News, Dati, Eventi finanziari amico caro, te lo dico da amico, fatti li.... qui e' tutta malvivenza (1 Viewer)

mototopo

Forumer storico
Prof. Tim Anderson
Global Research
tradusiu imprentau
de Sa Defenza

Il governo australiano progetta e finanzia con svariati milioni di dollari, l'University of Sydney, lo studio sulla integrità del progetto elettorale nelle altre nazioni chiamato: Electoral Integrity Project (EIP) , scopo dello studio è quello di come considerare, abbattere e giustificare davanti al mondo, i governi eletti democraticamente non approvati dal pensiero unico di Washington; e poi tramite una campagna mediatica mondiale costruita sulla menzogna diffusa dai media, si procede al passo successivo, la giustificazione del golpe contro governi non graditi agli USA.
Sa Defenza

Un progetto multi-milionario del governo australiano finanzia l'University of Sydney, molto amica di Washington, si usa un metodo parziale e segreto per aiutare a screditare le elezioni in una serie di paesi 'nemici'. L'integrità del progetto elettorale, Electoral Integrity Project (EIP) entra a far parte del United States Studies Centre (USSC), ente istituito nel 2007, come ogni altra iniziativa fortemente politicizzata ha compromesso l'indipendenza della più antica università Australiana (vedi Anderson 2010).

Un obiettivo chiave è il Venezuela socialista, che affronta l'ennesima campagna di destabilizzazione, sostenuta da Washington. I recenti cicli di violenza iniziati dai primi mesi del 2014 hanno portato all'arresto di numerosi esponenti dell'opposizione per omicidio e colpo di stato. Il pretesto della violenza è stata giustificata dicendo che il governo del presidente Nicolas Maduro è illegittimo
.

Tuttavia i radicali del governo popolare "Bolivariano" ha vinto 12 delle ultime 13 elezioni del Venezuela. Inoltre, l'80% della popolazione in età di voto ha partecipato alle elezioni del 2013, vinte da Maduro (International IDEA 2015). Si tratta di un notevole aumento dei livelli di partecipazione elettorale dagli anni 1990, quando il fenomeno Chavez ha messo da parte il vecchio e moribondo sistema bipartitico. Il sistema elettorale è sicuro. Anche il giornalista politico anti-governativo di El Universal ha descritto il sistema elettorale Venezuelano come 'uno dei più avanzati sistemi di voto verificabili nel mondo', con protezioni contro le frodi e la manomissione, la raccontano i meccanismi casuali (Martinez 2013).

La, di Sydney University 'Eletoral Integrity Project' racconta una storia molto diversa, che sa di falso. Secondo il loro rapporto del 2015, l'elezione presidenziale del Venezuela del 2013 è stato uno dei peggiori al mondo, classificato 110 su 127. Essi confermano i loro dati con un'indagine sostenendo presidente Maduro aveva un indice di gradimento del 24%, mentre l'85% crede che il paese si stia dirigendo nella direzione sbagliata '(Norris et al 2015: 31). L'EIP non menziona i sondaggiHinterlaces, che danno le cifre della popolarità di Maduro diverse dalle loro, (durante la recente crisi) che vanno dal 39% al 52%; né si citano i sondaggi che mostrano lo schiacciante rifiuto dei tentativi violenti dell'opposizione di rimuovere il presidente eletto (Dutka al 2014).

L'EIP produce una selva impressionante di dati per formare la sua classifica sulla legittimità delle elezioni in tutto il mondo; ma cosa c'è è alla base di tutti questi numeri? Anche se non è così facile da trovare, il metodo prevede la selezione di un serie di criteri e quindi la ricerca di 'pareri di esperti', da un gruppo di persone non identificate. I numeri e le classifiche si basano su 'opinioni di esperti', ma, quegli esperti sono anonimi. C'è solo il ricorso all'aneddotica di metodi più standard, come sondaggi attuali, o il tasso di partecipazione effettiva.

Eppure la percezione popolare ed degli esperti sono una cosa curiosa. Poiché la maggior parte dei mass media rimane nelle mani di una piccola oligarchia, per il quale il Venezuela è stato a lungo considerato una 'pecora nera', immagine spesso distorta. Indagini da parte della società con sede cilena del barometro Latino (2014: 8-9) illustrano questo punto. L'immagine della democrazia del Venezuela visto da fuori del paese è comune (dal 41% e al 47% è favorevole, nel periodo dal 2010 al 2013), mentre in Venezuela è molto diverso da questa visione.



Il 70% dei Venezuelani votano per la loro democrazia, ed è la seconda più sostenuta in America Latina dopo l'Uruguay. Il Barometro Latino (2014: 9) è sorpreso da questi risultati, dicendo: 'I cinque paesi che apprezzano di più la loro democrazia sono paesi governati dalla sinistra: Uruguay, Venezuela, Argentina, Ecuador e Nicaragua ... la democrazia di cui parlano i cittadini non è chiaramente la democrazia di cui parlano gli esperti'.
Ma ogni democrazia è giudicata da coloro che sono in grado (o non) di parteciparvi? Le opinioni degli esperti stranieri sono di scarsa rilevanza. Questo è un approccio elitario. Il Patto internazionale relativo ai diritti politici e civili (art. 25) descrive i diritti democratici in questo modo: 'il diritto e la possibilità ... di partecipare alla gestione della cosa pubblica, direttamente o attraverso rappresentanti scelti liberamente'. Si riferisce al diritto dei cittadini in particolare al corpo politico. Misurato sulla base di questo principio, il metodo del progetto EIP, sembra mal concepito.

Ma un approccio elitario è coerente con il modello promosso dal National Endowment for Democracy (NED), un governo finanziato dagli USA lanciata dall'amministrazione Reagan durante la seconda guerra fredda dei primi anni 80. Il NED (solitamente tramite intermediari) finanzia una serie di organizzazioni nel tentativo di plasmare democrazie o "società civili", per renderli più amichevoli o compatibili a Washington.

Uno dei fondatori e primo presidente della NED, Allen Weinstein, ha detto nel 1991, 'Un sacco di cose di quello che facciamo oggi è stato fatto clandestinamente 25 anni fa dalla CIA' (Lefebvre 2013). Infatti, come con la guerra psicologica "psyops" della CIA, NED è stato implicato in colpi di stato e piani di destabilizzazione in una serie di paesi latino-americani, tra cui Nicaragua, Haiti e Venezuela (Kurlantzick 2004; Lefebvre2013; Golinger 2006).



L'idea NED della democrazia è stata descritta come ' top-down, elite, costretta (o "polyarchal") democrazia ... [dove] le élite arrivano a decidere i candidati idonei a fare le domande alle persone' ( Scipes 2014). Ricercatore francese Olivier Guilmain (in Teil 2011) afferma che la NED finanzia i partiti di opposizione in numerosi paesi e fornisce un aiuto speciale per esuli e gli oppositori di regimi colpiti dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti '.

Eva Golinger, il cui libro Chavez Code evidenzia il coinvolgimento dell'amministrazione Bush nel fallito colpo di stato del 2002, è documentato il contributo del NED nella destabilizzazione e nel colpo di stato in Venezuela. Nell'ultimo anno o giù di lì il NED ha speso molti milioni di dollari per sostenere i gruppi venezuelani di opposizione, tra cui i finanziamenti per le loro campagne politiche nel 2013 e per le proteste anti-governative in corso nel 2014'(Golinger al 2014). Lei chiama questo 'le stesse vecchie sporche tattiche' di un colpo di stato in attuazione (Golinger 2015).

Potrebbe non essere una sorpresa scoprire che ci sono altri collegamenti con NED e il governo statunitense e l'Electoral Integrity Project di Sydney. L'investigatore capo Professor Pippa Norris elenca con orgoglio il suo lavoro come consulente della NED, e almeno sei dei partner nel progetto (senza il cui il sostegno EIP 'non sarebbe stato possibile') presentano la raccolta diretta dal governo degli Stati Uniti. Il metodo EIP di affidarsi a degli esperti sembra abbastanza coerente con quella ' élite, che ha costretto ... la democrazia'.
Peggio ancora, l'EIP si basa sull'opinione anonima. Un membro del progetto me lo ha ha chiarito con queste parole: 'dobbiamo mantenere la riservatezza delle nostre fonti, come parte di nostri obblighi legali ... rivelando i nomi degli esperti si potrebbe rischiare di metterli in pericolo in diversi Stati che non rispettare i diritti umani e che sopprimono i loro critici '.



Sia come sia, le opinioni di persone anonime non forniscono in alcun modo come possano essi saper valutare la legittimità di uno stato indipendente. Essa contraddice i principi di apertura e trasparenza, i valori che la EIP sostiene di saper valutare e promuovere. Chi sono questi esperti anonimi? Hanno incluso oppositori di paesi i cui governi sono sotto attacco? Non includono gli addetti ai lavori di Washington che forniscono consigli sui piani di destabilizzazione e di colpo di stato? Vi sono scarse indicazioni di come l'EIP prende sul serio il principio consolidato di evitare conflitti di interesse.
E 'inoltre è allarmante che il governo australiano (ARC) finanzi il progetto accademico EIP, ('Perché le elezioni falliscano e non si possa fare nulla a tale proposito') che suggerisce misure e prassi, condivise da Washington ' le elezioni non riuscite [che] sollevano grandi bandiere rosse ', e citano diversi stati, tra cui la Siria.

E' noto che un grande intervento militare in Siria è stato sventato nel settembre del 2013, dopo le false affermazioni che accusavano il governo siriano di aver usato armi chimiche contro i bambini (per la prova della falsità di queste affermazioni vedere: Hersh 2013 & 2014; Lloyd e Postol 2014; ISTEAMS 2013). Si ritiene che la EIPcerchi di associare interventi militari "red flag", a paesi che non riescono a soddisfare i loro dubbi criteri?

Il progetto valutato nel 2014 sulle elezioni presidenziali della Siria sono in tabella (125 su 127), sulla base dei pareri di esperti anonimi (Norris et al 2015: 11). L'unica logica per questo può essere visto in una breve nota che osserva 'le elezioni sono state valutate in modo errato perché alcune aree del paese non erano sotto il controllo del governo, lo scrutinio non ha avuto luogo nelle regioni dove gli insorti erano più forti', e il fatto che 'la Coalizione Nazionale - il principale gruppo di opposizione occidentale' ha boicottato le elezioni (Norris al 2015: 27). Mentre queste sono affermazioni corrette, non vi è raccontata tutta la storia. Il conflitto in altri paesi non sembra disturbare la EIP o suoi esperti abbastanza tanto quanto da classificare le elezioni in Ucraina a 78 di 127 (Norris et al 2015: 10). Eppure il gruppo di monitoraggio elettorale internazionale IDEA (2015), un partner di EIP, mette i tassi di partecipazione nel 2014 nelle elezioni presidenziali dell'Ucraina al 50%, mentre nel 2014 le elezioni presidenziali del Siria erano al 73%. E' chiaro che è in gioco il fattore di politica estera degli Stati Uniti. Washington abbraccia 'l'opposizione' in Siria e il governo in Ucraina. Analogamente, il NED ha finanziato direttamente l'opposizione siriana(NED 2006, Teil 2011; IRI 2015) ed esorta il sostegno militare al governo dell'Ucraina (Sputnik 2014; vedi anche Parry 2014).

Infine si può osservare che nel 2013 le elezioni israeliane sono state regolarmente riviste dal EIP, portando ad un molto sano 17/127 ranking (Norris et al 2015: 8). A quanto pare essere uno stato razzista, con diversi milioni di apolidi palestinesi, detenuti in territorio militare controllato e praticamente senza diritti politici e civili, ha un impatto sulla valutazione EIP. Eppure questo è coerente con l'asse Washington-Tel Aviv che ha da tempo classificato Israele come 'l'unica democrazia nella regione' (ad esempio Goldman 2015, etc). I doppi standard sono da mozzafiato. I legami degli Stati Uniti con Electoral Integrity Project e la sua ipotesi di democrazia elitaria sembra abbia poco senso per il conflitto di interessi che determina, con il metodo di ricerca inadeguato.

Tratto da: http://sadefenza.blogspot.it​


Riferimenti

Anderson, Tim (2010) ‘Hegemony, big money and academic independence’, Australian Universities Review, Vol 53, No 2

Dutka, Z.C. (2014) ‘Polls Reveal Wider Concerns of Venezuelan Public’, Venezuelanalysis, 11 May, online: http://venezuelanalysis.com/news/10679

Freedom House (2015) ‘Freedom in the World 2015’, interactive map, online: https://freedomhouse.org/report/freedom-world/freedom-world-2015?gclid=COrs_cHtqMQCFUccvAodgawAXA#.VQSxLY6bXT9

Goldman, Lisa (2015) ‘Bibi Bother: Netanyahu’s Strategy in Washington’, Foreign Affairs, 1 March, online: http://www.foreignaffairs.com/articles/143203/lisa-goldman/bibi-bother

Golinger, Eva (2006) The Chavez Code: Cracking U.S. Intervention in Venezuela, Olive Branch Press, Northampton, MA

Golinger, Eva (2015) ‘Venezuela: a Coup in Real Time’, Counter Punch, 2 February, online: http://www.counterpunch.org/2015/02/02/venezuela-a-coup-in-real-time/

Hersh, Seymour M. (2013) ‘Whose Sarin?’, London Review of Books, Vol. 35 No. 24, 19 December, 9-12, online:http://www.lrb.co.uk/v35/n24/seymour-m-hersh/whose-sarin

Hersh, Seymour M. (2014) ‘The Red Line and the Rat Line’, London Review of Books, 36:8, 17 April, pp 21-24, online: http://www.lrb.co.uk/v36/n08/seymour-m-hersh/the-red-line-and-the-rat-line

International IDEA (2015) ‘Voter Turnout’, data by country, online: http://www.idea.int/vt/

IRI (2015) Syria, online: http://www.iri.org/country/syria

ISTEAMS (2013) ‘Independent Investigation of Syria Chemical Attack Videos and Child Abductions’, 15 September, online:http://www.globalresearch.ca/STUDY_THE_VIDEOS_THAT_SPEAKS_ABOUT_CHEMICALS_BETA_VERSION.pdf

Kurlantzick, Joshua (2004) ‘The Coup Connection’, Mother Jones, November, online: http://www.motherjones.com/politics/2004/11/coup-connection

Latinobarometro (2014)’ La Imagen de los países y las democracias’, informe (report):

http://www.latinobarometro.org/latNewsShow.jsp

Lefebvre, Stephan (2013) ‘Analysis from National Endowment for Democracy Used in The Atlantic, with Significant Errors and Omissions’, Center for Economic Policy and Research, 30 July, online: http://www.cepr.net/index.php/blogs/the-americas-blog/analysis-from-national-endowment-for-democracy-used-in-the-atlantic-with-significant-errors-and-omissions

Lloyd, Richard and Theodore A. Postol (2014) ‘Possible Implications of Faulty US Technical Intelligence in the Damascus Nerve Agent Attack of August 21, 2013’, MIT, January 14, Washington DC, online: https://www.documentcloud.org/documents/1006045-possible-implications-of-bad-intelligence.html#storylink=relast

Martinez, Eugenio (2013) ‘Venezuela’s Election System Holds Up As A Model For The World’, Forbes, 14 may, online: http://www.forbes.com/sites/forbesleadershipforum/2013/05/14/venezuelas-election-system-holds-up-as-a-model-for-the-world/

NED (2006) Syria – funding, December, online: http://www.ned.org/publications/annual-reports/2006-annual-report/middle-east-and-northern-africa/description-of-2006-12

Norris, Pippa; Ferran Martínez and Max Grömping (2015) ‘The year in Elections, 2014’, Electoral Integrity Project (Why Elections fail and what we can do about it), online: https://sites.google.com/site/electoralintegrityproject4/projects/expert-survey-2/the-year-in-elections-2014

Parry, Robert (2014) ‘New York Times on Syria and Ukraine: How Propaganda Works’, Global Research, 3 December, online: http://www.globalresearch.ca/new-york-times-on-syria-and-ukraine-how-propaganda-works/5417724

Sputnik (2014) ‘National Endowment for Democracy Urges US Military Support for Ukraine’, 20 October, online: http://sputniknews.com/world/20141020/194352130/National-Endowment-for-Democracy-Urges-US-Military-Support-for-Ukraine.html

Teil, Julian (2011) ‘Justifying
 

mototopo

Forumer storico
Prof. Tim Anderson
Global Research
tradusiu imprentau
de Sa Defenza

Il governo australiano progetta e finanzia con svariati milioni di dollari, l'University of Sydney, lo studio sulla integrità del progetto elettorale nelle altre nazioni chiamato: Electoral Integrity Project (EIP) , scopo dello studio è quello di come considerare, abbattere e giustificare davanti al mondo, i governi eletti democraticamente non approvati dal pensiero unico di Washington; e poi tramite una campagna mediatica mondiale costruita sulla menzogna diffusa dai media, si procede al passo successivo, la giustificazione del golpe contro governi non graditi agli USA.
Sa Defenza

Un progetto multi-milionario del governo australiano finanzia l'University of Sydney, molto amica di Washington, si usa un metodo parziale e segreto per aiutare a screditare le elezioni in una serie di paesi 'nemici'. L'integrità del progetto elettorale, Electoral Integrity Project (EIP) entra a far parte del United States Studies Centre (USSC), ente istituito nel 2007, come ogni altra iniziativa fortemente politicizzata ha compromesso l'indipendenza della più antica università Australiana (vedi Anderson 2010).

Un obiettivo chiave è il Venezuela socialista, che affronta l'ennesima campagna di destabilizzazione, sostenuta da Washington. I recenti cicli di violenza iniziati dai primi mesi del 2014 hanno portato all'arresto di numerosi esponenti dell'opposizione per omicidio e colpo di stato. Il pretesto della violenza è stata giustificata dicendo che il governo del presidente Nicolas Maduro è illegittimo
.

Tuttavia i radicali del governo popolare "Bolivariano" ha vinto 12 delle ultime 13 elezioni del Venezuela. Inoltre, l'80% della popolazione in età di voto ha partecipato alle elezioni del 2013, vinte da Maduro (International IDEA 2015). Si tratta di un notevole aumento dei livelli di partecipazione elettorale dagli anni 1990, quando il fenomeno Chavez ha messo da parte il vecchio e moribondo sistema bipartitico. Il sistema elettorale è sicuro. Anche il giornalista politico anti-governativo di El Universal ha descritto il sistema elettorale Venezuelano come 'uno dei più avanzati sistemi di voto verificabili nel mondo', con protezioni contro le frodi e la manomissione, la raccontano i meccanismi casuali (Martinez 2013).

La, di Sydney University 'Eletoral Integrity Project' racconta una storia molto diversa, che sa di falso. Secondo il loro rapporto del 2015, l'elezione presidenziale del Venezuela del 2013 è stato uno dei peggiori al mondo, classificato 110 su 127. Essi confermano i loro dati con un'indagine sostenendo presidente Maduro aveva un indice di gradimento del 24%, mentre l'85% crede che il paese si stia dirigendo nella direzione sbagliata '(Norris et al 2015: 31). L'EIP non menziona i sondaggiHinterlaces, che danno le cifre della popolarità di Maduro diverse dalle loro, (durante la recente crisi) che vanno dal 39% al 52%; né si citano i sondaggi che mostrano lo schiacciante rifiuto dei tentativi violenti dell'opposizione di rimuovere il presidente eletto (Dutka al 2014).

L'EIP produce una selva impressionante di dati per formare la sua classifica sulla legittimità delle elezioni in tutto il mondo; ma cosa c'è è alla base di tutti questi numeri? Anche se non è così facile da trovare, il metodo prevede la selezione di un serie di criteri e quindi la ricerca di 'pareri di esperti', da un gruppo di persone non identificate. I numeri e le classifiche si basano su 'opinioni di esperti', ma, quegli esperti sono anonimi. C'è solo il ricorso all'aneddotica di metodi più standard, come sondaggi attuali, o il tasso di partecipazione effettiva.

Eppure la percezione popolare ed degli esperti sono una cosa curiosa. Poiché la maggior parte dei mass media rimane nelle mani di una piccola oligarchia, per il quale il Venezuela è stato a lungo considerato una 'pecora nera', immagine spesso distorta. Indagini da parte della società con sede cilena del barometro Latino (2014: 8-9) illustrano questo punto. L'immagine della democrazia del Venezuela visto da fuori del paese è comune (dal 41% e al 47% è favorevole, nel periodo dal 2010 al 2013), mentre in Venezuela è molto diverso da questa visione.



Il 70% dei Venezuelani votano per la loro democrazia, ed è la seconda più sostenuta in America Latina dopo l'Uruguay. Il Barometro Latino (2014: 9) è sorpreso da questi risultati, dicendo: 'I cinque paesi che apprezzano di più la loro democrazia sono paesi governati dalla sinistra: Uruguay, Venezuela, Argentina, Ecuador e Nicaragua ... la democrazia di cui parlano i cittadini non è chiaramente la democrazia di cui parlano gli esperti'.
Ma ogni democrazia è giudicata da coloro che sono in grado (o non) di parteciparvi? Le opinioni degli esperti stranieri sono di scarsa rilevanza. Questo è un approccio elitario. Il Patto internazionale relativo ai diritti politici e civili (art. 25) descrive i diritti democratici in questo modo: 'il diritto e la possibilità ... di partecipare alla gestione della cosa pubblica, direttamente o attraverso rappresentanti scelti liberamente'. Si riferisce al diritto dei cittadini in particolare al corpo politico. Misurato sulla base di questo principio, il metodo del progetto EIP, sembra mal concepito.

Ma un approccio elitario è coerente con il modello promosso dal National Endowment for Democracy (NED), un governo finanziato dagli USA lanciata dall'amministrazione Reagan durante la seconda guerra fredda dei primi anni 80. Il NED (solitamente tramite intermediari) finanzia una serie di organizzazioni nel tentativo di plasmare democrazie o "società civili", per renderli più amichevoli o compatibili a Washington.

Uno dei fondatori e primo presidente della NED, Allen Weinstein, ha detto nel 1991, 'Un sacco di cose di quello che facciamo oggi è stato fatto clandestinamente 25 anni fa dalla CIA' (Lefebvre 2013). Infatti, come con la guerra psicologica "psyops" della CIA, NED è stato implicato in colpi di stato e piani di destabilizzazione in una serie di paesi latino-americani, tra cui Nicaragua, Haiti e Venezuela (Kurlantzick 2004; Lefebvre2013; Golinger 2006).



L'idea NED della democrazia è stata descritta come ' top-down, elite, costretta (o "polyarchal") democrazia ... [dove] le élite arrivano a decidere i candidati idonei a fare le domande alle persone' ( Scipes 2014). Ricercatore francese Olivier Guilmain (in Teil 2011) afferma che la NED finanzia i partiti di opposizione in numerosi paesi e fornisce un aiuto speciale per esuli e gli oppositori di regimi colpiti dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti '.

Eva Golinger, il cui libro Chavez Code evidenzia il coinvolgimento dell'amministrazione Bush nel fallito colpo di stato del 2002, è documentato il contributo del NED nella destabilizzazione e nel colpo di stato in Venezuela. Nell'ultimo anno o giù di lì il NED ha speso molti milioni di dollari per sostenere i gruppi venezuelani di opposizione, tra cui i finanziamenti per le loro campagne politiche nel 2013 e per le proteste anti-governative in corso nel 2014'(Golinger al 2014). Lei chiama questo 'le stesse vecchie sporche tattiche' di un colpo di stato in attuazione (Golinger 2015).

Potrebbe non essere una sorpresa scoprire che ci sono altri collegamenti con NED e il governo statunitense e l'Electoral Integrity Project di Sydney. L'investigatore capo Professor Pippa Norris elenca con orgoglio il suo lavoro come consulente della NED, e almeno sei dei partner nel progetto (senza il cui il sostegno EIP 'non sarebbe stato possibile') presentano la raccolta diretta dal governo degli Stati Uniti. Il metodo EIP di affidarsi a degli esperti sembra abbastanza coerente con quella ' élite, che ha costretto ... la democrazia'.
Peggio ancora, l'EIP si basa sull'opinione anonima. Un membro del progetto me lo ha ha chiarito con queste parole: 'dobbiamo mantenere la riservatezza delle nostre fonti, come parte di nostri obblighi legali ... rivelando i nomi degli esperti si potrebbe rischiare di metterli in pericolo in diversi Stati che non rispettare i diritti umani e che sopprimono i loro critici '.



Sia come sia, le opinioni di persone anonime non forniscono in alcun modo come possano essi saper valutare la legittimità di uno stato indipendente. Essa contraddice i principi di apertura e trasparenza, i valori che la EIP sostiene di saper valutare e promuovere. Chi sono questi esperti anonimi? Hanno incluso oppositori di paesi i cui governi sono sotto attacco? Non includono gli addetti ai lavori di Washington che forniscono consigli sui piani di destabilizzazione e di colpo di stato? Vi sono scarse indicazioni di come l'EIP prende sul serio il principio consolidato di evitare conflitti di interesse.
E 'inoltre è allarmante che il governo australiano (ARC) finanzi il progetto accademico EIP, ('Perché le elezioni falliscano e non si possa fare nulla a tale proposito') che suggerisce misure e prassi, condivise da Washington ' le elezioni non riuscite [che] sollevano grandi bandiere rosse ', e citano diversi stati, tra cui la Siria.

E' noto che un grande intervento militare in Siria è stato sventato nel settembre del 2013, dopo le false affermazioni che accusavano il governo siriano di aver usato armi chimiche contro i bambini (per la prova della falsità di queste affermazioni vedere: Hersh 2013 & 2014; Lloyd e Postol 2014; ISTEAMS 2013). Si ritiene che la EIPcerchi di associare interventi militari "red flag", a paesi che non riescono a soddisfare i loro dubbi criteri?

Il progetto valutato nel 2014 sulle elezioni presidenziali della Siria sono in tabella (125 su 127), sulla base dei pareri di esperti anonimi (Norris et al 2015: 11). L'unica logica per questo può essere visto in una breve nota che osserva 'le elezioni sono state valutate in modo errato perché alcune aree del paese non erano sotto il controllo del governo, lo scrutinio non ha avuto luogo nelle regioni dove gli insorti erano più forti', e il fatto che 'la Coalizione Nazionale - il principale gruppo di opposizione occidentale' ha boicottato le elezioni (Norris al 2015: 27). Mentre queste sono affermazioni corrette, non vi è raccontata tutta la storia. Il conflitto in altri paesi non sembra disturbare la EIP o suoi esperti abbastanza tanto quanto da classificare le elezioni in Ucraina a 78 di 127 (Norris et al 2015: 10). Eppure il gruppo di monitoraggio elettorale internazionale IDEA (2015), un partner di EIP, mette i tassi di partecipazione nel 2014 nelle elezioni presidenziali dell'Ucraina al 50%, mentre nel 2014 le elezioni presidenziali del Siria erano al 73%. E' chiaro che è in gioco il fattore di politica estera degli Stati Uniti. Washington abbraccia 'l'opposizione' in Siria e il governo in Ucraina. Analogamente, il NED ha finanziato direttamente l'opposizione siriana(NED 2006, Teil 2011; IRI 2015) ed esorta il sostegno militare al governo dell'Ucraina (Sputnik 2014; vedi anche Parry 2014).

Infine si può osservare che nel 2013 le elezioni israeliane sono state regolarmente riviste dal EIP, portando ad un molto sano 17/127 ranking (Norris et al 2015: 8). A quanto pare essere uno stato razzista, con diversi milioni di apolidi palestinesi, detenuti in territorio militare controllato e praticamente senza diritti politici e civili, ha un impatto sulla valutazione EIP. Eppure questo è coerente con l'asse Washington-Tel Aviv che ha da tempo classificato Israele come 'l'unica democrazia nella regione' (ad esempio Goldman 2015, etc). I doppi standard sono da mozzafiato. I legami degli Stati Uniti con Electoral Integrity Project e la sua ipotesi di democrazia elitaria sembra abbia poco senso per il conflitto di interessi che determina, con il metodo di ricerca inadeguato.

Tratto da: http://sadefenza.blogspot.it​


Riferimenti

Anderson, Tim (2010) ‘Hegemony, big money and academic independence’, Australian Universities Review, Vol 53, No 2

Dutka, Z.C. (2014) ‘Polls Reveal Wider Concerns of Venezuelan Public’, Venezuelanalysis, 11 May, online: http://venezuelanalysis.com/news/10679

Freedom House (2015) ‘Freedom in the World 2015’, interactive map, online: https://freedomhouse.org/report/freedom-world/freedom-world-2015?gclid=COrs_cHtqMQCFUccvAodgawAXA#.VQSxLY6bXT9

Goldman, Lisa (2015) ‘Bibi Bother: Netanyahu’s Strategy in Washington’, Foreign Affairs, 1 March, online: http://www.foreignaffairs.com/articles/143203/lisa-goldman/bibi-bother

Golinger, Eva (2006) The Chavez Code: Cracking U.S. Intervention in Venezuela, Olive Branch Press, Northampton, MA

Golinger, Eva (2015) ‘Venezuela: a Coup in Real Time’, Counter Punch, 2 February, online: http://www.counterpunch.org/2015/02/02/venezuela-a-coup-in-real-time/

Hersh, Seymour M. (2013) ‘Whose Sarin?’, London Review of Books, Vol. 35 No. 24, 19 December, 9-12, online:http://www.lrb.co.uk/v35/n24/seymour-m-hersh/whose-sarin

Hersh, Seymour M. (2014) ‘The Red Line and the Rat Line’, London Review of Books, 36:8, 17 April, pp 21-24, online: http://www.lrb.co.uk/v36/n08/seymour-m-hersh/the-red-line-and-the-rat-line

International IDEA (2015) ‘Voter Turnout’, data by country, online: http://www.idea.int/vt/

IRI (2015) Syria, online: http://www.iri.org/country/syria

ISTEAMS (2013) ‘Independent Investigation of Syria Chemical Attack Videos and Child Abductions’, 15 September, online:http://www.globalresearch.ca/STUDY_THE_VIDEOS_THAT_SPEAKS_ABOUT_CHEMICALS_BETA_VERSION.pdf

Kurlantzick, Joshua (2004) ‘The Coup Connection’, Mother Jones, November, online: http://www.motherjones.com/politics/2004/11/coup-connection

Latinobarometro (2014)’ La Imagen de los países y las democracias’, informe (report):

http://www.latinobarometro.org/latNewsShow.jsp

Lefebvre, Stephan (2013) ‘Analysis from National Endowment for Democracy Used in The Atlantic, with Significant Errors and Omissions’, Center for Economic Policy and Research, 30 July, online: http://www.cepr.net/index.php/blogs/the-americas-blog/analysis-from-national-endowment-for-democracy-used-in-the-atlantic-with-significant-errors-and-omissions

Lloyd, Richard and Theodore A. Postol (2014) ‘Possible Implications of Faulty US Technical Intelligence in the Damascus Nerve Agent Attack of August 21, 2013’, MIT, January 14, Washington DC, online: https://www.documentcloud.org/documents/1006045-possible-implications-of-bad-intelligence.html#storylink=relast

Martinez, Eugenio (2013) ‘Venezuela’s Election System Holds Up As A Model For The World’, Forbes, 14 may, online: http://www.forbes.com/sites/forbesleadershipforum/2013/05/14/venezuelas-election-system-holds-up-as-a-model-for-the-world/

NED (2006) Syria – funding, December, online: http://www.ned.org/publications/annual-reports/2006-annual-report/middle-east-and-northern-africa/description-of-2006-12

Norris, Pippa; Ferran Martínez and Max Grömping (2015) ‘The year in Elections, 2014’, Electoral Integrity Project (Why Elections fail and what we can do about it), online: https://sites.google.com/site/electoralintegrityproject4/projects/expert-survey-2/the-year-in-elections-2014

Parry, Robert (2014) ‘New York Times on Syria and Ukraine: How Propaganda Works’, Global Research, 3 December, online: http://www.globalresearch.ca/new-york-times-on-syria-and-ukraine-how-propaganda-works/5417724

Sputnik (2014) ‘National Endowment for Democracy Urges US Military Support for Ukraine’, 20 October, online: http://sputniknews.com/world/20141020/194352130/National-Endowment-for-Democracy-Urges-US-Military-Support-for-Ukraine.html

Teil, Julian (2011) ‘Justifying
 

mototopo

Forumer storico
Draghi: dopo la richiesta di cedere sovranità nuova frase criminale oggi in Parlamento.
Pubblicato su 28 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in POLITICA
Di: Marco Mori
Draghi: dopo la richiesta di cedere sovranità nuova frase criminale oggi 26.03.15 - ndr ) in Parlamento.
Draghi ci aveva già deliziato ad agosto con la richiesta di cessione della nostra sovranità nazionale. Ovvero chiese espressamente che fosse commesso reato contro la personalità giuridica del paese (ex artt. 241 e 243 c.p.). Se fossimo ancora una democrazia Draghi sarebbe già sotto processo ed invece ancora oggi ha potuto regalarci un’altra uscita da brividi.
Draghi in audizione alla Camera ha potuto liberamente dire: “in Italia vi è un’alta concentrazione di microimprese a produttività inferiore alla media” ed ancora “vi è una legislazione che le incentiva a rimanere piccole”.
Difficile davvero commentare mantenendo una certa continenza espositiva certe esternazioni di natura spiccatamente criminale (che Draghi mi quereli se dico il falso…). Sostenere di voler cancellare le piccole medie imprese nazionali infatti significa portare letteralmente alla fame milioni di cittadini. Circa l’80% degli occupati nazionali lavorano infatti in piccole medie imprese. Queste rappresentano il motore della nostra nazione e sono sempre state competitive fino a quando la bce, che Draghi presiede, ha espressamente chiesto di spazzarle via con una politica di consolidamento fiscale e ciò con particolare riferimento alla scandalosa lettera dell’agosto 2011.
Ovviamente tale azione viene portata avanti non già per il miglioramento della situazione economica del paese, ma per consegnare ogni mercato alle multinazionali che Draghi rappresenta e per cancellare la democrazia riportando tutti noi alla consapevolezza della durezza del vivere, proprio come desiderava Padoa Schioppa.
Viviamo in tempi cupi. La situazione purtroppo peggiora velocemente ed i nemici del paese come Draghi non hanno più nemmeno il pudore di mentire o nascondere i propri obiettivi.
Signori Draghi potrebbe venire domani a dirci che è giusto mangiare i bambini e c’è chi ormai non batterebbe ciglio… E visto e considerato che i titolari delle piccole e medie imprese sono anche padri di famiglia non siamo di fronte a qualcosa di molto diverso.
Cosa serve di più per farvi aprire gli occhi? In gioco non c’è la semplice ricchezza, in gioco c’è la sopravvivenza di tutti noi. Reagire un dovere morale e giuridico, il prezzo che si potrebbe pagare è irrilevante a questo punto.
Fermiamoli!
Tratto da:Avv. Marco Mori - Studio Legale





commenti




Repost 0
printer.png



Repost 0
printer.png





E intanto in Russia, Putin si taglia lo stipendio e aumenta le pensioni sociali del 10%

Pubblicato su 28 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in ESTERI
La misura riguarderà tre milioni di russi


di Eugenio Cipolla

Vladimir Putin è un fine stratega. E questo, a detta di molti, è l’aspetto di lui che l’occidente tende a sottovalutare di più. La scorsa settimana, appena riapparso in pubblico dopo una lunga e misteriosa assenza dai palcoscenici mediatici, il presidente russo ha deciso di tagliarsi il 10% dello stipendio e di fare lo stesso con i funzionari dell’amministrazione presidenziale. I maligni dicono che, non contento, Putin abbia poi esercitato una specie di moral suasion anche sul suo eterno delfino Medvedev, il quale il giorno dopo, non proprio a caso, ha assicurato che anche lui e tutti i ministri del suo gabinetto avrebbero fatto la stessa cosa.

L’episodio non è rimasto isolato, perché due giorni fa, per dare ai russi la dimostrazione che lui fa sul serio, lo Zar, nel corso di un incontro con i membri del governo, ha annunciato che dal primo aprile le pensioni sociali in Russia aumenteranno del 10,3%. «La pensione sociale media aumenterà di 777 rubli, arrivando a un totale di 8.311 rubli», ha detto il ministro del Lavoro, Maxim Topilin, aggiungendo che la platea beneficiaria di questa misura dovrebbe riguardare più di tre milioni di persone.

La cosa deve aver giovato e non poco all’immagine del presidente russo. Stamattina il FOM, uno dei più importanti istituti demoscopi del paese, ha diffuso nuovi sondaggi sulle intenzioni di voto dei russi. Il consenso elettorale di Vladimir Putin ha raggiunto livelli record. Se si votasse domenica, il 75% dei cittadini russi lo voterebbe (a gennaio questa percentuale si attestava poco sopra il 70%). Dietro di lui ci sono Vladimir Zhirinovsky con 4%, il leader del partito comunista, Gennady Zyuganov, con il 3%, l’uomo d'affari Mikhail Prokhorov e il leader di "Russia Giusta", Sergei Mironov, con l’1%. Insomma, non ci sarebbe partita.

Interpellato dalla Tass, il capo dell’ISSI, Dmitry Badovsky, ha spiegato che la crescita elettorale di Putin è in ascesa continua dallo scorso febbraio 2014, subito dopo la rivoluzione in Ucraina e l’annessione della Crimea. «Nonostante il difficile contesto delle sanzioni anti-russe e della turbolenza economica attuale, il consenso di Putin non è affatto in calo», ha detto invece Alexei Mukhin, direttore del Centro per l’informazione politica. «Lui viene percepito come una persone in grado di far fronte a questi gravi eventi sociali ed economici, nonostante, appunto, le molte difficoltà».

Il 13 marzo scorso Valery Fedorov, direttore dello VTsIOM, il più antico istituto di sondaggi del paese, ha tracciato il quadro delle realizzazioni di Putin più apprezzate dal popolo russo. I maggiori successi dello Zar secondo i russi sono la stabilità del paese (15%), la riunificazione della Crimea con la Russia (14%), il rafforzamento dell’immagine del paese nel mondo (11%), il miglioramento del benessere dei cittadini (11%). «La figura di Putin – ha detto Federov – richiama emozioni positive all’interno della società russa. Primi fra tutti il rispetto, la speranza e la fiducia». E non stupisce affatto, dunque, che il gradimento del presidente russo abbia raggiunto il massimo da quindici anni a questo parte: l’88%. Mica male.
Tratto da:L'Antidiplomatico





commenti



Repost 0
printer.png





VERSO LA BANCAROTTA: SI SCHIANTANO GLI ORDINI ALL'INDUSTRIA

Pubblicato su 28 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in ECONOMIA
Ho poco tempo, oggi. Ma non posso evitare di spendere due parole a proposito della caduta degli ordini all'industria nel mese di gennaio.

Caduta degli ordini industriali in Italia. A gennaio, gli ordini industriali hanno registrato un calo del 3,6% rispetto al mese precedente (quando si era avuto un +4,5%), a causa soprattutto della componente estera. Nel confronto con il mese di gennaio 2014, l’indice ha segnato una variazione negativa del 5,5%, con una flessione maggiore nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-9,2%). Secondo i dati diffusi oggi dall'Istat, il fatturato dell’industria, al netto della stagionalità, è diminuito dell’1,6% rispetto a dicembre, registrando flessioni dello 0,9% sul mercato interno e del 3,1% su quello estero. fonte

SONO DATI GRAVISSIMI. SE L'ITALIA CONTINUA AD ANDARE MALE ANCHE IN CONDIZIONI ESTREMAMENTE FAVOREVOLI (PETROLIO, TASSI, EURO DEBOLE E QE) CIO' SIGNIFICA CHE NON C'E' NULLA DA FARE. TANTO PIU' SE SI CONSIDERA CHE LE ALTRE ECONOMIE DELL'EUROZONA STANNO ACCELERANDO. GRECIA A PARTE, CHE SONO MORTI.
Il grafico che segue esprime la correlazione esistente tra la crescita del Pil e gli ordini all'industria.


Certo, adesso diranno che da gennaio l'euro si è ulteriormente indebolito e che quindi l'italia presto ne trarrà beneficio. Ma le divergenze tra le altre economie dell'eurozona si stanno ulteriormente aggravando. E ancora peggio è il confronto con le altre economie del G7


Ps: Il QE di Draghi non è eterno e non è affatto detto che sia idoneo a salvare l'Italia. Anzi....

Meglio essere consapevoli

Tratto da:VINCITORI E VINTI





commenti



Repost 0
printer.png





POPOLI LIBERI SARDEGNA INSIEME AI MOVIMENTI CONTRO LE ANGHERIE AI DANNI DEL POPOLO

Pubblicato su 28 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in POPOLI LIBERI
Sit-in dei Movimenti sotto la regione: "Bloccate sfratti e aste giudiziarie", Videogallery
Cagliaripad - libera informazione sarda
http://www.cagliaripad.it/videogallery.php?page_id=1544&p=1




commenti



Repost 0
printer.png





1992, l’inizio della fine

Pubblicato su 27 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in POLITICA
Storicizzare significa “archiviare”, “dissociarsi”, “lavarsi le mani”. È qui il grande imbroglio. Siamo ancora dentro Mani Pulite e oggi più che mai subiamo violentemente le sue ripercussioni ideologiche. Tra queste la perdita di sovranità politica, economica e militare.
DI SEBASTIANO CAPUTO
Dopo la Roma della banda della Magliana e la Napoli della Camorra, tocca alla Milano delle tangenti. Pur scollegata dal circuito generalista, la nuova serie televisiva ideata da Stefano Accorsi, diretta da Giuseppe Gagliardi e lanciata da Sky non è passata inosservata. Una massiccia dose pubblicitaria, 725mila spettatori per le prime due puntate e una prevedibile risonanza mediatica. 1992 è uno spaccato sull’Italia di Mani Pulite, dove ad intrecciarsi non sono soltanto gli affari e la politica ma anche le showgirl, il sesso, la televisione, il pubblicitario. Accanto alle mazzette, viene raffigurata l’ascesa trionfante del berlusconismo mediatico, pura continuazione del Sessantotto trotzkista, con il libertario che fa rima con il liberale. L’intenzione della regia sembra quella di voler storicizzare, in maniera spettacolare, l’epoca che avrebbe messo fine alla Prima Repubblica, regno della corruzione e della malapolitica. Da qui il dipinto volgare scandito dai luoghi comuni che vede la Lega Nord – partito che in realtà nasce in quegli anni proprio come reazione al sistema delle tangenti – ritagliarsi degli spazi politici in un lasso di tempo brevissimo. Pertanto storicizzare significa “archiviare”, “dissociarsi”, “lavarsi le mani”. È qui il grande imbroglio. Siamo ancora dentro Tangentopoli. In fondo, come la Lega di Umberto Bossi, il Movimento 5 Stelle è nato come reazione a questo sistema in cui gli scandali sono all’ordine del giorno (dal Monte dei Paschi di Siena fino all’Expo di Milano passando per il Mose di Venezia e Mafia Capitale).
1992, è l’affresco conformista, sbrigativo, poco coraggioso, privo di tecnicismi, dunque privo di denuncia, dove l’Italia si divide in buoni (magistratura) e cattivi (politici e imprenditori). Tutti conosciamo l’Italia dei pompini, delle cambiali, dei compromessi, dei sorrisi. La conosciamo bene perché, in un modo o nell’altro, ci tiene tutti a galla. L’Italia fa comodo a molti italiani, come al gruppo Fininvest di Silvio Berlusconi quanto a quello di Sky di Rupert Murdoch, che proprio in quegli anni, grazie alle conseguenze politiche di Tangentopoli, ha ottenuto enormi benefici dalla liberalizzazione del mercato televisivo, non a caso Sky Italia nacque nel 2003 dalla fusione delle prime tv a pagamento Tele + e Stream Tv.
Quello che invece non si racconta, almeno da quanto traspare nei primi due episodi, è il 1992 come inizio della fine. Fu “Mani Pulite” che spazzando via le forze politiche della Prima Repubblica, accelerò l’accordo sacro e segreto tra la destra e la sinistra parlamentare che nel 2011 si è svelato con il governo Monti, appoggiato da PD e PDL, e che oggi si è concretizzato con il renzismo in perfetta continuità con il berlusconismo. A distanza di un paio di decenni si è potuto verificare come l’affaire Tangentopoli è stato un vero e proprio intervento chirurgico che ha eliminato progressivamente gli ultimi baluardi al capitalismo transnazionale pilotato da un’elite finanziaria e cosmopolita (i rapporti tra Antonio Di Pietro e le stanze d’Oltreoceano sono stati ampiamente denunciati da Bettino Craxi tramite la figlia Stefania). Da una parte il Congresso di Rimini (3 febbraio 1991) sancì la fine del Partito Comunista Italiano, dunque il tradimento dei lavoratori, che si trasformò in Partito Democratico di Sinistra, dall’altra, terminò l’esperienza del “Pentapartito” (patto siglato nel 1981 tra il democristiano Arnaldo Forlani e il segretario del Partito Socialista Bettino Craxi, il tutto con la benedizione di Giulio Andreotti) il quale aveva ostacolato l’estensione delle logiche neoliberiste attraverso una sorta di alleanza tra una “destra dei valori” incarnata dalla DC e una “sinistra nazionale” risollevata dal PSI, che non teneva in considerazione gli accordi di Yalta e gli interessi anglo-americani in Italia (vedi il caso di Sigonella o l’appoggio all’OLP). A seguito di quella vicenda giudiziaria, il PCI si convertì al capitalismo, la Vecchia Democrazia Cristiana (come partito) fu sciolta, mentre Bettino Craxi, capro espiatorio e vero bersaglio di Di Pietro, scelse di lasciare il Paese trasferendosi ad Hammamet.
Dal 1992 in poi, il centro-destra e il centro sinistra, sono diventati perfettamente organici all’ideologia liberale-progressista. Da Amato a Ciampi, da Dini a Prodi, da Berlusconi a Renzi l’ideologia di fondo, eccetto qualche sussulto di libertà, è stata sempre la stessa: accettazione delle “missioni di pace” ordinate dalla Nato, subordinazione alle direttive economiche e sociali dell’Unione Europea, approvazione delle liberalizzazioni/privatizzazioni dei settori strategici del Paese. Checché ne dicano Accorsi, Gagliardi e Murdoch, questo è stato il 1992. Ben più di una fiction.
Tratto da:L' intellettuale dissidente |






commenti



Repost 0
printer.png





SIGNORAGGIO SU FOX NEWS!

Pubblicato su 27 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in ECONOMIA
A FoxNews parlano del fantastico film animato sul Signoraggio (clicca qui per vederlo) che ci fa capire quanto il meccanismo monetario sia crudele, malvagio e avido allo stesso tempo, mentre ogni giorno della nostra vita ci viene succhiata energia vitale e sopratutto la felicità di vivere normalmente.
Apriamo gli occhi e svegliamoci che la verità è un’altra, non quella che ci raccontano ogni giorno nei giornali e alla televisione.
Buona Visione…
Tratto da:ICONICON







commenti



Repost 0
printer.png
 

mototopo

Forumer storico
CFD

La storia economica italiana (rivista) dal 1970 al 1986: Italia 5° PIL al mondo

in Approfondimenti
di Roberto Nardella | 9 Marzo 2015 - 15:42
Analisi e storia dell'economia italiana. Bilancia commerciale, inflazione media annua, PIL comparato tra i Paesi del G6, cambio dollaro USA e Marco tedesco contro la Lira: l'Italia è nella top 6 delle economie mondiali.





1 commento


ppv



arton25941.jpg

In questo modestissimo studio voglio mettere in evidenza uno spaccato inconsueto della recente storia economico-sociale dell’Italia.
Anno per anno si analizza lo storico del commercio con l’estero, l’inflazione media annua, il PIL comparato del G6 (tutti in miliardi di dollari), la crescita comparata G6, il cambio dollaro USA (USD) contro Lira e il cambio Marco (DEM) contro Lira (entrambe le quotazioni al 31.12 di ogni singolo anno) e diverse altre cose dell’Italia nel periodo 1970-2012.
Viene alla luce quell’Italia che nonostante tutto e tutti arrivò a sfiorare per poche decine di miliardi di USD il quarto posto assoluto, una posizione troppo scomoda per i nostri abituali partner commerciali che da sempre ci avevano additato come scansafatiche “maccaronì” o come “pizza&mandulino” e che mai avrebbero potuto tollerare tale smacco.
Periodo A: dal 1970 al 1977
Anno Export Import Tot Inflazione PIL $ vs £ DM vs £ 1970 17 17 0 4,97% 109 623 171 1971 20 19 1 4,79% 120 594 182 1972 24 23 1 5,74% 140 582 182 1973* 28 32 -4 10,78% 169 608 225 1974* 37 45 -8 19,04% 192 649 269 1975 43 43 0 17,24% 219 683 261 1976 45 48 -3 16,53% 217 875 370 1977 55 53 2 17,25% 248 871 414 (* si noti il peso sul valore delle importazioni dovuto all’aumento del greggio)
puce.gif
1973: crisi mediorientale e guerra del Kippur, il petrolio triplica il suo prezzo, introduzione IVA in tutta Europa: tra cui, Italia al 12% e Germania all’11%
puce.gif
1975: introduzione della indicizzazione dei salari all’inflazione, meglio conosciuta come Scala Mobile. Essa servì a difendere i ceti più deboli: faceva recuperare mese per mese l’inflazione direttamente in busta paga.
Dal 31/12/1970 al 31/12/1977 l’Italia cresce del +127% ca. di PIL, con una media del +15,875% annuo.
Come si denota dal saldo della bilancia commerciale (negativa di -11 miliardi nell’intero periodo, soprattutto a causa dell’impennata del petrolio) la crescita di export e import è molto simile a quella del PIL.
La lira si svaluta del 40% contro dollaro e del 142% contro marco tedesco.
In tutto il periodo l’inflazione italiana fu pari al 12%, quella degli USA è del 6,5%, la francese del 8,57%, l’inglese del 13,10%, la giapponese del 9,77%, mentre quella tedesca solo del 5,26%, ovvero meno della metà dell’Italia.
Come si può ben notare dai raffronti con gli altri Paesi del G6 l’alta inflazione è riconducibile interamente al rincaro petrolifero; cosa ancor più evidente se si prendono in esame gli anni dal 1973 in poi.
Nello stesso periodo gli altri Paesi del G6 crescono così: la Francia cresce del 177%; la Germania del 178%; la Gran Bretagna del 106%; il Giappone del 240%; gli USA del 93,8%.
Periodo B: dal 1978 al 1980
Anno Export Import Tot Inflazione PIL $ vs £ DM vs £ 1978 69 62 7 12,11% 304 831 455 1979 88 84 4 14,74% 379 806 466 1980 97 109 -12 21,06% 460 930 475
puce.gif
1978: Ingresso dell’Italia nello SME ordinario: -6.5% +6.5% di svalutaz/rivalutaz. massima
puce.gif
1979: seconda crisi mediorientale – rivoluzione Komeinista in Iran
puce.gif
1980: conflitto Iran-Iraq: il petrolio quadruplica il suo prezzo
In questi 4 anni che vedono la nascita del Sistema Monetario Europeo - SME - (che impone una rivalutazione del +6,5% o svalutazione del -6,5% come massimi) il PIL italiano passa da 248 a 460 miliardi di dollari (+85,5%), mettendo a segno una crescita annua pari al +21,375%.
La lira si svaluta del 6,8% contro dollaro e del 14,8% contro marco tedesco.
La bilancia commerciale è quasi in parità; il rincaro del prezzo del greggio si mangia tutta la crescita dei due anni precedenti e ci manda in disavanzo di un miliardo.
In tutto il periodo l’inflazione italiana fu pari al 15,97%, quella degli USA è del 10,8%, la francese del 11,15%, l’inglese del 13,23%, la giapponese si attesta ad un modestissimo 5,24%, mentre quella tedesca è ancora una volta la più bassa in assoluto, al 4,07%, ovvero quasi ¼ di quella italiana.
Ad esclusione di Germania e Giappone gli altri Paesi del G6 hanno tutti inflazione superiore al 10% (2.5 volte quella tedesca) e come nel corso dell’altra crisi mediorientale, essa è riconducibile anche questa volta al rincaro petrolifero.
Nello stesso periodo gli altri del G6 crescono così: la Francia del 70,4%; la Germania del 58,5%; la Gran Bretagna del 111%; il Giappone del 54%; gli USA del 37,4%.
La classifica PIL top 6 nel 1980 è la seguente:
puce.gif
USA (2863 mld)
puce.gif
Giappone (1087 mdl)
puce.gif
Germania (920 mld)
puce.gif
Francia (690 mld)
puce.gif
Gran Bretagna (542 mld)
puce.gif
Italia (460 mld).
Periodo C: dal 1981 al 1986
Anno Export Import Tot Inflazione PIL $ vs £ DM vs £ 1981* 94 102 -8 17,99% 415 1202 533 1982* 91 96 -5 16,48% 412 1370 577 1983 90 88 2 14,71% 427 1655 607 1984 92 94 -2 10,83% 422 1935 615 1985 96 98 -2 9,21% 436 1680 683 1986 120 112 8 5,85% 617 1352 697 * si noti il peso sul valore delle importazioni dovuto all’aumento del greggio
puce.gif
marzo 1981: divorzio del ministero del tesoro con la banca d’Italia)
In questi anni passati si sono celebrati diversi divorzi tra i vari ministeri del tesoro e le loro rispettive Banche Centrali: all’Italia tocca nel febbraio-marzo del 1981. Il PIL italiano passa da 460 a 617 miliardi di dollari (+34%) con 2 cadute di PIL consecutive nel 1981 e 1982, la crescita annua è pari al +4,86%.
La lira si svaluta del -45.4% contro dollaro e del -46,7% contro marco tedesco.
Il saldo della bilancia commerciale di periodo resta ancora ampiamente negativo sempre a causa del prezzo del greggio.
In tutto il periodo l’inflazione italiana fu pari al 12,51%, cominciando prepotentemente a scendere dal 1984 in poi, guarda caso da quando il petrolio comincia a calare vertiginosamente, toccando il suo apice più basso nel 1986, dove ritorna pressappoco alle stesse quotazione del 1972.
L’inflazione degli altri del G6 è la seguente: USA 4,91%, Francia 8,48%, Gran Bretagna 6,60%, la tedesca si attesta ad un modestissimo 3,20%, mentre quella giapponese è la più bassa in assoluto, al 2,41%.
Le riforme ultraliberiste operate dalla Thatcher in UK e da Reagan in USA misero un grosso freno all’inflazione di entrambi i Paesi: a partire dal 1983 si quasi dimezzò rispetto all’anno precedente e divenne addirittura di 1/3 rispetto al 1981.
La Germania continuò la sua politica di deflazione interna, imitata pienamente dal Giappone (in questo caso l’allievo che supera il maestro).
Nello stesso periodo gli altri del G6 crescono così: la Francia del 10%; la Germania del 10,1%; la Gran Bretagna del 5,1%; il Giappone del 88,7%; gli USA del 60,3%.
La classifica PIL top 6 nel 1986 è la seguente:
puce.gif
USA (4590mld);
puce.gif
Giappone (2051 mdl);
puce.gif
Germania (1013mld);
puce.gif
Francia (759 mld);
puce.gif
Italia (617 mld);
puce.gif
Gran Bretagna (570mld).
L’Italia nel 1986 è al quinto posto assoluto.
 
Ultima modifica:

mototopo

Forumer storico
STRAGE DI USTICA: IL DELITTO GIORGIERI, IL NAUFRAGO E IL PHANTOM
Redazione | 28-03-2015 Categoria: Società



STRAGE DI USTICA: IL DELITTO GIORGIERI, IL NAUFRAGO E IL PHANTOM


di Gianni Lannes
La verità? Un’altra storia. Pezzo dopo pezzo, con ostinata determinazione, ho sgretolato il famigerato muro di gomma. 27 giugno 1980: l’ammaraggio del Dc 9 Itavia al largo di Ponza, e non di Ustica, come si è sempre erroneamente detto e scritto. Ecco la testimonianza di un ex sottufficiale della Marina Militare italiana, imbarcato sulla nave Andrea Doria, a proposito del recupero in mare di un giovane carabiniere:
«In tanti abbiamo visto un ragazzo tirato fuori dall’acqua praticamente intatto; non era gonfio d’acqua come gli altri, non era sfigurato dalla lunga permanenza in acqua. Aveva i jeans ed una camicia dalle maniche lunghe. Quella destra era arrotolata, quella sinistra era strappata ed era legata sopra il ginocchio destro, quasi come un laccio emostatico. Il ragazzo era senza il piede destro: quella manica di camicia forse era servita a fermare un’emorragia».


Il 21 gennaio 1992 Alfredo Galasso, l’insigne avvocato dei familiari delle vittime di Ustica, ha dichiarato a Radio Radicale: «Le indagini in corso dimostrano che il Dc-9 Itavia è arrivato integro in mare». Ha aggiunto che «i soccorsi sono stati probabilmente ritardati». E infine ha affermato: «Ci troviamo alle soglie dell’omicidio volontario».
A Roma, il 20 marzo 1987 muore in uno strano “agguato terroristico” il generale dell’Aeronautica militare Licio Giorgieri. Uno sparatore in sella a una moto guidata da un complice, lo fredda a bordo della sua auto. All’epoca Giorgieri era il responsabile degli armamenti dell’Arma azzurra e stava lavorando al progetto delle guerre stellari, imposto attraverso la NATO dal presidente Reagan. Sulla carta è questo il motivo pubblicizzato dalla sedicenti unità combattenti comuniste (ucc) con un volantino di rivendicazione dell’omicidio. Però, fin dalle prime battute, il delitto Giorgieri appare un omicidio terrorista parecchio anomalo. Infatti, era quello un periodo in cui i terroristi nostrani telecomandati dall’estero, avevano ormai da tempo deposto le armi. Anche la moglie dell’ufficiale, fin da subito ha dichiarato di non credere alla matrice dell’omicidio propinata dalle autorità. La vicenda acquista contorni ancora più sospetti, quando si apprende che a far sgominare la banda degli assassini eterodiretti del generale, al quale solo pochi giorni prima era stata negata la scorta di polizia, è un giovane terrorista che lavora come archivista al ministero dell’Interno. In seguito, non ha fatto clamore la decisione di un giudice di scarcerare appena tre anni dopo, gli assassini di Giorgieri sia pure condannati a pene pesantissime.

Singolare coincidenza. All’epoca della strage di Ustica, Licio Giorgieri era inserito nei vertici del Rai, il Registro aeronautico italiano, l’ente che per primo fu investito dalla tragedia. E responsabile del Rai all’epoca era il generale Saverio Rana. Fu proprio Rana, pochi giorni dopo la strage, che riferì al ministro dei Trasporti Rino Formica, la presenza di un caccia accanto al Dc-9 Itavia. Rana, morto d’infarto, aveva a disposizione tre fotocopie di tracciati radar ricevute proprio da Giorgeri. Carriere in riscossione? Dell’omicidio Giorgieri si è occupato in passato anche il giudice Giorgio Santacroce (figlio di un magistrato militare), denunciato dalle parti civili al Csm per la palese inerzia ed inconcludenza delle indagini sul disastro di Ustica, allontanato dall’incarico di pubblico ministero, ma comunque promosso a presidente della Cassazione in tempi recenti. A proproito: la procura di Roma non aveva alcuna competenza, ma scippò comunque il procedimento alla procura di Palermo (pm Guarino).
Il 21 gennaio del 2000 il peschereccio Bartolomeo di Gaeta tira a galla la coda di un aereo a 150 metri di profondità. Bianco e azzurro i colori dominanti. Una cosa è sicura la sigla 157303, ben visibile sulla fusoliera. A stretto giro d’ambasciata viene fatto sapere attraverso il Naval Safety Center che il numero corrisponde a un Phantom precipitato il 23 ottobre 1974. La ricostruzione ufficiale Usa, recita che due caccia decollati per una missione dalla portaerei Saratoga rimasero senza carburante. Il tempo pessimo impedì loro di forare le nuvole ed atterrare a Capodichino. Inoltre, la nebbia impedì all’aereo cisterna di rifornirli. Persa ogni speranza, al momento del “flame out”, la prua dei due caccia era orientata verso il mare. I piloti, quattro in tutto, si lanciarono e furono salvati da un elicottero.




Questo caccia multiruolo della McDonnels Douglas è realmente precipitato nel 1974?Ad una prima verifica salta fuori un fatto bizzarro. Il 24 ottobre 1974, ovvero il giorno successivo al presunto incidente, è Il Mattino di Napoli a dare notizia di un caccia precipitato. Si tratta proprio di un Phantom, decollato precisamente dalla Saratoga. Però, si è schiantato al suolo a Campobasso, in mezzo alle montagne del Molise. Tanto è vero che il pilota è stato ricoverato in condizioni gravissime al locale ospedale, mentre il secondo, un sergente maggiore, è stato subito prelevato da un elicottero della Navy. Una versione che non collima affatto con la storiella yankee. Oltretutto, nell'archivio del nosocomio molisano è spuntata la cartella clinica del pilota nordamericano. Che c’entra la strage di Ustica? C’entra eccome. Infatti, la sera del 27 giugno 1980, i carabinieri di Pozzuoli telefonano al radar di Licola (lo dicono gli stessi radaristi militari parlando tra loro) informandoli di aver visto un aereo sfrecciare a velocità elevatissima a bassa quota sulla zona di mare antistante. Nel radar di Poggio Ballone tre militari parlano a lungo (nelle registrazioni acquisite dai magistrati) di un Phantom decollato da una portaerei. Tracce della conversazione rimarranno registrate e giungeranno fino al giudice istruttore Rosario Priore. «Se è un Phantom chi lo prende?», si chiedono i militari dell’Arma azzurra italiana. Terzo elemento, una serie di conversazioni registrate in partenza dal radar di Ciampino. I controllori di volo che stavano contattando l’ambasciata Usa dopo l’incidente, a un certo punto si interrogano sull’utilità di chiamare addirittura Sigonella. C’è un punto nel dialogo in cui uno degli ufficiali sbotta: «Aò, ma quando cade un Phantom, loro che fanno?».
Allora, può un velivolo civile con 81 persone a bordo (tra cui due neonati) cadere nello spazio aereo sottoposto al controllo dell’Aeronautica militare italiana, e contemporaneamente alla tutela del sistema integrato difesa aerea della Nato (Nadge), nell’ombrello di osservazione di due aerei radar (di cui un Awacs della Nato), praticamente sulla verticale della sesta flotta United States of America, davanti ad una flotta della NATO in esercitazione segreta (compresa nave Vittorio Veneto a cui viene ordinato immediatamente di far rotta verso la Spezia e di non prestare soccorso in mare), senza che nessuna autorità militare e gerarchia militare sia in grado di spiegare perché? Possono gli alleati francesi e nordamericani impiegare 35 anni per rispondere a singhiozzo o affatto sulle rogatorie dei magistrati tricolori, che chiedono conto di mezzi navali e aerei intorno alle nostre coste, di serbatoi di caccia ritrovati tra i resti del Dc-9, di foto satellitari che quella notte dormono o non vedono, di telefonate tra i centri dell’Aeronautica militare nostrana e le loro sedi diplomatiche nell’immediatezza e nelle settimane successive alla strage, di carteggi segreti con migliaia di pagine intercorsi tra ambasciate, governi e servizi di sicurezza?
Quella sera sul Tirreno sfrecciavano almeno una dozzina di caccia militari a velocità mach 2, controllabili da postazioni radar italiane, francesi e Nato. Che però, come le scimmie, non vedono, non sentono e non parlano. Dopo 35 anni non c’è alcuna giustizia. Eppure, la responsabilità materiale della strage è ben nota ai governi della repubblichetta delle banane a stelle e strisce. Non plus ultra: nel 2007 Francesco Cossiga ha mandato in onda l'ultimo depistaggio, amplificato da alcuni pennivendoli rampanti. Come mai la magistratura non ha mai sfiorato il livello politico dell’affare? Non si è trattato di un banale errore. L'aereo civile italiano, con tutti i suoi passeggeri e l'equipaggio è stato sacrificato sull'altare degli affari indicibili di Stati. Ecco la ragione della resistenza alla verità dopo tutto questo lasso di tempo, quasi sepolto dall'oblio.


http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/318020.pdf


Commenti (0)
Nessun
 

mototopo

Forumer storico
se pensiamo che i due ragazzi delle freccie tricolori morti in germania ,erano gli stessi che si alzarono in volo con gli f104 per intercettare.....................e all altezza dei radar tra Grosseto e roma furono richiamati indietro.................................mah
 

mototopo

Forumer storico
L’euro sarà la vostra tomba, parola di Godley (era il 1992)
Pubblicato su 29 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in POLITICA
Molte persone in tutta Europa hanno improvvisamente realizzato di non sapere quasi nulla sul Trattato di Maastricht, mentre giustamente si rendono conto che questo trattato può fare una grande differenza nella loro vita. La loro legittima ansia ha portato Jacques Delors a dare l’indicazione che il punto di vista della gente comune in futuro dovrebbe essere consultato con più attenzione. Avrebbe potuto pensarci prima. Anche se sono favorevole a procedere verso un’integrazione politica in Europa, credo che il progetto di Maastricht presenti gravi carenze, e anche che il dibattito pubblico su di esso sia stato stranamente povero. Con un rifiuto danese, con la Francia che ci è andata vicino, e con l’esistenza stessa dello Sme messa in discussione dopo i saccheggi da parte dei mercati valutari, questo è un buon momento per fare il punto. L’idea centrale del Trattato di Maastricht è che i paesi della Ce dovrebbero muoversi verso una unione economica e monetaria, con una moneta unica gestita da una banca centrale indipendente. Ma come deve essere gestito il resto della politica economica?
Dato che il trattato non propone nessuna nuova istituzione oltre alla banca europea, i suoi sponsor devono supporre che non sia necessario nient’altro. Ma questo potrebbe essere corretto solo se le economie moderne fossero dei sistemi che si auto- regolano e che non hanno nessun bisogno di essere gestite. Sono giunto alla conclusione che una tale visione – che le economie siano organismi capaci di auto-regolazione che mai in nessun caso necessitano di una qualche forma di gestione – ha di fatto determinato il modo in cui il Trattato di Maastricht è stato costruito. Si tratta di una versione rozza ed estrema di quel punto di vista che da qualche tempo incarna la saggezza convenzionale dell’Europa (anche se non quella degli Stati Uniti o del Giappone), secondo la quale i governi sono incapaci di perseguire gli obiettivi tradizionali della politica economica, come la crescita e la piena occupazione, e quindi non dovrebbero nemmeno provarci. Tutto ciò che si può legittimamente fare, secondo questo punto di vista, è controllare l’offerta di moneta e tenere il bilancio in pareggio.
C’è voluto un gruppo composto in gran parte di banchieri (il Comitato Delors) per giungere alla conclusione che una banca centrale indipendente sia l’unica istituzione sovranazionale necessaria a governare un’Europa integrata e sovranazionale. Ma c’è anche molto di più. Bisogna sottolineare sin dall’inizio che la creazione di una moneta unica nella Ce è veramente destinata a segnare la fine della sovranità delle nazioni che la compongono e del loro potere di agire in modo indipendente sulle grandi questioni. Come ha sostenuto in modo molto convincente Tim Congdon, il potere di emettere la propria moneta, e di intervenire tramite la propria banca centrale, è il fatto principale che definisce l’indipendenza di una nazione. Se un paese rinuncia a questo potere, o lo perde, acquisisce lo status di ente locale o di colonia. Le autorità locali e le regioni ovviamente non possono svalutare. Ma perdono anche il potere di finanziare i deficit con emissione di moneta, e gli altri metodi per ottenere finanziamenti sono soggetti a regolamentazione da parte dell’autorità centrale. Né possono modificare i tassi di interesse.
Dato che le autorità locali non possiedono nessuno degli strumenti di politicamacroeconomica, la loro scelta politica è limitata alle questioni relativamente minori – un po’ più di istruzione qui, un po’ meno di infrastrutture là. Penso che quando Jacques Delors enfatizza la novità del principio di ‘sussidiarietà’, in realtà ci sta solo dicendo che saremo autorizzati a prendere decisioni su un maggior numero di questioni relativamente poco importanti rispetto a quanto potevamo supporre in precedenza. Forse ci permetterà di avere i cetrioli ricurvi, dopo tutto. Veramente un grande affare! Permettetemi di esprimere un punto di vista diverso. Credo che il governo centrale di qualsiasi Stato sovrano dovrebbe impegnarsi con continuità per determinare il livello generale ottimale di servizi pubblici, l’imposizione fiscale complessiva più corretta, la corretta allocazione delle spese tra obiettivi concorrenti e la equa ripartizione della pressione fiscale. Il governo deve anche determinare in che misura qualsiasi disavanzo tra spesa e tassazione debba esser finanziato da un intervento della banca centrale e quanto debba essere finanziato dal prestito pubblico e a quali condizioni.
Il modo in cui i governi decidono tutte queste questioni (e alcune altre), e la qualità della loro leadership, in interazione con le decisioni degli individui, delle imprese e del settore estero, determinerà cose come i tassi di interesse, il tasso di cambio, il tasso di inflazione, il tasso di crescita e il tasso di disoccupazione. Questo influenzerà anche profondamente la distribuzione del reddito e della ricchezza, non solo tra gli individui ma tra intere regioni, fornendo assistenza, si spera, alle persone colpite dai cambiamenti strutturali. Non si può semplificare troppo sull’utilizzo di questi strumenti, con tutte le loro interdipendenze, volti a promuovere il benessere di una nazione e a proteggerla al meglio possibile dagli shock di varia natura a cui inevitabilmente può andare soggetta. Non vuol dire molto, per esempio, dire che i bilanci dovrebbero essere sempre in pareggio, nel momento in cui un bilancio in pareggio con spesa e tassazione entrambe al 40% del Pil avrebbe un impatto completamente diverso (e molto più espansivo) di un bilancio in pareggio al 10%.
Per immaginare la complessità e l’importanza delle decisioni macro-economiche di un governo, basta solo chiedersi quale sarebbe la risposta adeguata, in termini di politica di bilancio, monetaria e valutaria, per un paese che produce grandi quantità di petrolio, ad un aumento del prezzo del petrolio di quattro volte. Sarebbe giusto non fare niente? E non si dovrebbe mai dimenticare che in periodi di fortissima crisi, può anche essere appropriato per un governo centrale peccare contro lo Spirito Santo di tutte le banche centrali e invocare la ‘tassa da inflazione’ – appropriandosi deliberatamente delle risorse e riducendo, attraverso l’inflazione, il valore reale della ricchezza di carta di una nazione. Dopo tutto, era proprio mediante la tassa da inflazione proposta da Keynes che avremmo dovuto fare i pagamenti di guerra. Enumero tutti questi argomenti non per suggerire che la sovranità non dovrebbe essere ceduta per la nobile causa dell’integrazione europea, ma che se i singoli governi rinunciano a tutte queste funzioni, semplicemente queste devono essere assunte da qualche altra autorità.
La lacuna incredibile nel programma di Maastricht è che, mentre contiene un progetto per l’istituzione e il modus operandi di una banca centrale indipendente, non esiste nessun progetto per l’analogo, in termini comunitari, di un governo centrale. Eppure dovrebbe semplicemente esistere un sistema di istituzioni che svolgano a livello comunitario tutte quelle funzioni che sono attualmente esercitate dai governi dei singoli paesi membri. La contropartita per rinunciare alla sovranità dovrebbe essere che i paesi membri siano costituiti in federazione, a cui sia affidata la loro sovranità. E il sistema federale, o il governo, come sarebbe meglio chiamarlo, dovrebbe esercitare nei confronti dei suoi membri e del mondo esterno tutte quelle funzioni che ho brevemente descritto sopra. Consideriamo due esempi significativi di ciò che un governo federale, che amministra un bilancio federale, dovrebbe fare. I paesi europei sono attualmente bloccati in una grave recessione. Allo stato attuale, dato che anche le economie degli Stati Uniti e del Giappone sono deboli, non è affatto chiaro quando si potrà avere una ripresa significativa.
Le implicazioni politiche di questa situazione stanno diventando spaventose. Eppure l’interdipendenza delle economie europee è già così forte che nessun singolo paese, con l’eccezione teorica della Germania, si sente in grado di perseguire politiche espansive per conto suo, perché ogni paese che cercasse di espandersi per proprio conto incontrerebbe presto un vincolo della bilancia dei pagamenti. La situazione attuale richiede con forza una reflazione coordinata, ma non esistono né le istituzioni né un quadro di pensiero condiviso che potranno condurre a questo desiderabile risultato, che sarebbe di per sé ovvio. Si dovrebbe riconoscere con franchezza che se la depressione dovesse volgere seriamente al peggio – per esempio, se il tasso di disoccupazione dovesse attestarsi in modo permanente intorno al 20-25%, come negli anni Trenta – i singoli paesi prima o poi eserciterebbero il loro diritto sovrano di dichiarare che il movimento di integrazione nel suo insieme è stato un disastro e ritornare al controllo dei cambi e al protezionismo – a un’economia da stato d’assedio, se volete. Ciò equivarrebbe a una riedizione del periodo tra le due guerre.
In un’unione economica e monetaria in cui il potere di agire in maniera indipendente venisse effettivamente abolito, una reflazione ‘coordinata’ come quella che adesso sarebbe così urgente e necessaria potrebbe essere intrapresa solo da un governo federale europeo. Senza un’istituzione del genere, la Uem impedirebbe azioni efficaci da parte dei singoli paesi, senza sostituirle con alcunché. Un altro ruolo importante che qualsiasi governo centrale deve svolgere è quello di garantire una rete di sicurezza sui livelli di sussistenza delle regioni che ne fanno parte, che siano in crisi per ragioni strutturali – a causa del declino di alcune industrie, per esempio, o a causa di alcuni cambiamenti demografici economicamente sfavorevoli. Attualmente questo accade nel corso naturale degli eventi, senza che nessuno in realtà ne accorga, perché gli standard comuni dei finanziamenti pubblici (ad esempio, la salute, l’istruzione, le pensioni e le indennità di disoccupazione) e un sistema fiscale comune (auspicabilmente, progressivo) sono entrambi istituiti in via generale su tutte le singole regioni.
Di conseguenza, se un settore soffre un grado insolito di declino strutturale, il sistema fiscale genera automaticamente i trasferimenti netti in suo favore. In extremis, una regione che non potesse produrre nulla, non morirebbe di fame perché sarebbe titolare di pensioni, indennità di disoccupazione e reddito dei dipendenti pubblici. Che cosa succede se un intero paese – una potenziale ‘regione’ di una comunità completamente integrata – subisce una battuta d’arresto strutturale? Finché si tratta di uno Stato sovrano, può svalutare la sua moneta. Può quindi commerciare con successo al livello di pieno impiego, a patto che il popolo accetti i necessari tagli dei redditi reali. Con l’unione economica e monetaria, questa strada è ovviamente sbarrata, e la sua prospettiva è veramente grave, a meno che un bilancio federale non adempia a una funzione redistributiva. Come è stato chiaramente riconosciuto nella relazione MacDougall, pubblicata nel 1977, per rinunciare all’opzione della svalutazione ci deve essere una contropartita in termini di redistribuzione fiscale.
Alcuni autori (come Samuel Brittan e Sir Douglas Hague) hanno seriamente sostenuto che l’Uem, abolendo il problema della bilancia dei dei pagamenti nella sua forma attuale, in realtà abolirebbe il problema, laddove esso esista, di un persistente fallimento nella competizione sui mercati mondiali. Ma, come sottolineato dal professor Martin Feldstein in un suo importante articolo sull’Economist (13 giugno), questo argomento è pericolosamente errato. Se un paese o una regione non ha il potere di svalutare, e se non è beneficiario di un sistema di perequazione fiscale, allora non c’è nulla che possa impedirgli di subire un processo di irrimediabile tracollo che porterà, alla fine, all’emigrazione come unica alternativa alla povertà o alla fame. Sono solidale con la posizione di coloro (come Margaret Thatcher), che, di fronte alla perdita di sovranità, desiderano scendere all’istante dal treno della Uem. Sono solidale anche con coloro che perseguono l’integrazione nel quadro giuridico di una sorta di costituzione federale, che disponga di un bilancio federale molto più grande del bilancio comunitario. Quello che trovo assolutamente sconcertante è la posizione di coloro che stanno puntando all’unione economica e monetaria, senza la creazione di nuove istituzioni politiche (a parte una nuova banca centrale), e che alzano le mani con orrore alle parole ‘federale’ o ‘federalismo’. Questa è la posizione attualmente adottata dal governo e dalla maggior parte di coloro che prendono parte al pubblico dibattito.
(Wynne Godley, “Su Maastricht e tutto il resto”, profetico intervento apparso sulla “London Review of Book” nel lontano 1992, l’8 marzo, ora riproposto dal blog “Vox Populi”. Economista e autore di svariati saggi, Godley è stato consulente del Tesoro britannico, poi docente del King’s College e direttore di dipartimento all’Università di Cambridge).
Tratto da: libreidee.org






http://frontediliberazionedaibanchi...ba-parola-di-godley-era-il-1992.html#comments
 

mototopo

Forumer storico
L’euro sarà la vostra tomba, parola di Godley (era il 1992)
Pubblicato su 29 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in POLITICA
Molte persone in tutta Europa hanno improvvisamente realizzato di non sapere quasi nulla sul Trattato di Maastricht, mentre giustamente si rendono conto che questo trattato può fare una grande differenza nella loro vita. La loro legittima ansia ha portato Jacques Delors a dare l’indicazione che il punto di vista della gente comune in futuro dovrebbe essere consultato con più attenzione. Avrebbe potuto pensarci prima. Anche se sono favorevole a procedere verso un’integrazione politica in Europa, credo che il progetto di Maastricht presenti gravi carenze, e anche che il dibattito pubblico su di esso sia stato stranamente povero. Con un rifiuto danese, con la Francia che ci è andata vicino, e con l’esistenza stessa dello Sme messa in discussione dopo i saccheggi da parte dei mercati valutari, questo è un buon momento per fare il punto. L’idea centrale del Trattato di Maastricht è che i paesi della Ce dovrebbero muoversi verso una unione economica e monetaria, con una moneta unica gestita da una banca centrale indipendente. Ma come deve essere gestito il resto della politica economica?
Dato che il trattato non propone nessuna nuova istituzione oltre alla banca europea, i suoi sponsor devono supporre che non sia necessario nient’altro. Ma questo potrebbe essere corretto solo se le economie moderne fossero dei sistemi che si auto- regolano e che non hanno nessun bisogno di essere gestite. Sono giunto alla conclusione che una tale visione – che le economie siano organismi capaci di auto-regolazione che mai in nessun caso necessitano di una qualche forma di gestione – ha di fatto determinato il modo in cui il Trattato di Maastricht è stato costruito. Si tratta di una versione rozza ed estrema di quel punto di vista che da qualche tempo incarna la saggezza convenzionale dell’Europa (anche se non quella degli Stati Uniti o del Giappone), secondo la quale i governi sono incapaci di perseguire gli obiettivi tradizionali della politica economica, come la crescita e la piena occupazione, e quindi non dovrebbero nemmeno provarci. Tutto ciò che si può legittimamente fare, secondo questo punto di vista, è controllare l’offerta di moneta e tenere il bilancio in pareggio.
C’è voluto un gruppo composto in gran parte di banchieri (il Comitato Delors) per giungere alla conclusione che una banca centrale indipendente sia l’unica istituzione sovranazionale necessaria a governare un’Europa integrata e sovranazionale. Ma c’è anche molto di più. Bisogna sottolineare sin dall’inizio che la creazione di una moneta unica nella Ce è veramente destinata a segnare la fine della sovranità delle nazioni che la compongono e del loro potere di agire in modo indipendente sulle grandi questioni. Come ha sostenuto in modo molto convincente Tim Congdon, il potere di emettere la propria moneta, e di intervenire tramite la propria banca centrale, è il fatto principale che definisce l’indipendenza di una nazione. Se un paese rinuncia a questo potere, o lo perde, acquisisce lo status di ente locale o di colonia. Le autorità locali e le regioni ovviamente non possono svalutare. Ma perdono anche il potere di finanziare i deficit con emissione di moneta, e gli altri metodi per ottenere finanziamenti sono soggetti a regolamentazione da parte dell’autorità centrale. Né possono modificare i tassi di interesse.
Dato che le autorità locali non possiedono nessuno degli strumenti di politicamacroeconomica, la loro scelta politica è limitata alle questioni relativamente minori – un po’ più di istruzione qui, un po’ meno di infrastrutture là. Penso che quando Jacques Delors enfatizza la novità del principio di ‘sussidiarietà’, in realtà ci sta solo dicendo che saremo autorizzati a prendere decisioni su un maggior numero di questioni relativamente poco importanti rispetto a quanto potevamo supporre in precedenza. Forse ci permetterà di avere i cetrioli ricurvi, dopo tutto. Veramente un grande affare! Permettetemi di esprimere un punto di vista diverso. Credo che il governo centrale di qualsiasi Stato sovrano dovrebbe impegnarsi con continuità per determinare il livello generale ottimale di servizi pubblici, l’imposizione fiscale complessiva più corretta, la corretta allocazione delle spese tra obiettivi concorrenti e la equa ripartizione della pressione fiscale. Il governo deve anche determinare in che misura qualsiasi disavanzo tra spesa e tassazione debba esser finanziato da un intervento della banca centrale e quanto debba essere finanziato dal prestito pubblico e a quali condizioni.
Il modo in cui i governi decidono tutte queste questioni (e alcune altre), e la qualità della loro leadership, in interazione con le decisioni degli individui, delle imprese e del settore estero, determinerà cose come i tassi di interesse, il tasso di cambio, il tasso di inflazione, il tasso di crescita e il tasso di disoccupazione. Questo influenzerà anche profondamente la distribuzione del reddito e della ricchezza, non solo tra gli individui ma tra intere regioni, fornendo assistenza, si spera, alle persone colpite dai cambiamenti strutturali. Non si può semplificare troppo sull’utilizzo di questi strumenti, con tutte le loro interdipendenze, volti a promuovere il benessere di una nazione e a proteggerla al meglio possibile dagli shock di varia natura a cui inevitabilmente può andare soggetta. Non vuol dire molto, per esempio, dire che i bilanci dovrebbero essere sempre in pareggio, nel momento in cui un bilancio in pareggio con spesa e tassazione entrambe al 40% del Pil avrebbe un impatto completamente diverso (e molto più espansivo) di un bilancio in pareggio al 10%.
Per immaginare la complessità e l’importanza delle decisioni macro-economiche di un governo, basta solo chiedersi quale sarebbe la risposta adeguata, in termini di politica di bilancio, monetaria e valutaria, per un paese che produce grandi quantità di petrolio, ad un aumento del prezzo del petrolio di quattro volte. Sarebbe giusto non fare niente? E non si dovrebbe mai dimenticare che in periodi di fortissima crisi, può anche essere appropriato per un governo centrale peccare contro lo Spirito Santo di tutte le banche centrali e invocare la ‘tassa da inflazione’ – appropriandosi deliberatamente delle risorse e riducendo, attraverso l’inflazione, il valore reale della ricchezza di carta di una nazione. Dopo tutto, era proprio mediante la tassa da inflazione proposta da Keynes che avremmo dovuto fare i pagamenti di guerra. Enumero tutti questi argomenti non per suggerire che la sovranità non dovrebbe essere ceduta per la nobile causa dell’integrazione europea, ma che se i singoli governi rinunciano a tutte queste funzioni, semplicemente queste devono essere assunte da qualche altra autorità.
La lacuna incredibile nel programma di Maastricht è che, mentre contiene un progetto per l’istituzione e il modus operandi di una banca centrale indipendente, non esiste nessun progetto per l’analogo, in termini comunitari, di un governo centrale. Eppure dovrebbe semplicemente esistere un sistema di istituzioni che svolgano a livello comunitario tutte quelle funzioni che sono attualmente esercitate dai governi dei singoli paesi membri. La contropartita per rinunciare alla sovranità dovrebbe essere che i paesi membri siano costituiti in federazione, a cui sia affidata la loro sovranità. E il sistema federale, o il governo, come sarebbe meglio chiamarlo, dovrebbe esercitare nei confronti dei suoi membri e del mondo esterno tutte quelle funzioni che ho brevemente descritto sopra. Consideriamo due esempi significativi di ciò che un governo federale, che amministra un bilancio federale, dovrebbe fare. I paesi europei sono attualmente bloccati in una grave recessione. Allo stato attuale, dato che anche le economie degli Stati Uniti e del Giappone sono deboli, non è affatto chiaro quando si potrà avere una ripresa significativa.
Le implicazioni politiche di questa situazione stanno diventando spaventose. Eppure l’interdipendenza delle economie europee è già così forte che nessun singolo paese, con l’eccezione teorica della Germania, si sente in grado di perseguire politiche espansive per conto suo, perché ogni paese che cercasse di espandersi per proprio conto incontrerebbe presto un vincolo della bilancia dei pagamenti. La situazione attuale richiede con forza una reflazione coordinata, ma non esistono né le istituzioni né un quadro di pensiero condiviso che potranno condurre a questo desiderabile risultato, che sarebbe di per sé ovvio. Si dovrebbe riconoscere con franchezza che se la depressione dovesse volgere seriamente al peggio – per esempio, se il tasso di disoccupazione dovesse attestarsi in modo permanente intorno al 20-25%, come negli anni Trenta – i singoli paesi prima o poi eserciterebbero il loro diritto sovrano di dichiarare che il movimento di integrazione nel suo insieme è stato un disastro e ritornare al controllo dei cambi e al protezionismo – a un’economia da stato d’assedio, se volete. Ciò equivarrebbe a una riedizione del periodo tra le due guerre.
In un’unione economica e monetaria in cui il potere di agire in maniera indipendente venisse effettivamente abolito, una reflazione ‘coordinata’ come quella che adesso sarebbe così urgente e necessaria potrebbe essere intrapresa solo da un governo federale europeo. Senza un’istituzione del genere, la Uem impedirebbe azioni efficaci da parte dei singoli paesi, senza sostituirle con alcunché. Un altro ruolo importante che qualsiasi governo centrale deve svolgere è quello di garantire una rete di sicurezza sui livelli di sussistenza delle regioni che ne fanno parte, che siano in crisi per ragioni strutturali – a causa del declino di alcune industrie, per esempio, o a causa di alcuni cambiamenti demografici economicamente sfavorevoli. Attualmente questo accade nel corso naturale degli eventi, senza che nessuno in realtà ne accorga, perché gli standard comuni dei finanziamenti pubblici (ad esempio, la salute, l’istruzione, le pensioni e le indennità di disoccupazione) e un sistema fiscale comune (auspicabilmente, progressivo) sono entrambi istituiti in via generale su tutte le singole regioni.
Di conseguenza, se un settore soffre un grado insolito di declino strutturale, il sistema fiscale genera automaticamente i trasferimenti netti in suo favore. In extremis, una regione che non potesse produrre nulla, non morirebbe di fame perché sarebbe titolare di pensioni, indennità di disoccupazione e reddito dei dipendenti pubblici. Che cosa succede se un intero paese – una potenziale ‘regione’ di una comunità completamente integrata – subisce una battuta d’arresto strutturale? Finché si tratta di uno Stato sovrano, può svalutare la sua moneta. Può quindi commerciare con successo al livello di pieno impiego, a patto che il popolo accetti i necessari tagli dei redditi reali. Con l’unione economica e monetaria, questa strada è ovviamente sbarrata, e la sua prospettiva è veramente grave, a meno che un bilancio federale non adempia a una funzione redistributiva. Come è stato chiaramente riconosciuto nella relazione MacDougall, pubblicata nel 1977, per rinunciare all’opzione della svalutazione ci deve essere una contropartita in termini di redistribuzione fiscale.
Alcuni autori (come Samuel Brittan e Sir Douglas Hague) hanno seriamente sostenuto che l’Uem, abolendo il problema della bilancia dei dei pagamenti nella sua forma attuale, in realtà abolirebbe il problema, laddove esso esista, di un persistente fallimento nella competizione sui mercati mondiali. Ma, come sottolineato dal professor Martin Feldstein in un suo importante articolo sull’Economist (13 giugno), questo argomento è pericolosamente errato. Se un paese o una regione non ha il potere di svalutare, e se non è beneficiario di un sistema di perequazione fiscale, allora non c’è nulla che possa impedirgli di subire un processo di irrimediabile tracollo che porterà, alla fine, all’emigrazione come unica alternativa alla povertà o alla fame. Sono solidale con la posizione di coloro (come Margaret Thatcher), che, di fronte alla perdita di sovranità, desiderano scendere all’istante dal treno della Uem. Sono solidale anche con coloro che perseguono l’integrazione nel quadro giuridico di una sorta di costituzione federale, che disponga di un bilancio federale molto più grande del bilancio comunitario. Quello che trovo assolutamente sconcertante è la posizione di coloro che stanno puntando all’unione economica e monetaria, senza la creazione di nuove istituzioni politiche (a parte una nuova banca centrale), e che alzano le mani con orrore alle parole ‘federale’ o ‘federalismo’. Questa è la posizione attualmente adottata dal governo e dalla maggior parte di coloro che prendono parte al pubblico dibattito.
(Wynne Godley, “Su Maastricht e tutto il resto”, profetico intervento apparso sulla “London Review of Book” nel lontano 1992, l’8 marzo, ora riproposto dal blog “Vox Populi”. Economista e autore di svariati saggi, Godley è stato consulente del Tesoro britannico, poi docente del King’s College e direttore di dipartimento all’Università di Cambridge).
Tratto da: libreidee.org






http://frontediliberazionedaibanchi...ba-parola-di-godley-era-il-1992.html#comments
 

mototopo

Forumer storico
http://www.investireoggi.it//it.pin...ionali globali slegate da qualsiasi legame...
Repost 0
printer.png

Care PMI italiane, Draghi ha detto che dovete morire! (di Antonio M. Rinaldi)

Pubblicato su 29 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in ECONOMIA, POLITICA
La lunga audizione di Mario Draghi presso le Commissioni riunite di Finanze, Bilancio e Politiche dell’UE della Camera, permette di fare alcune considerazioni che coinvolgono specificatamente il nostro Paese e fanno capire meglio quale sia ormai la strada che ha irreversibilmente imboccato l’Europa.

E’ inutile soffermarsi più di tanto sulla bontà che il Presidente della BCE ha attribuito agli stimoli monetari messi in atto ultimamente, e in particolare al QE, per cui a suo dire gli effetti positivi già possono evidenziarsi in quanto “il Btp decennale eccedeva il 7% alla fine del 2011 e lo spread a 500 punti base ed è esattamente quello che per 15 anni noi italiani abbiamo pagato prima di entrare nell’euro ed è un elemento utile per chi volesse fare paragoni”. Ma ormai sappiamo bene che il cosiddetto “fenomeno dello spread” ha radici e motivazioni ben diverse, poiché il differenziale fra il rendimento di titoli con stesse caratteristiche nell’ambito dell’area euro, è ormai acclarato dipenda esclusivamente dalla percezione che i mercati danno alla volontà dei rispettivi governi di rispettare o meno le regole e imposizioni provenienti dalla Troika ai fini della sostenibilità dell’euro. Quest’ultima utilizza proprio “l’arma ricattatoria” dello spread nel caso in cui vi siano degli “indisciplinati” che non vogliono o riescono a rispettarle. Fare paragoni pertanto invocando lo spread con quando coesistevano ancora le valute nazionali (ad iniziare dalla nostra lira), è un po’ come mettere in relazione le pere con le mele.

Infatti attualmente che valenza ha, seguendo lo stesso ragionamento di Draghi, costatare che i decennali statunitensi hanno uno spread superiore di quelli italiani di 70 punti base e di 20 punti base con quelli inglesi visto che loro si avvalgono rispettivamente del dollaro e della sterlina e noi dell’euro? Devono anche loro procedere speditamente verso riforme strutturali per compensare il gap di spread nei nostri confronti per non parlare di quello con la Germania? Oppure anche la Corea del Sud, che attualmente viaggia a colpi di incrementi del PIL intorno al 2,8/3,3% e con tassi di disoccupazione al 3%, deve correre ai ripari con profonde riforme strutturali visto che i loro decennali hanno un differenziale negativo nei confronti dei Bund tedeschidi ben 200 punti base o è meglio che seguano il loro modello che si avvale di autonome scelte di politica economica e monetaria supportate e possibili solo dalla piena Sovranità?

La stessa affermazione di Draghi a giustificazione che il declino italiano non è da imputare all’euro in quanto si era già passati da un +2,5% di PIL dei primi anni novanta al +1,5% nel 1999, anno dell’introduzione dell’euro, per poi registrare ai nostri giorni percentuali nulle, lascia alquanto basiti anche i meno esperti in economia in quanto è strapalesemente arcinoto che il la perdita della capacità produttiva e industriale italiana è iniziata proprio per il rispetto delle convergenzemacroeconomiche previste per adottare l’euro! Tutte le volte che la nostra economia è stata condizionata da vincoli esterni ad iniziare dallo SME è andata male, mentre nei sempre minori spazi di autonoma “libertà” è sempre andata meglio! Infatti per poter far parte del “club” dell’euro abbiamo dovuto modificare radicalmente il nostro modello economico verso regole di convergenza sempre più restrittive e penalizzanti per il nostro “Sistema Italia” che hanno progressivamente fatto perdere irreversibilmente la nostra competitività! Quindi è stato proprio l’euro e le sue regole ad aver condannato il destino industriale (e non solo!) dell’Italia e la sortita del Presidente della BCE è stata potuta “sparare” perché evidentemente sapeva di poter contare sulla scarsa “memoria” dei parlamentari presenti.

Ma di tutto il discorso di Mario Draghi il passaggio che ha lasciato più perplessi e sconcertati è che abbia candidamente ammesso che “Trincerarci nuovamente nei confini nazionali non risolverebbe nessuno dei problemi che abbiamo di fronte. In Italia vi è un’alta concentrazione di micro-imprese a produttività inferiore alla media, con una regolamentazione che le incentiva a rimanere piccole. La Bce guarda con favore alle iniziative per ridurre il peso delle partite deteriorate delle banche perché ciò libera risorse a beneficio delle imprese. La Bce è favorevole a una Bad Bank”.

Con queste affermazioni finalmente è stato ammesso, senza fraintendimenti od equivoci, che il sistema industriale italiano, da sempre composto per il 90% dalle PMI, DEVE MORIRE, perché nel modello euro è prevista la sopravvivenza e il supporto delle istituzioni comunitarie solamente ai grandi agglomerati e alle multinazionali non essendoci spazi per le piccole realtà. Ha di fatto confermato che il disegno che ha portato alla condivisione di una moneta unica, oltre a contemplare la volontà di neutralizzare la formidabile forza e capacità del tessuto industriale italiano, era concepito affinché la competitività passasse dalla svalutazione interna, cioè dalla riduzione dei salari, non realizzabile se non con il potere contrattuale che solo le grandi imprese possono avere in quanto si avvalgono da molto tempo di insediamenti produttivi in qualsiasi parte del pianeta per effetto della globalizzazione senza regole.

Il nostro modello di PMI era l’unico capace per le sue innate caratteristiche di poter infastidire la Germania e la Francia e che per la totale incapacità delle nostre classi dirigenti che si sono alternate nelle fasi di definizione degli accordi europei, non hanno saputo preventivamente intuire che la nostra industria sarebbe stata l’agnello sacrificale da immolare sull’altare di Maastricht. Il prezzo da pagare dal nostro Paese perché richiesto da chi ha scritto, deciso e imposto le regole affinché si realizzasse il famoso “barattofra l’abbandono al marco e il nullaosta per la riunificazione.

Lo dica chiaramente il Presidente della BCE che il modello industriale italiano, che ci ha consentito di scalare i vertici delle classifiche dei paesi più industrializzati del mondo, è destinato a soccombere e con esso la stessa identità dell’Italia che sempre meno si riconosce da ciò che proviene da Bruxelles, Francoforte e Berlino. Lo dica apertamente che le Bad Bank sono gradite alla BCE perché prevedono solo ed esclusivamente l’ausilio ai crediti deteriorati dei grandi “debitori” delle banche lasciando fuori dalla porta la piccola impresa, gli artigiani, i commercianti, i semplici cittadini, con la beffa poi che si richiede il contributo attivo della garanzia dello Stato, cioè della collettività considerata a tutti gli effetti i veri ed unici prestatori diultima istanza per mezzo della fiscalità in questo “folle” euro sempre più a difesa di pochi e a danno di molti!

Morta la PMI, muore l’Italia.

Antonio Maria Rinaldi

Tratto da:Care PMI italiane, Draghi ha detto che dovete morire! (di Antonio M. Rinaldi) | Scenarieconomici.itScenarieconomici.it
 

Users who are viewing this thread

Alto