesse tesi che il Potere, attraverso i media vuole che passino nelle masse, e guarda caso ci riesce benissimo. Comunque, ipotizziamo che siano in buona fede ed analizziamole, e lo facciamo come di consueto non con Filosofia o Leviatani, ma con Dati, Numeri e Logica, nella speranza di vedere sulla questione un Dibattito onesto ed analitico:
1) LA CRISI EUROPEA E’ LEGATA AI DEBITI ED AGLI SPRECHI DEI PAESI PERIFERICI
FALSO terroristico. Nell’epoca euro nei periferici i conti pubblici dei periferici hanno avuto andamenti migliori rispetto a quelli Tedeschi (in Germania e Francia il Debito pubblico e’ salito, mentre nei periferici in genere e’ sceso). Gli squilibri sono stati nel settore privato e nei debiti esteri. I periferici hanno senza dubbio problemi (che vanno affrontati) ma la crisi ha evidentemente cause diverse.
http://se1.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/03/gpg1-107-Copy-Copy.jpg
http://se1.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/03/gpg1-107-Copy-Copy.jpg
gpg1-107-Copy-Copy.jpg
http://se1.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/03/gpg1-107-Copy-Copy.jpg

2) IL RITORNO ALLE VALUTE NAZIONALI E’ UN SALTO NEL BUIO
FALSO ideologico. Le valute nazionali sono la norma da secoli, mentre le Valute Sovrannazionali (o l’aggancio a Valute estere, adottandole o fissando cambi fissi) e’ l’eccezione, ed ha sempre portato alla disgregazione del sistema, per la creazione di squilibri non governabili.
http://se2.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/04/gpg1-109-Copy-Copy.jpg
gpg1-109-Copy-Copy.jpg
http://se2.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/04/gpg1-109-Copy-Copy.jpg

3) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE VI SAREBBE UNA SVALUTAZIONE PAUROSA, DEL 40, 50 O 60%
FALSO storico. Quando vi sono state svalutazioni (conseguenza di rottura di sistemi a cambi fissi), l’entita’ delle svalutazioni e’ generalmente pari, a parte oscillazioni iniziali, al differenziale di inflazione accumulato nel periodo a cambi fissi con la nazione piu’ forte cui si e’ adottato il cambio. Non lo dico io, lo dice la storia economica mondiale.
http://se1.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/04/gpg1-110-Copy-Copy.jpg
gpg1-110-Copy-Copy.jpg
http://se1.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/04/gpg1-110-Copy-Copy.jpg

4) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE VI SAREBBE UN’INFLAZIONE GALOPPANTE, un litro di latte o di benzina costerebbe 5.000 Lire
FALSO storico. Quando vi sono state svalutazioni (conseguenza di rottura di sistemi a cambi fissi), l’inflazione e’ sempre stata pari ad una frazione dell’entita’ della svalutazione. L’abbiamo spiegato con dati in svariati articoli, ma repetita juvant. Anche qui lo dice la storia.
http://se2.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/04/gpg1-111-Copy-Copy.jpg
gpg1-111-Copy-Copy.jpg
http://se2.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/04/gpg1-111-Copy-Copy.jpg

5) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE I TASSI SAREBBERO GALOPPANTI
FALSO storico. Quando vi sono state svalutazioni (conseguenza di rottura di sistemi a cambi fissi), i tassi salgono prima delle svalutazione (proprio perche’ anticipano l’evento). Dopo la svalutazione immancabilmente, storicamente scendono. Qui l’Italia nel 1992.
http://se2.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/04/ITALIA_tassi-di-interesse_1992_1993.jpg
ITALIA_tassi-di-interesse_1992_1993.jpg
http://se2.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/04/ITALIA_tassi-di-interesse_1992_1993.jpg

6) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE l’ECONOMIA REALE SAREBBE MENO COMPETITIVA
FALSISSIMO. E’ vero il contrario e qui TUTTI gli indicatori dell’economia reale lo confermano. Ne allego uno per tutti: la produzione industriale della Germania e dell’Italia. Si vede chiaramente che l’Italia ha fatto decisamente meglio in coincidenza della svalutazione, mentre la Germania ha fatto meglio in regime di cambi semi-fissi (anni 80 fino al 1991) e con l’Euro (specie dopo il 2000). La cosa e’ riscontrabile su tutti gli indicatori e va estesa a tutti i paesi dell’euro. Vale comunque SEMPRE, in ogni esperienza storica a cambi fissi.
http://se2.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/04/germany.jpg
germany.jpg
http://se2.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/04/germany.jpg

7) LA MONETA E’ UN FALSO PROBLEMA, VISTO CHE IL MONDO E’ CAMBIATO E C’E’ LA CINA
FALSO da ignoranza. Non ci perdo troppo tempo visto che feci un’ampia analisi a riguardo che vi ripropongo: Analisi della Competitivita’ dell’Export di Italia, Germania e Cina: l’Italia resta piu’ temibile del Dragone per l’export tedesco
http://se2.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/04/italia-germaniacina-2-by-gpg.jpg
italia-germaniacina-2-by-gpg.jpg
http://se2.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/04/italia-germaniacina-2-by-gpg.jpg

8) PERCHE’ ATTACCHI L’EFFICIENTE E LAVORATRICE GERMANIA E DIFENDI GLI INEFFICIENTI ED IMMORALI PAESI PERIFERICI? LA GERMANIA STA ALL’EUROPA COME LA LOMBARDIA STA ALL’ITALIA.
FALSO macro-economico. Il paragone non regge per niente, perche’ la Lombardia da’ al resto l’Italia TRASFERIMENTI pari al 12% del suo PIL, la Germania un misero 0,3%. Questo numero da solo dice tutto.
Come ripetuto 1000 volte un unione valutaria fuziona se ci sono delle precondizioni: A) forti trasferimenti interni in sussidiarieta’ B) un mercato del lavoro ed un sistema legislativo e fiscale comuni C) Un centro politico unitari.
In Italia vi sono tutti e 3 questi fattori (sia pure con enormi storture), in Europa no. Qui trovate l’analisi completa: Lombardia sta ad Italia, come Germania sta ad Unione Europea? Non proprio….
http://se1.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/04/germania-lombardia.jpg
germania-lombardia-300x127.jpg
http://se1.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/04/germania-lombardia.jpg

9) SE USCIAMO DALL’EURO, LE ALTRE NAZIONI EUROPEE CI FANNO A FETTINE E METTONO BARRIERE.
FALSO terroristico. Anche qui c’e’ un evidente mancanza di logica e conoscenza della storia. L’affermazione sopra e’ insostenibile per 2 ragioni:
a) Se l’Italia esce dall’Euro, e’ evidente che ne uscirebbero almeno meta’ delle nazioni (nel caso minore) o tutte (piu’ realisticamente). Per esempio la sola uscita dell’Italia dall’EURO costerebbe alla Francia, restando questa ancorata alla Germania ed alla valuta unica, il passare da un Deficit Commerciale abnorme, ad uno immenso, con banali conseguenze. Se escono tutti o quasi, non vedo perche’ tutti debbano prendersela con l’Italia.
b) Storicamente, nelle varie crisi dove una valuta s’e’ sganciata da altre, non s’e' MAI verificato l’ingabbiamento commerciale del paese stesso, semplicemente perche’ impossibile da fare e perche’ sarebbe sconveniente nel medio periodo a chi lo attua. Avverra’ parimenti in Europa
10) SE USCIAMO DALL’EURO, PERDIAMO I TRASFERIMENTI DALL’UNIONE EUROPEA.
ECCHISSENEFREGA!!! L’Italia inspiegabilmente regala quasi lo 0,4% del suo PIL (piu’ della Germania), circa 6 miliardi all’anno di euro, al resto d’europa. Durante le crisi degli stati ha generano decine di migliardi di nuovo debito pubblico a favore di altri. Se usciamo dall’euro da questo punto di vista non potremo che guadagnarci.
11) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE SAREMO TUTTI PIU’ POVERI ED I CONTI PUBBLICI PEGGIOREREBBERO
FALSISSIMO. E’ vero unicamente se uno percepisce redditi in Italia e li spende all’estero. Ma per la quasi totalita’ dei residenti italiani accadrebbe il contrario. Tutte le simulazioni numeriche fatte all’estero dicono il contrario. Oggi siamo nell’EURO e stiamo conoscendo una depressione economica impressionante e mai l’economia italiana e’ andata peggio. Qui la nostra simulazione del PIL nominale restando ed uscendo dall’euro, sia del PIL nominale che del Debito.
http://se2.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/03/gpg1-87-Copy-Copy.jpg
gpg1-87-Copy-Copy-638x1024.jpg
http://se2.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/03/gpg1-87-Copy-Copy.jpg

12) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE L’ITALIA VEDREBBE ESPLODERE IMMEDIATAMENTE IL DEBITO PERCHE’ I DEBITO SONO IN EURO.
FALSO. Lo Stato onorerebbe il debito in valuta locale, non in euro (Lex Monetae). L’onere del debito non aumenterebbe; i creditori esteri hanno gia’ incorporato la svalutazione nello spread, ed anzi il tasso diminuirebbe. Inoltre come visto aumenterebbe il PIL nominale, comprimendo il debito stesso.
gpg1-89-Copy-Copy-588x1024.jpg

13) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE LA BANCA CENTRALE EUROPEA NON FINANZIEREBBE PIU’ IL NOSTRO SISTEMA BANCARIO, SI BLOCCHEREBBE QUALUNQUE PAGAMENTO E ESPORTAZIONE E CROLLEREBBE TUTTO
FANTASIOSO. Chiariamo il punto di vista secondo logica:
a) Se a svalutazione avvenuta i paesi CREDITORI bloccassero il nostro sistema bancario spingendo l’Italia al Default (ammesso che riescano nell’intento), altro non farebbero che spingere l’Italia a non ripagare i debiti verso essi stessi. Se facessero cosi’ sarebbero degli auto-lesionisti. Tra l’altro l’Italia ha un SALDO PRIMARIO ATTIVO e non avrebbe in caso di default necessita’ di finanziarsi all’estero.
b) Se torna la Valuta Nazionale, torna anche la Banca Centrale Nazionale, e quindi qualcosa che quasi certamente svanirebbe (la BCE), non si sa bene quali minaccie potrebbe compiere.
c) Le minaccie da che mondo e mondo si fanno per “evitare†un evento. Ad evento successo, la minaccia e’ un non senso.
d) Nornalmente i DEFAULT avvengono quando si esaurisce la CASSA. L’Italia ha una CASSA pari al 21% del PIL (oltre 300 miliardi di Euro) in Oro, Valute, Riserve, etc.
Direi che non c’e’ molto altro da aggiungere. Sull’ipotesi di blocco di ogni pagamento ed esportazione in europa, e’ un po’ come commentare l’ipotesi del ritorno della Peste Nera e delle 7 piaghe d’Egitto, per cui evito.
14) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE DILAGHEREBBE LA CORRUZIONE E LA BUROCRAZIA
FALSO Morale. Tutte le statistiche ed indicatori dicono che la posizione dell’ITALIA in tema di corruzione ed efficienza dei servizi pubblici (connessa con la burocrazia ed efficienza pubblica) durante l’era EURO e’ peggiorata.
15) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE SVANIREBBE LA DEMOCRAZIA, IL LIBERO SCAMBIO ED IL SOGNO EUROPEO
ROMANTICISMO ISTERICO. La struttura che muove le decisioni dell’Eurogruppo non ha niente di democratico.
L’imporre cicli di austerita’-recessione-poverta’-tracollo conti pubblici non ha niente di razionale ed UCCIDE IL MERCATO interno.
Il peggior nemico dell’Integrazione europea e’ proprio l’EURO, la costruzione folle che c’e’ alle spalle a governarlo e la follia della gestione della crisi che porta la crisi stessa ad essere eterna ed a perpetuare se’ stessa, ampliando le forze anti-europee e seminando le basi per la distruzione dell’Eurozona.
Tornare alle valute nazionali, con un mercato unico e’ la sola possibilita’ per l’Europa per ricominciare un percorso di unione politica, la cui unione valutaria sia l’ultimo anello della catena, e non il primo.
16) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE CI SAREBBE IL CAOS, MENTRE L’EURO DA’ STABILITA’.
FALSO EVIDENTE ANCHE AD UN CIECO. Il caos c’e’ adesso, da ormai 4 anni, grazie a questo ESPERIMENTO chiamato EURO. L’EURO ha introdotto RIGIDITA’ e non ha un sistema in grado GESTIRE GLI SQUILIBRI INTERNI. Coi cambi e le valute nazionali, queste avrebbero una forza conseguente alla forza degli stati stessi. In sintesi l’EURO e’ una costruzione artificiale che spinge ad una perenne crisi interna ed a contrasti in cui alla fine la spunta sempre il piu’ forte (cioe’ non l’Italia). TUTTI gli esperimenti di CAMBIO FISSO sono finiti in malomodo, SEMPRE (a meno di non aver fatto PRIMA un unione politica, dei mercati del lavoro, dei sistemi fiscali, etc).
17) IL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE E’ IMPOSSIBILE, PERCHE’ NON CI CONSENTIRANNO DI USCIRE. L’EURO E’ IRREVERSIBILE.
FALSO RELIGIOSO. La STORIA offre centinaia di casi di Imperi e situazioni irreversibile che immancabilmente sono crollati, a causa in primis delle proprie contraddizioni interne. E’ comunque ovvio che tecnicamente l’uscita non sia affatto cosa semplice, ma se c’e’ la volonta’ di fa.
18) L’EURO E’ UNA COSA BUONA PERCHE’ CI DA’ IL “FATTORE DIMENSIONALE PER COMPETERE†MENTRE CON LA VALUTA NAZIONALE SAREMO DEI NANETTI.
CONFUSI. Qui chi dice cio’ fa confusione tra l’UNIONE POLITICA EUROPEA (che non c’e') e l’EURO.
L’EURO in se’ non vuol dire niente di niente. Certamente, c’e’ chi ha l’ambizione di vedere l’EURO prendere il posto del DOLLARO come valuta di riserva e scambio mondiale, ed essere cosi’ in grado di imporre condizioni al resto del mondo, ma per fare cio’ oltre all’Unione Politica, Fiscale, Valutaria e dei mercati del Lavoro, bisognerebbe pure investire massicciamente in armamenti. Oggi tra l’altro l’EURO pesa nelle riserve delle banche centrali meno di quanto pesavano 15 anni fa le varie valute nazionali.
Vicino casa abbiamo la SVIZZERA ed in giro per il mondo tanti esempi di piccole nazioni che competono benissimo col resto del mondo. Quanto all’egemonia Mondiale, direi che l’Europa per una serie di ragioni (anche demografiche) puo’ tranquillamente scordarsela.
L’Europa, Euro o non Euro, puo’ tranquillamente continuare ad essere un area di libero scambio, e se vi fosse maggior coordinamento (e non certo la valuta unica) potrebbe andare in giro per il mondo cogliendo determinate opportunita’ che effettivamente il fattore scala puo’ facilitare.
http://se2.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/04/doll.bmp
doll.bmp
http://se2.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2013/04/doll.bmp

19) L’EURO CONSENTE A TUTTE LE NAZIONI PERIFERICHE DI ALLINEARSI ALLE NAZIONI PIU’ EVOLUTE, DIVENTARE PIU’ EFFICIENTI, SERIE, RESPONSABILI.
RISATA!!! Con l’EURO e’ accaduto OVUNQUE in Europa esattamente l’Opposto. E la cosa e’ ovvia: l’EURO deresponsabilizza proprio le nazioni piu’ deboli (la cosa e’ avvenuta grazie all’afflusso di capitali dal cuore d’europa alimentando l’economia reale).
20) COL RITORNO ALLA VALUTA NAZIONALE E’ VERO CHE L’ECONOMIA SI RIPRENDEREBBE, MA LA PRESENZA DI UNA CLASSE POLITICA IRRESPONSABILE POTREBBE VANIFICARNE I VANTAGGI
VERO. Questa e’ l’unica argomentazione che dal mio punto di vista regge, anche se siamo nel campo delle opinioni. Cio’ pero’ non spingerebbe nessuno, lucido di mente, a non tornare alla valuta nazionale. Non tornare alla valuta nazionale sta impoverendo l’Italia e mezza Europa ad una velocita’ mai vista, ed interompere tale processo e’ perfettamente razionale e logico.
CONCLUSIONI:
Il ritorno alla Valuta Nazionale, non risolve i problemi dell’Italia (di cui ho parlato tante volte e fatto proposte operative specifiche). Ma e’ altrettanto certo a mio avviso che una permanenza nell’euro non puo’ che spingere l’Italia verso un impoverimento complessivo nazionale, che non ha niente di taumaturgico. Per cui non c’e’ alcuna ragione razionale per non tornare alla Valuta Nazionale, preparandosi a tale evento (che personalmente ritengo inevitabile, come insegna la storia).
Il dibattito sull’EURO in Italia e’ assolutamente avvilente, perche’ come detto in calce, basato su pregiudizi morali e non su analisi, ricerche, dati e studio della storia. Mi auguro questo articolo spinga i lettori non tanto ad essere a favore o contro l’euro, quanto ad affrontare questi argomenti in modo serio, logico ed analitico, supportando le proprie tesi in modo dovuto, come abbiamo cercato di fare in questo lungo articolo.
 

mototopo

Forumer storico
e nn ha affrontato tutti i temi. proprieta' della moneta.addebito all'atto dell' emissioneal nuovo propietario,divorzio banca italia-ministero ecc ecc ecc le clear house in Lussemburgo...........................................................nn finiamo piu'
 

Users who are viewing this thread

Alto