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mototopo

Forumer storico
annuncia la vendita di quote di minoranza delle aziende di Stato quotate: ecco cosa può succedere
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8 novembre 2013 |
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Autore Redazione | Stampa articolo
Fonte: http://www.scenarieconomici.it/letta-annuncia-la-vendita-di-quote-di-minoranza-delle-aziende-di-stato-quotate-ecco-cosa-puo-succedere/
Enrico Letta vuole vendere quote di ENEL, ENI , Finmeccanica, ormai lo sta ripetendo con cadenza settimanale. All’atto pratico cosa significa? Sembrerebbe un proclama intelligente e tutto sommato innocuo. Sembrerebbe soltanto, purtroppo. Domanda: ma qualcuno di voi ha mai pensato a quali sono le conseguenze di una discesa della partecipazione dello Stato sotto il 30%, Cassa Depositi e Prestiti inclusa (la proposta Saccomanni per intenderci)? Semplice, al di sopra del 30% c’è l’obbligo di OPA totalitaria. Or dunque, se lo Stato scendesse sotto il 30% un ipotetico investitore straniero potrebbe entrare in dette aziende con una partecipazione del 29,9%, diventando il primo azionista – senza spendere molto – e di fatto indirizzando il Board nelle sue decisioni anche e soprattutto finanziarie (vedasi oltre). Questo è il trucco. Folle secondo me, anche perchè il passo successivo sarebbe quello di prendersi la maggioranza…

Ora, analizziamo ad esempio i conti di ENEL: è letteralmente un gioiello (ENI è anche meglio secondo me). Non importa se sia una partecipata di Stato, io la guardo in comparazione con i peers, risultati alla mano. Pensate ad esempio ad EDF, francese, detenuta per ben oltre il 50% dallo Stato francese: per caso pensate che in Francia non ci siano influenze pubbliche? O pensate che le altre utilities tedesche non siano soggette ad influenze politiche? Ma per piacere, scendiamo dal pero. Dunque, ENEL, statale, dimensioni da pachiderma, con forti influenze politiche ma….. risulta essere la migliore utility in Europa e probabilmente nel mondo, numeri alla mano! Si perchè gli splendidi risultati di ENEL sono esenti da liabilities di lungo termine conseguenti dalla disponibilità di impianti con costoso e rischioso smaltimento a fine vita (leggasi assenza di centrali nucleari). Vedete le tabelle sotto, EBITDA al 2015: quello di ENEL è circa il doppio di quello della più grande public company elettrica mondiale (E.ON) e molto simile ad EDF, mostro sacro, azienda con costi di produzione bassissimi a causa della natura della sua produzione (nucleare appunto, all’inizio EDF nacque per produrre armi strategiche, l’energia era un by product, ndr). Si perchè EDF è detenuta oltre al 70% dallo Stato francese ma nessuno osa lamentarsi del fatto che non venga privatizzata o che ci siano influenze pubbliche: ENEL fa risultati molto simili ai colleghi francesi pur anche senza il vantaggio nucleare e tutti la criticano. Ciò dimostra che quegli italiani che la vogliono vendere commettererebbero un grave errore: non si vende mai il gioiello che porta a casa il pane. Ed inoltre, ipotizzando che venisse comprata da un soggetto di un Paese con i tassi di interesse bassi, ad esempio la Germania, nel momento in cui il controllo con maggioranza assoluta fosse straniero la tassazione risultante sul debito aziendale sarebbe certamente un paio di punti più bassa (circa del famoso spread BTP vs. Bund). Ossia un ipotetico compratore tedesco a comprarsela guadagnerebbe nottetempo rispetto ai risultati attuali circa 1 mld di euro all’anno di utile pre-tasse (= 44 mld EUR di debiti di ENEL per 2% di tassi di interesse annuo in meno sul debito). Questo sarebbe certamente un incentivo mica da ridere per un acquirente tedesco, solo per il fatto di essere tedesco! Leggi il resto di questo articolo
 

mototopo

Forumer storico
15 FEB 2013 16:43 Fonte: http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/un-banchiere-nero-sempre-al-centro-degli-intrighi-il-capo-di-rothschild-italia-alessandro-51007.htm
- INTERROGATO DUE VOLTE A SIENA, FU PROTAGONISTA, CON GUIDO ROSSI, ANCHE DELLO SCANDALO DEI “FURBETTI DEL QUARTIERINO” CHE PORTO’ ALLE DIMISSIONI DI FAZIO – L’AMICIZIA CON ALEMANNO DAI TEMPI DELLA DESTRA GIOVANILE…



Vittorio Malagutti per “l’Espresso”
Volete mandare in bestia il banchiere Alessandro Daffina? Provate a chiedergli dei suoi rapporti con Luigi Bisignani, il mediatore d’affari condannato (un anno e sette mesi) per la vicenda P4. «Ci parlavano tutti con Bisignani. Tutti. Ripeto: tutti. E solo a me venite a fare la morale». Daffina (ma il nome corretto sarebbe Daffinà, con l’accento sulla a),capo della banca d’affari Rothschild in Italia, di questi tempi va di fretta più del solito ed è piuttosto nervoso. Le sue telefonate con il tessitore della rete P4 restano agli atti delle indagini, Daffina però non ha proprio voglia di parlarne.
ALESSANDRO DAFFINA
Comprensibile, con i tempi che corrono. I magistrati che indagano sul Monte dei Paschi hanno interrogato due volte (l’ultima sabato 9 febbraio) il banchiere della Rothschild. I pm stanno cercando di chiarire le ultime fasi della trattativa che nell’autunno 2007 ha portato Antonveneta tra le braccia della banca senese al fantasmagorico prezzo di 9 miliardi.
Daffina faceva da consulente al venditore, il gruppo bancario spagnolo Santander, ma si prese la briga di suggerire al presidente di Mps, Giuseppe Mussari, il testo di una lettera con cui farsi avanti come compratore. «Niente di strano», commenta Daffina. «Sono cose che possono capitare nel corso di una trattativa d’affari», spiega.
LUIGI BISIGNANI
Quando si dice i casi della vita. Solo in un’altra occasione il nome del manager targato Rothschild era finito al centro di una vicenda finanziaria con pesanti risvolti giudiziari. E anche quella volta tutto ruotava intorno a Antonveneta. Era il 2005 e la banca padovana, all’epoca controllata dal gruppo olandese Abn Amro, era l’oggetto del desiderio di Gianpiero Fiorani, il numero uno della Popolare di Lodi, destinato di lì a qualche mese a finire in carcere.
GIUSEPPE MUSSARI
Negli anniprecedenti, la Rothschild Italia aveva lavorato in molte occasioni per la banca di Fiorani. Il quale però, con sua grande sorpresa, finì per trovarsi proprio Daffina come consulente dei suoi avversari olandesi nella battaglia borsistica, con tanto di Opa su Antonveneta, che si scatenò nella primavera 2005. E nell’aprile di quell’anno, fu sempre Daffina, d’accordo con il celebreavvocato d’affari Guido Rossi, a far recapitare in procura a Milano, accompagnato da un esposto, il documento che darà il via all’inchiesta giudiziaria sui cosiddetti furbetti del quartierino, fino alle dimissioni del governatore di Bankitalia, Antonio Fazio.
GIUSEPPE MUSSARI ARRIVA AL TRIBUNALE DI SIENA
Qualche osservatore ha voluto vedere in questa vicenda un ruolo di Cesare Geronzi, che a quei tempi aveva pessimi rapporti sia con Fiorani sia con Fazio. L’allora numero uno di Capitalia avrebbe in qualche modo pilotato Daffina tramite Bisignani e Gianni Letta, entrambi vicini all’ex banchiere romano. «Ricostruzioni fantasiose», si è chiamato fuori Geronzi rispondendo a una domanda del giornalista (e prossimo senatore Pd) Massimo Mucchetti nel libro intervista “Confiteor” pubblicato di recente.
Sta di fatto che dopo quella movimentata vicenda, Daffina ha continuato a destreggiarsi con abilità tra i poteri nostrani, poteri forti e meno forti. A Siena, per dire, lo conoscono molto bene. La Fondazione Mps cerca soldi per sottoscrivere l’aumento di capitale varato nel 2011 dal Monte? Ecco che l’incarico di consulente per l’operazione va alla Rothschild, affiancata per l’occasione dal Credit Suisse.
GIUSEPPE MUSSARI
Per la verità, secondo quanto è emerso in questi giorni, entrambi gli advisor misero per iscritto le loro perplessità sull’entità e sulle modalità tecniche dell’operazione. Invece di finanziarsi vendendo partecipazioni, ad esempio la quota in Mediobanca, l’ente senese accese nuovi debiti per 600 milioni. Mettendosi di fatto un cappio al collo.
GIUSEPPE MUSSARI
Storie vecchie, ormai. Se non fosse che l’indagine della procura di Siena ha sollevato il coperchio di una vicenda dagli sviluppi imprevedibili.
Per il momento è difficile non notare almeno un paio di coincidenze. Daffina fa da consulente agli spagnoli del Santander per la vendita di Antonveneta. Allo stesso tempo dà una mano al compratore Mussari, con cui peraltro è già in buoni rapporti.
GIANPIERO FIORANI
E poi, qualche anno dopo, troviamo di nuovo la Rothschild impegnata a dare buoni consigli alla Fondazione Mps, che sceglie di svenarsi pur di mantenere la quota di controllo del Monte. Più di recente l’ente senese, ormai con l’acqua alla gola, decide di mettere in vendita almeno una parte del proprio pacchetto di titoli del Monte. E ancora una volta la Rothschild viene scelta come advisor.
Cose che capitano nel mondo rutilante e complicato delle banche d’affari. Poche griffe internazionali si spartiscono tra loro clienti e affari. E in questa giostra milionaria non è sempre facile tenersi alla larga dai conflitti d’interessi. Daffina, 53 anni, tre figli, sposato con una ex dirigente della banca d’affari Morgan Stanley, si è costruito la fama del manager aggressivo, forte di ottimi agganci romani, nel mondo politico così come delle aziende pubbliche.
BANKITALIA BIG
L’Eni di Paolo Scaroni, per esempio, negli ultimi anni si è spesso rivolta a Rothschild. Un’assiduità di rapporti che ha provocato commenti acidi (e invidiosi) di qualche concorrente. Meno buoni, invece, i rapporti con Franco Bernabè. Eppure, in anni passati, l’attuale numero uno di Telecom Italia ha ricoperto per qualche tempo l’incarico di vice-presidente di Rothschild Europe.
ANTONIO FAZIO
Tifosissimo della Roma, spesso in tribuna all’Olimpico, Daffina ha giocato un ruolo chiave nella vendita della squadra di Totti. Tra aspiranti compratori veri e presunti (gli arabi del Qatar, George Soros), manovre e speculazioni varie in Borsa, la ricerca di un investitore disposto a farsi carico delle perdite e del rilancio della società giallorossa è andata avanti per mesi e mesi con la regia di Rothschild insieme al grande creditore Unicredit. Fino a quando nella primavera del 2011 spunta dal nulla la cordata di investitori a stelle e strisce.
PAOLO SCARONI
Festeggia la capitale, almeno la parte di fede romanista. E festeggia anche il sindaco Gianni Alemanno. Che non è proprio uno sconosciuto per Daffina. La comune militanza politica nei movimenti giovanili della destra, ha infatti lasciato in eredità al banchiere della Rothschild un ottimo rapporto con il primo cittadino di Roma.
FRANCO BERNABÈ
«Lo conosco così come conosco altri uomini politici», minimizza il banchiere. Che aggiunge: «Mai ricevuto incarichi dal Campidoglio». In verità, le cose non stanno proprio così. Nel 2009, come narrano le cronache dell’epoca, il sindaco Alemanno, eletto l’anno prima, affidò a Rothschild l’incarico di studiare i termini di un’alleanza tra l’Acea controllata dal Comune e il gruppo francese Suez Gdf. Il bis risale a poche settimane fa, quando la stessa Acea ha venduto le proprie attività nel fotovoltaico. L’advisor dell’operazione era Rothschild. Guidata da Daffina.
 

mototopo

Forumer storico
“Un troll pentito spiega come la Casta paga i provocatori online”
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10 novembre 2013 |
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Fonte: http://il-dunque.blogspot.it/2013/11/choc-un-troll-pentito-spiega-come-la.html


Vivi sempre connesso?
Purtroppo sì. Abbiamo un software che ci consente di monitorare le discussioni a cui partecipiamo e quando c’è una notifica abbiamo poco tempo per rispondere. Se lasciamo “andare” o ritardiamo, ci viene scalato dal compenso.
Quanto guadagni per fare questa attività?
Beh, dipende. Se sono efficiente anche 4-5mila euro al mese.
Sono un sacco di soldi.
Sì, ma è una vita tremenda. Devi leggere decine di blog, forum, account facebook, tweet. Giorno e notte. Alcuni di noi non reggono, dopo un po’ i loro nick “spariscono”, non c’è modo di sapere che fine abbiano fatto.
Chi vi paga?
Un grosso gruppo economico legato trasversalmente a tutti i partiti. Ma non posso dire altro.
Ce ne sono molti come te?
Siamo un centinaio in tutta Italia, ma siamo divisi per competenze.
Nel senso che tu, per esempio, provochi e insulti solo specifici bersagli?
No, nel senso che ci sono provocatori e contro-provocatori. Ti faccio un esempio. Metti che tu sia il portavoce di un partito X. Scrivi un post e io arrivo a ridicolizzarti. Ovviamente ne nasce una discussione nella quale chi è contro di te in maniera “naturale”, prende coraggio e viene allo scoperto. Aspetta.
Lo smartphone ha una luce blu che lampeggia, vuol dire che c’è una notifica. Prende, legge velocemente e con uguale velocità posta una qualche risposta, chissà in quale post o in quale discussione.
Una sorta di “effetto domino”.
Esatto. Ovviamente ci sono quelli che sono a favore del Partito X e che ti difendono. Poi, non so se l’hai mai notato, salta fuori qualcuno che difende il Partito X, ma lo fa in modo idiota e scomposto, con una marea di punti di sospensione, maiuscole, punti esclamativi e via dicendo…
Sì, che tu pensi: “Ma allora sono tutti idioti”.
Perfetto. Quelli sono sempre nostri colleghi. Semplicemente agiscono con una psicologia inversa. Il loro scopo è proprio quello di far sembrare i tuoi sostenitori degli imbecilli. Così come io faccio da “stura” a quelli che sono contro di te in maniera “genuina”, diciamo, allo stesso modo loro fanno da stura ai tuoi estremisti, e globalmente ne vieni fuori screditato. Basta un provocatore come me e un contro-provocatore che fanno finta di litigare, per sputtanarti una discussione o un post.
Questa è troppo grossa, non posso crederci.
Sei libero di non crederci. Comunque loro prendono molto di più di noi. Sono veri professionisti, copywriter di altissimo livello. Se ci pensi, hanno creato un linguaggio.
Ma tu, politicamente, come hai votato?
Ho votato contro la Ka$ta. Ma il lavoro è lavoro. Ci sono le cose da pagare, ho moglie e figli. Quei soldi mi fanno comodo.
Cosa facevi prima?
Correggevo bozze in una casa editrice. Ora le bozze le fanno correggere nei paesi dell’Est, sottocosto. Cosa dovrei fare?
Ci salutiamo, insiste per pagare lui il conto. Mette nella borsa il tablet e si incammina, guardando lo smartphone e continuando a digitare.
Fonte: francescolanza.net
 

mototopo

Forumer storico
del cloud!
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Lannutti: i banchieri sono gangster


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10 novembre 2013 |
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Libro-denuncia di Elio Lannutti. I banchieri sono gangster: noi crocifissi per colpa loro
http://www.finanzalternativa.it/2013-10-21-libro-denuncia-di-elio-lannutti-noi-crocifissi-per-colpa-loro/


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Nel libro Cleptocrazia lei sostiene la tesi che la crisi finanziario – economica scoppiata nel 2007 ha un colpevole: una cupola paramafiosa che si sarebbe arricchita ai danni di imprese e famiglie. Che prove ha?
Proprio in questi giorni il Wall Street Journal ha pubblicato i verbali riservati di una riunione al Fondo Monetario Internazionale del 9 maggio 2010. Doveva servire a deliberare aiuti finanziari alla Grecia. In quell’occasione molti Stati non volevano quel piano, perché era un cappio al collo al popolo greco. Ma poi in maggioranza votarono a favore soprattutto Stati Uniti e Stati europei, tra cui Francia e Germania. Lo sa perché votarono a favore?
No!.
Votarono perché le banche francesi e tedesche erano piene di titoli di Stato greci per un valore di 78,8 miliardi di euro. Quel salvataggio non serviva alla Grecia, ma come ho descritto in questo libro e nel precedente Bankster,volevano salvare l’interesse delle banche e l’egemonia franco – tedesca sull’Europa. Io, tra l’altro, descrivo un altro aspetto inquietante: il fatto che la Grecia, sottoposta a questo piano insostenibile di salvataggio, ha visto l’economia contrarsi del 27%, la disoccupazione salire al 57%, la popolazione ridotta allo stremo. Allora la Merkel e Sarkozy (ex presidente della Repubblica francese, n. d. r.) imposero alla Grecia di acquistare armi franco-tedesche.
 

duca.64

Forumer storico
A Verona, si sono incontrati i rappresentanti di gruppi e movimenti che han scelto di dire basta con le chiacchiere, le lamentele, le petizioni: vogliono passare all’azione.

“Ci siamo ritrovati – racconta Mariano Ferro, leader dei “Forconi” siciliani – per far nascere un coordinamento che farà partire la ribellione, la rivolta capito? Dopo l’esperienza fatta in Sicilia, evitando di ricadere in alcuni errori di inesperienza commessi, siamo giunti alla conclusione che la rivolta è l’unica strada percorribile, non c’è altra alternativa”. Rivolta? In che senso? “L’8 dicembre prossimo, alle 22 in punto – spiega Ferro – bloccheremo l’Italia, dalla Sicilia fin su a Pordenone”.

Bloccare le strade potrebbe creare qualche disagio però, non crede? “Può darsi che creeremo qualche disagio alla popolazione, ma l’unica arma che abbiamo è il popolo che, come accaduto in Sicilia, è sceso con noi per le strade e ci ha sostenuto. Bene, oggi, faremo di più, molto di più. Nel dettaglio dell’azione che porteremo a termine ci stiamo ragionando, ne daremo notizia nei giorni prossimi. Ci diranno che non è legale? Beh, quello che sta facendo lo Stato italiano a tutti noi le pare legale?

Qui c’è gente che si uccide, non ce la fa ad andare avanti, gli viene pignorata la casa dopo 50 anni di lavoro, viene massacrata di tasse, le pare regolare tutto questo”?

Stanno lavorando ad un volantino, che sarà divulgato ufficialmente quando sarà pronto (quello in foto è solo una bozza). Il coordinamento avrà un responsabile che si occuperà di comunicazione. Già oggi, però, le idee sono chiarissime: “Noi contiamo con il sostegno della gente – ribadisce Mariano Ferro – , di chi lavora e produce, studia, della gente comune, di chi non ce la fa più per mille motivi legati alle pretese di questo Stato vergognoso, di questo modello di Europa burocratica. L’8 dicembre sarà solo l’inizio e non si tornerà più indietro”.
 

duca.64

Forumer storico
Fabbricano una nuova crisi,......l’Italia farà da cavia.

Di Maurizio Bl.

Sì, sembra che sulla plancia di comando di Italia Discordia ci siano un centinaio di comandanti Schettino troppo occupati ad azzuffarsi per prendere il timone. Tutti i media si occupano della decadenza di Berlusconi, non della decadenza dell’Italia che ha perso il 15% del suo complesso industriale, che prima era il secondo dopo quello tedesco, e ha visto chiudere 32 mila imprese. Si fa finta di credere che il Cav farà cadere il governo Letta-Alfano, cosa che non sa fare e l’ha già dimostrato: nulla è più solido del governo Letta.

Viene un dubbio: che sia una distrazione di massa? Come l’ammuina su Datagate, la Merkel che scendendo dal cielo scopre che gli americani intercettano il suo cellulare e decide – una volta – di indignarsi? E il Tesoro Usa che risponde accusando la Germania di ostacolare l’anemica ripresina globale (per chi l’ha vista) insistendo ottusamente con la sua politica di solo export – ormai ha un surplus commerciale triplo della Cina – e niente consumi interni: che è verissimo, ma uno dice: che cosa c’entra? (U.S. Blasts Germany's Economic Policies)

Già: e se fosse tutta una finta zuffa? Se stessero distraendoci per preparare qualcosa?

Lo Spiegel ha lamentato: i leader della UE radunatisi a Bruxelles, nonostante le loro promesse, «hanno rimandato i piani per una maggiore integrazione politica e di bilancio»; le promesse di affrontare «gli argomenti difficili» sono state messe da parte con la «distrazione dello spionaggio Usa in Europa». Il fatto è che i politici non sentono più l’urgenza della crisi, sicché hanno scartato le decisioni di «stabilire un bilancio europeo congiunto con un Tesoro Europeo, la mutualizzazione del debito, creando fra l’altro un sussidio di disoccupazione europeo (sic)».

E Spiegel lascia la parola conclusiva al Bruegel Institute di Bruxelles: «I progetti di unione politica e di bilancio sono stati tolti dal tavolo. Occorrerà una nuova, più grossa crisi per riportarceli». La frase è pronunciata da tale Zsolt Darvas, ricercatore e fellow del suddetto Bruegel.

Probabilmente non avete sentito mai nominare né l’uno né l’altro, e vi chiederete come mai sembrano decidere loro i nostri destini. Il Bruegel è un pensatoio (think tank) alla cui testa c’è Trichet, l’ex governatore della BCE che ha praticato la più stolida politica di restrizione monetaria. Darvas è (avete indovinato) un ebreo ungherese, fratello o parente stretto del rabbino Istvan Abel Dervas di recente immigrazione a Budapest (in Ungheria sono tornati 80 mila ebrei) che ha cambiato aria ed ora è entrato negli ingranaggi dell’europeismo tecnocratico, a fare il suggeritore bruxellese.

Ricordiamoci il loro piano generale: indurre i cittadini e i governi europei ad implorare, nelle tempeste di crisi asimmetriche e ingovernabili, una totale «integrazione», rinuncia alla sovranità, costituzione degli Stati Uniti d’Europa. È il progetto cui hanno accennato i Delors, i Monnet, i Padoa Schioppa, i Mario Monti, Draghi, Napolitano, Letta... da cui lo slogan «mai sprecare una bella crisi». Il fatto è che la crisi in corso non li ha accontentati; sì, ci sono milioni di disoccupati, centinaia di migliaia di imprese chiuse per smpre, danni irreparabili dall’euro sui paesi deboli – è proprio una bella crisi. Però, invece che governanti imploranti di entrare negli Stati Uniti d’Europa, ha formato partiti «populisti» da una parte, e una Germania che fa una politica di egemonia non coordinata, e tedeschi che hanno votato Merkel proprio perché lei ha promesso di non accollarsi mai il debito italiano...

Dunque occorre un’altra crisi. Viene pianificata. E si pensa farla scatenare dall’Italia. Allo Spiegel, «Darvas suggerisce che una perdita di fiducia da parte dei mercati sulla economia italiana così altamente indebitata, essendo la terza come dimensioni, potrebbe essere la carta jolly per forzare la UE a riconcentrarsi sulla coordinazione di bilancio».

Un sito americano che seguo, Daily Bell, commenta che forse per questo c’è una certa fretta di liquidare Berlusconi politicamente. «Assente Berlusconi, l’Italia è un bersaglio che vale la pena di colpire perché è politicamente divisa, mostruosamente tassata, eccessivamente regolamentata, e abbastanza grossa da avere un vero impatto mondiale se venga provocata una vera crisi».

Oddio, non Berlusconi sia mai stato l’intrepido paladino degli interessi italiani. Ma è vero che tolto di mezzo lui, il partito di centro-destra, quello maggioritario nel Paese, rappresentante in qualche modo del ceto medio e dei produttori, cade nel marasma e non troverà mai più la saldezza necessaria per opporsi al gran disegno, anzi a nessun disegno. Di fatto è già spaccato: nani col governo, ballerine «leali» col pregiudicato. Così quando la Discordia andrà sullo scoglio, potranno dire: eravamo distratti; noi non c’eravamo, vi abbiamo tolto l’IMU...

Voi direte: ma questo complotto sarebbe contro la Merkel, contro i tedeschi – che mai vorrebbero un bilancio comune con Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, con l’emissione di titoli di credito comuni, mettendo a disposizione il loro tasso bassissimo che pagano per indebitarsi con quello delle cicale. Ha fatto la sola vera svalutazione competitiva, tenendoci nell’euro «forte» per noi, e svalutato rispetto al marco... Berlino, il Bruegel e il Darvas se lo mangia in un boccone.

Vero. In apparenza. Ma siete proprio sicuri che questa sia la volontà politica di Angela Merkel e del suo governo?

Prendete Wolfgang Schauble, il suo ministro delle Finanze e suo intimo confidente. Ecco cosa ha detto al New York Times nel novembre del 2001. In inglese, lontano dal suo elettorato. «C’è un limitato periodo di transizione in cui dobbiamo gestire la nervosità dei mercati. Se è chiaro che per la fine del 2012 o metà 2013 abbiamo tutti gli ingredienti per nuove rafforzate e più profonde strutture politiche unitarie, penso che funzionerà». Commentò il New York Times: «Egli vede il disordine non come un ostacolo ma come una necessità». «Possiamo conseguire una unione politica solo se abbiamo una crisi», ha detto mister Schauble.

E questo è Schauble: quello che continua a ripetere che per l’Italia la ricetta è «il rigore», mettere a posto i conti, che ha criticato Mario Draghi perché fa acquistare dalla BCE titoli dei Paesi del Sud...». È un aiuto di Stato occulto.

Ebbene: anche Schauble vuole l’integrazione europea preconizzata dai congiurati, da Monnet, da Padoa Schioppa e Delors. Non è diverso da Romano Prodi, che nel 2001 disse al Financial Times: «Sono certo che l’euro ci obbligherà a introdurre un nuovo armamentario di strumenti di politica economica. È politicamente impossibile proporlo adesso. Ma un giorno ci sarà una crisi e nuovi strumenti verranno creati».

Lo disse beninteso in inglese: «I am sure the Euro will oblige us to introduce a new set of economic policy instruments. It is politically impossible to propose that now. But some day there will be a crisis and new instruments will be created». Per orecchie italiane, ci aveva detto nel 1999: «Con l’euro lavoreremo un giorno in meno e guadagneremo come se lavorassimo un giorno in più».

Scahuble non è diverso da Mario Monti che s’è vantato con la CNN di «distruggere la domanda interna per mezzo della disciplina fiscale» in Italia, e in numerose interviste si è augurato una bella crisi economica, da disastro, per forzare gli Stati Uniti d’Europa. Non si distingue da Letta, che al New York Times ha annunciato: alle elezioni europee del 2014, «C’è il grosso rischio di avere il Parlamento europeo più anti-europeo di sempre», sostiene il premier, per il quale i principali partiti europeisti del Vecchio Continente, nelle prossime elezioni europee, dovranno ottenere almeno il 70% dei seggi per evitare una «legislatura da incubo... Combattere il populismo è oggi a mio avviso una missione, in Italia e negli altri Paesi».

Tutti questi sono «congiurati» alla Monnet: non sono lì per ridare fiato all’economia, innescare un po’ di crescita, salvare l’Italia, e forse nemmeno la Germania, ma per salvare l’euro e fare gli USE, United States of Europe. E precisamente: sono lì per creare la bella crisi, da sempre perseguita, che precipiti l’unificazione europea.

Così si spiegano certe cose. Non solo gli Schettino che si azzuffano sulla motonave Discordia; non solo la studiata inconcludenza del governo di larghe intese mentre lampeggiano in rosso tutti i segnali d’allarme: collasso produttivo, disoccupazione che galoppa (altri 80 mila a settembre), desertificazione industriale, aumento inarrestabile della spesa pubblica, esazione fiscale a livelli mortali, come vedete qui sotto:

E non fanno niente. Quella di Letta è «una politica completamente passiva, siamo in una trappola del debito, e diversamente dalla Spagna continuiamo a perdere competitività del lavoro rispetto alla Germania», confida il professor Giuseppe Ragusa della Luiss al Telegraph, e confessa di non capire. Ma che c’è da capire?

Stanno solo aspettando che l’Italia imploda. Forse come mezzo per costringere la Germania, forse per dare a Berlino la scusa: «Vi ho promesso che mai e poi mai, però, la forza maggiore...». Così si spiegano molte cose. Si spiega come mai la BCE e Mario Draghi abbiano lasciato rincarare l’euro di un altro 8% sul dollaro e dunque sullo yuan cinese (ora per noi esportare nel mondo dollarizzato è come offrire le merci a quasi il 40% in più), «condizione bizzarra per una regione l’Europa, impantanata in una disoccupazione-record e che sta indietro al resto del mondo (per crescita) di una lunghezza», commenta il Telegraph: economia debole come si concilia con moneta forte?

Ciò perché gli Usa stampano a manetta svalutando a rotta di collo, il Giappone stampa (dopo decenni di deflazione) ed ha svalutato lo yen del 22%, e persino la Svizzera tiene «basso» il suo franco sull’euro, facendo le operazioni semplici e ben note che le altre banche centrali sanno fare. Tutto il mondo è impegnato nella svalutazione competitiva. Draghi no. Perché i tedeschi non vogliono: loro, adottando l’euro al posto del marco, già hanno realizzato la loro svalutazione competitiva. Letta potrebbe farlo pesare, ma no. Tutti passivi, in attesa che l’Italia imploda, il numero dei disoccupati decuplichi e allora sarà «forza maggiore».

La Cancelliera (o i suoi industriali) hanno creato un «successo mostruoso»: il loro attivo dell’import-export ammonta a 1400 miliardi di euro, un surplus «cinese», una cifra inimmaginabile: è il 50% del Pil tedesco. È una disparità insostenibile specie perché a spese delle nostre industrie; dov’è la «solidarietà europea»? Tiene duro, la cancelliera. Forse, sta accumulando per creare una riserva e un atterraggio morbido quando dovrà dire al suo elettorato: Facciamo gli USE, non c’è alternativa...

Uno studio di Mediobanca riconosce tutto questo, mostra che l’Italia ha perso entrando nell’euro e perdendo la sua moneta, accusa la Germania. Ma non per dire che a noi conviene uscire; per dire che «il Nord deve venire incontro alla periferia a metà strada». (Mediobanca hints at Italian euro exit unless Germany shifts on EMU policy)

Ecco, questo è il pio desiderio su cui si basa Letta. Ovviamente, Berlino non accederà se non dopo averci fatto pagare un prezzo altissimo: la sua insistenza su «rigore» non si è addolcita, anzi si incrudirà. Dove vuole portarci? A che la crisi economica ci faccia implodere come la Grecia. E poi, rovinati per sempre e senza ritorno, metterci sotto la tutela della Troika, dell’agente pignoratore globale.

Ancor oggi, l’Italia ha un attivo primario (pari al 2,5% del Pil), una esposizione al debito estero relativamente più bassa di Spagna e Portogallo, una ricchezza delle famiglie: il che significa che potrebbe uscire dall’euro e tornare a far concorrenza ai tedeschi. Una nuova, «bella crisi» italiana provocata da «sfiducia dei mercati» lo dovrà impedire. Prima, ci si deve prosciugare come un osso di seppia delle imprese strategiche che ancora abbiamo, e a ciò sta procedendo Saccomanni. Alla fine, resterà una cosa da dare: i prelievi sui patrimoni familiari, le esazioni forzose sui depositi bancari, che il Fondo Monetario già consiglia. La ricchezza patrimoniale mediana italiana (non media, mediana) è sui 170 mila euro, quattro volte di più di quella tedesca che è 51.400. Ecco a cosa mira la Cancelliera: hanno troppo grasso questi italiani, è uno scandalo, prendete da lì.

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mototopo

Forumer storico
corretto. dire un tutti contro tutti, manipolazione a manetta,come nella 1 e 2 guerra mondiale. i fili vengono tirati dai soliti. mai menzionatiiiiiiiiiiiii, nel torbido si pesca bene. guarda il passato e capirai il futuro.ciao duca
 

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