News, Dati, Eventi finanziari amico caro, te lo dico da amico, fatti li.... qui e' tutta malvivenza (3 lettori)

mototopo

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beh gia postato qui anni fa.................... drinnnnnnn o si nazionalizza la moneta o ciccia.......................mondo di fantozzzzziiiiiiiiiii
 

mototopo

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posted by Mitt Dolcino
Perchè andare contro la Germania è una necessità dell’Italia nel 2016, semplicemente per sopravvivenza. Oggi si attacca il risparmio italiano per evitare il futuro ITEXIT


Vorrei spiegare succintamente i motivi per cui l’Italia dovrà necessariamente sfidare la Germania nel 2016 (sperando in un continuo supporto anglosassone). Premetto che in tutto questo mi spiace solo di non poter dedicare tempo a commentare la grandezza del leader russo Putin, al comando di un paese che non dovrebbe essere un nostro nemico, solo una scellerata presidenza USA poteva decidere tale ardimentosa sfida che per altro non può portare al successo nessuno dei contendenti: secondo chi scrive non passerà molto tempo prima che ci si accorga che la Russia fa parte del mondo occidentale a tutto tondo, non è il vero nemico, che sta invece molto più ad est (…).
Tornando all’oggetto dell’intervento, l’Italia oggi è nell’angolo: la Germania vedasi con il provvedimento Baltz votato in modo peregrino da gran parte dei nostri deputati a Strasburgo – probabilmente i più ignoranti -, vedasi con una inflessibilità assoluta nei conti imposta soprattutto all’Italia nonostante la pesante crisi economica globale, vedasi con la richiesta di applicare il Fiscal Compact [+ERF]a partire dal 2017 (…), costringerà l’Italia ad imporre enormi tasse per restare nell’euro e fare tornare i conti. E l’entità di tale sforzo dovrebbe essere, senza considerare gli effetti del Baltz (che costringerebbe le banche a mettere a riserva decine di miliardi che non ha), di almeno 22 miliardi di euro solo il prossimo anno, a seguire un incremento di ulteriori 35 miliardi circa ogni anno per il rientro dal debito come da prescrizione del Fiscal Compact. Conto della serva, si intende. E questo senza mettere in conto il fatto che maggiori tasse faranno certamente abbassare il PIL, costringendo ad ulteriori tasse a copertura di un rapporto Debito/PIL in peggioramento causa denominatore.
Diciamo che alla fine quello che la Germania vorrebbe ottenere è da una parte spostare la tassazione italiana sul risparmio privato (di fatto una patrimoniale, che impoverisca il substrato produttivo nazionale), dall’altra costringere lo Stato a privatizzare i campioni nazionali i cui acquirenti dovrebbero essere tedeschi o francesi. E detta supertassazione dovrebbe durare “solo” una quindicina d’anni almeno.
L’ho messa giù appositamente semplice per fare capire in pillole dove andremo a finire. In pratica il passo finale – secondo i desiderata franco-tedeschi – sarebbe imporre la troika in Italia per spostare attivi verso la Germania e la Francia, asse sempre più in affanno (soprattutto Parigi) a seguito dell’acuirsi della crisi economica, peggioramento oggi in corso (la crisi economica mondiale esploderà nella sua reale grandezza un giorno dopo l’avvenuta elezione del prossimo presidente USA).
Si, l’Italia è il vero obiettivo della austerità euroimposta in quanto è il paese ricco nell’EU, la gallina da spennare con il suo enorme risparmio famigliare, le sue aziende, la sua imprenditorialità e la sua posizione geostrategica. Senza dimenticare le basi americane sul suo territorio, basi nemiche per chi sta con Mosca (ossia per Berlino). E, per inciso, basi a cui gli USA non possono e non vogliono rinunciare.
L’obiettivo del 2016 per l’Italia deve essere impedire l’arrivo della troika, qualcuno in EU sta cercando di metterci alle strette sfruttando il vacuum di potere politico a monte delle prossime elezioni USA.
Lato tedesco l’obiettivo è, ripeto, fare in modo di costringere l’Italia a trasferire attivi al resto dell’Eurozona, passando per un trasferimento locale di attivi da privato – ricco – a pubblico/Stato – indebitato -. Ed attenzione, questo trasferimento locale – chiamiamolo con il suo nome, “patrimoniale” – sarà necessariamente un Giano bifronte: infatti , assieme ad una patrimoniale tradizionale ci sarà una inevitabile forte decurtazione delle pensioni, come sta accadendo in Grecia dove si vuol ridurre la pensione minima a poco più di 300 euro mensili con un parallelo cap di quelle massime a 2500 euro mensili se ricordo bene [in Italia un limite per le pensioni elevate sarebbe in ogni caso auspicabile, ndr]. Questa è la fine che ci aspetta.

Per inciso, sappiate che i paesi EU soprattutto se periferici in crisi non stanno subendo l’austerità tutti nella stessa maniera. Sapete la ragione? Perchè non tutti sono ricchi nella stessa maniera, l’Italia è il boccone prelibato e dunque le va riservato un trattamento “di favore”, Spagna, Portogallo si sono già vendute praticamente tutte le aziende che contano mentre la Grecia resta solo l’esempio da portare per spaventare tutti gli altri (in Grecia ormai non c’è nulla di interessante per l’asse franco tedesco, l’unico asset di valore strategico – gli aeroporti – se li sono giù presi da tempo, i tedeschi…). L’Irlanda è no contest, da Berlino gli si permette tutto solo per evitare che rientri nella sfera di Londra, vero nemico della Germania.

Vedasi i deficit ammessi ai paesi citati vs. Italia e traete le conclusioni del caso. Va da sè che i paesi che crescono in EU sono quelli che fanno deficit, la correlazione è formidabile (notasi i casi eclatanti di Spagna e Irlanda, mentre la Francia si conferma la malata d’Europa, nessuno stimolo di deficit sembra farla risvergliare, il welfare transalpino è semplicemente insostenibilmente caro in assenza di colonie da depredare…).


Perchè ho spiegato tutto questo, per quale fine? Semplice, per fare capire a tutti che se non usciamo dall’euro quanto sopra illustrato è quanto ci aspetta, patrimoniale e taglio delle pensioni oltre all’alienazione delle aziende nazionali di valore ossia dell’occupazione pesante. Anche le grandi famiglie lo han capito [tardi], abbattere Berlusconi era solo il primo passo, non ci si vuole fermare. Ed ecco quindi spiegata la reazione delle elites italiane, nel 2011 ci sono cascate come dei polli!
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Dunque, se non si vuole mettere a rischio il benessere nazionale, l’unica soluzione fattibile è uscire dall’euro e ritengo che, per evitare una guerra come preconizzato dal servente Mario Monti – molto informato in riguardo – che ha anticipato come una guerra sia oggi possibile in Europa magari con il motivo scatenante dato dal mancato pagamento del debito estero di qualche paese (l’Italia?), la vera soluzione debba passare per un’imposizione fiscale straordinaria caricata sulle spalle dei cittadini italiani con il fine di ripagare il debito estero detenuto da nostri amati partners EU, in tale maniera nessuno potrebbe più lamentarsi di una nostra uscita dalla moneta unica. E, notasi, questo non dovrebbe preoccuparci: uscendo dall’euro si svaluterebbe la nuova lira e dunque la nostra economia estremamente manifatturiera – siamo il principale competitor della Germania in EU – ripartirebbe, letteralmente annientando il competitor tedesco. Ecco perchè facciamo così paura.
OGGI ATTACCARE IL RISPARMIO ITALIANO ATTRAVERSO L’ATTACCO DELLE NOSTRE BANCHE, PER L’ASSE FRANCO-TEDESCO E’ FINALIZZATO AD EVITARE CHE L’ITALIA POSSA USCIRE DALL’EURO DOPO L’ELEZIONE DEL NUOVO PRESIDENTE USA, SPECIALMENTE SE REPUBBLICANO. Infatti quello che mancò alla Grecia per fare il GREXIT fu proprio la liquidità (…). Appunto, l’Italia oltre ad esserre il vero ed unico competitor manifatturiero della Germania in EU ha anche il risparmio ossia i capitali necessari per finanziare sia l’uscita dalla moneta unica che la sostenibilità dei flussi di cassa successivi all’ITEXIT, prima che l’inevitabile svalutazione della nuova lira riattivi l’economia nazionale. Ecco dunque spiegato il tempismo – dovrei dire la fretta – di attaccare l’Italia nel 2016.
Occhio che Mario Monti ha ragione, nel contesto attuale basta una piccola scusa per giustificare azioni estreme. Ad oggi le basi USA in Italia ci proteggono ma cosa succederebbe se gli americani fossero diciamo distratti da altri conflitti o da una profonda crisi economica interna?
Anche per questa ragione chi scrive non riesce vedere il Belpaese separato dall’alleato USA.
Mitt Dolcino


http://scenarieconomici.it/perche-a...ia-nel-2016-semplicemente-per-sopravvivenza/#2
 

gilles1

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IL PROSSIMO TRADIMENTO

la situazione italiota sta evolvendo verso un esito già visto

quindi, facciamo un breve ripasso di uno dei tanti tradimenti italioti

accade in Sicilia, durante lo sbarco alleato di inizio luglio 1943

la base navale di AUGUSTA possiede i cannoni da 420mm che dovevano essere montati sulle nostre corazzate e poi, cambiati i programmi, e mutato il vento, erano stati destinati alla difesa della costa

il giorno dello sbarco i cannoni NON sparano

peggio...

nessuno combatte, tutta la base è stata smantellata
ARMISTIZIO CORTO - ANNO 1943

"gli italiani sono scomparsi"
scrivono allarmati i tedeschi

CHI ha ordinato lo smantellamento e la fuga?

smantellamento con distruzione dei cannoni che avrebebro tenuto lontana la flotta alleata dotata solo di cannoni da 380mm

il TIMES scrive il 18 luglio che
"non si è verificata nessuna difesa da parte delle truppe italiane"

solo i tedeschi combattono

CHI ha dato l'ordine?

siamo al 18 luglio, lo sbarco è avvenuto da 1 settimana e siamo 1 settimana prima del 25 luglio

CHI ha dato l'ordine?

trovo nei fiari di mio padre, ufficiale di Marina riparato a Brindisi il 14 settembre 1943 dopo avere attraversato l'Adriatico con le navi Vespucci, Colombo e Palinuro, una rivelazione che conferma tanti sospetti

1 settimana prima dello sbarco alleato in Sicilia, il principe Umberto visita la base navale di Augusta...e...

mio padre, dopo avere combattuto 3 anni contro gli Alleati, si trova il 18 settembre a fare la scorta ai convogli Alleati partiti da Malta

comanda varie volte la guardia alla residenza del re Vittorio Emanuele a Brindisi, incontra Badoglio e i vari ammiragli e generali riparati al Sud dopo l'8 settembre

la mancata difesa della Sicilia provoca il crollo del regime il 25 luglio ed è stata preparata con cura mandando comunque alla morte migliaia di soldati ignari della cospirazione

l'8 settembre il re fugge a Brindisi abbandonando Roma e imbarcandosi a Pescara

"Alla data dell'8 Settembre 1943 il Regio Esercito aveva schierate 12 Divisioni nell'Italia settentrionale (di cui una in ricostituzione), 8 Divisioni nella zona di Roma e altre 2 “in affluenza” nella medesima zona, 3 Divisioni e 1 in "affluenza" nell'Italia meridionale, 6 Divisioni tra Sardegna e Sicilia, aliquote di forze nella Francia meridionale e ben 22 Divisioni tra i Balcani e le isole dell'Egeo. In totale 54 Divisioni nella quasi totalità organiche (di cui 26 nella penisola), più altre 29 in via di ricostituzione e di riequipaggiamento."

2 milioni di soldati lasciati allo sbando

810.000 fatti prigionieri dai tedeschi

poi i morti, a Cefalonia, a Roma, ovunque

poi la Guerra Civile con i suoi 250.000 morti più i 30.000 massacrati dopo la guerra

mentre fa la guardia al re a Brindisi, mio padre vede decollare i bombardieri alleati che vanno a bombardare le città del Nord dove...vivono i suoi genitori e la sua famiglia...

a lui e alla mia famiglia va fatta bene

meno a tanti altri

2 milioni di soldati
9800 carri armati
1000 aerei
una flotta di 5 corazzate, 8 incrociatori, 7 incrociatori ausiliari, 23 sommergibili, una settantina di MAS e 37 cacciatorpediniere e torpediniere

la corazzata Roma viene affondata dai Tedeschi mentre naviga da la Spezia a Malta e cola a picco con i suoi 1253 ufficiali e marinai

il TRADIMENTO è una specialità dei Savoia

una tradizione gelosamente conservata dalla Repubblica...

bonne nuit Moto
 
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Aldo Moro e la Banca d'Italia: il caso nel caso



Aldo Moro e la Banca d'Italia: il caso nel caso

Premessa: il 16 marzo 1978 c'è l'agguato delle "Brigate Rosse" ad Aldo Moro, con eliminazione della scorta, cui poi seguirà l'interrogatorio nella prigione segreta e l'eliminazione (EXTRAORDINARY RENDITION).

Dal diario di Paolo Baffi, governatore della Banca d'Italia:

16 gennaio 1978
"Vengo informato da persona in contatto con Gallucci (1) che questi sta considerando di inviare un avviso di reato a me e Ercolani (2) (tra gli altri) per concorso in truffa a danno dello Stato a causa degli impianti che il gruppo Rovelli avrebbe fornito a se stesso ad alto prezzo."

Note:
1) Achille Gallucci. Capo dell'ufficio istruzione presso la procura della Repubblica di Roma. E' il regista delle inchieste giudiziarie più delicate (Italcasse, Sir, Caltagirone) nel periodo considerato nelle memorie di Baffi. In stretti rapporti con alcuni magistratinotoriamente legati a uomini della Dc, soprattutto con Claudio Vitalone (vicino a Giulio Andreotti) e con Luciano Infelisi (legato a Flaminio Piccoli). Lo stesso Baffi annota "l'amicizia di Gallucci per i Caltagirone", costruttori del giro andreottiano.
2) Mario Ercolani. Direttore generale della Banca d'Italia dal settembre 1976 al luglio 1978. Nell'incarico gli succederà Carlo Azeglio Ciampi, direttore generale dal luglio 1978 all'ottobre 1979, e poi governatore.

15 marzo 1978
"Ci giunge da fonte sicura la notizia che presso il PM Jerace (1) si trovano richieste di avvisi di reato (o di mandato di cattura) nei confronti di esponenti della Banca d'Italia per non avere attuato ispezioni all'ICCRI prima della data in cui l'ispezione fu eseguita (agosto 1977)."

Nota:
1) Luigi Jerace. E' il pubblico ministero dell'inchiesta sull'Italcasse. La sua firma pè comparsa sotto i mandati di cattura per Giuseppe Arcaini, direttore generale dell'Italcasse (deceduto il 29 settembre 1978 mentre rientrava in ambulanza in Italia dalla latitanza), Edoardo Calleri di Sala, presidente, e Marcello Dionisi, ragioniere capo.

(Tra il 15 marzo e il 7 aprile nessuna annotazione sul diario sul Caso Moro....)

7 aprile 1978
"Mi reco al palazzo di Giustizia dove sono ricevuto dal col. Varisco (1), l'unica persona di quell'ambiente che in ogni occasione mi tratterà con estrema cortesia e segni di riguardo.
Vengo interrogato per un'ora e tre quarti dal consigliere Gallucci, presente il procuratore Infelisi (2) (che si sta occupando del sequestro di Moro e strage della scorta). E' presente anche il giudice Pizzuti evidentemente perché il mio interrogatorio deve servire tanto all'istruttoria Rovelli quanto a quella Italcasse. Gallucci mi "avverte" in apertura che avrebbe potuto mandarmi una comunicazione giudiziaria: non lo ha fatto, dice, per non rendersi autore di un golpe economico.
I quesiti si sono aggirati (nel senso che ogniqualvolta se ne dipartivano, poi vi tornavano) intorno alla posizione debitoria di Rovelli verso l'Iccri e a quello che ad avviso dell'interrogante era il contrasto tra l'atteggiamento "permissivo" della vigilanza nei confronti del primo e quello "severo" nei confronti della sistemazione della posizione debitoria dei Caltagirone.
Altri argomenti toccati sono: la politica delle ispezioni (frequenza, destinatari) dal 1970 in poi, la natura e gli scopi del controllo sui fidi eccedenti; i poteri di intervento della Banca nelle procedure di sistemazione di posizioni di difficile recupero. (...) ...dopo di che, mi si accusò di reticenza. Se si sia trattato di una trappola tesa ad arte, ovvero di un caso che fornì poi pretesto a una accusa capziosa, non so dire. Ai posteri.... Resta che secondo l'avviso di reato che mi verrà inviato il 24 marzo 1979 il mio "disegno criminoso" ebbe inizio con l'interrogatorio del 7 aprile 1978."

Note:

1) Il nome di Antonio Varsico ricorre naturalmente anche nell’affaire Moro. Il colonnello ha un ufficio presso Piazza delle Cinque Lune nel quale si incontra con un altro ufficiale dei carabinieri (forse Dalla Chiesa) e Mino Pecorelli: quest’ultimo proprio in quei giorni pubblica sul suo giornale Op parti inedite del memoriale Moro ripromettendosi di fare ulteriori rivelazioni nelle settimane successive (non farà a tempo: sarà ucciso da un commando i cui componenti non sono mai stati identificati). Pecorelli e Varisco si conoscono e hanno modo di incontrarsi più volte nei giorni del sequestro dello statista democristiano. Strana coincidenza che i tre protagonisti di questa storia siano morti tutti in modo violento: Pecorelli e Varisco nel 1979 a Roma, Dalla Chiesa nel 1982 a Palermo.
Varisco viene ucciso alle 8,25 del 13 luglio 1979 mentre con la sua Bmw percorre il lungotevere Arnaldo Da Brescia. Attentato pianificato e realizzato in fretta (?) ai danni di un uomo che si apprestava a lasciare l’Arma per dedicarsi alla sicurezza di Farmitalia.
All'inizio delle indagini vi furono dubbi sulla matrice sia per l'arma usata, fucili a canne mozze caricati a pallettoni, che per il particolare accanimento, furono esplosi ben 18 colpi. Pallettoni e fucile a canne mozze paiono essere più adatti a un commando mafioso che a uno brigatista. Così come l’uso di motociclette/auto (le fonti divergono in tal senso) e di bombe fumogene marca Energa per coprire la fuga.
Nel 1982 il leader della "colonna romana Antonio Savasta" delle Brigate Rosse si assumerà la responsabilità dell'omicidio. Nel 2004, dopo la cattura, anche Rita Algranati, confesserà la sua partecipazione all'omicidio. Rimangono sconosciuti gli altri membri del gruppo di fuoco che si suppone fosse composto da almeno cinque persone.
L’attività professionale di Varisco lo porterà a imbattersi in alcuni importanti casi: lo scandalo Lockheed, quello dell’Italcasse, La Rosa dei Venti e quello relativo ad una loggia massonica segreta poi comunemente denominata P2 (indagine che porterà il colonnello a indagare alcuni superiori, per esempio il generale Santovito, capo del SISMI, il servizio segreto militare). A incaricare Varisco di questi accertamenti sarà il giudice Vittorio Occorsio poi ucciso da Pierluigi Concutelli ex esponente di Ordine Nuovo (movimento neofascista sciolto nel 1973 dal ministro degli interni Paolo Emilio Taviani).

2) Luciano Infelisi. E' il pubblico ministero dell'inchiesta sulla Sir. Definito da molti magistrato-superstar per la capacità di trovarsi sempre in mezzo ai casi giudiziari più clamorosi. Annota Baffi (2 settembre 1979): "Infelisi è amico dei Caltagirone e frquenta la loro casa".

Vedi: Memorie di Paolo Baffi
Vedi anche: Aldo Moro, Accame: Varisco e quei mitra tenuti nel bagagliaio....

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domenica 7 febbraio 2016
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Ieri, 22:38 #37 (permalink) mototopo
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, Accame: Varisco e quei mitra tenuti nel bagagliaio....
ALLA COMMISSIONE MORO

Argomento: L’ipotizzata conoscenza anticipata di imminenti pericoli per la sicurezza di Aldo Moro, pag. 124 – 138 della relazione del 10 Dicembre 2015

Lo scrivente, autore del libro intervista “Moro si poteva salvare – 96 quesiti irrisolti sul caso Moro” a cura di Marilina Veca, si è ovviamente molto preoccupato della questione “preavvisi”, che potevano salvare l’On. Moro dal rapimento e i cinque agenti di scorta, dalla morte.
Lo scrivente ha letto con molto interesse la relazione provvisoria, con particolare riferimento al contenuto delle pagine da 124 a 138, sulla “L’ipotizzata conoscenza anticipata di imminenti pericoli per la sicurezza di Aldo Moro”, però non ha trovato alcun cenno a due preavvisi dell’attentato che ritiene di notevole importanza.
Il primo riguarda il preannuncio di cui riferì a suo tempo l’On. Luigi Cipriani (vedi il libro, “Quel Marx di San Macuto, di cui riporto le pag. 141-142), in cui mette in rilievo la notizia (che secondo l’On. Cipriani era assai affidabile) relativa ad una comunicazione pervenuta dal carcere di Matera, di un detenuto, Salvatore Senatore (il quale l’aveva a sua volta appresa da componenti delle BR).
Il secondo preavviso è stato reso noto, tra l’altro dal regista Giuseppe Ferrara, autore del film sull’attentato di Aldo Moro e dei libri “Misteri del caso Moro”, “Il caso Moro”, la lettera-comunicato del 2 marzo 1978, in cui si accenna con 14 giorni di anticipo all’attentato. Può darsi che questo preavviso sia comunque scaturito dal precedente dell’On. Cipriani.
Lo scrivente ritiene che questi due preavvisi siano particolarmente rilevanti.
Per quanto riguarda questo secondo preavviso, chi ha compilato la lettera/ordine di operazione del 2 marzo ’78 (e chi l’ha letta) avrebbero dovuto immediatamente comunicare a tutte le Autorità di sicurezza il preavviso, e l’esistenza del grave pericolo, che non riguardava solo l’On. Moro ma anche la scorta (che venne trucidata). È bene precisare che la scorta dipendeva dalla “Direzione delle scorte” affidata al Ten. Col. Antonio Varisco, il quale certamente avrebbe dovuto adottare provvedimenti - qualora fosse stato informato, per evitare che, addirittura, i mitra della scorta fossero conservati nel baule della macchina. Certo, se i mitra venivano conservati nel baule, questo doveva dipendere da un ordine, dato che proprio il capo scorta aveva allertato le Autorità di pericoli imminenti. E certamente non avrebbe di sua iniziativa lasciato le armi, a difesa di Moro e degli agenti stessi, nel baule.
Scarsissime, o praticamente inesistenti, almeno a quanto noto allo scrivente, sono le indagini su questo importantissimo aspetto riguardante la capacità difensiva della scorta.
Resta il rilevante interrogativo, che riguarda il fatto se vi furono comunicazioni alle varie autorità, sui preavvisi più sopra citati e quindi su come si comportò l’apparato di sicurezza. Certamente se i mitra fossero stati imbracciati dagli agenti della scorta, l’esito dell’attentato sarebbe stato ben diverso. E forse gli autori dell’attentato se avessero potuto prevedere una reazione armata, non avrebbero neppure messo in essere l’attentato stesso (forse, qualcuno aveva loro segnalato che i mitra erano custoditi nel baule e che quindi non poteva esserci un’adeguata reazione.
Lo scrivente non sa se vi siano state delle indagini nei riguardi del Ten. Col. Varisco per conoscere la sua interpretazione dei fatti, ma si permette di indicare questa esigenza informativa alla Commissione da Lei presieduta.
Il Ten. Col. Varisco morì per un attentato, il 13 luglio 1979, attentato del quale ancor oggi non si conoscono gli autori. Tra le ipotesi avanzate furono quella che l’attentato sia da addebitarsi alle BR, e quella che l’attentato sia da addebitarsi alla Banda della Magliana. In proposito, si sa che il Ten. Col Varisco, a parte l’incarico delle scorte, ha svolto numerosissimi altri incarichi. Tra l’altro, intervenne a via Gradoli, ed ha avuto numerosi incontri con molte personalità (vedi ad esempio quanto si legge nei libri del Senatore Flamigni e del Senatore Gotor).
Della questione si è occupata tempo fa anche la giornalista e scrittrice Marilina Veca, che scrisse anche un articolo sulla vicenda. Più recentemente si sono posti il quesito la giornalista e scrittrice Annamaria Turi, e la studiosa Tania Barbieri (Vipera), in una lettura in cui intravede la possibilità che una strategia “dall’alto” (magari da “una loggia in paradiso”) abbia ispirato la vicenda dell’attentato (con le gravi ripercussioni che ha avuto nel paese e nella sua storia).
Nel ringraziare per l’attenzione, Lei e la Commissione da Lei presieduta, le invio i più cordiali saluti.

Roma, lì 9 febbraio 2015
Falco Accame
Presidente Anavavaf
e Presidente Onorario CIVG
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by Luigi Pecchioli
L’ATTACCO ALLE BANCHE ITALIANE PREPARA LA STRADA ALLA PATRIMONIALE


Da Bruxelles parte la nuova bordata contro il sistema bancario italiano. La norma è di portata generale ovviamente, ma a farne le spese sarebbe soprattutto il nostro Paese: secondo il Corriere della Sera che riporta la notizia, i Paesi del Nord Europa, col sostegno dal Presidente dell’Euro gruppo Jeroem Dijsselbloem, vorrebbero porre un limite al possesso da parte delle banche di Titoli di Stato, con una percentuale massima del 25% del capitale.
Questa era la situazione nel 2014 del rapporto titoli di stato/capitale per alcuni Paesi UE:

Le banche italiane avevano a marzo 2014 praticamente il loro capitale composto da Titoli di Stato, acquistati grazie ai TLTRO ed ulteriori acquisti sono stati effettuati grazie ai 94 miliardi di euro ricevuti dalla BCE a settembre 2014, dicembre 2014 e marzo 2015 che sono andati in minima parte al credito a famiglie ed imprese e nella maggior parte ad investimenti in titoli sovrani, come forma di ricapitalizzazione ai fini del Tier1. Evidentemente un limite del 25% sarebbe ora una catastrofe per tutte le nostre banche.
A ciò si dovrebbe aggiungere poi il provvedimento conosciuto per il nome del rapporto che lo fonda, ovvero provvedimento Baltz (già oggetto di analisi), che imporrebbe una copertura del rischio default anche dei debiti sovrani detenuti in bilancio, finora considerati a rischio zero e che è sostenuto dal Ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, e dal Presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, i quali vorrebbero inserirlo nelle prossime linee guida Basilea IV.
La somma dei due provvedimenti, se passasse la linea tedesca, sarebbe un colpo mortale per l’Italia, la quale si troverebbe nell’impossibilità di sostenere le proprie banche, essendo vietato dal TFUE ogni aiuto di Stato, con il concreto rischio di default delle stesse, ricorso al bail-in, che sarebbe sicuramente insufficiente per risanare i bilanci, e conseguente necessità di chiedere l’aiuto del MES, con tutte le conseguenze (memorandum sotto il controllo della Troika) che questo comporta.
Tutto ciò mentre le banche che sono davvero a rischio sono considerate dall’Europa sicure e solide: gli stress test della BCE infatti, paradossalmente considerano più sicuri gli investimenti delle banche in titoli e derivati che l’attività di prestito, per cui le banche che hanno una forte attività di compravendita di Bond, titoli e commodity hanno un RWA, ossia un attività pesata per il rischio, migliore delle banche commerciali, ai fini del calcolo del capitale necessario a coprirle. In questo modo Deutsche Bank ad esempio su 1.580 miliardi di bilancio complessivo ha considerato a rischio solo 353 miliardi, per cui con un capitale di 47 miliardi risulta molto più solida delle banche dei Paesi periferici.
Se però andassimo a valutare il rischio dei suoi investimenti finanziari, come ha fatto il Center for Risk Management di Losanna, allora la situazione cambierebbe e di molto:

DB in questo caso risulterebbe sottocapitalizzata di oltre 70 miliardi di euro!
Forse è proprio per la consapevolezza di avere una banca gigantesca come DB, fortemente a rischio in caso di calo delle quotazioni degli asset finanziari, che la Germania sta cercando ogni via per acquisire, dopo quello greco, il patrimonio dell’Italia. Lo schema è duplice: da una parte si crea la necessità di salvare le banche aggredendo il risparmio depositato od investito in strumenti mobiliari, dall’altra, creando difficoltà al sistema finanziario italiano, si intacca l’economia nel suo complesso, con conseguente peggioramento del rating italiano anche dei Titoli di Stato. Questo comporterebbe l’uscita degli stessi dalla possibilità d’acquisto da parte della BCE, via QE, poiché il minimo di rating per poter essere acquisiti è BBB ed attualmente i titoli italiani sovrani sono BBB-. Il conseguente innalzamento degli interessi per finanziare il debito pubblico porterebbe così alla necessità di una patrimoniale per trovare risorse per sostenerlo, colpendo per questa via il risparmio privato immobiliare che fa tanta gola ai tedeschi, senza contare come detto il necessario ricorso al MES e le conseguenti privatizzazioni selvagge, già viste in Grecia, aggredendo così anche il patrimonio pubblico.
Proprio ieri, guarda caso, si è ricominciato a parlare di necessità di una patrimoniale: il solito Mario Monti, sempre molto in sintonia con le volontà tedesche, intervenendo ad Omnibus su La7 ha dichiarato “L’ Europa e i mercati non capiscono perché essendo l’ Italia il paese con il più alto debito pubblico e la più consistente ricchezza privata non si possa limare un po’ quest’ultima per aggredire il debito“.
L’avvertimento prima di aprire il fuoco
 

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Forumer storico
CICAP
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Washington ancora sottovaluta gli iraniani

febbraio 12, 2016 2 commenti

F. William Engdahl New Eastern Outlook 10/02/2016
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La politica estera di Washington in questi giorni è dominata da una bizzarra politica sadomasochista, non dissimile dall’argomento della CIA secondo cui la tortura, come il waterboarding, sia un modo legittimo di aver intelligence preziosa sul nemico da combattere. Abu Ghraib e Guantanamo vengono in mente. I guerrafondai capo della CIA John Brennan e Victoria Nuland del dipartimento di Stato, o il neocon Ash (come le ceneri della guerra) Carter al Pentagono, sembrano convinti che per essere una grande nazione in primo luogo si debba essere un “rude poliziotto” che pesta i popoli o le nazioni presi di mira, sanzionandoli fino alla bancarotta. Poi gli si affianca il “poliziotto buono”. I loro stupidi manuali di tortura militari e della CIA gli dicono che funziona ogni volta. L’unico problema è che non è così. Non lo è sicuramente con varie nazioni che resistono al bullesco gioco del poliziotto duro e poliziotto buono di Washington. Quello che l’Iran fa sui prezzi per l’esportazione del petrolio ne è un esempio. Nell’estate 2015 gli Stati Uniti approvavano la revoca delle sanzioni contro l’Iran a determinate condizioni, presumibilmente legate alle garanzie iraniane sul monitoraggio internazionale dell’AIEA sul programma nucleare. Le più brutali sanzioni furono inventate dall’aggressivo Ufficio del terrorismo finanziario del Tesoro degli Stati Uniti nel gennaio 2012, e furono imposte dall’Unione Europea su immensa pressione di Washington. Tra le altre misure imposero l’inaudita esclusione mondiale di tutte le banche iraniane dal sistema interbancario dei pagamenti SWIFT su vendite e commercio del petrolio nei mercati mondiali. SWIFT, Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication, ne cancellò la maggior parte delle transazioni finanziarie interbancarie mondiali. Si trova in Belgio ed è di proprietà di banche private, e non dell’UE. Fu la prima espulsione dallo SWIFT in 39 anni. L’espulsione dallo SWIFT fu ideata da David Cohen, sottosegretario del Tesoro su terrorismo e intelligence finanziaria, insieme a Mark Dubowitz, specialista di sanzioni di Washington. Era l’equivalente finanziario di Washington dell’uso dell’arma termonucleare. Inoltre l’UE accettò l’embargo petrolifero contro l’Iran e il congelamento dei beni della banca centrale iraniana all’estero. La moneta iraniana crollò dell’80% rispetto al dollaro. L’inflazione iraniana, in particolare nell’importazione di frumento, esplose e le esportazioni di petrolio verso i principali clienti, tra cui Unione europea, Cina, Giappone, Corea del Sud e India si ridussero della metà.
Ingratitudine?
Il 16 gennaio 2016, in relazione all’accordo di Vienna dell’AIEAS con l’Iran e altre parti sull’arricchimento nucleare del luglio 2015, SWIFT annunciava che riammetteva le banche iraniane, compresa la Banca nazionale, nel sistema dei pagamenti. L’UE dichiarava che alle imprese europee, tra cui le compagnie petrolifere, non era più proibito fare affari con l’Iran. L’amministrazione Obama, tuttavia, non era così generosa. Il Tesoro degli Stati Uniti dichiarava che “l’embargo degli Stati Uniti in generale resterà in vigore anche dopo l’attuazione, per preoccupazioni esterne al programma nucleare iraniano”. La Casa Bianca dichiarava che “le sanzioni degli Stati Uniti all’Iran per sostegno al terrorismo, violazioni dei diritti umani e attività missilistiche rimarranno in vigore e continueranno ad essere applicate”. Ora Teheran reagiva ad anni di guerra economica degli Stati Uniti invece di abbracciare la nazione che gli ha condotto una continua guerra dal 1979, come il Vietnam ha fatto abbracciando l’economia liberista degli USA, la leadership iraniana ha risposto con una chiara decisione sul tiramolla tra dare agli Stati Uniti una scusa per imporre nuovamente le sanzioni SWIFT e altre, e seguire i propri interessi nazionali. Tali interessi sono l’importante passo della de-dollarizzazione. Non c’è dubbio che alcuni duri di Washington e loro alleati in Arabia Saudita e Tel Aviv la chiamino ingratitudine. Io la chiamo autonomia nel perseguire l’interesse nazionale sovrano dell’Iran.
Petrolio in cambio solo di euro
Ora, in segno di gratitudine per la fine di 37 anni di sanzioni economiche degli USA, il 5 febbraio, secondo un rapporto dell’iraniana PressTV, un funzionario della National Iranian Oil Company annunciava che l’Iran accettava pagamenti solo in euro e non dollari per il proprio petrolio. Il funzionario aggiungeva che tale regola sarà applicata agli accordi recentemente firmati con il gigante energetico francese Total, la spagnola Cepsa e la russa Lukoil. Il funzionario del NIOC ha dichiarato, “Nei nostri accordi citiamo la clausola che gli acquirenti del nostro petrolio debbano pagare in euro, considerando il tasso di cambio nei confronti del dollaro al momento della consegna“. Inoltre NIOC ha chiarito che India e altri grandi acquirenti di petrolio iraniano, al momento del blocco SWIFT, dovranno pagare i debiti miliardari in euro e non dollari. Il funzionario della NIOC ha chiarito che la Banca centrale dell’Iran (CBI) ha deciso di svolgere il commercio estero in euro quando il Paese era ancora sotto sanzioni. Perché questo è un grosso problema, ci si può chiedere? Di per sé non lo è. Ma assieme a mosse simili di altre nazioni dell’Eurasia, in particolare Russia e Cina, per svolgere il commercio energetico bilaterale secondo le valute nazionali, rubli e renminbi, così come la recente decisione della Russia di iniziare il trading dei futures sul petrolio greggio russo al St. Petersburg Mercantile Exchange in rubli e non dollari, e di creare un nuovo prezzo di riferimento con il petrolio degli Urali in rubli, sostituendo il Brent in dollari USA sul cambio ICE di Londra, la mossa iraniana comincia a causare gravi danni a ciò che Henry Kissinger, ai tempi del primo shock dei prezzi del petrolio del 1973-74, denominò “petrodollari”.
Cosa sono i petrodollari, quindi?
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Come documento profondamente nel mio libro Un secolo di guerra: la politica del petrolio anglo-americana, l’idea dei “petrodollari” risale allo shock petrolifero del 1973. Quell’anno un’oscura rete atlantista di piuttosto influenti banchieri, multinazionali del petrolio e funzionari dei governi di Stati Uniti ed europei, circa 84 individui selezionati, s’incontrò in gran segreto per due giorni di sessioni al Saltsjoebaden Grand Hotel, di proprietà della ricca famiglia svedese dei Wallenberg. Lì, nel maggio 1973, la riunione del Bilderberg discusse del petrolio. Il vertici bancari e i baroni del petrolio anglo-statunitensi, tra cui David Rockefeller della Chase Manhattan Bank; barone Edmond de Rothschild dalla Francia; Robert O. Anderson della compagnia petrolifera ARCO; Lord Greenhill, presidente della British Petroleum; René de Granier Lilliac presidente della Compagnie Française des Pétroles, oggi TOTAL; Sir Eric Roll della SG Warburg, creatore degli eurobond; George Ball di Lehman Brothers; l’industriale tedesco e amico dei Rockefeller Otto Wolff von Amerongen e Birgit Breuel, poi capo della Treuhand tedesca, che spogliò il patrimonio dell’ex-Germania democratica, erano presenti. Così pure l’industriale italiano e stretto collaboratore dei Rockefeller, Gianni Agnelli della FIAT. L’incontro a porte chiuse, su cui fu vietato una qualsiasi copertura della stampa, discusse dell’imminente aumento del 400% del prezzo del petrolio dell’OPEC. Piuttosto che discutere di come tale shock sulla crescita economica mondiale potesse essere evitato con un’attenta diplomazia con Arabia Saudita, Iran e gli altri Stati arabi dell’OPEC, l’incontro si concentrò su cosa ne avrebbero fatto dei soldi! Discussero come “riciclare” l’aumento di quattro volte del prezzo della merce più importante del mondo, il petrolio. I verbali ufficiali e confidenziali della riunione Bilderberg a Saltsjoebaden, che ho letto, discussero del pericolo che a seguito dell’enorme aumento dei prezzi del petrolio OPEC, “l’inadeguato controllo delle risorse finanziarie dei Paesi produttori di petrolio possa disorganizzare completamente e minare il sistema monetario mondiale“. I verbali parlavano di “enormi aumenti delle importazioni dal Medio Oriente. Il costo di queste importazioni aumenterebbe enormemente“. I dati forniti nel corso della discussione a Saltsjoebaden dal consulente petrolifero degli Stati Uniti e relatore Walter Levy, mostravano un aumento dei prezzi del petrolio OPEC previsto a circa il 400 per cento. Questa fu la vera origine di ciò che Kissinger in seguito chiamò il problema del “riciclaggio dei petrodollari”, l’enorme aumento dei dollari dalle vendite di petrolio. La politica di Stati Uniti e Regno Unito, o meglio la politica di Wall Street e City di Londra, era assicurasi che i Paesi dell’OPEC investissero le loro ricchezze petrolifere principalmente nelle banche anglo-statunitensi.
Guerra del Kippur
La Guerra del Kippur dell’ottobre 1973 tra Israele e una coalizione di Stati arabi guidati da Egitto e Siria, prevedibilmente spinse il re saudita Faysal a minacciare l’embargo petrolifero dell’OPEC contro Europa e Stati Uniti per la fornitura ad Israele di armi prima della guerra. Kissinger e Wall Street ci contavano. Allo scoppio della guerra, a metà ottobre 1973, il governo tedesco del cancelliere Willy Brandt disse all’ambasciatore degli USA a Bonn che la Germania era neutrale nel conflitto in Medio Oriente, e quindi non avrebbe permesso agli Stati Uniti di rifornire Israele dalle basi in Germania. Nixon, il 30 ottobre 1973 inviò al cancelliere Brandt una nota di protesta nettamente formulata, probabilmente redatta da Kissinger: “Ci rendiamo conto che gli europei dipendano dal petrolio arabo più di noi, ma non siamo d’accordo che la vulnerabilità diminuisca dissociandovi da noi su una questione di tale importanza… Si noti che questa crisi non è responsabilità dell’Alleanza, e le forniture militari ad Israele sono per scopi che non rientrano nelle responsabilità dell’alleanza. Non credo che possiamo tracciare una linea così netta…” Washington non avrebbe permesso alla Germania di dichiarare la neutralità nel conflitto in Medio Oriente. Ma, in modo significativo, alla Gran Bretagna fu permesso d’indicare chiaramente la sua neutralità, evitando così l’impatto dell’embargo petrolifero arabo. Questo era il mondo del petrolio anglo-statunitense. In un affascinante colloquio personale a Londra nel settembre 2000 con lo sceicco Zaqi Yamani, ministro del Petrolio di Faysal, Yamani mi parlò di una missione a Teheran alla fine del 1973. Fu prima di un’importante riunione a dicembre dell’OPEC. Yamani racconta che re Faysal l’aveva mandato a Teheran per chiedere a Shah Reza Pahlavi perchè l’Iran insisteva su un notevole aumento del prezzo permanente dell’OPEC pari al 400% rispetto ai prezzi di prima della guerra. Yamani mi confessò che lo Shah gli disse: “Mio caro ministro, se il re vuole la risposta a questa domanda, ditegli che dovrebbe andare a Washington e chiedere a Henry Kissinger“. L’8 giugno 1974, il segretario di Stato statunitense Henry Kissinger firmò l’accordo che istituiva una Commissione congiunta USA-Arabia saudita sulla cooperazione economica, il cui mandato ufficiale incluse “la cooperazione nella finanza”. Nel dicembre 1974, nella segretezza assoluta, l’assistente del segretario del Tesoro degli Stati Uniti, Jack F. Bennett, poi divenuto CEO di Exxon, firmò un accordo a Riyadh con la Saudi Arabian Monetary Agency (SAMA, la banca centrale saudita). La missione della SAMA era “stabilire un nuovo rapporto con la Federal Reserve Bank di New York con l’operazione di prestito del Tesoro USA. In base a tale disposizione, SAMA acquisterà nuovi titoli del Tesoro con scadenza di almeno un anno“, spiegò Bennett nel febbraio 1975, appunto al segretario di Stato Kissinger. Il governo di Washington era ora libero di avere deficit quasi illimitati, sapendo che i petrodollari sauditi avrebbero comprato il debito degli Stati Uniti. Washington in cambio promise ai principi sauditi la vendita di armi degli Stati Uniti, vincendo su entrambi i lati.
Non meno sorprendente di questo “accordo” USA-sauditi fu la decisione politica esclusiva degli Stati petroliferi dell’OPEC, nel 1975, guidati dall’Arabia Saudita, di accettare solo dollari statunitensi per il loro petrolio, e non marchi tedeschi, nonostante il loro chiaro valore, non gli yen giapponesi, i franchi francesi o svizzeri, ma solo dollari statunitensi. Questa è la vera origine di ciò che si chiama petrodollari. Il petrolio, dopo l’accordo USA-Riyadh del 1975, doveva essere venduto dai produttori dell’OPEC solo in dollari USA. Il risultato fu la drammatica rinascita del dollaro che affondava, un profitto eccezionale per le major petrolifere di Rockefeller e Regno Unito, allora conosciute come le Sette Sorelle, il boom delle banche di Wall Street e City di Londra, gli eurodollari “riciclati” nei petrodollari e la peggiore recessione economica del mondo e degli USA dagli anni ’30. Per i banchieri di Londra e Wall Street l’economia era mera esteriorità. L’accordo petrolio-dollari tra Stati Uniti e Arabia Saudita, che tiene tutt’oggi, fu ignorato da Sadam Husayn che, in occasione di Oil-for-food delle Nazioni Unite, vendette il petrolio iracheno in euro depositati presso la banca francese BNP Paribas. La pratica irachena del “petroeuro” finì bruscamente nel marzo 2003 con l’invasione statunitense dell’Iraq. Da quel momento alcun Paese dell’OPEC ha venduto petrolio in qualsiasi altra valuta. Ora, l’Iran rompe i ranghi, infliggendo un altro duro colpo all’egemonia del dollaro USA al sistema del dollaro quale valuta di riserva mondiale dominante. Dopo tutto non c’è alcuna legge internazionale che imponga ai Paesi di comprare e vendere petrolio solo in dollari, no? La fine di ciò che è diventata la tirannia del sistema del dollaro si avvicina con la decisione dell’Iran di vendere petrolio solo in euro, ora. E’ un mondo davvero affascinante.
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F. William Engdahl è consulente di rischio strategico e docente laureato in politica alla Princeton University ed è autore di best-seller su petrolio e geopolitica, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook“.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
 

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ISLANDA VS ITALIA: VIA DI FUGA DALL’IDEOLOGIA

L’ideologia a volte fa piu’ vittime delle guerre.
E’ di ieri la notizia che nonostante:
dollaro forte
petrolio gratis
QE del Draghi Bancocentrico e bancocratico
FIAT che investe come non mai da 7 anni a questa parte,
il PIL dell’Italia fara’ un misero 0,6%.
By the way, Scenarieconomici fu l’unico sito ad avvicinarvisi prevedendo massimo uni 0.86%! Ma questa e’ altra storia.
Bene, ma allora, piuttosto che soffrire come cani contro dei biechi buroocrati vessatori (i vari enti statali sempre alla caccia di fatturati tramite corpose multe) per tenersi una moneta aristocratica ed inutile, perche’ non FACCIAMO COME L’ISLANDA?
Banchieri e boiardi di stato al gabbio,


moneta svalutata:


e PIL che viaggia placido e tranquillo come un fiume amico in quelle che sono lande desolate ed inospitali (l’economia mondiale):


Allora si che la disoccupazione sarebbe riassorbita:


allora si che i giovani avrebbero un futuro:

Dai, facciamo gli islandesi:


http://scenarieconomici.it/islanda-vs-italia-via-di-fuga-dallideologia/#


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BREXIT: LA RELIQUIA DEGLI ANNI '70 TRA TTIP E SOVRANITA' FISCALE




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[FONT="georgia" ][I][FONT="verdana" ]Questo post di Sofia compie una rassegna delle posizioni espresse nel Regno Unito sulla questione della Brexit. [/FONT][/I][/FONT]
[FONT="georgia" ][I][FONT="verdana" ]Risulta evidente come anche il minor "vincolo esterno" determinato dalla mera appartenenza alla UE, (senza quella all'UEM), sia più che sufficiente a denunciare la non convenienza e l'illogicità dell'attuale costruzione europea. [/FONT][/I][/FONT]
[FONT="georgia" ][I][FONT="verdana" ]Nel Regno Unito la maggioranza schiacciante dei cittadini è perfettamente cosciente di come l'UE sia solo un mezzo per imporre austerità fiscale e contribuzioni prive di qualunque corrispettivo, rigidamente svincolate dalle necessità del ciclo economico, nonché per instaurare un mercato del lavoro che deprime i salari, privilegiando gli interessi dei grandi gruppi industriali e finanziari nazionali ed esteri. Più di quanto i britannici non sarebbero disposti a fare per propria scelta (democratica).[/FONT][/I][/FONT]
[FONT="georgia" ][I][FONT="verdana" ]PS: [FONT="verdana" ]d[/FONT]a notare, infine, quanto voci ufficiali della sanità pubblica e del mondo accademico, e politico, siano [B]perfettamente coscienti degli effetti devastanti del TTIP sul[/B][FONT="verdana" ][B] sistema sanitario pubblico[/B]. Una cosa impensabile in Italia...[/FONT] [/FONT][/I][/FONT]
[FONT="georgia" ]
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[IMG]http://img2.blogblog.com/img/video_object.png[/IMG] st1\:*{behavior:url(#ieooui) }
[FONT="georgia" ]1. Lo scorso anno, subito dopo le elezioni nel Regno Unito,e il trionfo di Cameron, il referendum sull'uscita Ue veniva prospettato come inevitabile e si è contemporaneamente rafforzato l’attacco mediatico catastrofista circa gli effetti per il Paese in caso di uscita dall’UE.[/FONT]
[FONT="georgia" ][B][COLOR=#C00000][URL="http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05/08/elezioni-uk-2015-il-referendum-su-uscita-da-ue-puo-costare-allitalia-13-miliardi/1663141/"]La Fondazione Bertelsmann e l’istituto di ricerca economica IFO hanno stimato addirittura una perdita netta di 300 miliardi di euro per la Gran Bretagna[/URL][/COLOR][/B], tra 2018 e 2030, e impatti notevoli anche sul prodotto interno lordo tedesco e su quello di Irlanda, Lussemburgo, Belgio, Svezia, Malta e Cipro (in attesa del referendum, a dire di questi “esperti”, molte aziende rimanderebbero gli investimenti e le banche sposterebbero il quartier generale da Londra a Dublino, Francoforte o Ginevra).[/FONT]


[FONT="georgia" ]Così come stimano che per l’Italia si profilerebbero uscite aggiuntive per quasi [B]1,4 miliardi di euro[/B] in termini di contributi al budget Ue per compensare quelli del Regno Unito (8,64 miliardi nel 2014) che verrebbero meno (il che è possibile ma non è detto, visto che il bilancio UE è comunque annuale ed oggetto di concertazione – e quindi rivedibile - , pur inserendosi in un piano di spesa a lungo termine della durata di sette anni, il cosiddetto [B]quadro finanziario pluriennale[/B], che consente all'UE di pianificare con anticipo i programmi di spesa).[/FONT]
[FONT="georgia" ]Ma [URL="https://it.wikipedia.org/wiki/Bertelsmann"]Bertelsmann[/URL] e IFO sono, rispettivamente, una fondazione promanante dal maggior gruppo multimediale tedesco e un istituto di ricerca ecoomica di...Monaco. [/FONT]


[FONT="georgia" ]2. Nell’ambito del dibattito tra chi vuole restare in Europa e chi vuole uscire, [B]Alan Sked[/B], fondatore dell’Ukip, [COLOR=#333333](che lasciò il partito che aveva fondato per i profondi dissidi con Nigel Farage)[/COLOR], e [COLOR=#333333]intellettuale storico della [I]London School of Economics[/I], [/COLOR]ha detto, in una [B][COLOR=#C00000][URL="http://espresso.repubblica.it/internazionale/2015/05/08/news/elezioni-regno-unito-il-trionfo-di-cameron-ora-e-inevitabile-il-referendum-sull-uscita-ue-1.211530"]intervista all’Espresso[/URL][/COLOR][/B]: [/FONT]
[FONT="georgia" ]“il referendum sull’Unione ci sarà, ma [U]purtroppo[/U] [B]l’obiettivo di Cameron è di restarci[/B]. Cercherà di ottenere una ritrattazione di quell’articolo, nel trattato di Roma del 1956, in cui si parla di una “ever closer union”, cioè un’integrazione progressivamente sempre più stretta. Noi ne siamo di fatto già esentati, da quando abbiamo rifiutato l’unione monetaria, ma lui lo presenterà come un trionfo politico e convincerà gli inglesi a restare”. [/FONT]


[FONT="georgia" ][COLOR=#333333]Ma Alan Sked, non è il solo sostenitore della Brexit e risponde piccato alle provocazioni sui contraccolpi economici che potrebbero derivarne: "Nella City dicono che dovrebbero spostare il nostro settore finanziario a Francoforte o Parigi? Perché mai, devi forse fare parte della Cina per commerciare con i cinesi?"[/COLOR][/FONT]
[FONT="georgia" ]Lo conferma un recente [B]articolo sull’International New York Times del 12.2.2016, a firma di Louise Mensch, [/B]ex parlamentare del partito conservatore, editoriali sul "Sun" e nota scrittrice: secondo la Mensch, la Brexit non è affatto giudicata negativamente ma, anzi, è sostenuta da almeno il 70% degli inglesi ed è vista come la “fuga dalla sempre maggiore invasione del superstato europeo sulla sovranità nazionale” e, quindi, Cameron, che per accontentare il proprio elettorato ha previsto il referendum solo nel 2017, potrebbe rimanere deluso dai risultati.[/FONT]


[FONT="georgia" ]3. Come rammenta anche [B]Prodi [/B]in un articolo su Il Messaggero del 7 febbraio 2016, Cameron è tornato recentemente a Bruxelles con un pacchetto di proposte che mirerebbe ad ottenere il massimo delle concessioni, in modo che gli inglesi rivedano i loro convincimenti sulla Brexit. [/FONT]
[FONT="georgia" ]In verità, stando alle critiche dei giornali inglesi, si tratta di un pacchetto piuttosto debole: [/FONT]
[FONT="georgia" ]1) necessità di assicurare maggiore competitività della UE (completamento mercato unico e conclusione accordi commerciali, come il TTIP); [/FONT]
[FONT="georgia" ]2) "fairness", intesa come non-discriminazione dei Paesi non-Euro nei processi decisionali dell’Eurozona che abbiano impatto sul mercato unico; [/FONT]
[FONT="georgia" ]3) sovranità parlamentare, intesa come rafforzamento dei parlamenti nazionali; [/FONT]
[FONT="georgia" ]4) restrizioni al welfare che non mettano in discussione la libera circolazione dei lavoratori, ma che ne reprimano gli abusi e fissino limiti temporali minimi di residenza.[/FONT]


[FONT="georgia" ]4. La Mensch, per contro, evidenzia come questa ultima misura (il freno alle prestazioni sociali per gli immigrati europei), proprio per la sua durata limitata, finirebbe per non avere affetti rilevanti a meno che non vi sia un accordo con gli altri paesi. Così come ritiene [B]fallimentare il tentativo di Cameron di impedire che i lavoratori in Gran Bretagna inviino gli assegni familiari all'estero[/B] in favore delle persone a carico, che vivono altrove.[/FONT]


[FONT="georgia" ]E poi, [B]come si concilierebbe il completamento del mercato unico con la conclusione di accordi commerciali (quali il TTIP), che vanno in un senso esattamente opposto[/B], a meno che l’accordo commerciale non serva ad asservire un mercato unico alle regole e alle condizioni di un altro mercato unico più forte?[/FONT]
[FONT="georgia" ]E come si concilierebbe la proposta di reprimere gli abusi necessariamente legati alla libera circolazione dei lavoratori, se detta libera circolazione è proprio uno degli elementi basici dei Trattati?[/FONT]
[FONT="georgia" ]La Gran Bretagna, forte della sua posizione di potenza economica mondiale, pretende di avere [B]maggiore voce in capitolo nell’Eurozona e nel Parlamento, ma non spiega come debbano essere eliminate le asimmetrie [/B]che determina la partecipazione di alcuni Paesi nell’UE ma non nell’UEM. [/FONT]
[FONT="georgia" ]Insomma, Cameron fa affidamento sul vertice europeo della prossima settimana per portare a casa dei risultati, ma [B]Schulz ha già frenato gli entusiasmi[/B].[/FONT]


[FONT="georgia" ]5. Prodi giudica l’atteggiamento del Primo Ministro come di uno che è convinto che l’uscita dall’Unione Europea sarebbe un evento “[I]disastroso per l’economia britannica[/I]”, ma ne critica l’approccio autoritario, di colui che vuole [B][U][COLOR=#C00000]rimanere nell’Ue[/COLOR][/U][/B] ma vuole una nuova idea dell’Europa, totalmente diversa da quella concepita dei padri fondatori, che non opererebbe più per raggiungere obiettivi comuni ma per [B]tenere insieme gli interessi economici di soggetti che hanno obiettivi diversi[/B].[/FONT]
[FONT="georgia" ]In verità una parte dell’elettorato della Gran Bretagna, vuole rimanere in Europa, ma mantenendo un ruolo di leader [B]anziché essere fagocitata dai soli interessi franco-tedeschi[/B].[/FONT]
[FONT="georgia" ]L’altra parte dell’elettorato (che a quanto riporta la Mensch sembra quello maggioritaria), ritiene che [B]un divorzio amichevole, sia meglio di un cattivo matrimonio[/B] e rivendicano la propria indipendenza, che ritengono positiva non solo per la Gran Bretagna, ma anche per tutti gli alleati europei.[/FONT]


[FONT="georgia" ]6. La Gran Bretagna, infatti, evidenzia la Mensch, avrebbe:[/FONT]
[FONT="georgia" ]- più soldi per il propro bilancio pub[FONT="georgia" ]bl[/FONT]ico, per il venir meno dei contributi che devono essere versati al bilancio UE con il connesso il venir meno dei tagli alla spesa pubblica che sinora il Paese ha dovuto effettuare, riuscendo, così a sanare il proprio deficit più velocemente se fosse al di fuori dell'Unione Europea;[/FONT]
[FONT="georgia" ]- più controllo sulle prestazioni sociali e sulle politiche fiscali;[/FONT]
[FONT="georgia" ]- una prospettiva allargata di libero scambio con i paesi anglofoni extra-UE;[/FONT]
[FONT="georgia" ]- e un'immigrazione pianificata (solo con riferimento agli immigrati clandestini che Angela Merkel pretende siano accolti, i cittadini britannici ritengono che il proprio paese dovrebbe accettare un minor numero di rifugiati perché la Turchia, da cui la maggior parte di questi migranti arriva, è già una destinazione sicura).[/FONT]
[FONT="georgia" ]E non è un problema di destra o sinistra: [B]il membro laburista del Parlamento Kate Hoey ritiene che l'Unione europea è fatta per le grandi imprese e calpesta i salari dei lavoratori britannici, perché sfrutta quelli dell'Europa orientale[/B] e si tratta di una posizione sostenuta anche dalla sinistra sindacale R.M.T.[/FONT]


[FONT="georgia" ]7. Semplicemente la Gran Bretagna è conscia di essere la quinta più grande economia del mondo, con profondi legami culturali ed economici con tutto il mondo di lingua inglese, non si sentono anti-immigrati; piuttosto, vogliono gestire la loro politica di immigrazione; non si sentono estremisti pro-libero mercato, ma [B]sanno di essere il mercato di esportazione leader per l'Unione europea (cioè sono forti importatori dai partners UE), e non vedono la necessità di pagare per l'accesso ai propri mercati; e vogliono più libertà di commercio con l'India, la Cina e il resto del mondo[/B].[/FONT]
[FONT="georgia" ]E a coloro che ripetono che l'adesione all'euro è stata una buona idea, e presagiscono disastri dall’uscita, rispondono che [B]la Grecia è il vero esempio di cosa vuol dire stare nell’UEM[/B] e la Gran Bretagna è l’esempio di cosa vuol dire mantenere la propria moneta.[/FONT]
[FONT="georgia" ]La Mensch ritiene [B]l[/B][B]'Unione europea, una reliquia degli anni '70[/B] senza la quale la Gran Bretagna continuerebbe comunque a commerciare con gli alleati europei come è accaduto per un migliaio di anni. [/FONT]
[FONT="georgia" ]A maggior ragione, agli euroscettici, preoccupa una Europa assoggettata al TTIP.[/FONT]


[FONT="georgia" ][URL="http://www.bmj.com/content/350/bmj.h1438"]8. In un articolo sul British Medical Journal, Matthew Limb[/URL] esprime preoccupazioni per gli effetti del TTIP, soprattutto con riferimento ai rischi sul Sistema Sanitario nazionale Inglese ed in considerazione di studi di impatto effettuati dalla Facoltà di salute pubblica del Regno Unito. Nonostante i sostenitori dell’accordo, ritengono che questo migliorerebbe la cooperazione in campo normativo e ridurrebbe gli ostacoli al commercio, aumentando in tal modo gli investimenti e la crescita economica, i critici ribadiscono i gravosi effetti sui servizi pubblici vitali, tra cui il servizio sanitario (NHS), dando agli investitori stranieri e alle aziende un accesso privilegiato ai mercati e il ricorso ad una forma di giustizia arbitrale segreta.[/FONT]


[FONT="georgia" ][URL="https://en.wikipedia.org/wiki/John_Ashton_%28public_health_director%29"]John Ashton[/URL], professore alle Università di Southampton e Liverpool, e alto dirigente del servizio sanitario nazionale, ritiene che l'utile delle aziende private straniere e dei loro azionisti sarà messo al di sopra del diritto alla salute; il TTIP rischia di radicare ed esacerbare le disuguaglianze nel campo della salute per le generazioni a venire. [/FONT]
[FONT="georgia" ]"L'UE ci dice che le aziende non saranno in grado di costringere il governo del Regno Unito a modificare le proprie leggi. Tuttavia, quelle stesse imprese potrebbero [B]costringere il governo a pagare ingenti somme di denaro (denaro dei contribuenti) a titolo di risarcimento se le leggi non si dovessero adattare gli interessi degli azionisti[/B]. Questo potrebbe significare che gli standard critici che proteggono la salute pubblica contro i beni di consumo non sicuri, i luoghi di lavoro pericolosi e rischi ambientali possono essere abbassati a livelli pericolosi".[/FONT]
[FONT="georgia" ] Gli effetti del TTIP, inoltre, riguarderebbero anche i salari.[/FONT]


[FONT="georgia" ][B][COLOR=#C00000][URL="http://www.wallstreetitalia.com/deputati-uk-trattato-transatlantico-cibo-per-i-lupi-delle-multinazionali-usa/"]0. Secondo Caroline Lucas, l'ex leader del partito dei Verdi e deputata inglese[/URL][/COLOR][/B], in un dibattito alla Camera dei comuni britannica, l'intesa stretta tra le due potenze mondiali potrebbe portare a un calo degli stipendi di 3 mila sterline l'anno nel Regno Unito, visto che gli Usa non hanno mai sottoscritto le convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro concernenti la libertà di associazione sindacale, il diritto a contratti collettivi ecc. [/FONT]
[FONT="georgia" ]Inoltre [B][COLOR=#C00000][URL="http://www.independent.co.uk/voices/here-is-how-ttip-threatens-small-businesses-in-the-uk-a6819131.html"]associazioni di PMI della Gran Bretagna si sono mobilitate contro il TTIP[/URL][/COLOR][/B] per l’esigua quota di esportazioni che le riguarderebbe nei commerci con l’America.[/FONT]


[FONT="georgia" ][B][COLOR=#C00000][URL="http://www.thetimes.co.uk/tto/opinion/letters/article4027843.ece"]Un rapporto della Commissione europea sostiene che TTIP causerà una notevole ri-dislocazione dei lavoratori dell'UE[/URL][/COLOR][/B], radicando la disuguaglianza tra le regioni europee, perché la verità è che questo accordo non vuole ridurre le barriere tariffarie tra l'Europa e gli Stati Uniti, che sono già basse, ma vuole abbassare gli standard di regolazione sociale e ambientale, e nei servizi pubblici.[/FONT]
[FONT="georgia" ]Queste sono solo alcune delle voci con cui Cameron deve fare i conti e comunque è consapevole che se questa Europa non va bene, ancora peggio sarebbe riuscire a intrattenere rapporti politico-economici con l’Europa schiava del patto Transatlantico, con la sottoposizione pressoché automatica [B][COLOR=#C00000]a[URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2014/11/la-sorpresina-di-angela-ttip-e-accordi.html"]ll'aspetto valutario del TTIP[/URL][/COLOR][/B], in base ad accordi di cambio coi partner "transatlantici” conclusi direttamente dalla Commissione e dal Consiglio UE. Il parlamento UE non avrebbe alcun peso, quindi, nonostante Prodi sia così preoccupato della riduzione dei poteri dello stesso; nè, ovviamente li avrebbero i parlamenti nazionali.[/FONT]


[FONT="georgia" ][B][COLOR=#C00000][URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2015/07/a-conti-fattifacciamo-come-il-regno.html"]1o. In vista del peg sul dollaro[/URL][/COLOR][/B], quindi, il Regno Unito potrebbe tentare di anticipare i tempi e regolare nella maniera più conveniente possibile, e direttamente, i rapporti commerciali con gli USA.[/FONT]
[FONT="georgia" ]Ovviamente, i negoziati per il TTIP sono tanto più avanzati quanto più l’Europa partecipa compatta (Stati Uniti e Unione europea sono partner con più o meno uguale potenza negoziale). [/FONT]
[FONT="georgia" ]Diverso sarebbe se un paese decide di negoziare un accordo con gli Stati Uniti in via autonoma. [/FONT]
[FONT="georgia" ]Un trattato TTIP senza il Regno Unito sarebbe possibile ma anche geopoliticamente meno importante. [/FONT]
[FONT="georgia" ]Ma ovviamente potrebbe non essere semplice neppure per la Gran Bretagna negoziare tale accordo di libero scambio con gli Stati Uniti.[/FONT]


[FONT="georgia" ]11. [B]Quest’ultima possibilità, è già stata raffreddata dal rappresentante USA per il commercio, [COLOR=#C00000][URL="http://it.sputniknews.com/opinioni/20151031/1455660/usa-gran-bretagna-commercio-uscita-ue.html"]Micheal Froman[/URL][/COLOR] secondo il quale gli Stati Uniti non sono entusiasti all’idea di definire un accordo di libero scambio separato con la Gran Bretagna, se questa dovesse lasciare l’Unione Europea[/B]. [/FONT]
[FONT="georgia" ]I commenti fatti da Froman minano alla base i principali argomenti economici messi in campo dai sostenitori dell'uscita, i quali dicono che la Gran Bretagna può prosperare da sola ed è in grado di stabilire autonomamente degli accordi di libero scambio (FTAs) coi partner commerciali.[/FONT]
[FONT="georgia" ]Anche se gli USA sono il più grande mercato per le esportazioni della Gran Bretagna, dopo l'Unione Europea stessa (nel 2014 ha acquistato oltre 54 miliardi di dollari in beni e servizi prodotti nel Regno Unito), Froman è convinto che la Gran Bretagna ha maggior voce in capitolo al tavolo dei trattati commerciali se resta parte dell'Unione Europea, in quanto parte di un'entità economica più ampia, e che l'appartenenza all'Unione Europea dà alla Gran Bretagna più influenza nelle trattative.[/FONT]
[FONT="georgia" ]Insomma, [B]questo spiegherebbe perché la Gran Bretagna si stia muovendo su più fronti e, nell’impossibilità di raggiungere un accordo di libero scambio direttamente con gli USA, prova a cambiare l’Europa in un senso più conforme ai propri interessi[/B].[/FONT]






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venerdì 12 febbraio 2016

AFFERRATE LO SCENARIO? LA CONSERVAZIONE DELL'EURO ACCELERA VERSO IL MAELSTROM



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[FONT="georgia" ]1. Proviamo a fare un quadro comprensivo dei [B]più importanti elementi che determinano lo scenario economico globale, europeo e italiano[/B]. [/FONT]
[FONT="georgia" ]Una volta che, infatti, abbiamo deciso che dobbiamo rinunciare alla sovranità perché lo Stato è brutto e porta alle guerre e alla mancanza di cooperazione tra i popoli (!), la situazione italiana è inevitabilmente segnata da fattori determinati a livello internazionale e, segnatamente, sovranazionale.[/FONT]
[FONT="georgia" ]Tutto questo, poi,[URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2014/02/la-politica-economica-e-il-cambio-di.html"] discende dalla linea politica dei governi che si sono succeduti in Italia da almeno 30 anni[/URL], in base alla quale l'art.11 Cost., invece che come una norma di forte - se non totale- limitazione dei trattati di natura economica, e in particolare liberoscambisti, è assunto, da economisti scopertisi intepreti autentici della Costituzione, e da giuristi "ideologicamente" convinti che monetarismo e liberoscambismo portino a una maggiore crescita, come titolo giustificativo di ogni vincolo esterno derivante dai trattati internazionali.[/FONT]
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[FONT="georgia" ]Il quadro da delineare è estremamente complesso e, in questa sede, cercheremo di darne uno schema sintetico.[/FONT]
[FONT="georgia" ]Proviamo a fare un'[B]elencazione fondata sull'attualità[/B], cioè su quanto i vari aspetti del "vincolo esterno", economico e sovranazionale, siano oggetto di esposizione mediatica. [/FONT]
[FONT="georgia" ]Per quello che vale naturalmente: [B]l'attenzione cronacistica dei media non significa priorità dei problemi[/B], ma semplicemente urgenza di costruire una versione [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2014/11/il-test-di-orwell.html"]neo-orwelliana[/URL] dei vari problemi, in modo da distogliere sistematicamente l'opinione di massa dalle cause e, possibilmente, compiere l'inversione causa/effetti che tanto giova al controllo sociale ordoliberista-tecno-pop, alternativo alla conservazione della democrazia (sostanziale).[/FONT]
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[FONT="georgia" ]3. Dunque abbiamo:[/FONT]
[FONT="georgia" ]a- [B]il crollo borsistico devastante di questi giorni iniziali del 2016,[/B] in particolare nel settore dei titoli bancari. In Italia, [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2015/12/la-grande-tranvata-la-vera-europa-dei.html"]e lo abbiamo visto da numerosi post[/URL], ciò deriva dall'esigenza tedesca di accelerare la destrutturazione-ristrutturazione delle economie, piegate dal mercantilismo consentito dalle regole liberoscambiste dei trattati UE-UEM, concentrando il potere di emissione di "moneta bancaria", e di finanziamento di ogni azione pubblica o privata, presso un oligopolio ristretto di superbanche, estere rispetto all'Italia. [/FONT]
[FONT="georgia" ]Con [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2015/03/il-chief-degli-eufemismi-il-qe.html"]l'effetto, - già iniziato invero dal QE nella forma attuale[/URL], che determina un indebitamento in euro (non convertibile in altra valuta, eventualmente ridivenuta nazionale) delle banche centrali nazionali verso la BCE-, di spostare progressivamente il rendimento dei titoli pubblici italiani e le condizioni valutarie di restituzione della sorte capitale corrispondente, verso le tasche e le condizioni valutarie dettate dai neo-creditori: siano essi le banche o l'ESM o l'ERF. [/FONT]
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[FONT="georgia" ]a.1.- Con riguardo a questo specifico aspetto, del [B]crollo delle quotazioni azionarie bancarie[/B], ci limitiamo a riportare questo scambio di battute:[/FONT]
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[FONT="georgia" ]b- [B]l'estendersi delle difficoltà del sistema bancario a tutto il quadro mondiale del settore[/B], includendo il caso [B]Deutschebank [/B]che, [URL="http://www.huffingtonpost.it/2016/02/10/deutsche-bank-nella-tempesta-finanziaria_n_9202566.html"]tra smentite e "minimizzazioni"[/URL], preannunzia però che la Germania, nel caso di default di tale istituto, ricorrerebbe senza esitazioni al salvataggio pubblico, ponendo però a rischio, con drasticità, la tenuta del quadro istituzionale della moneta unica.[/FONT]
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[FONT="georgia" ][IMG]http://www.zerohedge.com/sites/default/files/images/user3303/imageroot/2016/02/08/20160209_DB.jpg[/IMG][/FONT]
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[FONT="georgia" ][URL="https://twitter.com/icebergfinanza/status/695858767393587200"]Classifica del grado di leverage delle principali banche europee[/URL]:[/FONT]
[FONT="georgia" ][IMG]https://pbs.twimg.com/media/Cagv3KmXEAIdtYH.jpg:large[/IMG][/FONT]
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[B][FONT="georgia" ][URL="http://vocidallestero.it/2016/02/10/aep-torna-la-paura-sui-mercati-del-credito-europeo/"]AEP: Torna la paura sui mercati del credito europee[/URL][/FONT][/B]

[FONT="georgia" ][I]Di Ambrose Evans-Pritchard, 9 febbraio 2016[/I][/FONT]
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[I][FONT="georgia" ]I problemi di credito del sistema bancario europeo sono improvvisamente diventati enormi e iniziano a pesare sul debito pubblico italiano, spagnolo e portoghese, riattizzando i timori del “circolo vizioso” sovrano che mise in crisi l’Europa quattro anni fa.[/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ][/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ]“La gente è spaventata. Siamo davvero vicini a una crisi creditizia auto-alimentata”. Ha dichiarato Antonio Guglielmi, capo della ricerca bancaria europea presso l’italiana Mediobanca.[/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ][/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ]“Abbiamo un forte sbilanciamento sui mercati del credito. La liquidità è completamente evaporata ed è molto difficile condurre transazioni. Non si trovano gli acquirenti”.[/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ][/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ]Il risultato perverso è che gli investitori stanno vendendo le azioni delle banche per sistemare le proprie posizioni, peggiorando le cose.[/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ][/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ]Marc Ostwald, un esperto di credito presso ADM, ha detto che la terribile novità è che le difficoltà delle banche ha improvvisamente iniziato a pesare sui rendimenti degli stati già in crisi dell’Europa del sud.[/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ][/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ]“Il vortice della disgrazia sta rialzando la testa”, ha detto, riferendosi al circolo vizioso del 2011-2012 quando le banche dell’eurozona e gli stati si erano inguaiati a vicenda in un vortice distruttivo.[/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ][/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ]Questo succede mentre i fondi sovrani del blocco degli esportatori di materie prime e dei mercati emergenti sono costretti a vendere gli asset stranieri a ritmo sostenuto – o per difendere le proprie valute o per coprire le proprie spese pubbliche.[/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ][/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ]Il signor Ostwald ha detto che il fallimento del mese scorso della Banca del Giappone nel suo tentativo di [URL="http://www.telegraph.co.uk/finance/economics/12128832/Bank-of-Japan-slashes-interests-rates-into-negative-territory.html"]far scendere i tassi di interesse in territorio negativo[/URL] ha innescato la crisi, avendo minato la fiducia nei poteri “magici” delle banche centrali. “E’ stata indubbiamente la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ha innescato il panico”.[/FONT][/I]
[FONT="georgia" ][/FONT][/I]

[I][FONT="georgia" ][/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ]Lo spread sui titoli italiani e spagnoli a 10 anni è balzato a quasi 150 punti base rispetto ai Bund, rispetto ai 90 punti della fine dello scorso anno. Lo spread portoghese è balzato a 235 punti mentre il governo di sinistra del paese si scontra con Bruxelles riguardo le politiche di austerity.[/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ][/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ]Anche se questi livelli sono più bassi di quelli tipici delle crisi, stanno però aumentando mentre la BCE compra il debito di questi paesi in grandi quantità con il Quantitative Easing. L’aumento dei rendimenti è l’antipasto di quello che potrebbe accadere se e quando la BCE dovesse fermarsi.[/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ][/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ]Il signor Guglielmi ha detto che una delle cause principali dell’ultima crisi creditizia è l’imposizione del nuovo, duro regime di “bail-in” per i bond delle banche europee senza che elementi cruciali dell’unione bancaria europea sono stati implementati.[/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ][/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ]“I mercati si prendono la rivincita. Sono stati troppo imbrigliati e ora pretendono un agnello sacrificale da parte dei politici”.[/FONT][/I]
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[I][FONT="georgia" ]Così Evans-Pritchard, tradotto da Voci dall'estero:[/FONT][/I]
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[I][FONT="georgia" ]"Il signor Guglielmi ha detto che c’è una paura strisciante tra gli investitori globali che queste misure draconiane di “bail in” possano cristallizzarsi mentre le banche europee affogano in mezzo a 1.000 miliardi di euro di crediti deteriorati. I crediti deteriorati dichiarati sono il 6,4% del totale, in contrasto con il 3% degli USA e il 2,8% del Regno Unito.[/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ][/FONT][/I]
[I][FONT="georgia" ][URL="http://www.telegraph.co.uk/finance/financialcrisis/10024209/Bank-of-Cyprus-executes-depositor-bail-in.html"]La regola del bail-in è stata imposta per la prima volta a Cipro[/URL] a seguito della crisi debitoria dell’isola, togliendo ai debiti delle banche europee il loro stato di pilastri della stabilità finanziaria, e la loro garanzia statale implicita. Il nuovo regime è entrato in vigore per l’intera eurozona a gennaio. Sia i debiti subordinati che quelli “senior” devono ora sostenere il rischio di essere azzerati prima che i contribuenti siano chiamati a contribuire nei salvataggi.[/FONT]

[FONT="georgia" ][/FONT][/I]
[FONT="georgia" ][I][B]Questo meccanismo da una parte ha senso, ma ha deformato pericolosamente la struttura bancaria dell’eurozona. I singoli stati dell’eurozona non possono più facilmente ricapitalizzare il proprio sistema bancario perché ciò infrangerebbe le regole UE sugli aiuti di stato, ma non c’è nessun organismo europeo che possa sostituirli.[/B][/I].."[/FONT]


[FONT="georgia" ]c- se aumentano le prospettive [I]autoalimentate [/I](dalla disciplina €uropea dell'Unione bancaria!), di crisi bancaria diffusa, e dunque, [B]in vista di una qualche forma indispensabile di '"aiuto di Stato" per il salvataggio[/B], - autorizzabile dall'UE a certe rigide condizioni, comunque post tosatura dei conti correnti-, [B]aumentano gli spread[/B], si può arrivare al de-rating del debito pubblico italiano, che [URL="http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/11877763/troika-patrimoniale-matteo-renzi-.html"]sotto la soglia del BBB-, attualmente posseduto, non sarebbe più acquistabile dalla BCE nell'ambito del QE[/URL].[/FONT]
[FONT="georgia" ]Risultato: prima si avrebbe l'attualizzazione di una nuova crisi degli spread e poi, - a causa delle [B]perdite sui corsi dei titol[FONT="georgia" ]i[/FONT] sovrani che inciderebbero sugli attivi delle banche italiane[/B], già messe alla prova dalla devalorizzazione dei crediti "problematici"-,[B] [FONT="georgia" ]seguirebbe inevitabilmente, un'[/FONT]ondata di vendita degli stessi[/B], in una situazione, di rendimenti e di collocabilità del debito, che andrebbe fuori controllo;[/FONT]


[FONT="georgia" ]d) da ciò, l'ulteriore conseguenza che, [B][URL="http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/euro-sberle-premier-cazzone-renzi-scrive-repubblica-dire-118389.htm"]proprio mentre le istituzioni UE si trincerano dietro la non concedibilità all'Italia di ulteriore flessibilità[/URL][/B] nel rientro dei limiti di indebitamento annuale legati al fiscal compact (e alla astratta, ma del tutto velleitaria pretesa che ciò potrebbe far diminuire il rapporto debito/PIL nei limiti previsti dallo stesso fiscal compact), il governo italiano, prima di dover ricorrere al fondo europeo di stabilità finanziaria (ESM, con l'imposizione del consueto memorandum e del trattamento "trojka" già visto per la Grecia), potrebbe essere costretto a imporre una forte patrimoniale (le fonti parlano, forse ottimisticamente, del 2% sull'intera ricchezza privata nazionale). [/FONT]
[FONT="georgia" ]Con [B]effetti depressivi dei consumi, dei prezzi immobiliari, della domanda interna [/B]e, perciò, dell'occupazione, repentini ed immediati ([URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2014/02/tre-uomini-in-barca-renzi-mentana.html"]come abbiamo più volte visto, in funzione della propensione marginale al consumo del risparmio e della ricchezza in genere[/URL])[/FONT]
[FONT="georgia" ]
[/FONT]
[FONT="georgia" ]e) rammentiamo, poi, che [B]se anche non si concretizzasse questa duplice prospettiva[/B], - cioè di aumento verticale degli spread in conseguenza dell'esclusione dal QE e simultanea rigidità di applicazione del fiscal compact, inclusivo della copertura in pareggio di bilancio (!) anche degli interventi di salvataggio bancario-,[URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2016/02/titoli-pubblici-come-risk-weighted.html"] i meccanismi di normazione €uropea in attuale gestazione, guidati dalla Germania[/URL], spingono comunque per una neo-graduazione del rischio dei titoli del debito sovrano detenuti dalle banche; cioè agisce, tale nuova "inevitabile" regolazione, svalutandoli fortemente e portando allo stesso effetto di vendite massicce da parte del sistema bancario nazionale, nonchè al consolidamento di enormi perdite di bilancio (per qualche decina di miliardi) col conseguente ricorso all'ESM, a cui, nella stessa disciplina che si vuole introdurre da parte dei tedeschi, conseguirebbe l'automatico default dello Stato richiedente.[/FONT]
[FONT="georgia" ]E tutto questo, si badi, nasce dal fatto che non esiste alcuna banca centrale che possa svolgere il suo naturale ruolo di prestatore di liquidità di ultima istanza e di tesoriere dello Stato in casi come questi.[/FONT]
[FONT="georgia" ]Tanto che, proprio in mancanza di tale entità monetaria, [URL="http://orizzonte48.blogspot.it/2016/01/lerf-ci-attende-alla-fine-del-qe-e-se.html"]si riattualizzerebbero anche le pulsioni (distruttive per l'Italia) all'introduzione del sistema dell'ERF [/URL]per ridurre a tappe forzate di espropriazione di flussi fiscali e di asset pubblici, l'ammontare del debito pubblico. [/FONT]


[FONT="georgia" ]f) A questo quadro sintetizzato degli aspetti principali della situazione creatasi a seguito della inevitabile evoluzione della disfunzionalità dell'euroarea, e della folle volontà di preservarne AD OGNI COSTO l'esistenza, [B]occorre aggiungere un'altra incombente prospettiva.[/B][/FONT]
[FONT="georgia" ]Infatti, a seguito della [URL="http://www.wallstreetitalia.com/status-di-economia-di-mercato-alla-cina-ecco-perche-e-fondamentale/"]scadenza della clausola eccettuativa del WTO dedicata, nel 2001, alla situazione della Cina, ai fini della liberalizzazione globale degli scambi[/URL], si porrebbe il problema del riconoscimento dello status di economia di mercato della stessa Cina. [/FONT]
[FONT="georgia" ][B]Se la sostanza di questa clausola sia stata rispettata[/B], - cioè se la Cina non sia più configurabile come capitalismo "di Stato" e non pienamente rispondente alle norme concorrenziali, sul piano delle tutele del lavoro, previdenziali e ambientali (tra l'altro, sebbene questo aspetto non stia, per tradizione, particolarmente a cuore in sede WTO)- [B]è oggetto di forti perplessità da parte di USA e Giappone[/B]: [B]l'UE[/B] invece, sarebbe disponibile a tale riconoscimento, ritenendolo un effetto della scadenza automatica della clausola eccettuativa in questione, con la conseguenza che [B]verrebbe meno la possibilità di imporre dazi selettivi sulle merci cinesi e l'applicazione di misure antidumping[/B].[/FONT]
[FONT="georgia" ]L'arrivo di merci a prezzi "competitivi" sul mercato UE,[B] avrebbe un impatto molto forte in termini di occupazione e di sopravvivenza del residuo manifatturiero europeo:[/B] ma, [B]ancora di più andrebbe ad incidere sul nostro sistema industriale [/B](ancora sopravvissuto a austerità e insolvenze), caratterizzato da una rete (un tempo fiorente) di PMI che verrebbe definitivamente disarticolata, precipitando ulteriormente [B]i livelli occupazionali (si parla di un effetto incrementale tra lo 0,9 e l'1,9% della disoccupazione[/B]: ma spero di avere stime attendibili da economisti accreditati...nello studio dell'economia internazionale e nella conoscenza dell'economia cinese).[/FONT]
[FONT="georgia" ][/FONT]


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