Obbligazioni bancarie Banca Marche subordinate XS0257293828 e XS0302580880: dolcetto o scherzetto? (3 lettori)

nik.sala

Money Never Sleeps
Nel piano salva-banche una holding da 1,5 miliardi e conversione dei bond


Il salvataggio delle tre principali crisi bancarie italiane - Banca Marche, Carife e Popolare dell’Etruria - passa attraverso la creazione di una holding finanziata dalle altre banche italiane con un aumento di capitale cash da 1,5 miliardi. A tutto ciò, tuttavia, potrebbe aggiungersi anche il coinvolgimento dei possessori delle obbligazioni subordinate delle singole banche in dissesto: si tratta di circa 700 milioni di euro di bond, che rischiano di essere convertiti in azioni degli istituti in difficoltà.
Il piano, secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, è all’esame del board del Fondo interbancario per la tutela dei depositi e potrebbe prendere forma nel corso delle prossime settimane.
Si tratta del resto di una corsa contro il tempo, visto che dal primo gennaio 2016 a livello europeo diventerà operativo il nuovo meccanismo del bail-in, il salvataggio forzoso delle banche a opera di azionisti, obbligazionisti e depositanti oltre i 100mila euro.
L’intenzione è quella di risolvere tutto prima della fine dell’anno, definendo il piano, individuando gli aumenti di capitale necessari, convocando le assemblee e nominando nuovi vertici bancari. Lo auspicano in particolare Banca d’Italia, il Mef e il Fondo interbancario di tutela dei depositi, ma anche le stesse banche. Gli istituti “sani”, che saranno chiamati loro malgrado a sborsare i capitali freschi per finanziare l’aumento della holding, potrebbero preferire l’operazione rispetto a quella - più costosa - dell’eventuale risoluzione delle banche, i cui depositi sotto i 100mila euro vanno garantiti dai fondi appositi, sempre finanziati dalle banche.
 

nik.sala

Money Never Sleeps
Corsa per evitare il rischio bail-in


Prevenire è meglio che curare. Questa è la logica che sta alla base del piano che il sistema bancario sta studiando per risolvere le sue crisi più gravi. La terapia andrà individuata in fretta, perché se Banca d’Italia, Mef, Fondo interbancario e banche sforeranno il 2015, la medicina arriverà direttamente da Francoforte e sarà ben più amara: il bail-in.
Con l’effetto di coinvolgere nel salvataggio azionisti, obbligazionisti e anche correntisti, oltre naturalmente alle altre banche che dovranno coprire - attraverso i fondi di garanzia - i depositi fino a 100mila euro.
Ciò non toglie che anche la soluzione di sistema, giocata d’anticipo rispetto all’entrata in vigore delle nuove norme europee sulle risoluzioni bancarie, presenti i suoi costi. Notevoli. Perché in quel caso a pagare il conto della malagestio degli amministratori passati di Ferrara, Marche ed Etruria saranno, insieme alle banche chiamate a sborsare più di un miliardo per asset certamente non agognati, anche i titolari di obbligazioni subordinate, ovvero migliaia di risparmiatori. Una vera e propria scossa per il comparto; non a caso, quella dei salvataggi è materia da «maneggiare con cura», come faceva notare ieri un banchiere. Due terapie non indolori, insomma, che spiegano i mugugni - più d’uno - che già emergono da qualche banca, e quelli che si leveranno dagli obbligazionisti nel giorno in cui dovessero essere coinvolti.
Ora, però, c’è da correre. Quattro mesi sono davvero pochi per sciogliere gli ultimi nodi di carattere tecnico, completare il quadro normativo, ottenere i timbri che ancora servono dalla Commissione europea e dalla Bce, e poi passare alla fase attuativa di tre operazioni che si trovano a stadi di maturazione molto diversi tra loro. Dall’Europa arrivano segnali confortanti, le authority sembrano coese e la ripresa in fase di consolidamento lascia intendere che - una volta risolti questi tre casi - almeno per un po’ di tempo non dovrebbero essercene altri da affrontare, ma la strada resta comunque molta e il tempo a disposizione molto poco.
E poi restano le incognite future. La soluzione della holding di fatto consentirà di guadagnare qualche anno di tempo per trovare una soluzione più stabile (cioè un compratore vero) a due banche uscite senza pretendenti da due anni di commissariamento e di data room e a un’altra, la Popolare Etruria, in amministrazione straordinaria da soli sei mesi ma comunque senza corteggiatori e a rischio bail-in. La speranza, in questo caso, è che in questi anni/mesi commissari abbiano effettuato tutte le pulizie necessarie, ponendo le premesse per il rilancio dei tre istituti; ma anche che il clima di rinnovato interesse (e profittabilità) intorno al settore si stabilizzi, in modo che possa essere venduto domani ciò che non si è riusciti a vendere ieri, magari spuntando cifre non proprio da saldo e limitando così le perdite per le banche (e gli obbligazionisti) chiamati a finanziare il salvataggio. Solo in questo modo l’operazione potrà considerarsi realmente riuscita, diversamente si sarà soltanto prolungata una lunga e dolorosa degenza.
 

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