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SCOOP Bankitalia: la manina visibile del Presidente della Repubblica
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6 febbraio 2014 |
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Autore Redazione | Stampa articolo
di Nicoletta Forcheri
http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.it/2014/02/scoop-bankitalia-la-manina-visibile-del.html
SCOOP Bankitalia: la manina visibile del Presidente della Repubblica

Aveva già regalato 7500000 di euro a Bankitalia il 1 gennaio 2014!

Colpo di mano del presidente della Repubblica: aveva già approvato la modifica dello statuto di Bankitalia, con tanto di ricapitalizzazione, un mese prima del decadimento dei termini, ossia il 27 dicembre in piena vacanza natalizia. Nel decreto si legge che il nuovo statuto entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Il decreto viene pubblicato il 31 dicembre 2013, GU Serie Generale 305, lo statuto è modificato il giorno 1 gennaio 2014. Firmato da Napolitano, Letta e Saccomanni.
Così recita il decreto del presidente (cfr. http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2013/12/31/13A10691/sg):

Assolutamente da ascoltare. Telefona Napolitano e impone…

…volevo segnalare questo interessantissimo e documentatissimo resoconto: (cliccare sotto)
http://www.youtube.com/watch?v=VGoFXRQhmIA

Cosa ha combinato Nitto Palma? Come fu eletto Palma? E il giorno che venne in Senato anche Giggino a’Purpetta?!
Estratto di Domenica 26 gennaio presso l’Hotel Savoy di Pesaro, il MoVimento5Stelle di Pesaro ha ospitato Ferdinando Imposimato, Presidente Onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione.
Lorenzo Acerra
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aquilarealeatapple

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Beppe Grillo indagato: rischia 5 anni

a me sa di pagliacciata la situazione che la magistratura ha creato comunque :

istigazione ai militari a disobbedire agli ordini , son ridicoli , sembra di vedere auriti e la denuncia per temerarietà , ma i militari hanno la piena facoltà di intendere e volere quando sono in servizio ? Qualcuno può consigliare ai militari quali siano i comportamenti onorevoli da tenere per rispettare i cittadini ma essi militari sono liberi di ascoltare o meno i consigli .. ormai sono alla frutta sia i poteri che la procuratura di torino
 
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La Germania ha ottenuto tutto senza concedere nulla.
Le banche tedesche che lavorano con leve spropositate per speculare a rischio su titoli tossici saranno graziate dagli stress test di Draghi. Mentre come al solito sarà penalizzato il sistema bancario italiano, storicamente meno propenso al rischio e quindi più virtuoso di quello tedesco e, in generale, anche di quello anglosassone.. Perché?
L’Unione Bancaria «è la dimostrazione di come il governo tedesco delle larghe intese vuole l’Unione Europea: una unione centralizzata, diretta dalle élites finanziarie tedesche, a vantaggio esclusivo della Germania e a svantaggio degli altri Paesi deboli e debitori del sud Europa.»
Saccomanni, perché festeggi i tuoi fallimenti?
Van Rompuy: “L’Unione Bancaria è il più grande passo in avanti dopo l’euro.” Già. Proprio per quello io mi preoccupo..
Tra l’altro, tutto ciò offre una visione inquietante sulla vicenda della sostanziale privatizzazione di Bankitalia, che apre la strada al totale controllo esterno, magari proprio tedesco, sulla finanza italiana!
Cesarito
_________________
(Ecco il link all’articolo sul blog Libreidee a cura di Giorgio Cattaneo)

«Quando, alla fine del 2014, le regole dell’unione bancaria cominceranno ad essere applicate, una banca in grande e seria difficoltà come in Italia Mps incontrerebbe dei problemi ancora maggiori e potrebbe rischiare veramente di chiudere se non fosse nazionalizzata o ceduta all’estero». Lo stesso Draghi avverte: molte banche dovranno chiudere, con le nuove regole decise a dicembre dai governi europei. Con l’unione bancaria in arrivo, secondo Enrico Grazzini la BCE annuncia di fatto «un’altra crisi potenzialmente dirompente dopo quella drammatica dei debiti sovrani». Soluzione che «favorisce l’inasprimento della crisi europea, non risolve la deflazione in corso e indebolisce le banche del sud a favore delle banche dei paesi più ricchi, Germania in testa». Lo riconosce anche Wolfgang Munchau, grande esperto di euro-economia. Che sul “Financial Times” scrive: «Perché i paesi europei si accontentano di stringere questi patti disgustosi?
Per usare una metafora: perché i tacchini continuano a votare a favore del Natale?».
L’unione bancaria europea, spiega Munchau, «è esattamente quella voluta dal ministro delle finanze Wolfgang Schäuble», il super-falco di Angela Merkel. «I contribuenti tedeschi non pagheranno nulla per la ristrutturazione delle banche estere e nessuna banca tedesca verrà mai chiusa». Sicché, «la Germania ha ottenuto tutto quello che voleva senza concedere nulla», proprio come per il Fiscal Compact: «Ha imposto la disciplina fiscale a tutta l’Europa in cambio di niente». Munchau è sconcertato: tutti i ministri – tra cui ovviamente il nostro Fabrizio Saccomanni – hanno gridato alla “svolta storica” «solo per non perdere la faccia di fronte al loro completo fallimento», perché «nulla di quello che avevano proposto è stato accettato». Volevano un fondo pubblico europeo in grado di provvedere alle ristrutturazioni bancarie in caso di “crisi sistemiche” e di garantire i correntisti? Niente da fare. La verità, dice Munchau, è che non hanno ottenuto nulla «semplicemente perché non sono in grado di coalizzarsi contro i diktat della Germania – la quale non vuole nessun fondo comune che metta a rischio le sue finanze per coprire i problemi altrui».
I governi del sud Europa non hanno fiducia l’uno dell’altro, dice Munchau: non vogliono coalizzarsi, e quindi il governo Cdu-Spd riesce facilmente a imporre la sua ferrea volontà. «Il dramma è che non esiste alcuno statista europeo in grado di opporre una cooperazione solidale ed efficace di fronte alla visione unilaterale tedesca». L’unione bancaria «è la dimostrazione di come il governo tedesco delle larghe intese vuole l’Unione Europea: una unione centralizzata, diretta dalle élite finanziarie tedesche, a vantaggio esclusivo della Germania e a svantaggio degli altri paesi deboli e debitori del sud Europa. Una unione foriera di crisi senza fine». Perché il governo italiano dovrebbe rifiutare questa unione bancaria? «Perché non solo non risolve nulla – annota Grazzini su “Micromega” – ma potrebbe avere un micidiale effetto boomerang, ovvero amplificare le difficoltà delle banche». Non a caso, Draghi ha già avvertito che «con l’esame della Bce le banche deboli dovranno chiudere».
A monte, la trappola è sempre la stessa e si chiama euro: l’impossibilità di emettere moneta sovrana costringe i governi a ricorrere ai titoli di Stato per finanziare il proprio debito pubblico (il debito funzionale e fisiologico, quello che serve per garantire i servizi e quindi sostenere l’economia vitale), e questo alla lunga – il caso di insolvenza – mette in pericolo le banche che quei titoli pubblici detengono. In teoria, ricorda Grazzini, il progetto di unione bancaria doveva servire a questo: spezzare il legame tra il rischio rappresentato dalle grandi banche sistemiche e quello degli stati dell’Eurozona – ovvero non indebolire le banche del Sud Europa, piene di titoli di Stato dei loro paesi. L’unione, inoltre, sarebbe dovuta servire a proteggere i risparmiatori europei con un fondo comune europeo di garanzia (per evitare la fuga all’estero dei correntisti in caso di una crisi nazionale), garantendo anche l’uniformità delle condizioni del credito: oggi le aziende italiane pagano tassi d’interesse bancari più alti rispetto a quanto pagano le aziende tedesche alle banche del loro paese. Bene, nessuno di questi ragionevoli obiettivi sarà raggiunto, sostiene Grazzini: l’unico risultato sarà un ulteriore vantaggio dell’economia tedesca a spese di quella del resto d’Europa.
Schäuble ha rifiutato in partenza ogni meccanismo di mutualizzazione con copertura di fondi pubblici, togliendo ossigeno a qualsiasi possibilità anti-crisi. E i ministri europei delle finanze «hanno deciso quello che perfino Draghi aveva implorato segretamente la Commissione Europea di non fare – cioè far pagare gli obbligazionisti e i creditori – per non rischiare di far precipitare le crisi bancarie», secondo il modello Cipro. Così, grazie a Schäuble, i privati (azionisti, obbligazionisti e correntisti con oltre 100.000 euro di deposito) si faranno carico in prima persona delle difficoltà delle banche in crisi, e solo in seconda battuta interverranno i fondi nazionali: non sostenuti con moneta sovrana – missione impossibile nell’Eurozona – ma creati grazie a nuove tasse. In ultimissima istanza, tra dieci anni, interverrebbe «un esiguo fondo europeo di 55 miliardi, sempre di origine bancaria – cioè solo lo 0,2% circa del patrimonio complessivo delle banche europee – anche se si prevede che le banche dovranno ricapitalizzarsi per circa 100 miliardi».
L’accordo fa acqua da tutte le parti, insiste Grazzini: appena una banca sarà percepita in difficoltà, «i correntisti, gli azionisti e i creditori fuggiranno, creando un circolo vizioso di diminuzione del valore e di ulteriore fuga». Il caso Cipro insegna: «Si incentiva il meccanismo di panico che condanna le banche dei paesi deboli a vantaggio delle banche dei paesi forti». In Italia, continua l’analista, ci sono 2,7 miliardi di bond bancari subordinati in scadenza nel 2014 e 4,6 nel 2015. Gli investitori a rischio reagirebbero al timore di essere colpiti vendendo i bond. Interverrebbero allora gli speculatori e i fondi-avvoltoio per “salvare le banche”. Probabilmente nascerebbe una serie infinita di ricorsi in tribunale. Al che, «per evitare il fallimento delle banche e la corsa al ritiro dei depositi, gli Stati nazionali dovranno intervenire» nell’unico modo ormai possibile, ovvero «con i soldi dei contribuenti», ottenuti a suon di tasse. Risultato: «I paesi deboli si indeboliranno ancora di più e si avvicineranno all’orlo del baratro».
Ma c’è di più, continua Grazzini: Draghi sta avviando gli stress test (ovvero degli esami preventivi di solvibilità in caso di crisi) su circa 130 banche europee, tra cui 13 italiane – ma sono escluse le casse di risparmio tedesche, che Schäuble non ha voluto comprendere negli stress test – per verificare se sarebbero in grado di sopportare un grave peggioramento della situazione economica. E quali saranno i criteri applicati dalla Bce per gli stress test? I fattori di rischio che potrebbero portare le nostre banche al fallimento sono sostanzialmente tre. Primo: la leva finanziaria troppo elevata rispetto al capitale proprio – leva che di solito viene usata dalle banche per speculare sui mercati finanziari “ombra”, come quello dei derivati e dei titoli tossici. Secondo: l’acquisto di titoli di debito sovrano di paesi con elevato debito pubblico, come l’Italia. Terzo: i crediti in sofferenza e inesigibili.
«Le banche del nord Europa, in particolare quelle tedesche e francesi, hanno una leva spropositata. Hanno un attivo pari a 30-40-50 volte il loro capitale». Per intenderci: «Deutsche Bank e Credit Suisse hanno una leva di circa 50, la francese Crédit Agricole del 62, contro una leva di circa 18 di Intesa e Unicredit. La leva – legata a capitali presi a prestito – amplifica enormemente i rischi sistemici e delle singole banche, anche perché serve soprattutto a investire nel trading, cioè su titoli obbligazionari, azionari e derivati ad alto rendimento ma, appunto, molto volatili e ad alto rischio. I ricavi di Deutsche Bank derivano per esempio al 75% circa dal trading, e non da prestiti alle imprese e alle famiglie. In pratica gran parte dei maggiori istituti europei fanno le banche d’affari invece di prestare denaro alle imprese e alle famiglie». Al contrario, «le banche del sud Europa (Italia compresa) fanno meno attività speculativa, hanno in pancia meno titoli tossici, ma hanno invece il problema di avere investito molto sui titoli pubblici del loro paese e di avere molti crediti in sofferenza, a causa della crisi economica pesante attraversata dai loro paesi: in Italia le banche hanno in pancia circa 450 miliardi di titoli pubblici e hanno sofferenze per circa 150 miliardi».
Domanda: quanto peseranno i diversi fattori di rischio negli stress test? La BCE considererà più rischioso – come dovrebbe essere – avere una leva abnorme e molti titoli tossici, o avere invece investito sui titoli pubblici del proprio paese? «Se, come sembra possibile, verrà sottovalutato il rischio derivato dalla leva finanziaria, dal trading e dalla speculazione, le banche del nord Europa si salveranno e supereranno l’esame senza troppe difficoltà. Se invece sarà considerato molto rischioso detenere titoli di debito pubblico del proprio paese, allora parecchie banche dei paesi del sud Europa verranno praticamente condannate (insieme ai bilanci pubblici dei loro paesi)». A quel punto, «le banche del sud che non supereranno l’esame della Bce dovranno ricapitalizzarsi, cioè aumentare ulteriormente il loro capitale», ma è facile immaginare che «troverebbero pochi capitalisti nazionali pronti a mettere il loro denaro in banche in difficoltà».
Ecco allora che «le banche meno solide del sud Europa potrebbero semplicemente fallire, come ha avvertito Draghi. O potrebbero essere facilmente acquisite a poco prezzo da quelle del nord Europa». Così, «parte del risparmio nazionale potrebbe finire in mano alle banche estere dei paesi “meno stressati”». Ecco perché questa unione bancaria non s’ha da fare: certo «non risolve il problema del credito alle imprese e alle famiglie», e inoltre «rischia di premiare le banche maggiori che speculano e di bocciare le banche che investono nell’economia reale». Verità sanguinosa: il problema delle banche italiane – il debito pubblico – sarebbe risolvibile di colpo, all’istante, uscendo dall’euro o trasformando l’euro in moneta sovrana. «Ma la sinistra raramente si accorge delle minacce che vengono dalla Ue», avverte Grazzini. «Sull’unione bancaria perfino il “Manifesto” riportava: “Certo a volte è meglio qualcosa invece di niente ed è forse meglio tardi che mai”».
Ora basta, però: è tempo di «abbandonare una visione idilliaca della UE e di avere un approccio più realistico sull’egemonia tedesca». C’è solo da augurarsi che l’offerta politica alle elezioni europee di maggio riesca almeno a mettere a fuoco il problema, da cui dipende il futuro di tutti
 

mototopo

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ricordiamo che le banche kraute.lavorano su ordine delle u.s corporations nel 2008 al crack. bernacca accese i computer e finanzio' il sistema con 16000 miliardi di dollari. i dindi li rivogliono indietro, salvi i krauti salvi i rikkionius corporation. la guerra e' contro di noi e la storia si ripete. ricordati quando salvammo noi i krauti falliti. invece di votare, i soliti,andate a gnocca. nn capirete mai il percheì ma avrete fatto la cosa giusta.
 

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martedì 4 febbraio 2014

"IL PIANO": "TETTI" NEL DESERTO DELLA DEFLAZIONE SALARIALE. L'incompetenza demagogica ordoliberista al servizio di Bundesbank.





Il Piano politico è, attualmente, abbastanza chiaro: lasciare passa' a nuttata per sbandierare una ricrescita fenice, magari emersa dalle nebbie di nuovi criteri di calcolo del PIL, e, intanto, giustificare tagli alla spesa pubblica come misure per la crescita, ma senza esagarare, dato che, sempre più, in una forma strisciante di "Hartz" all'italiana, si punterà a generalizzare la deflazione salariale sui grandi gruppi con l'intervento dei contratti di solidarietà e misure analoghe: cioè a carico pubblico (ma solo per i gruppi "importanti" agli occhi dei politici; gli altri, le odiate PMI, saranno costretti al suicidio se non riescono a esportare col forzato dumping salariale, ed in condizioni di credit crunch). Poi comunque si passerà a ratificare all'unanimità le vere e proprie Hartz e anche il reddito di cittadinanza che ne è il complemento direttamente adiacente.
Ieri un imprenditore, a Piazza Pulita, dando ragione della nuova tattica renzian-movimentista-tutti d'amore-e-d'accordo, sindacati inclusi: "ora stai in cassa integrazione a 800 -invece di 1400-, non accetteresti di riprendere a lavorare per 900?"
Ecco, il "reddito di cittadinanza" sostitutivo della cassa integrazione, funziona esattamente così: fissa la soglia, il bench-mark, automatico e per di più variabile in pejus, via via che si materializzano gli effetti del fiscal compact sui conti dello Stato, appena al di sopra del quale sarai costretto a lavorare dovendo pure ringraziare (l'euro e la classe politica tutta, asservita al suo implacabile disegno, "opposizione" inclusa).


Per mantenere gli obiettivi di gradualità nella instaurazione della Grande Società "vH", in tono ortodossamente ordoliberista, sempre più condiviso dalla generalità delle forze politiche, si farà una inevitabile super-patrimoniale, che Bundesbank predica come provocazione per far saltare il banco, ma della cui proposizione i nostri piddo-puddini vedranno entusiasticamente solo la parte di illusione finanziaria: quella in cui si dice che tale misura servirebbe a correggere una disparità di distribuzione della ricchezza "intollerabile", laddove, invece, in Italia tale distribuzione, naturalmente al netto dei capitali dei più ricchi, da anni spostati all'estero, è particolarmente "equa", quasi al limite dello schema ideale.
E badate, non mi importa della "fonte", perchè il calcolo, nei presupposti enunciati, è corretto: ed infatti, lo studio non parla nè del vero scandalo della distribuzione che riguarda solo il primo 3%, - e quindi non l'intero decile investito dalla demagogia redistributiva...basata sulla crassa ignoranza-, nè del patrimonio occultato e non più "residente", perchè prontamente già esportato fuori dall'Italia: perchè poi tutto si risolverà solo in impoverimento senza crescita, anzi ulteriormente recessivo.


In aggiunta, sono in dirittura d'arrivo col tetto alle pensioni, fissato su dei lordi che, attualmente, nella proposta in discussione, includono pure le prestazioni assicurative volontarie che, col proprio risparmio privato, il cittadino si paga da sè, espropriandolo così, a doppio titolo, dei contributi già pagati al sistema pubblico in sovrabbondanza, che rimarranno allo Stato (anche per la parte pagata ad assicurazioni private): la prestazione pensionistica ne risulterà così tagliata sia del risparmio "pubblico",a titolo di contributi gravanti per decenni, su chi ha lavorato, per una misura di pensione che non riceverà mai, sia a titolo di risparmio privato volontario (per una prestazione che non potrà più aggiungere alla tagliata prestazione pubblica!); così s'impara.
Basti considerare che l'introduzione del "tetto" è fatta prescindendo dall'ammontare della contribuzione a carico del lavoratore (commisurata, normalmente, alla totalità della retribuzione in godimento, da tagliare anch'essa con tetto massimo, perchè per presunzione assoluta, "rubata"), che questi abbia pagato nel corso della sua intera vita lavorativa: spesso, questi contributi, nei decenni finali dell'attività svolta, sono pari o superiori allo stesso importo finale, attuale, della prestazione pensionistica, e introdotto il tetto, saranno sicuramente superiori. Per decenni.


Ma non sono tempi per le riflessioni in termini di costituzionalità di un tale sistema "paghi 2 prendi 1": e la scusa è che ci sarebbero i politici (meco...!!!!) a prendere pensioni non corrispondenti ai contributi versati: le altre decine di migliaia di contribuenti supertartassati, sono necessariamente "casta" anche loro e se la pijino 'nder secchio, W il reddito di cittadinanza e la disoccupazione organizzata...con buona pace della domanda interna e del gettito fiscale che, in pareggio di bilancio-fiscal compact, diminuirà e costringerà a crescenti tagli della spesa (la sanità, l'istruzione) e ai consueti inasprimenti fiscali in nuovi tributucci, duplicativi di quelli precedenti e in aumento dei criteri di calcolo dele basi imponibili (intanto vi beccherete, dato l'inevitabile andamento del gettito, acuito dalle penzate di tutti i partiti, il taglio delle deduzioni-detrazioni fiscali e l'aumento delle accise sui prodotti petroliferi).
Come, ci scommettiamo, non si parlerà della restituzione, anche per il passato, di contributi che si riveleranno di gran lunga eccedenti la prestazione finale: l'ordoliberismo non si preoccupa di queste quisquilie. Gli zotici pretenziosi vanno impoveriti e qualsiasi ingiustizia è nei loro confronti solo apparente: si tratta, nella "loro visione", di restituzione del maltolto determinanto da privilegi intollerabili.


Sul piano economico, gli strilletti generici di Squinzi equivalgono, poi, solo ad una sollecitazione ad adottare l'intervento a carico dello Stato per la accelerazione della deflazione salariale, intervento, ormai per Costituzione, appunto, in pareggio di bilancio e quindi anche in tal caso, - in perfetta concordanza con la linea di tutti i partiti presenti in parlamento-, portatore di nuove tasse patrimoniali straordinarie bundesbank e inasprimento delle ordinarie.
E non dimentichiamoci la delega fiscale che tenderà pressocchè a raddoppiare le rendite catastali, basandosi su valori passati che, grazie alla pressione fiscale attuale, sono ormai del tutto irrealistici, aumentando in senso pro-ciclico la base imponibile delle miriadi di tasse sugli immobili.


Insomma Confindustria non ha tentennamenti: le cose vanno male perchè la distruzione della domanda interna non è ancora ben completata. L'esportazione è l'unico punto di riferimento e la desertificazione industriale la riferiscono solo alle poche filiere che residuano in Italia, in attesa di cederle a prezzo di saldo a mani estere, disimpegnandosi o rimanendo soci finanziari dei gruppi stranieri.
E naturalmente portando fuori dall'Italia i corrispettivi delle cessioni delle partecipazioni di controllo, dato che i gruppi principali o hanno già sede all'estero o la prenderanno molto presto.


Ci descrive molto bene la situazione Mauro Gosmin (citazione speciale al merito):
"...io penso che chi ci tiene dentro questa gabbia ci stia guadagnando alla grande. Una piccola parte, a danno del resto del paese e della sua parte produttiva migliore.
Penso che Confindustria ragiona più o meno così: abbiamo la moneta forte che ci consente di avere un alto potere d'acquisto all'estero, le nostre filiere produttive sono dislocate fuori dai confini nazionali e la moneta forte ci fa comodo. Inoltre abbiamo una moneta che non viene erosa dall'inflazione e funge bene come riserva di valore e per questo dobbiamo ringraziare solo i nostri fratelli maggiori tedeschi

Per mantenere la competitività si abbassano i salari, ci pensano i media a dire che è per il bene dei lavoratori, e se la domanda interna muore chi se ne frega, noi guardiamo la realtà non con la lente tolemaica rivolta alla nazione, che brutta parola, ma con la lente copernicana, noi guardiamo al mondo e vendiamo ai ricchi dei paesi emergenti.
Con la distruzione della domanda interna muoiono le piccole/medie aziende...e che problema c'è!, E' la Legge della natura.
Inoltre grazie all'europa a guida tedesca abbiamo anche lo Stato da spolpare vivo. Quindi via le privatizzazioni per un tozzo di pane.

Qui siamo soli non possiamo contare su nessuno, inutile farci illusioni.

Se vogliamo che la situazione cambi dobbiamo lavorare sul territorio a fianco delle piccole/medie imprese che sono il vero bottino di guerra, cercando di far capire loro che il peggior nemico non è lo Stato, ma la loro sorella Maggiore Confindustria.
Tre milioni di piccole e medie industrie se si unissero avrebbero i numeri e anche la forza finaziaria per rovesciare il tavolo. Mille euro a ditta sarebbero 3miliardi e con quella cifra non c'è patto Berlusconi Renzi che tenga."
 

mototopo

Forumer storico
sabato 1 febbraio 2014

THE "FANO REPORT" AND "THE USUAL SUSPECTS" DELLA TRAGEDIA DELLA PIOGGIA






Questa è la mia "dissertazione" su Trattati e paradigmi europei (a partire dal rapporto Werner, per finire all'euro di Maastricht), tenuta al Teatro della Fortuna di Fano nella serata di ieri. L'organizzatrice Elisa Bartoli l'ha rapidamente inserita su Youtube dove potete trovare anche quanto, poco prima, detto da Antonio Maria Rinaldi.
Peccato che manchino (spero solo per il momento) le risposte alle domande successivamente poste dal pubblico: alcuni spunti sono risultati molto interessanti e hanno consentito di fare dei chiarimenti "netti" su questioni come il reddito di cittadinanza e la "moneta complementare".
Su questi chiarimenti il pubblico ha mostrato in maggioranza di aver compreso come dei "palliativi", che tendono a farci sopravvivere in una situazione che ha dell'assurdo, siano null'altro che un modo di accettare, arredendosi, questo stesso "assurdo"; un modo che finisce soltanto per rafforzarlo "parlando d'altro", conferendogli quella gradualità di "effetti" che ne agevola la strutturazione, fino a renderlo irreversibile.
Si rinuncia così, per sempre, al modello costituzionale e al livello di tutela del lavoro e dei diritti fondamentali che esso, prima della prevaricazione €uropea, riconosceva a noi tutti.


Inutile dire che andare e tornare da Fano è stata un'autentica avventura, una traversata di paesaggi drammatici che restituivano tragicamente la tangibile immagine di un'Italia, appunto, strutturalmente al collasso.
Su questo ci riportiamo a quanto detto in precedenza, sottolineando che il mero fatto che piova, in modo stagionalmente del tutto prevedibile e fisiologico, porta e porterà sempre più l'Italia a spettacoli allucinati e a tragedie del territorio di questo tipo:


"Abbiamo menzionato il fattore "imprevisti e probabilità", in questo ridicolo "Monopoli" che è diventata la gestione della Repubblica italiana, PER NON PARLARE DEL GIGANTESCO, E PERFETTAMENTE PREVEDIBILE, PROBLEMA AMBIENTALE-TERRITORIALE ITALIANO, qui più volte segnalato.
Il problema è divenuto tale a seguito di 20 anni di manovre di "convergenza" e di rientro nei parametri del deficit: oggi discutono della tragedia consumatasi in Sardegna e pensano al "dissesto idrogeologico" come a un problema nazionale.
Ma finiscono per proporre come soluzione la solita maxi-patrimoniale "una tantum" ammazza-risparmio privato, pagabile solo intaccando i redditi e drenando altra liquidità che rischierebbe di non essere poi rimessa in circolo, per il problema - considerato da questo governi ben più impellente- di dover "ridurre il debito pubblico" e pagare i creditori stranieri.
E non solo: la super-patrimoniale darebbe anche la spallata definitiva al mercato immobiliare, ormai in sovraofferta e devalorizzazione accelerata, senza colpire affatto i grandi patrimoni, ormai fuggiti all'estero da un bel pezzo.
Ma un paese sovrano, con una sua moneta e CON una banca centrale che funzioni da tesoriere e non da piazzista passiva per gli idolatrati "mercati", non ha bisogno di far dilagare la recessione per provvedere alla incolumità ed alla ordinata convivenza dei suoi cittadini.
Non gli possono "mancare le risorse" per investire sul proprio territorio, - un elemento costitutivo della sua stessa sovranità!- e non può fare default.
E non può augurarsi che "non piova troppo" per sperare di non dover fronteggiare il caos antropico: che non è dovuto ai "rivolgimenti climatici", come ridicolmente cercano di farci credere, ma al sistematico abbandono delle funzioni fondamentali dello Stato, trasformatosi in percettore di contributi da condoni e urbanizzazioni selvagge per "fare cassa".
Uno Stato che non può ridursi a contare sulla "fortuna" meteorologica, per agganciare la crescita (!!!) da qui alla fine del 2014.

Anche perchè subito dopo, subentrerebbe l'obbligo di pareggio di bilancio e la conseguente €uro-obbligazione a ridurre il deficit con una manovra di oltre 2 punti di PIL sempre a fine 2014. E pure quella di ridurre di oltre 3 punti di PIL il debito pubblico. Ed allora l'abbandono della gestione territoriale ed infrastrutturale emergerebbe come uno "Tsunami": la tassa "lo vuole l'Europa" a carico di un paese in cui alla disoccupazione dilagante si aggiungerà la "pioggia a catinelle" allagante..."


Pubblicato da Quarantotto a 19:20 11 commenti: Invia tramite
 

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