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NEVE CHIMICA


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1 febbraio 2014 |
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Autore Alberto Medici | Stampa articolo

Riporto questo simpatico (e facilmente riproducibile) video di una donna americana che fa un esperimento semplice semplice: fa una piccola pallina di neve, bella compressa, e poi prova a scioglierla con un accendino: non si scioglie! (It’s not melting) Anzi, si scurisce, e puzza di plastica. Poi fa un rapido cenno (“negli ultimi giorni era pieno di scie chimiche“) e l’uomo che la sta riprendendo dice scherzosamente: “Non dire scie chimiche! Ti verranno a prendere altrimenti!” (forse che abbia sentito Renzi che suggeriva il TSO a chi parla di scie chimiche?)
Anche in Romania:

Anche in Italia Leggi il resto di questo articolo »

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Pubblicato in Ecologia, HAARP, NATURA |
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Bancaria e il Signoraggio
31 gennaiohttps://it-it.facebook.com/pages/Abbattiamo-la-Frode-Bancaria-e-il-Signoraggio/208622872545749#
PERCHE' SIAMO SPENNATI DALLE TASSE?
Perché il debito pubblico è enorme; e che cosa ha generato un debito pubblico enorme? Chi è il creditore del debito pubblico? Perché non si dice mai?

Il 90% del debito pubblico è prodotto dagli interess...i che lo stato (cioè il cittadino) è costretto a pagare alle banche centrali sul denaro che le stesse banche gli "prestano"

Ma perché uno Stato deve indebitarsi verso istituti privati e subirne l'usura?

E' semplice, PERCHE’ LA GENTE NON LO SA. La gente non sa nemmeno che la Banca d'Italia è un istituto privato esattamente come la Banca Centrale Europea.

Un governo a moneta sovrana, cioè un Governo che stampa e produce direttamente il denaro che serve (come quello Giapponese ad esempio) emette moneta in base alle esigenze della nazione senza pagare un euro di interesse ai banchieri delle banche centrali.

La tassazione scenderebbe a minimi storici e il popolo potrebbe prosperare.

Invece prosperano i banchieri, gente anonima i cui nomi non compaiono da nessuna parte, per i quali lavoriamo tutti e ai quali consegniamo senza fiatare dal 50% in su del frutto del nostro lavoro, delle nostre aziende, delle nostre proprietà.

Bene, adesso torniamo pure a parlare di Ruby, del figlio di Bossi, delle tangentine a questo o quel partito, dell’evasione fiscale, dell’IMU e della Boldrini. E non dimentichiamoci che domenica c’è la partitaVisualizza altro






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Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio

21 ore fahttps://it-it.facebook.com/pages/Abbattiamo-la-Frode-Bancaria-e-il-Signoraggio/208622872545749#

OGGI SULLE BANCONOTE C’E’ LA SIGLA DELLA BCE E LA FIRMA DEL SUO GOVERNATORE, UN ORGANISMO SOVRANAZIONALE CHE INDEBITA I POPOLI PRESTANDO LE BANCONOTE CHE STAMPA.

E' VERGOGNOSO CHE 500 MILIONI DI EUROPEI ACCETTINO DI UTILIZZARE BANCONOTE FI...RMATE DA UN PRIVATO A CAPO DI UN ENTE PRIVATO SOVRANAZIONALE CHE "PRESTA" AL POPOLO CIO' CHE DIRITTO E' GIA' DEL POPOLO.
 

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COME SONNAMBULI VERSO UNA SOCIETÀ SENZA CONTANTI
Postato il Domenica, 02 febbraio @ 06:50:00 GMT di ernesto
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DI DON QUIJONES
ragingbullshit.com
Nuove tecnologie minacciano di concentrare un potere assoluto nelle mani di pochi privilegiati - gli stessi individui e le stesse organizzazioni che hanno già ripetutamente tradito la fiducia di chinque abbia voluto credere in loro.
La HSBC, la terza banca per importanza nel mondo, è stata scelta dai trafficanti di droga e di armi e dai gruppi terroristici di tutto il mondo per riciclare denaro. Recentemente la HSBC è andata sui giornali per aver limitato gli importi che i clienti possono prelevare dai loro conti correnti (anche se, dopo il clamore sollevato da questa notizia, ha dovuto fare retromarcia).


Notizia data dalla BBC:
“Ad alcuni clienti della HSBC è stato impedito di ritirare grosse somme di denaro perché non potevano fornire la prova di come dovevano spenderlo ...” è quello che hanno raccontato a Radio 4′s Money BOX alcuni ascoltori dopo essersi visti respingere la richiesta di ritirare somme in contanti che vanno da 5.000 a 10.000 sterline.

Sembra però che, contemporaneamente, la banca non avesse creato gli stessi problemi nell’onorare trasferimenti elettronici : da questo si può ragionevolmente supporre che il problema è il denaro-contante-in-mano-al-cliente, non la disponibilità di denaro-in senso lato- che è messa in discussione.

Questa non è solo una nuova prodezza di questa banca, con sede in Gran Bretagna, già sommersa fino al collo in quasi ogni scandalo finanziario immaginabile, ma è l'ultimo episodio di quel grande assalto che, la grande finanza ed i governi dei paesi più potenti, stanno portando contro tutte le transazioni in contanti.
Arricciano il naso se paghi in contanti

Per anni i governi nazionali hanno cercato di ridurre la quantità e gli importi delle operazioni in contanti all’interno dei paesi e negli scambi tra le rispettive economie. Negli Stati Uniti, qualsiasi azienda o persona che incassi US$ 10.000 o più in "contanti" per una vendita, deve presentare un Form 8300. Le banche inoltre devono segnalare tutte le operazioni di cassa che superino questo limite.

Stesse procedure valgono anche in Europa, dove le parti che si incontrano per qualsiasi grande transazione in contanti sono tenute a spiegare da dove proviene il loro denaro e a come viene utilizzato. Nel 2013, il governo francese ha reso queste norme ancora più restrittive con nuovi controlli sulle transazioni in contanti abbassando il limite da €3.000 alla bellezza di 1.000 miseri euro ( N.d.T.: come in Italia, del resto).

Le ragioni di queste misure sono evidenti: in un momento in cui la maggior parte dei paesi stanno lottando per tenere a freno la spesa pubblica - per non parlare degli interessi sempre più insostenibili sul debito pubblico - i governi si stanno freneticamente guardando introno per cercare qualsiasi cosa di valore che si possa rubare o depredare. E quando si tratta di avidità i governi, soprattutto durante un momento di acuta crisi fiscale, come quello attuale, non conoscono limiti.

Come dice Patrick Henningsen del Center for Research on Globalization
"Il sogno di sempre di tutte le élite di tecnocrati e collettivisti, sarebbe riuscire ad eliminare dall'economia sia il denaro-contanti-semi-irregolare che il mercato nero per massimizzare e controllare completamente i mercati. Se riuscissero a farci arrivare a una società senza contanti, sarebbero molto vicini ad aver raggiunto il completo controllo sulla vita di ogni singolo individuo".
Conunque, una cosa è essere tenuti per legge a chiedere ai clienti delle banche, o alle parti di una transazione che si effettua in contanti, di spiegare da dove provenga il loro denaro, e ben altra cosa è chiedere a cosa servono i soldi che vogliono ritirare dal proprio conto bancario.

Comeha detto Mr. Cotton, un cliente della HSBC, che si lamentava al programma della BBC: "Ho un conto in questa banca da 28 anni, mi conoscono tutti. Non dovrebbero chiedermi spiegazioni sul perché io voglia ritirare il mio denaro. Non è denaro loro, è denaro mio."
Per tanti versi, il denaro in contanti offre ai cittadini l'ultimo rifugio rimasto alla propria privacy e serve a mantenere l'anonimato in un mercato sempre più invischiato in una rete di controllo mondiale. E’ per questo motivo preciso che il grande governo e la grande finanza sembrano intenzionati ad andare avanti su questa strada. Come ho scritto nell’ articolo Beware, The Borderless Taxman Cometh, se si comincia con i collegamenti incrociati globali su tutto quello che si muove nel mondo finanziario, i governi saranno in grado di tener traccia di ogni centesimo che si guadagna, che si spende e che si risparmia. Sarà una coincidenza che gli stessi governi che hanno messo in atto misure sempre più draconiane per limitare l'uso del contante in economia, siano anche gli stessi che spingono per far utilizzare forme alternative di denaro digitale - come il “mobile-money” - che può essere tracciato e rintracciato in modo molto più facile?
L’arrivo del “mobile-money” – il “denaro digitale” che viaggia per telefono

Fino ad ora, gran parte della crescita nel mercato del mobile money è avvenuta nell'Africa sub sahariana-africana dove alcuni dei settori finanziari più sottosviluppati hanno fornito il banco di prova ideale per la sperimentazione di progetti sul denaro telefonico. Secondo il Mobile Africa Report 2011, risulta che ci siano oltre 500 milioni di abbonati alla telefonia mobile in Africa e secondo l’Economist, un sondaggio condotto da tre colossi mondiali - la Fondazione Gates, la Banca Mondiale e la Gallup World Poll - dice che esistono 20 paesi nel mondo dove più del 10% degli adulti afferma di aver fatto transazioni con il “mobile-money” durante il 2011 e tra questi, 15 sono in Africa.
In Kenya, Sudan e Gabon metà o più degli adulti ha mosso denaro per telefono nel 2011.

Il principale operatore di telefonia mobile in Kenya, Safaricom (ora controllata da Vodafone), vanta oltre 14,7 milioni di utenti che usano M-Pesa, la piattaforma di “mobile-money”. Questo significa che oltre il 36,75% della popolazione del Kenya ha un conto di deposito in M-Pesa - senza considerare gli utenti che hanno conti dello stesso genere su altre reti telefoniche. I movimenti di fondi trasferiti da M-Pesa ormai arrivano ad uno sconcertante 25% del PIL del paese.

Da quando è stato introdotto questo sistema per trasferire denaro in Africa - in particolare il sistema di Safaricom M-Pesa - Africa si è assistito ad un cambiamento paradigmatico nei metodi delle transazioni finanziarie.
Per certi versi, questo è stato uno sviluppo positivo: il denaro movimentato per telefono ha permesso a molte persone, con una istruzione elementare o senza nessuna istruzione, di avere accesso per la prima volta ai servizi finanziari. Ha anche contribuito a colmare il divario tra il settore bancario e non bancario, consentendo a molte persone di ricevere rimesse bancarie dai familiari all'estero, cosa essenziale per far crescere una nuova generazione di africani.

Ma c'è anche un lato molto sinistro nel “ mobile money”, come riporta il sito africano di tecnologia Humanipo.com : più viene utilizzato, più i clienti si espongono a nuove generazioni di truffatori.

Ci sono stati recenti casi di raggiro condotti con SMS fasulli, che sembravano essere inviati automaticamente da fornitori di telefonia mobile, banche o altre istituzioni finanziarie, che riescono a truffare gli abbonati che usano il mobile money.
Nel luglio del 2011, statistiche Safaricom hanno dimostrato che il 65% dei casi collegati a frodi telefoniche provenivano dalle carceri.

Ma non è solo in Africa si sono scoperti problemi di frodi, nel Regno Unito le autorità di controllo finanziario hanno avvertito che si verificano frodi prodotte da un software dannoso, come se si avesse un "dito grosso" che causa errori di stile e blocchi del sistema e che può mettere sotto minaccia chi utilizza i servizi di mobile banking.
Un futuro oscuro

Malgrado tutto, comunque, il rischio di gran lunga più alto resta il sistema stesso di alternativa digitale ai soldi in contanti, come sta rivelandosi il “mobile-money” per il suo enorme potenziale di concentrazione del potere finanziario, per gli abusi e per i conflitti di interesse che sta provocando.
Naturalmente è ovvio che la maggior parte delle istituzioni che dominerà tutti gli spazi del “denaro-digitale” saranno occupati dalle stesse istituzioni – come la HSBC, ad esempio - che hanno già infranto praticamente ogni regola scritta nel libro delle regole dei servizi finanziari.
Saranno gli stessi che hanno già manipolato le regole di ogni mercato esistente, che hanno mercificato e finanziarizzato praticamente qualsiasi risorsa naturale di valore su questo pianeta, e sulla scia della crisi finanziaria, provocata quasi esclusivamente per colpe loro, hanno estorto miliardi di dollari dalle tasche dei propri clienti e miliardi di dollari da quelle dei contribuenti.
Che impressione vi fanno i governi dei vostri paesi? Vi fidate di loro? Come si può leggere in un articolo su CNBC, scritto da Scott A. Shay, Presidente della Signature Bank, sorprendentemente convincente e ben informato, forse avete tutti delle buone ragioni per non fidarvi:

Il governo degli Stati Uniti sta diventando molto esperto prima a togliere denaro ai cittadini e poi spiegare che è in atto una “decadenza civile. E’ sconvolgente il fatto che il governo sia autorizzato da una legge a compiere certi atti, approvata solo in base a certe sensazioni ispirate dallo staff del governo stesso per qualche sospetto, senza documentare nessuna prova di illecito reale ...

A peggiorare ancora le cose, c’è un drammatico consolidamento che è avvenuto in tutto il sistema bancario, che ha reso più facile al governo l’acquisizione delle informazioni, dovendo controllare un minor numero di punti di accesso. Ad esempio, J.P. Morgan, una delle più grandi e potenti banche d'America, ha raggiunto la stessa dimensione che hanno, tutte insieme, oltre 3.000 banche più piccole. Motivo per cui le prime quattro banche americane controllano circa il 60% di tutti i depositi bancari USA.

Grazie soprattutto alle rivelazioni di Edward Snowden, siamo riusciti a sapere che il governo americano sta approfittando delle prodezze compiute dai servizi della NSA e della manipolazione dei big-data in un modo spaventosamente pericoloso.

Eppure noi continuiamo ad camminare come dei sonnambuli, quasi come degli zombie, e ci stiamo pericolosamente avvicinando ad una società che potrà vivere senza contanti.
Per raccogliere l’elemosina di qualche piccola convenienza immediata, siamo disposti a concedere ai nostri governi e alle grandi banche “to-big-to fail” ma anche “tanto-grasse-da-scoppiare” la possibilità di controllare completamente ogni nostra singola transazione quotidiana. E mentre ci sembra di vedere nelle valute virtuali, come il Bitcoin, qualcosa di vicino ad un antidoto contro questo scenario, anche queste possibili alternative - come dice Shay - sono soggette a continuo monitoraggio e possono essere regolamentate in modo che si limiti o addirittura si metta fine alla loro possibile utilità.

Parafrasando uno degli aforismi più quotati del nostro tempo - per gentile concessione del defunto, grande Lord Acton - a quanto pare, stiamo scivolando verso un mondo in cui le nuove tecnologie minacciano di lasciare tutto il potere assoluto nelle mani di un solo gruppo privilegiato di individui e di organizzazioni - gli stessi individui e le stesse organizzazioni che, con le loro azioni, hanno regolarmente e ripetutamente tradito la fiducia, qualsiasi volta sia stata riposta in loro.
Il resto lo sapete !
Don Quijones
Fonte : ragingbullshit.com/
Link : http://ragingbullshit.com/2014/01/28/we-are-sleepwalking-towards-a-cashless-society/
28.01.2014
 

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FURTO BANKITALIA: ESPOSTI DENUNCE A 130 PROCURE



COMUNICATO STAMPA
RIVALUTAZIONE QUOTE BANKITALIA: SU ‘FURTO’ DI 7,5 MILIARDI A FAVORE BANCHE SOCIE,CON TANGIBILE RISCHIO SU ORO E RISERVE,ADUSBEF E FEDERCONSUMATORI PRESENTANO ESPOSTI DENUNCE A 130 PROCURE,CORTE DEI CONTI, COMMISSIONE UE IPOTIZZANDO I REATI DI PECULATO,DANNO ERARIALE ED AIUTI DI STATO MASCHERATI. AD INTESA-S.PAOLO (30,3 % QUOTE)-UNICREDIT (20 %) 3,5 MLD EURO NETTI.

Il contestato decreto sulla rivalutazione delle quote della Banca d’Italia, il cui capitale detenuto da banche ed assicurazioni passerà da 156.000 euro a 7,5 miliardi di euro, che oltre a configurare un aiuto di Stato mascherato alle banche socie, potrebbe concretizzare ipotesi delittuose dato il trasferimento forzoso dallo stato patrimoniale di Bankitalia (Ente Pubblico), costretta ad attingere dalle riserve ordinarie e straordinarie (22,6 miliardi di euro al 31.12.2012), per ricapitalizzare le banche socie con un apporto di 7,5 miliardi lordi (6,6 miliardi di euro netti), finirà davanti la Procura Generale della Corte dei Conti per danno erariale,alla Commissione Europea per aiuti di Stato, a 130 Procure della Repubblica con ipotesi di peculato.
La parte del leone per Intesa San Paolo, che detenendo il 30,3 % del capitale di Bankitalia, avrà un gentile regalo di 2 miliardi di euro netti; Unicredit (22%) riceverà un bonifico a spese della collettività, pari 1,452 miliardi; al terzo posto le Assicurazioni Generali con 415 milioni di euro; al quarto la Cassa di Risparmio di Bologna, che avrà un maxi assegno di 409 milioni di euro; al quinto posto l’Inps del collezionista di poltrone Mastrapasqua, che riceverà 330 milioni di euro netti; al sesto la Carige, con 264 milioni; al settimo la Bnl con 184 milioni netti; seguita da Mps (165 milioni); Cassa di Risparmio di Biella e Vercelli (138,6 milioni); Cassa di Parma e Piacenza con 132 milioni netti; Carifirenze, con 125,4 milioni di euro, tutti al lordo della tassazione pari al 12%,il cui ammontare totale è di 900 milioni di euro.
Senza contare il rischio tangibile che le banche o fondi di investimento italiani ed esteri, che entreranno nella “public company” di una Bankitalia privatizzata dal Governo Letta-Saccomanni, in nettissima controtendenza rispetto alle Banche Centrali di tutta Europa (pubbliche o semipubbliche), acquistando le quote eccedenti il 3% che le vecchie azioniste dovranno dismettere, potranno rivendicare il diritto alle riserve in oro ed in valuta, appostate nel bilancio al 31.12.2012, per la somma di 132,556 miliardi di euro.
Un ulteriore regalo a banche e banchieri azionisti di Bankitalia, è rappresentato dalla pioggia dei dividendi annui, i quali fissati al tasso del 6%, ben 24 volte il tasso di riferimento Bce dello 0,25%, oppure se si preferisce 12 volte in più dei tassi di rendimento dei BTP attorno al 3%, porteranno nei bilanci delle banche socie ben 450 milioni di euro.
Adusbef e Federconsumatori, dopo aver esaminato con i loro migliori legali i profili giuridici e le palesi forzature nel conferimento a banche e soggetti privati del patrimonio pubblico (così come sono configurate ed appostate le riserve straordinarie della Banca d’Italia), raffigurati specie nel papocchio dell’art.6, depositeranno un esposto-denuncia lunedì prossimo 3 febbraio a 130 Procure della Repubblica ipotizzando tra gli altri, il reato di peculato; alla Procura Generale della Corte dei Conti, che dovrà valutare l’ingente danno erariale; alla Commissione Europea, per i lapalissiani aiuti di Stato mascherati alle banche socie, proprio alla vigilia degli stress test europei sulle banche italiane.
 

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Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio ha condiviso la foto di Fuori da questa Unione Europea.

2 ore fa


LA STANNO FACENDO FRANCA ANCHE STAVOLTA: ECCO COME SI INSABBIA UN GOLPE FINANZIARIO

Ed ecco che MEDIA CORROTTI stanno spargendo veleno sul Movimento5Stelle, gli unici che si sono opposti al LADROCINIO che il Governo delle Larghe Intese ha ...appena fatto passare con la forza. Li stanno facendo passare per violenti e fascisti. Giletti su RAI1 che cosa ha appena fatto? A chi ha appena dato piena voce? Alla Boldrini che ha si è subito concitata a descrivere il clima creato dai ragazzi del Movimento come "Dittatoriale".

TUTTI PARLANO DELLA BAGARRE ALLA CAMERA MA NESSUNO PARLA DI QUELLO CHE HANNO FATTO:
- PRIVATIZZAZIONE DI BANCA D'ITALIA,
- REGALO DI 7.5 MILIARDI ALLE BANCHE PRIVATE,
- SVENDITA DEL TESORO AURIFERO ITALIANO AI BANCHIERI DELL'ALTA FINANZA INTERNAZIONALE

ORA CONTANO SOLO "GLI EPITETI A SFONDO SESSUALE CHE SONO VOLATI", NON UNA SOLA PAROLA SU QUELLO CHE E' SUCCESSO: ECCO COME SI INSABBIANO I GOLPE FINANZIARI

QUESTO E' INTOLLERABILE, VIVIAMO IN UN REGIME ODIOSO DI MANIPOLAZIONE DELL'INFORMAZIONE, POLITICI - MEDIA - TALK SHOW - STAMPA - GIORNALI TUTTI COMPLICI SERVI DEGLI STESSI PADRONI

Secondo la Boldrini gli insulti e le volgarità mettono in pericolo la democrazia... INVECE REGALARE LA BANCA D'ITALIA AI BANCHIERI è IL SALE DELLA DEMOCRAZIA, VERO?!?


I lobbisti del PD, per 15.000 euro/mese, regalano Bankitalia e l'oro italiano ai loro padroni dell'alta loggia finanziaria, per di più, rgogliosi di questo atto di alto tradimento, intonano pure Bella ciao, ALLA FACCIA NOSTRA.

Ma i fascisti sono i ragazzi del 5 Stelle vero?

QUASI 3.000 TONNELLATE DI ORO, UN TESORO ACCUMULATO IN PIU' DI MILLE ANNI DI STORIA E DI PROPRIETA' DEL POPOLO, LA NOSTRA RISERVA AUREA STA FINENDO SOTTO LE GRINFIE DELLE STESSE LOBBY MAFIOSE CHE GIA' GESTISCONO TUTTO MA E' COME SE NON STESSE SUCCEDENDO NIENTE...

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=573041486098852&set=a.215378228531848.47637.212814705454867&type=1&theaterVisualizza altro







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Imposimato: “Imu-bankitalia: legge incostituzionale”



Imposimato: “Imu-bankitalia: legge incostituzionale”

Il magistrato dice la sua sul caso sollevato dai Movimento 5 Stelle

http://www.lafucina.it/2014/01/31/imposimato-imu-bankitalia-legge-incostituzionale/
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La legge di conversione del decreto legge IMU Bankitalia appare incostituzionale. Anzitutto vi è stata violazione del diritto della opposizione del M5S di svolgere le proprie ragioni opponendosi al provvedimento, secondo le regole della Costituzione e il regolamento della Camera. La cd tagliola è incostituzionale, perchè elimina il diritto della opposizione di motivare il suo voto contrario. La opposizione è parte essenziale della democrazia , i cui diritti vanno rispettati.
Diversamente siamo in una situazione di regime cioè di dittatura della maggioranza. E stupisce che alcuni dei guardiani della Costituzione tacciano su questo aspetto gravissimo del vero e proprio colpo di mano del Presidente della Camera Laura Boldrini che ha impedito al M5S di motivare la sua opposizione sacrosanta di fronte a dl illegittimo, per difetto, almeno in parte, del requisito di necessità e urgenza . Ma illegittimo anche in relazione al diritto dovere di spiegare le ragioni del no rispetto ad un decreto che prevede una spesa enorme e affronta temi gravi e complessi, di cui il popolo ignora il contenuto reale.
La Presidente della Camera sa che la democrazia non dà tutto il potere a nessuno, ma lo distribuisce variamente a maggioranza e minoranza , che trapassano l’una nell’altra proprio perchè, come insegna Aristotele, l’alternanza è l’essenza della democrazia e prova della libertà. “Nel contesto costituzionale , tirannide della maggioranza è violare, legiferando e governando, i diritti della minoranza”, insegna Giovanni Sartori. Per cui la legge di conversione approvata il 29 gennaio è incostituzionale . Inoltre la parte del decreto legge IMUBankitalia che riguarda la cd ricapitalizzazione di Bankitalia per 7.5 miliardi di euro si tradurrà nel finanziamento illecito , attraverso Bankitalia , di istituti di credito in crisi, cioè in una donazione di enormi somme di denaro alle banche azioniste che controllano Bankitalia.
Che sono Intesa San Paolo (42%), Unicredit (22,11%), MPS (4,60%), INPS (5.00 %), Carige ( 4,03%) e altre banche . Questa parte del dl , che riguarda Bankitalia, sembra del tutto estranea al DL sull’ IMU, che è imposta sulla prima casa, per la quale poteva essere giustificata la situazione straordinaria di necessità e urgenza ex art 77 sec comma della Costituz. Situazione che non si giustifica con la “ricapitalizzazione”, di Bankitalia. La verità è che l’Italia con 1,7 trilioni di euro di debito versa in uno stato di disperazione. E se fino ad oggi la BCE ha comprato titoli italiani alleggerendo la pressione sul debito, per l’avvenire la BCE non potrà più continuare a comperare i titoli . Nel 2014 le banche italiane dovranno ridurre l’acquisto del debito italiano, ma i nodi sono venuti al pettine.
I soldi le banche li hanno ottenuti attraverso il decreto IMUBANKITALIA a spese dei cittadini su cui graverà il costo finale di questa operazione. Si tratta di un decreto truffa che vuole cose diverse da quelle che dice: apparentemente ricapitalizzare Bankitalia, che dovrebbe essere patrimonio degli italiani, invece vuole finanziare le banche in crisi , ex banche pubbliche divenute private, che controllano Bankitalia , di cui sono proprietarie. Questo è il problema. Che fare? La prima cosa è che il Presidente della Repubblica ai sensi dell’art 74 della Costituzione , prima di promulgare la legge di conversione , chieda con messaggio motivato alle Camere, una nuova deliberazione ( art 74 Costituzione), e come ha già rilevato in relazione al decreto milleproroghe, chieda lo stralcio dei due provvedimenti . Ma questo è il primo passo da compiere, a mio modesto avviso. Poi in sede di applicazione del decreto IMU, si potrà eccepire davanti al giudice la incostituzionalità della legge di conversione. Purtroppo i cittadini non possono adire direttamente la Corte Costituzionale”. Così Ferdinando Imposimato in una nota.
 

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Record del deficit commerciale e realtà nucleare: il Giappone perde l’indipendenza?

gennaio 30, 2014 Lascia un commento

Noriko Watanabe e Walter Sebastian Modern Tokyo Times 29 gennaio 2014
La lobby anti-nucleare in Giappone e i mass media in questa nazione nel complesso continuano a concentrarsi sull’aspetto negativo delle centrali nucleari. Non a caso, il governo del Giappone si agita su tale problema, proprio come in altri importanti campi, ad esempio, il tasso di natalità in declino. Tuttavia, il Giappone non può permettersi di mantenere la politica energetica attuale, perché ostacola l’economia. Il Giappone deve passare dal nucleare che ha contribuito alla modernizzazione della nazione nel dopoguerra, ad ingoiare il rospo e formulare una politica energetica alternativa e rapidamente. Il Ministero delle Finanze ha annunciato all’inizio di questa settimana che il deficit commerciale nel 2013 ha raggiunto una cifra record. Ciò dovrebbe far scattare i campanelli d’allarme nelle stanze del potere, perché il deficit commerciale di 112 miliardi di dollari stresserà l’economia. Dopo tutto, senza una vera politica energetica in Giappone, sembrerà più possibile oggi seguire lo stesso schema che nei prossimi anni.
Le questioni relative alla crisi nucleare in Giappone sembrano essere esplose a dismisura. Dopo tutto, l’enorme perdita di vite umane verificatasi per il tremendo tsunami seguito al terremoto di magnitudo 9.0 dell’11 marzo 2011. Ciò non significa sminuire il trauma causato al territorio di Fukushima, perché in una certa zona è chiaro che i problemi continuano a sussistere. Tuttavia, la crisi nucleare di Fukushima Daiichi è più dovuta a cattiva gestione, età dell’impianto, carenze della pianificazione dell’impianto nucleare, mancanza di responsabilità e meccanismi di sicurezza limitati, e altre competenze importanti. Naturalmente, il terremoto ha innescato lo tsunami, ma la crisi nucleare è dovuta al fallimento umano di fronte alla brutale realtà della natura. Vojin Joksimovich, specialista nucleare e autore di Tokyo Modern Times, ha dichiarato lo scorso anno: “Il Giappone ha poche risorse naturali e importa circa l’84% del suo fabbisogno energetico. L’energia nucleare è una priorità strategica nazionale dal 1973. Le 54 centrali nucleari del Paese forniscono circa il 30% dell’elettricità. Era previsto un aumento fino al 40% entro il 2017 e al 50% entro il 2030. Il Giappone controlla il ciclo del combustibile compreso l’arricchimento e il ritrattamento del combustibile utilizzato per il riciclo e la minimizzazione dei rifiuti. La sospensione di 48 unità di produzione elettrica ha comportato l’impennata dell’importazione di combustibili fossili, soprattutto GNL. Cinque centrali nucleari sono state costrette ad alzare le tariffe di energia elettrica: per l’uso domestico del 8,5-11,9%; commerciale del 14,2-19,2%. Secondo lo studio sul cambiamento climatico della NASA, riassunto nel numero di maggio 2013 di Nuclear News, l’uso di energia nucleare per generare elettricità invece che bruciare combustibili fossili, ha impedito almeno 1,84 milioni di morti per l’inquinamento atmosferico e 64 miliardi di tonnellate di gas serra CO2 in emissioni di gas, tra il 1971 e il 2009. Nel 2000-2009 gli impianti nucleari hanno impedito, in media, 76000 decessi/anno. Sembra che l’ANR abbia ignorato tale tipo di considerazioni, pur perseguendo la ricerca della sicurezza assoluta per le centrali nucleari.”
Nello stesso articolo Vojin Joksimovich dice: “Ora vi sono numerose prove che dimostrano che il peggiore incidente nella storia dell’energia nucleare commerciale non ha danneggiato la popolazione giapponese. Il professore di fisica dell’Università di Oxford Wade Allison, autore del notevole libro Radiazione e Ragione: l’impatto della scienza sulla cultura della paura, testimoniando alla Camera dei Comuni inglese nel dicembre del 2011, fu il primo a dire al mondo che l’incidente non danneggiava la popolazione giapponese: “Nessun balzo dei decessi, né gravi lesioni, ricoveri prolungati per radiazioni, improbabilità di decessi per cancro in 50 anni. Il rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) affermava: “Basso rischio per la popolazione, senza effetti sulla salute osservabili”. La relazione del Comitato scientifico delle Nazioni Unite sugli Effetti delle Radiazioni Atomiche (UNSCEAR), con il contributo di 80 esperti internazionali, dice: “Niente effetti immediati sulla salute, improbabili effetti sulla salute in futuro sulla popolazione e l’ampia maggioranza dei lavoratori”. La maggior parte dei giapponesi è stata esposta a radiazioni supplementari inferiori al livello naturale di 2,1mSv/anno. La relazione conclude che gli effetti osservabili sono imputabili a sollecitazioni per l’evacuazione e paura ingiustificata delle radiazioni. Ciò significa che gli effetti sulla salute più gravi non sono provocati da radiazioni ma dalla paura indotta dalle autorità giapponesi. Infine, la Fukushima Medical University (FMU) conduce un sondaggio sulla gestione della salute nei 2 milioni di residenti della prefettura di Fukushima. Finora la dose massima ricevuta è stato solo di 19mSv. L’autore mentre era in un ospedale locale, ricevette dosi da 30-40mSv dalle scansioni del CT. Ciò significa che ha ricevuto dosi superiori al 99% della popolazione giapponese per l’incidente di Daiichi.
Ora il Giappone ha bloccato una politica nucleare pragmatica basata sulla modernizzazione dell’intero sistema e applica norme più severe, e continua ad importare energia sporca a costi negativi in termini di salute, ostacolando l’economia. Naturalmente il Giappone potrebbe tentare di modificare radicalmente la propria politica energetica, attuando una politica che aumenti l’energia alternativa, di cui effetti e costi rimangono discutibili. Tuttavia, l’attuale affidarsi ai costosi combustibili fossili importati per colmare una politica energetica inesistente, non è praticabile. L’enorme deficit è dovuto all’aumento delle importazioni a seguito del terremoto di magnitudo 9.0 dell’11 marzo, che innescò lo tsunami e la crisi nucleare di Fukushima. In questo periodo, le importazioni di combustibili fossili continuano ad aumentare. Pertanto, nonostante le esportazioni dal Giappone aumentate di quasi il 10% nel 2013, è chiaro che lo squilibrio commerciale, uno yen debole e la dipendenza dai combustibili fossili, colpiscono l’economia in difficoltà. Forbes dice: “L’aumento della domanda di combustibili fossili giapponese a seguito della crisi nucleare di Fukushima, nel 2011, ha spinto le importazioni al picco assoluto di 81260 miliardi di yen”. In altre parole, l’impennata delle bollette post-Fukushima impone un pedaggio all’economia del Giappone. Prima del fiasco di Fukushima, i reattori nucleari fornivano un terzo del fabbisogno elettrico del Giappone.
Lee Jay Walker di Tokyo Modern Times dice: “Lo yen continua a sentire gli effetti del disavanzo delle partite correnti e se questo non cambia, i trader potrebbero vendere altri yen. Ciò a sua volta avrà effetti negativi sui costi d’importazione, creando così una spirale economica discendente. Pertanto, data la realtà dell’aumento di quasi il 10% delle esportazioni, lo scorso anno, è chiaro che il Giappone dovrà affrontare una politica energetica, oltre ad altri settori essenziali per l’economia.” Akira Amari, ministro per la Politica fiscale ed economica, è estremamente preoccupato dal deficit. Avverte che, a meno che il problema sia affrontato, il Giappone “potrebbe diventare come gli Stati Uniti, dipendente dagli altri Paesi sul piano finanziario“. Se tale scenario si avvera, il Giappone perderà ulteriormente indipendenza, e ciò vale anche per il nucleare. Dopo tutto, lo sviluppo dell’industria nucleare dava autonomia, data la debolezza complessiva del Giappone sulle risorse energetiche. Ora però il Giappone importa più combustibili fossili, è debitore con gli USA per la protezione dello Stato-nazione, in quanto le loro forze armate sono di stanza in Giappone, mentre i prodotti alimentari importati sono un fatto naturale, e se il deficit commerciale continua così, presto il Giappone dovrà contare sulle nazioni straniere per i finanziamenti. Pertanto, l’attuale leadership del Giappone deve concentrarsi su una politica energetica adeguata, perché la situazione attuale mina l’economia e genera ad altri mali.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


Uniti dall’odio

gennaio 29, 2014 2 commenti

Manuel Ochsenreiter 29 gennaio 2014
Il Prof. Aleksandr Dugin è un filosofo e professore all’Università statale di Mosca. Dugin è il leader internazionale del “Movimento eurasiatista”, ed è noto per il libro ‘Fondamenti di geopolitica’.
Prof. Dugin, i media mainstream e le dirigenze politiche occidentali descrivono la recente situazione in Ucraina come un conflitto tra l’alleanza dell’opposizione democratica e liberale pro-europea e un regime autoritario con un dittatore come presidente. È d’accordo?
Dugin: Conosco tale storia e ritengo che questo tipo di analisi sia totalmente sbagliato. Non possiamo dividere il mondo di oggi come nella Guerra Fredda. Non c’è un “mondo democratico” che si erge contro un “mondo antidemocratico”, come molti media occidentali riportano.
Il vostro Paese, la Russia, è uno dei nuclei di questo cosiddetto “mondo antidemocratico” se crediamo ai nostri media mainstream. E la Russia con il Presidente Vladimir Putin cerca d’intervenire nella politica interna ucraina, leggiamo…
Dugin: Questo è completamente sbagliato. La Russia è una democrazia liberale. Date un’occhiata alla costituzione russa: abbiamo un sistema elettorale democratico, un parlamento funzionante, un sistema di libero mercato. La Costituzione si basa sul modello occidentale. Il nostro presidente Vladimir Putin governa il Paese in modo democratico. Non siamo una monarchia, una dittatura, un regime comunista sovietico.
I nostri politici in Germania chiamano Putin “dittatore”!
Dugin: (ride) Su quali basi?
A causa delle sue leggi contro gli LGBT, il sostegno alla Siria, i processi contro Mikhail Khodorkhovskij e ‘Pussy Riot’…
Dugin: Così lo chiamano “dittatore”, perché a loro non piace la mentalità russa. Ogni punto che Lei ha citato è completamente legittimo democraticamente. Non c’è un singolo elemento “autoritario”. Quindi non dobbiamo confonderci: anche se non piace la politica della Russia non si può negare che la Russia sia una democrazia liberale. Il Presidente Vladimir Putin accetta le regole democratiche del nostro sistema e le rispetta. Non ha mai violato una sola legge. Così la Russia è parte del campo democratico liberale e il modello da guerra fredda non serve a spiegare la crisi ucraina.
Quindi, come possiamo descrivere tale conflitto violento e sanguinoso?
Dugin: Abbiamo bisogno di una chiara analisi geopolitica e di civiltà. Dobbiamo accertare i fatti storici, anche se in questi giorni non sono in voga!
Che vuol dire?
Dugin: L’Ucraina di oggi è uno Stato che non è mai esistito nella storia. Si tratta di una nuova entità. Questa entità ha almeno due parti completamente diverse. Queste due parti hanno un’identità e una cultura diversa. C’è l’Ucraina occidentale, unita nella sua identità all’Europa orientale. La stragrande maggioranza delle persone che vivono in Ucraina occidentale si considera europea dell’Est. E tale identità si basa sul rifiuto completo di qualsiasi idea panslava con la Russia. I russi sono considerati nemici esistenziali. Possiamo dire così: odiano i russi, la cultura russa e, naturalmente, la politica russa. Ciò è una parte importante della loro identità.
Non ne siete irritato in quanto russo?
Dugin: (ride) Per nulla! Si tratta di una parte dell’identità. Non significa necessariamente che vogliono entrare in guerra contro di noi, ma non sono come noi. Dobbiamo rispettarlo. Guardate, gli statunitensi sono odiati da molti più popoli e l’accettano. Così, quando gli ucraini occidentali ci odiano, non è né male, né bene, è un fatto. Diciamo semplicemente accettiamolo. Non tutti ci amano!
Ma gli ucraini orientali sono russi quanto e anche più di Lei!
Dugin: Non così in fretta! La maggior parte delle persone che vivono nella parte orientale dell’Ucraina condivide una comune identità con il popolo russo, storica, di civiltà e geopolitica. L’Ucraina orientale è un Paese russo ed eurasiatico. Quindi ci sono due Ucraine. Lo vediamo assai chiaramente alle elezioni. La popolazione è divisa in ogni importante questione politica. Soprattutto quando si tratta delle relazioni con la Russia, siamo testimoni di come drammatico diventi il problema: una parte è assolutamente anti-russa, l’altra parte assolutamente filo-russa. Due diverse società, due Paesi diversi e due diverse identità storiche nazionali vivono in una sola entità.
Quindi la domanda è quale società domina l’altra?
Dugin: Questo è una parte importante della politica ucraina. Abbiamo le due parti e abbiamo la capitale Kiev. Ma a Kiev abbiamo entrambe le identità. Non è né la capitale dell’Ucraina occidentale né dell’Ucraina orientale. La capitale della parte occidentale è Lvov, la capitale della parte orientale è Kharkov. Kiev è la capitale di un’entità artificiale. Ciò è importante per capire il conflitto.
I media occidentali ed ucraini “nazionalisti” sarebbero fortemente in disaccordo con il termine “artificiale” per lo Stato ucraino.
Dugin: I fatti sono chiari. La creazione dello Stato di Ucraina nei confini attuali non è il risultato della Storia. Fu una decisione burocratica e amministrativa dell’Unione Sovietica. La Repubblica Socialista Sovietica dell’Ucraina fu una delle 15 repubbliche dell’Unione Sovietica dal 1922 al 1991. In tutti questi 72 anni i confini della repubblica cambiarono spesso, con una parte significativa di quella che oggi è l’Ucraina occidentale annessa dall’Armata Rossa nel 1939, e con l’aggiunta della già russa Crimea, nel 1954.
Alcuni politici ed analisti dicono che la soluzione più semplice sarebbe la partizione dell’Ucraina in uno Stato orientale e uno occidentale.
Dugin: Non è così facile come potrebbe sembrare, perché avremmo problemi con le minoranze nazionali. Nella parte occidentale dell’Ucraina vivono molte persone che si considerano russe, oggi. Nella parte orientale vive una parte della popolazione che si considera ucraina occidentale. Vedete: una semplice partizione dello Stato non risolverebbe davvero il problema, ma ne creerebbe uno nuovo. Possiamo immaginare la separazione della Crimea, perché quella parte dell’Ucraina è territorio popolato solo da russi.
Perché sembra che l’Unione europea sia tanto interessata ad “importare” tutti questi problemi?
Dugin: Non è nell’interesse dell’alleanza europea, ma degli Stati Uniti. Si tratta di una campagna politica contro la Russia. L’invito di Bruxelles all’Ucraina di adesione all’occidente ha subito creato un conflitto con Mosca e un conflitto interno all’Ucraina. Ciò non sorprende per nulla chi conosce la società e la storia ucraina.
Alcuni politici tedeschi hanno detto di esser sorpresi dalle scene di guerra civile a Kiev…
Dugin: Questo la dice lunga sull’istruzione politica e storica dei vostri politici riguardo la crisi in Ucraina…
Ma il presidente ucraino Viktor Janukovich ha rifiutato l’invito occidentale.
Dugin: Certo. E’ stato eletto dal Sud filo-russo e non dall’occidente. Janukovich non può agire contro l’interesse e la volontà della sua base elettorale. Se avesse accettato l’invito dell’UE sarebbe stato considerato un traditore dai suoi elettori. I sostenitori di Janukovich vogliono l’integrazione con la Russia. Per dirla chiaramente: Janukovich ha semplicemente fatto ciò che gli era assai logico. Nessuna sorpresa, nessun miracolo. Semplicemente logica politica.
Vi è ora una alleanza delle opposizioni politicamente molto pluralista contro Janukovich: Questa alleanza comprende liberali, anarchici, comunisti, gruppi di destra, gay, anche nazionalisti e gruppi e teppisti neo-nazisti. Cosa tiene insieme tali diversi gruppi ed ideologie?
Dugin: Sono uniti dal solo odio contro la Russia. Janukovich è ai loro occhi un ascaro della Russia, amico di Putin e uomo dell’Oriente. Odiano tutto ciò che ha a che fare con la Russia. Questo odio li tiene insieme, questo è un blocco dell’odio. Per dirla chiaramente: l’odio è la loro ideologia politica. Non amano l’Unione europea o Bruxelles.
Quali sono i principali gruppi? Chi domina l’opposizione?
Dugin: Sono chiaramente i più violenti gruppi neo-nazisti del cosiddetto Euro-Maidan. Suscitano violenze e una situazione da guerra civile a Kiev.
I madia mainstream occidentali sostengono che il ruolo di tali gruppi estremisti è drammatizzato dai media filo-russi per diffamare l’intera alleanza dell’opposizione.
Dugin: Certo. Come vogliono giustificare che l’Unione europea e i governi europei sostengono neo-nazisti estremisti e razzisti oltre i confini dell’UE, mentre all’interno compiono azioni melodrammatiche e gravi anche contro i gruppi dell’estrema destra più moderata?
Ma come possono, per esempio, i gruppi gay e gruppi liberali di destra e di sinistra combattere a fianco dei neo-nazisti, noti per non essere per nulla gay friendly?
Dugin: Prima di tutto, tutti questi gruppi odiano la Russia e il presidente russo. Questo odio li rende compari. E i gruppi liberali di sinistra non sono meno estremisti dei gruppi neo-nazisti. Tendiamo a pensare che siano liberali, ma si sbaglia terribilmente. Soprattutto in Europa orientale e in Russia molto spesso le lobby omosessuali e gruppi ultranazionalisti e neonazisti sono alleati. Anche la lobby omosessuale ha idee assai estreme su come deformare, rieducare e influenzare la società. Non dobbiamo dimenticarlo. Le lobby gay-lesbiche non sono meno socialmente pericolose dei neo-nazisti.
Sappiamo che una tale alleanza è presente anche a Mosca. Il blogger liberale e candidato alla carica di sindaco di Mosca Aleksej Nawalnij fu supportato da una tale alleanza di organizzazioni per i diritti dei gay e di gruppi neo-nazisti.
Dugin: Esattamente. E questa coalizione filo-Nawalnij fu sostenuta anche dall’occidente. Il punto è che ciò non ha nulla a che fare con l’ideologia di tali gruppi. Non interessa all’occidente.
Che vuoi dire?
Dugin: Cosa accadrebbe se un’organizzazione neo-nazista sostenesse Putin in Russia o Janukovich in Ucraina?
L’UE avvierebbe un’enorme campagna politica sui media mainstream occidentali per sottolineare un tale scandalo.
Dugin: Esattamente. Quindi si tratta solo da quale parte stia un dato gruppo. Se il gruppo è contro Putin, contro Janukovich, contro la Russia, l’ideologia non è un problema. Se tale gruppo sostiene Putin, la Russia o Janukovich, l’ideologia diventa immediatamente un problema enorme. Si tratta solo del lato geopolitico cui appartiene il gruppo. Non è altro che geopolitica. E’ una buona lezione su ciò che accade in Ucraina. La lezione ci dice: la Geopolitica domina questi conflitti e nient’altro. Assistiamo a ciò anche in altri conflitti, in Siria, Libia, Egitto, Caucaso, Iraq, Iran…
Qualsiasi gruppo sia a favore dell’occidente è un gruppo di “buoni” senza badare se sia estremista?
Dugin: Sì e qualsiasi gruppo contro l’occidente, anche se laico e moderato, sarà definito “estremista” dalla propaganda occidentale. Tale approccio domina i campi di battaglia geopolitici di oggi. Puoi essere il combattente salafita più radicale e brutale, puoi odiare gli ebrei e mangiare organi umani di fronte a una telecamera, finché lotti per gli interessi occidentali contro il governo siriano sei un alleato rispettato e sostenuto dall’occidente. Quando si difende una società multi-religiosa, laica e moderata, tutti ideali occidentali, ma si ha una posizione contraria agli interessi occidentali, come il governo siriano, sei un nemico. Nessuno è interessato a ciò in cui credi, è solo il lato geopolitico scelto che è giusto o sbagliato per la potenza egemone occidentale.
Prof. Dugin, in particolare i gruppi di opposizione ucraina che si fanno chiamare “nazionalisti” sarebbero fortemente in disaccordo con Lei. Affermano: “Siamo contro la Russia e contro l’UE, abbiamo una terza posizione!” Ironicamente anche il combattente salafita in Siria avrebbe detto la stessa cosa: “odiamo gli americani tanto quanto il governo siriano“. C’è qualcosa di simile a una possibile terza posizione in questa guerra geopolitica di oggi?
Dugin: L’idea di avere una terza e indipendente posizione tra i due blocchi dominanti è molto comune. Ho avuto alcune interessanti interviste e colloqui con una figura di spicco della guerriglia separatista cecena. Mi confessò che in realtà credeva nella possibilità di una Cecenia islamica indipendente e libera. Ma più tardi capì che non c’era una “terza posizione”, nessuna possibilità. Capì che combatteva contro la Russia per l’occidente. Era uno strumento geopolitico dell’occidente, un ascaro della NATO sul campo di battaglia caucasico. La stessa brutta verità colpisce l’ucraino “nazionalista” e il combattente salafita arabo: sono ascari dell’occidente. E’ difficile accettarlo, perché a nessuno piace l’idea di essere l’utile idiota di Washington.
Per dirla chiaramente: la “terza posizione” è assolutamente impossibile?
Dugin: Oggi senz’altro. Ci sono una potenza terrestre e una marittima in geopolitica. La potenza terrestre oggi è la Russia, quella marittima Washington. Durante la seconda guerra mondiale la Germania cercò d’imporre una terza posizione. Tale tentativo si basava proprio su quegli errori politici di cui parliamo adesso. La Germania continuò la guerra contro la potenza marittima rappresentata dall’impero inglese, e contro la potenza terrestre rappresentato dalla Russia. Berlino combatté contro le principali forze globali e perse la guerra. Il finale fu la completa distruzione della Germania. Così, se neanche la forte e potente Germania dell’epoca non fu abbastanza forte per imporre la terza posizione, come gruppi molto più piccoli e deboli potrebbero farlo oggi? E’ impossibile, si tratta di un’illusione ridicola.
Chiunque affermi, oggi, di lottare per una “terza posizione” indipendente è in realtà un ascaro dell’occidente?
Dugin: Nella maggior parte dei casi, sì.
Mosca sembra essere molto passiva. La Russia non supporta alcun suo delegato nei Paesi dell’UE. Perché?
Dugin: La Russia non ha un’agenda imperialista. Mosca rispetta la sovranità e non interferisce nella politica interna di nessun altro Paese. Ed è una onesta e buona politica. Lo vediamo anche in Ucraina. Vediamo molti più politici dell’UE e addirittura politici e diplomatici degli USA recarsi a Kiev per sostenere l’opposizione, che politici russi sostenere Janukovich in Ucraina. Non dobbiamo dimenticare che la Russia non ha interessi egemonici in Europa, ma gli statunitensi sì. Francamente parlando, l’Unione europea non è un vero e proprio ente europeo, è un progetto transatlantico imperialista. Non serve gli interessi dei cittadini europei, ma dell’amministrazione di Washington. L’”Unione europea” è in realtà anti-europea ed “Euro-Maidan” è in realtà “anti-euro-Maidan”. I violenti neonazisti in Ucraina non sono “nazionalisti” o “patriottici” o “europei”, sono solo ascari degli USA. Lo stesso vale per i gruppi per i diritti degli omosessuali, le organizzazioni come FEMEN o i gruppi di protesta liberali di sinistra.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora














Maidan è un fronte anti-russo degli USA

gennaio 29, 2014 Lascia un commento

FBII 29 gennaio 2014
L’attenzione di Washington è ora focalizzata sugli eventi in Ucraina. Per più di un mese cittadini ucraini si sono radunati a Piazza Indipendenza di Kiev per protestare contro il rinvio del Presidente Victor Janukovich della firma per l’accordo economico con l’UE. Tuttavia, gli Stati Uniti si sono da tempo preparati a una tale eventualità, fornendo all’opposizione ucraina fondi. Cerchiamo di capire, perché Washington ha bisogno di Maidan.
L’assistente del segretario di Stato USA Victoria Nuland è stata vista sul principale sito dell’opposizione di Kiev, Piazza Indipendenza, dove distribuiva panini e biscotti ai manifestanti ucraini. Il senatore statunitense John McCain ha incontrato i leader dell’opposizione ucraina a Kiev ed espresso sostegno ai manifestanti accampati per settimane nella capitale, una mossa che di sicuro irrita Mosca vedendola come ingerenza occidentale nel suo cortile di casa. McCain ha incontrato i leader dell’opposizione, l’ex-campione di pugilato Vitalij Klishko, l’ex-ministro dell’economia Arsenij Jatsenjuk e il nazionalista di estrema destra Oleg Tjanibog, che chiedono che il governo di Janukovich rassegni le dimissioni ed elezioni anticipate. L’ambasciatore Jeffrey Wright dice qualcosa sull’amicizia indissolubile tra i popoli nuovi arrivati e funzionari del dipartimento di Stato sono stati visti indossare spillette con i simboli di Maidan… Infatti, perché l’occidente dovrebbe soccorrere l’Ucraina? L’unica cosa che interessa alle capitali occidentali è impedire l’ulteriore ravvicinamento tra l’Ucraina e la Russia. Il paradigma offerto da Zbigniew Brzezinski è popolare tra i governanti occidentali. Ne La Grande Scacchiera: la supremazia americana e i suoi imperativi geostrategici, scritto nel 1997, disse che senza l’Ucraina la Russia cessa di essere un impero, mentre con l’Ucraina, comprata prima e soggiogata poi, si trasforma automaticamente in un impero… Secondo lui, il nuovo ordine mondiale sotto l’egemonia degli Stati Uniti fu creato contro la Russia e per frammentare la Russia. L’Ucraina è l’avamposto occidentale per impedire la ricreazione dell’Unione Sovietica. L’obiettivo principale dell’associazione dell’Ucraina con l’Unione europea non era il benessere della gente, ma perseguire la missione geopolitica d’indebolire la Russia. Non c’è da stupirsi che Brzezinski e membri del dipartimento di Stato siano stati invitati dal Senato degli Stati Uniti, dove pochi giorni fa si svolsero le audizioni parlamentari sugli eventi ucraini. Il Comitato per le relazioni estere del Senato era il motore di tali audizioni.
Le testimonianze dell’assistente del segretario Victoria Nuland e del viceassistente del segretario di Stato Tom Melia avevano i soliti cliché, “Prima di tutto lasciatemi esprimere la nostra gratitudine a questa commissione e al Senato degli Stati Uniti per la sua leadership in Ucraina, e per l’eccellente rapporto di lavoro tra esecutivo e legislativo del governo su questo tema. Voglio anche ringraziare e lodare i senatori McCain e Murphy per il sostegno bipartisan dato direttamente al popolo dell’Ucraina nel fine settimana importante di dicembre, e per essersi impegnati con il Presidente Janukovich, il suo governo, l’opposizione, la comunità imprenditoriale e la società civile a sostegno di una soluzione pacifica, democratica, per uscire dalla crisi”, ecc. Nel loro insieme, le testimonianze di Nuland e Melia sembrano basarsi su una serie di ipotesi discutibili:
- Interessi nazionali chiari e identificabili statunitensi sono in gioco nel confronto attualmente in atto a piazza Maidan.
- Senza il sostegno finanziario e morale degli Stati Uniti l’opposizione al regime di Janukovich cesserebbe.
- La Russia, offrendo al governo ucraino un pacchetto di salvataggio più attraente di quello proposto dall’Unione Europea (UE) e dal FMI, ha agito in malafede.
- I manifestanti di Maidan parlano per tutto il popolo ucraino, la stragrande maggioranza del quale desidera entrare nell’UE.
- L’esito della crisi attuale avrà un preciso effetto sul futuro sviluppo della Russia, se l’Ucraina sceglie un futuro europeo, e così anche (un giorno) farà la Russia.
Le domande e le risposte dell’audizione lasciano pochi dubbi sul fatto che tali ipotesi siano condivise dal presidente della commissione Robert Menendez, dal senatore Bob Corker e non sorprende, anche dai senatori Chris Murphy e John McCain, freschi del loro recente viaggio a Kiev. Meno si parla delle risposte di McCain, meglio è. Dopo aver affermato che l’Ucraina “è un Paese che vuole essere europeo, non russo” e che il popolo ucraino “grida il nostro aiuto“, ha proseguito bizzarramente dicendo non una, ma due volte, che la Russia impone l’”embargo” sul cioccolato dell’Ucraina. Tale embargo al cioccolato sembra davvero suscitare la sua indignazione. Da parte loro, Menendez e Corker sono stati più sul punto. Menendez ha minacciato sanzioni contro il regime di Janukovich e si domandava perché l’amministrazione non avesse già denunciato la Russia al WTO. Per prima cosa Corker ha sgridato il dipartimento di Stato per non aver aggiunto nomi alla lista Magnitskij che, ha detto, ne avrebbe “diritto”. Eppure ha chiarito che concorda con i testimoni secondo cui “l’Ucraina è un Paese incredibilmente importante” e l’esito della crisi attuale “potrebbe plasmare la politica interna della Russia stessa“. In nessun momento vi fu la prova, nelle domande agli intervistati e nelle risposte dei senatori, che si pensasse se fosse appropriato per il governo degli Stati Uniti farsi sempre più profondamente coinvolgere nella vita politica di un Stato sovrano al crocevia del mondo. Nessun dubbio è stato espresso sul fatto che le scelte di un governo democraticamente eletto sui suoi partner commerciali, le elezioni e la sicurezza debbano essere oggetto del controllo statunitense. Come il professore emerito di Princeton Stephen F. Cohen ha incisivamente sottolineato, “Non è democratico rovesciare un governo democraticamente eletto. E’ l’opposto“. Né ci fu alcun riconoscimento che l’Ucraina sia profondamente e quasi equamente divisa tra occidentalisti nei centri urbani come Kiev e Lvov, e russofili del Sud e dell’Est, ignorando che Russia, Ucraina e Bielorussia abbiano radici comuni risalenti alla Rus’ di Kiev nel 9° secolo, come dice The American Conservative.
Melia è andato oltre (ex-portavoce di Nuland nel dipartimento di Stato, leggermente più sfumato), affermando che l’attenzione del comitato sull’Ucraina è giustificata non solo perché si trova “al centro dell’Europa”, ma perché è anche un “prezioso” e ” importante partner” degli Stati Uniti. Se tali affermazioni non aggrottarono le sopracciglia, i verdoni che cita certamente dovrebbero farlo. Secondo Melia, dalla dissoluzione dell’URSS nel dicembre 1991, gli Stati Uniti hanno speso, il termine che Melia ha utilizzato è stato “investito”, oltre 5 miliardi dollari per l’assistenza all’Ucraina, di cui 815 milioni dollari per il finanziamento della democrazia e i programmi di scambio. Inoltre, dal 2009 l’amministrazione Obama ha inviato 184 milioni di dollari per programmi apparentemente volti a sostenere società civile, diritti umani, buon governo e Stato di diritto in Ucraina. E’ logico supporre che per Euromaidan oggi si spenda quei soldi. Un enorme palco con illuminazione e acustica, attrezzature per militanti, pasti caldi, migliaia di posti letto, riscaldamento, apparecchiature mediche, internet ad alta velocità, indumenti caldi, autobus per i militanti diretti ad assaltare le amministrazioni di altre regioni… Ovviamente, una sola giornata di azioni a Maidan costa centinaia di migliaia di dollari. A sostegno di tale versione, in riferimento ai servizi di sicurezza ucraini, lo schema dettagliato dei finanziamenti a Maidan è stato pubblicato su Internet: “Ogni caposquadra della resistenza ha avuto promessa una ricompensa in denaro. 200 dollari al giorno per ogni combattente attivo e altri 500 se il gruppo è di oltre 10 persone. I coordinatori vengono pagati almeno 2000 dollari al giorno per alimentare gli scontri del gruppo controllato, eseguendo azioni offensive contro agenti di polizia e rappresentanti delle autorità pubbliche. L’ambasciata statunitense a Kiev ha ricevuto contanti. Combattenti attivi e leader ricevono i pagamenti sui loro conti personali.” Le informazioni sulla gestione dei conti bancari dei militanti vengono sempre pubblicate su Internet.
Da 16 anni membro del Congresso degli Stati Uniti, due volte candidato presidenziale degli Stati Uniti, Dennis J. Kucinich rivela in profondità i piani statunitensi: “Mentre il piano dell’UE dell’accordo di associazione viene spacciato come vantaggiosamente economico per i cittadini ucraini, in realtà appare come cavallo di Troia della NATO: una massiccia espansione della posizione militare della NATO nella regione. Inoltre, l’accordo avviene sotto la copertura di nebulose promesse economiche a una popolazione assediata dalla fame di salari migliori. In un Paese dove il salario minimo mensile medio è pari a circa 150 dollari, non è difficile capire perché gli ucraini siano in piazza. Non vogliono essere nell’orbita della Russia, né vogliono essere pedine della NATO. Ma la situazione degli ucraini viene sfruttata per strappare un nuovo accordo militare con il pretesto della riforma economica? Per la NATO, l’obiettivo è l’espansione. Il premio è l’accesso a un Paese che condivide una frontiera di 1426 miglia con la Russia. La mappa geopolitica sarebbe drammaticamente rimodellata dall’accordo, con l’Ucraina come nuovo fronte della difesa missilistica occidentale alle porte della Russia. Qualora l’accordo nucleare degli Stati Uniti con l’Iran andasse a pezzi, l’Ucraina potrebbe essere impiegata nelle grandi dispute regionali. Quando la spesa militare aumenta, la spesa interna crolla. Vincitore difficilmente sarà il popolo ucraino, ma la gente di Lockheed-Martin, Northrop Grumman, Boeing e altri interessi della difesa. Gli ucraini non sono in Piazza Indipendenza per la NATO. Eppure, il vantaggio della NATO è chiaro. Meno chiaro è se gli ucraini avranno i benefici economici che cercano.”
Il governo ucraino ha preso la decisione giusta di rimanere fuori dall’UE. Gli interessi economici dell’Ucraina sono con la Russia, non con l’UE. Questo è del tutto evidente“, dice l’economista statunitense e editorialista di Creators Syndicate Paul Craig Roberts. “L’UE vuole che l’Ucraina aderisca in modo che venga saccheggiata come Lettonia, Grecia, Spagna, Italia, Irlanda e Portogallo. Gli Stati Uniti vogliono che l’Ucraina aderisca in modo che possa diventare un altro posto per le basi missilistiche di Washington contro la Russia.” “Se sapessimo a pieno ciò che succede, probabilmente noi, gli Stati Uniti, perché questa è una sorta di guerra per procura, siamo prossimi alla guerra con la Russia, come durante la crisi dei missili di Cuba“, ha detto Stephen F. Cohen, professore emerito presso New York University e Princteon University. Per quanto Washington nasconderà il suo coinvolgimento negli scontri a Kiev? Quali potrebbero essere i prossimi passi degli Stati Uniti? Il timore che truppe statunitensi si piazzino nel territorio nazionale dell’Ucraina potrebbe provocare un’altra guerra, essendovi la condizione in cui potrebbe aversi un’altra sanguinosa battaglia per il suo controllo. Il timore di un tale passo da parte del governo degli Stati Uniti è stato scatenato dalla dichiarazione di John Kerry a Davos, in Svizzera.
Kerry aveva chiarito che il mito secondo cui gli Stati Uniti hanno mutato politica estera viene smascherato. Ha aggiunto che gli USA non recedono dalla politica d’impegnarsi nelle zone dove vi siano violenze ed escalation delle violazioni dei diritti umani. Kerry è stato diretto rispondendo che l’assenza di vistosi movimenti di truppe o mancanza di risposte minacciose non indica disimpegno degli USA. Gli Stati Uniti valutano una serie di opzioni in risposta alla repressione dell’Ucraina delle proteste dell’opposizione, comprese eventuali sanzioni, ha detto il dipartimento di Stato. A dicembre il capo del Pentagono Chuck Hagel ha avvertito Kiev contro l’uso della forza militare contro i manifestanti, “in qualsiasi modo”, e ha esortato moderazione. Diverse petizioni che chiedono l’invio di forze di pace statunitensi in Ucraina vengono registrate sul sito web della Casa Bianca. Anche se tale idea ha ancora relativamente pochi voti, diverse migliaia, non si può eliminare completamente la possibilità dell’azione umanitaria che coinvolga l’esercito statunitense in Ucraina.
Jugoslavia, Libia, Siria… Washington utilizza in genere lo scenario dell’intervento per fasi. Per primo il capo dello Stato viene sottoposto ad ostruzione internazionale. Poi, se ciò fallisce, il Paese subisce l’embargo economico. Assieme a ciò si suscita il caos nel suo territorio. Infine, la NATO propone l’invio delle forze di pace per porre fine alle sofferenze dei cittadini…
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
La Transcarpazia minacciata d’invasione

gennaio 29, 2014 Lascia un commento

Vladislav Gulevich Strategic Culture Foundation 28/01/2014
Secondo i media rumeni, Bucarest dovrà garantire la sicurezza dei romeni in Bucovina e Odessa. Se la situazione in Ucraina peggiora, dovrà schierare truppe nelle zone di loro residenza. Anche gli ungheresi transcarpati sollevano la questione della loro sicurezza. Budapest avrebbe pianificato l’invio di truppe in Transcarpazia (Zakarpatie). Euromaidan ha un evidente e radicale vuoto in Transcarpazia, Transcarpazia e Galizia (Galitsija o Galichina) furono divise molto tempo fa. Anche durante e dopo la prima guerra mondiale, i cittadini ungheresi della Rutenia, o Rus Uhorská, nome storico della Transcarpazia, subirono sempre tentativi di ucranizzazione. Nel 1920-1938 la Rutenia ungherese apparteneva alla Cecoslovacchia. Praga cercò di ucranizzare i ruteni (o rusyn), utilizzando i nazionalisti galiziani. La Transcarpazia non fu mai associata all’Ucraina fino al 1939. Il pupazzo di Hitler, Avgustyn Voloshyn, creò lo Stato-fantoccio dell’Ucraina carpatica avviando il processo di ucrainizzazione. Letteralmente due giorni dopo la creazione dello Stato-fantoccio, Hitler consegnò la Transcarpazia (Ucraina carpatica) all’alleato ungherese Miklós Horthy. Nel 2002, con decreto dell’allora presidente ucraino Leonid Kuchma, Avgustyn Voloshyn venne insignito del titolo di Eroe dell’Ucraina e ottene l’Ordine di Stato postumo. Fu un affronto aperto ai ruteni transcarpatici che ricordano il campo di concentramento di Dumen, creato per coloro che non volevano ucranizzarsi difendendo il diritto di rimanere rusyn, anche sotto la minaccia di morte.
Mentre Euromaidan a Kiev infuria, dei tentativi vengono intrapresi per diffondere disordini in altre regioni dell’Ucraina. La Transcarpazia ha imposto blocchi al confine con la Galizia per tenere lontano gli estremisti. Alcuni chiedono il ritorno al nome storico della regione, Rus dei Precarpazi.
La situazione, già abbastanza complicata, viene artificialmente aggravata dall’influenza degli eventi di Maidan. L’Ungheria ha la tentazione di approfittare di ciò che succede e, infine, annettersi la Transcarpazia (Rutenia ungherese), territorio che ha sempre considerato proprio, allontanando contemporaneamente l’Ucraina. L’etnia ungherese rappresenta la maggioranza della popolazione nelle zone di confine della Transcarpazia. La terra fu sottoposta all’amministrazione fiduciaria di Budapest per molto tempo. Storicamente le relazioni tra ruteni (rusyn uhorská) e ungheresi furono sempre migliori, per esempio, dei galiziani con i russi e i polacchi. Sotto il governo ungherese, i ruteni avevano le loro scuole (di cui sono privi ora che fanno parte dell’Ucraina democratica), furono riconosciuti come popolo dalla determinata nazionalità. Ciò non significa che la storia delle relazioni tra ruteni e ungheresi fosse un letto di rose. La “magiarizzazione” fu un elemento della politica del governo ungherese verso i popoli slavi (ruteni e slovacchi). Di conseguenza, uno strato speciale emerse tra i ruteni, i magiaroni. Queste persone hanno sangue ruteno ma animo magiaro. Gli ungheresi credevano che fosse vantaggioso se ai ruteni venisse impedito di divenire ucraini e di avvicinarsi alla Russia. L’Ungheria ha sempre sottolineato la parola uhorská (ungherese) per rivendicare la Rus Uhorská allo Stato ungherese.
Le minacce poste da Maidan sono gravi, perché creano i presupposti per la divisione dell’Ucraina, in particolare spinge Budapest a proporre la restaurazione della giustizia storica, rendendo la Rus Uhorská di nuovo parte dell’Ungheria. Quanto è imminente la minaccia dell’invasione ungherese? La Transcarpazia è un importante snodo del trasporto di petrolio e gas, il controllo della regione rende possibile rimodellare l’intera struttura delle esportazioni energetiche della Russia verso l’Europa. La posta in gioco è alta. Le condizioni sono estremamente favorevoli: le forze dell’ordine ucraine sono parzialmente paralizzate, le contraddizioni tra le regioni occidentale e del sud-est dell’Ucraina sono esacerbate al massimo, Kiev è apertamente troppo prudente e i radicali hanno il sostegno di Bruxelles e Washington. L’Ungheria dovrà aspettare molto prima che si verifichi un’altra occasione come questa. Il Paese è membro della NATO e tutte le operazioni di “peacemaking” (il tipo di azione da intraprendere in caso si decidesse il “salvataggio” degli ungheresi transcarpati) sarebbero condotte di concerto con gli alleati. Washington direbbe di sì nel caso in cui il Presidente Janukovich non cedesse alle proteste di piazza e continuasse la politica volta ad avvicinarsi all’Unione doganale dopo aver sospeso l’accordo di associazione con l’Unione europea? L’occidente è abbastanza risoluto a ricorrere a misure estreme, come la divisione dell’Ucraina, per esempio, per impedire l’insorgere di un polo slavo oriente (Mosca-Minsk-Kiev)? In questo caso convertirebbe l’Ucraina in una sorta di zona cuscinetto per tenere lontano l’Eurasia dall’Unione europea e minare il processo d’integrazione dello spazio post-sovietico. Non ci sono risposte nette e chiare a tali domande, al momento, ma la destabilizzazione dell’Ucraina fa totalmente parte dell’ordine del giorno. L’Ucraina occidentale è perfettamente adatta nel diventare una zona cuscinetto, soprattutto se la Rus Uhorská, la regione più filo-Russia dell’Ucraina occidentale, venisse staccata e annessa all’Ungheria. In tale caso, un nuovo soggetto politico e territoriale dalla forte contaminazione ideologica russofoba emergerebbe nel cuore dell’Europa. Budapest dovrà solo continuare la politica d’istruzione degli ungheresi russi, “Magyar Orosz”, integrandoli nello spazio culturale e politico ungherese. In teoria, l’ipotetica adesione della Transcarpazia all’Ungheria sarebbe un grande passo dell’espansione della NATO verso Est. E’ un piccolo pezzo di terra dalla grande importanza geopolitica. Il vantaggio strategico nell’esercitare il controllo su questo territorio è immenso.
I rusyn carpati non staranno fermi, ricordandosi sempre le radici russe vedranno la possibilità di sopravvivere solo nell’ambito della civiltà russa. Se gli ungheresi oscillano verso Budapest, allora la maggior parte dei rusyn si volgerà verso Mosca e Kiev sperando in un’alleanza. Vi sono già voci che chiedono che la Transcarpazia scelga Kiev nel caso in cui l’Ucraina si divida…
La ripubblicazione è gradita in riferimento al giornale on-line della Strategic Culture Foundation.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Colombia, CIA e oltre dieci anni di bugie

gennaio 28, 2014 Lascia un commento

Réseau International 28 gennaio 2014
Al momento del rilascio di Ingrid Betancourt, molto fu detto dai media, ma in realtà nulla di essenziale. La storia, ricca di colpi di scena e raccontata come un romanzo, era destinata principalmente a nascondere l’essenziale e Sarkozy, sempre opportunista, colse l’occasione per guadagnare qualche punto. Come di consueto, l’opinione pubblica francese gli diede il merito di tutto. Come vedrete in questo articolo, il suo unico ruolo fu andare a prendere Ingrid Betancourt all’aeroporto, una volta finito tutto. Ma c’era un’equazione inevitabile. Da un lato i sequestratori delle FARC, che detenevano anche degli agenti della CIA, e dall’altro il governo colombiano di Uribe, uno dei più forti alleati degli Stati Uniti. Come alleato potrebbe anche rientrarvi Israele (anch’esso trovatosi, per coincidenza, in tale storia). Questa sola ragione dovrebbe portare a ridiscutere tutto ciò che viene detto delle FARC dalla solita propaganda di Washington. Ma allora, se i guerriglieri non sono i cattivi che vogliono farci credere, chi sono gli ostaggi? Degli agenti della CIA sappiamo. Ma Ingrid Betancourt come finì in quel pasticcio? Cosa rappresenta questo trio Colombia-FARC-USA? Ingrid Betancourt chi è davvero? Sarebbe piaciuto che i media al momento del suo rilascio, si facessero queste domande. Si può sognare?
Colombia, le rivelazioni del Washington Post sul ruolo della CIA nel conflitto colombiano illumina di luce cruda la saga mediatica di Ingrid Betancourt e la versione ufficiale della sua liberazione, il 2 luglio 2008. Prima di tutte le informazioni chiariscono che l’obiettivo primario dell’operazione “Scacco matto” era infatti la liberazione dei tre ufficiali statunitensi e non di Ingrid Betancourt. Ma la copertura mediatica del conflitto in Colombia tra il 2002 e il 2008, nei media francesi e francofoni, si concentrava eccessivamente sulla sola Ingrid Betancourt. Tale corso contribuì a demonizzare le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia), mentre taceva le atrocità e la smobilitazione di facciata dei paramilitari. Peggio ancora: il nome di Ingrid Betancourt divenne l’albero che nascose la foresta del vero problema dei prigionieri della guerriglia in generale, e della nuova dimensione geopolitica della loro situazione, quando i tre agenti statunitensi erano detenuti dalle FARC. Ricordate anche che tale versione made in CIA venne usata nei quattro mesi elettorali del 2008 negli Stati Uniti, e che di fatto il candidato repubblicano McCain si recò in visita ufficiale in Colombia l’1-2 luglio. Ma il Washington Post non ci torna. Purtroppo, vorremmo capire l’esatto ruolo del candidato repubblicano in tale storia. Ufficialmente, la sua presenza in Colombia fu giustificata dai negoziati sull’accordo di libero scambio tra Bogotà e Washington, la sua presenza nel Paese a momento di ‘Scacco matto’ era una felice coincidenza, come implica il Boston Herald del 3 luglio: “Il senatore John McCain (informato del salvataggio degli ostaggi durante la sua visita la notte prima dell’operazione, fu informato del successo poco dopo la sua partenza) supportava l’accordo commerciale“. Potrebbe essere il momento di chiedere ulteriori spiegazioni al diretto interessato.
Inoltre, non solo la CIA era al comando, ma un altro attore diede una mano a tale operazione il cui successo ebbe il prezzo, va ricordato, dell’abuso della Croce Rossa Internazionale: si tratta della Global CST, una società privata israeliana specializzata in questioni militari. Anche su questo punto le fonti del Washington Post rimangono silenziose. Ma la questione della collaborazione tra la CIA e la società israeliana vale una domanda: quest’ultima, ansiosa di correggere la storia ufficiale, disse dopo la liberazione dei prigionieri, al quotidiano Haaretz, del contributo israeliano all’operazione “Entebbe colombiana”. Il suo direttore, Israel Ziv, un ex-ufficiale dell’esercito israeliano, dichiarò: “Gli israeliani forse non hanno preso parte al salvataggio (dei prigionieri), ma contribuirono a pianificare operazioni e strategie e ad usare fonti d’intelligence.” Quindi come i compiti furono davvero suddivisi tra statunitensi, israeliani e colombiani?
Ultima domanda non affrontata dal Washington Post: come CIA e Bogota sfruttarono e manipolarono l’andirivieni dei delegati svizzero e francese Jean Pierre Gontard e Noel Saez? All’inizio del 2009, quest’ultimo espresse amarezza nel libro L’emissario. Swissinfo riferì poi: “A proposito dell’operazione rivendicata da Bogota come colombiana al 100%, Noel Saez era convinto che fu possibile solo grazie alla partecipazione degli Stati Uniti e al tradimento del capo guerrigliero che sorvegliava l’ex-candidata alla presidenza colombiana. Se “il 100% colombiana” è immediatamente emerso come una vanteria di Bogotà, ci chiediamo come Svizzera e Francia poterono sottovalutare il peso reale di Washington e della CIA nel conflitto e in tale storia.
Laurence Mazure, giornalista freelance
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Turchia e Iran: i legami che li legano

gennaio 27, 2014 Lascia un commento

Mahdi Darius Nazemroaya Global Research, 23 gennaio 2014
Mentre la Turchia cerca di armonizzarsi con l’Iran e la Russia, una lotta interna si sviluppa tra il Premier e i gulenisti, che possono minacciare il processo. Se si deve credere alla leadership dell’AKP, sarebbero parte di una cospirazione straniera per abbatterla.
Sul conflitto in Siria, il governo del primo ministro dell’AKP (Partito Giustizia e Sviluppo) Recep Tayyip Erdogan di Ankara è dall’altra parte della barricata rispetto Teheran e Mosca, ma la profondità dei rapporti turchi con l’Iran e la Russia va oltre ciò. La Turchia è legata non solo all’Iran e alla Russia geograficamente e per la secolare storia comune, ma condividono anche rapporti commerciali, culturali, linguistici ed etnici. Sebbene le politiche e relazioni politiche turche con l’Iran e la Russia sono soggette a fluttuazioni, i numerosi legami che legano la società turca ad essi non possono essere annullati, compresa la realtà dei loro legami economici. Teheran e Mosca sono due dei più importanti partner commerciali ed energetici della Turchia. Oltre alla Germania, in termini di esportazioni ed importazioni turche, il volume commerciale con Iran e Russia è pari, a titolo di confronto, a tutti i rapporti commerciali di Ankara con gli altri Paesi.
Comprendendo l’importanza dei rapporti economici turchi con l’Iran, è importante notare che le sanzioni unilaterali degli Stati Uniti e dell’Unione Europea previste contro l’Iran hanno danneggiato l’economia turca. I turchi hanno bisogno dell’energia iraniana, gas naturale e petrolio. Quando il governo degli Stati Uniti chiese ad Ankara di ridurre le importazioni energetiche dall’Iran, fondamentalmente si aspettava che il governo turco danneggiasse consapevolmente l’economia turca per l’agenda di Washington. Anche sotto le sanzioni degli USA contro l’Iran, come forma manipolazione economica e bellica, le imprese turche e il governo dell’AKP fecero del loro meglio per mantenere i rapporti economici ed energetici con l’Iran. Ciò fu fatto apertamente e segretamente. La Turchia agì anche da canale segreto dell’Iran nell’eludere le sanzioni degli Stati Uniti e dell’Unione europea. Tra le altre cose, lo scandalo sulla corruzione che coinvolge il capo della statale Halk Bankasi (Banca Popolare), o Halkbank, emerso il 17 dicembre 2013, è un riflesso della continuazione delle attività economiche e commerciali tra la Turchia e l’Iran. Le vendite dell’Iran sono state discretamente facilitate dalla banca turca attraverso l’acquisto di oro consegnato a Teheran in pagamento al posto delle valute, dopo che a Teheran fu impedito l’uso del sistema internazionale di trasferimento del denaro SWIFT, nel marzo 2012. Halkbank sostiene che le operazioni erano legali e che nessuna norma impediva la negoziazione di metalli preziosi con l’Iran fino a luglio 2013, cessandole il 10 giugno 2013.
La lotta per il potere in Turchia emerse. Lo scandalo della Halkbank n’è un sottocomplotto e sintomo. Non solo le recenti indagini sulla concussione riflettono la diffusa corruzione del governo in Turchia, ma illumina il braccio di ferro nell’AKP e, più in generale, nell’élite turca, nel dirigere la Repubblica di Turchia.
Neo-ottomanismo: l’inverno della politica estera turca
Dal 2011, il danno economico alla Turchia causato dalle sanzioni contro l’Iran s’è aggravato con gli errori di calcolo e gli incidenti interni turchi. In gran parte, tali errori di calcolo furono il risultato della metamorfosi della politica estera del ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu, dalla politica estera ‘zero problemi” a quella più aggressiva ‘neo-ottomana’. I politici turchi credevano che la cosiddetta primavera araba avrebbe fatto di Ankara un’indiscussa potenza regionale dal Marocco all’Iraq. Tali punti di vista turchi furono anche incoraggiati dagli Stati Uniti e dall’UE, promuovendo il cosiddetto ‘modello turco’ presso gli arabi, che con il supporto del governo dell’AKP, passava dalla politica di ‘zero problemi’ alla ricerca del sogno neo-ottomano dell’incontrastata supremazia economica e politica turca sul mondo arabo. Attraverso la sua impresa neo-ottomana, Ankara si allontanò dall’asse Ankara-Damasco-Teheran, che andava formandosi e compiva progressi in Libia, la Siria, Iraq e Libano. Una specie d’inverno s’impose ad Ankara sugli affari esteri. Le relazioni turche alla fine s’inasprirono con quasi tutti i Paesi confinanti e si ebbero rapporti gelati con Teheran e il Cremlino.
La politica estera neo-ottomana fu avviata con il sostegno del governo turco alla guerra e alle operazioni di cambiamento di regime della NATO a Tripoli, che infine interruppe il commercio turco con Libia. Anche se il governo turco fingeva di essere contro la guerra, Ankara non pose alcun veto ai piani di guerra della NATO al Consiglio del Nord Atlantico a Bruxelles. Invece la Turchia sostenne la no-fly zone imposta dalla NATO, partecipando attivamente all’embargo navale sulle coste libiche, presidiando l’aeroporto di Bengasi come autorità provvisoria della NATO e aiutando le forze anti-governative libiche in diversi modi. In conseguenza delle azioni del governo turco, i rapporti economici turchi con la Libia non si ripresero più dalla guerra della NATO nel 2011, per via dei danni e dell’instabilità dell’economia libica. Gli avvenimenti in Libia furono seguiti dalla sospensione del commercio turco con la Siria, un altro importante partner commerciale. L’interruzione del commercio con la Siria comportò il sostegno sconsiderato di Erdogan al cambio di regime a Damasco. Per tutto il tempo, le relazioni della Turchia con l’Iraq, altro importante partner commerciale turco, degenerarono per via della prepotenza ed arroganza di Erdogan e dell’AKP. Ankara riteneva che l’influenza iraniana nel Levante e Mesopotamia verrebbe sostituita dall’influenza turca, continuando a spingere i suoi accoliti a rovesciare i governi di Damasco e Baghdad. Anche quando il governo dell’AKP vide che la formidabile alleanza eurasiatica formata da Russia, Iran e Cina non mollava Damasco davanti l’insurrezione antigovernativa sostenuta da Turchia e alleati della NATO e del GCC, Erdogan continua il suo corso contrario a Damasco, invece di cercare d’invertire la disastrosa politica in Siria di Ankara. A parte il danno economico che l’AKP infligge alla Turchia, l’instabilità che suscita in Siria addestrando, ‘armando e finanziando gli insorti in Siria, comincia ad avere conseguenze politiche e di sicurezza anche in Turchia.
Mentre l’economia turca inizia a perdere colpi, le tensioni politiche interne montano e la disparità causata dalle politiche economiche neoliberiste dell’AKP si approfondisce mentre l’AKP agisce sempre più in modo autoritario nel proteggere la propria autorità. In una certa misura, la protesta del Parco Gezi esplosa da Istanbul alla Turchia, nel 2013, è un riflesso dell’avvio di tali tensioni interne.
Articolo originariamente pubblicato su Russia Today, 20 gennaio 2014
Copyright © 2014 Global Research
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
 
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Galloni sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia



"Per evitare che l'Italia torni alla sovranità monetaria anche in caso di uscita dall'euro"

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Il prof. Nino Galloni sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia
Il prof. Nino Galloni sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia

http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=6&pg=6753
di Alessandro Bianchi, Notizia del: 29/01/2014

Nino Galloni. Economista. Ha insegnato all'Università Cattolica di Milano, all'Università di Modena ed alla Luiss. Dal 2010 è membro effettivo del collegio dei sindaci all'INPS. Autore di Chi ha tradito l'economia italiana? e Prendi i tuoi soldi e... scappa? La fine della globalizzazione.


- Ancora in discussione in Aula in queste ore il decreto che intende imporre una rivalutazione delle quote di Bankitalia, ferme ai 156 mila euro di valore del 1936. Il capitale - se il decreto legge stilato da Saccomanni il 26 novembre scorso dovesse essere convertito entro stasera - passerà a 7,5 miliardi di euro di riserve della Banca centrale e agli azionisti, principalmente banche private, sarà garantito un dividendo del 6%, quindi fino a 450 milioni di euro di profitti l'anno. Infine, le quote della Banca di Italia potranno essere vendute a soggetti stranieri purché comunitari. Si tratta dell'ennesimo regalo, ormai neanche così tanto mascherato, alle banche o c'è qualcos'altro di più dietro questa iniziativa del governo Letta?

La questione è sicuramente più complessa del regalo alle banche su cui si sofferma gran parte del dibattito oggi. Non è quella la reale posta in gioco e sono altri due i punti chiavi che devono essere compresi.
Primo. Si vuole evitare che, anche in caso di uscita dall'Italia dall'euro, il Paese possa tornare ad esercitare in futuro la piena sovranità monetaria con una Banca nazionale attiva. Mentre oggi con un capitale di 156 mila euro sarebbe piuttosto agevole rendere nuovamente pubblica la Banca Centrale e salvare anche le nostre lire, con il decreto deciso dal governo Letta diventa praticamente impossibile. Per ripristinare la sovranità monetaria, nel caso dell'Eurexit e nel caso che dovesse passare questo decreto, l'unica soluzione sarebbe creare una nuova Banca d'Italia. Operazione chiaramente molto complessa. Comunque, la vicenda è un segnale di forte debolezza da parte di chi oggi combatte per sostenere l'euro.
Secondo punto. A parte i regali a questa o quella entità bancaria, vi è una questione molto più delicata e riguarda il Monte dei Paschi di Siena. Il suo presidente Alessandro Profumo ha dichiarato recentemente che se non si fa la ricapitalizzazione subito di Mps salta tutto il sistema bancario italiano. Traduzione: se non si fa la ricapitalizzazione e Mps diventa pubblica comprerà il denaro dalla Bce allo 0,25%, lo rivenderà allo Stato allo 0,30% e, quindi, quella differenziale di guadagno che oggi hanno le banche dai tassi d'interesse sui titoli di Stato e lo 0,25% non lo ricaveranno più. Sono questi i due aspetti più importanti della questione che devono essere compresi per avere piena consapevolezza della posta in gioco.


- Con questo decreto si vuole quindi assicurare che, qualunque sia lo scenario politico che si produrrà a seguito dell'immane crisi economica in atto, lo stato non possa comunque riappropriarsi della sua sovranità monetaria?

Si lo ribadisco è il primo punto. La vera battaglia in corso non è solo tra pro-euro o anti-euro, ma che scenario abbiamo in mente in caso di uscita dalla moneta unica. Lo si farà ripristinando la sovranità monetaria e degli Stati o rimanendo schiavi con monete diverse dall'euro? Questo decreto sulla Banca d'Italia è il segnale di cosa? Il fronte anti euro non è oggi una realtà omogenea e si divide tra coloro che vogliono uscire dall'euro a qualunque costo e quelli che vogliono farlo ripristinando la sovranità monetaria. E l'obiettivo, oggi, è tagliare la strada a questi ultimi ed evitare che il giorno dopo che salta l'euro, magari nei modi più imprevedibili, lo Stato possa tornare ad esercitare la piena sovranità monetaria. Certamente lo scenario che si creerebbe in questo modo sarebbe di grande confusione con conseguenze che non si possono oggi prevedere, ma gravi.

- Qual è un modello sano di governance di Banca centrale da prendere a modello?
Lo è sicuramente quello dell'Inghilterra, dell'Australia o degli Stati Uniti d'America, se poi i dollari non li stampassero per questioni discutibili. In generale, quello che vedo è che solo la vecchia Europa abbia deciso di abdicare alla propria sovranità monetaria. Non è da tutti avere rinunciato ad una funzione così essenziale. In futuro, la Banca d'Italia, dovrà essere autonoma ma non indipendente.


- Anche se i media tradizionali hanno praticamente deciso di non occuparsi della questione, l'opinione pubblica si è mobilizzata sulla vicenda della ricapitalizzazione delle quote di Bankitalia ed in aula alcuni gruppi parlamentari, soprattutto il Movimento cinque stelle, si sono resi protagonisti di una dura azione di ostruzionismo sulla conversione del decreto. Ritiene che ci siano possibilità concrete che alla fine il governo possa fare un passo indietro?
Me lo auguro. Sicuramente ci si è mossi in ritardo, ma ora che è stata raggiunta una piena consapevolezza è importante proseguire in questa azione. Soprattutto per il Movimento cinque stelle sarebbe una vittoria mediatica importante, di risposta a tutti coloro che l'accusano di muoversi solo su questioni secondarie. Questa è una vicenda di fondamentale importanza per il futuro del nostro Paese.
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l'importante nella vita e' andar di corpo:D
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mototopo

Forumer storico
quando nn si hanno competenze giuridiche su cosa sia la moneta o nota da banco, e' corretto evitare di postare frasi fatte ,senza capirne il senso
 

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