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RIFORMA COSTITUZIONALE E FINANZIAMENTO AI PARTITI: IL PATERACCHIO "MINOR" OSCURA LA VERA POSTA IN GIOCO



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1. Torniamo indietro nel tempo - di non molto - per decifrare il "senso delle priorità" della politica italiana.
Si tratta delle priorità che, tra maggioranza e opposizione, si inscrivono tutte, saldamente, all'interno dell'idea (neo)ordoliberista della limitazione del perimetro dello Stato, della riduzione dei "costi della politica", della moralizzazione del costume attuata sui fenomeni estrinseci e suggestivi (casta-corruzione-sprechi-costi della politica), fallendo totalmente di cogliere la sostanza dei problemi:
a) di democrazia sostanziale (costituzionale, in senso proprio e non solo legato alle alchimie organizzative e elettoral-istituzionali);
b) di equilibrio e crescita economica effettivi;
c) di corretta distribuzione dei redditi in attuazione dei principi inderogabili della Costituzione.
Tralasciamo (per ora) la questione della riforma costituzionale: anche se qualcuno vincesse la paura di andare a elezioni anticipate (per NON essere poi rieletto), e impedisse il formarsi della maggioranza in Senato, dalle posizioni variamente espresse sui giornali (da anni), lo farebbe per le ragioni sbagliate. Nessuna coscienza della "vera posta in gioco" coinvolta nella detta riforma.
Quindi tralasciamo: i costituzionalisti qualche "cosina" l'avevano detta e, a quanto pare, oltre a ricevere qualche insulto, non se li è filati nessuno.


2. Parliamo invece del finanziamento pubblico ai partiti.
Rammentiamo il clou della "riforma" (attuata per decreto legge!!!) del 2014:
"Giovedì 20 febbraio (2014) la Camera ha approvato definitivamente la conversione del decreto legge che abolisce il finanziamento pubblico ai partiti. L’abolizione non avverrà subito, ma nell’arco di tre anni, e il finanziamento pubblico sarà sostituito, come riassume il sito della Camera, da un «un sistema di finanziamento basato sulle detrazioni fiscali delle donazioni private e sulla destinazione volontaria del due per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche»
...Il finanziamento pubblico – che formalmente è un “rimborso elettorale”, ma ci torniamo – viene abolito, anche se non immediatamente. Nel 2014 i fondi erogati ai partiti saranno tagliati del 25 per cento, nel 2015 del 50 per cento e nel 2016 del 75 per cento. Dal 2017 questo tipo di finanziamenti diretti dello Stato, in forma di rimborsi, saranno completamente aboliti.".


3. Ora, l'inevitabile contraddizione nasce dal regime diciamo transitorio o "ponte" che fa parzialmente sopravvivere il vecchio regime in attesa del nuovo.
Il principio è semplice: da un pateracchio "maior" consegue un pateracchio "minor" (perfetto sillogismo) passando per l'applicazione di un inferenza scontata (cioè, "il consenso si conquista, ormai, cavalcando la tigre livorosa"): il finanziamento, immorale o meno, è indispensabile per far tirare avanti partiti e loro strutture fintanto che non si realizza il modello "finale" (dopo il 2017? Vedremo...), che vuole orgogliosamente riprodurre il modello USA.


4. Essendo in atto la manifestazione del "pateracchio" minor, i più convinti assertori della purezza (statunitense), hanno buon gioco a evidenziarne la furberia. Ecco qui (dall'inevitabile fonte neo-ordoliberista, più o meno a sua insaputa):
"La Casta colpisce ancora. E si fa la sanatoria con 319 sì e 88 contrari. In barba alle delibere adottate dagli Uffici di presidenza di Camera e Senato che, tra la fine di luglio e l’inizio di agosto, avevano “congelato” l’erogazione della tranche del finanziamento pubblico che i partiti avrebbero dovuto incassare prima della pausa estiva. Avrebbero, appunto. Perché due mesi fa la commissione che si occupa del controllo dei bilanci- istituita dalla legge del governo Letta che elimina progressivamente il finanziamento fino all’azzeramento nel 2017 – si era dichiarata impossibilitata a svolgere le dovute verifiche sui bilanci 2013 e 2014 per mancanza di personale.

Ecco dunque l’ennesimo colpo di spugna: un emendamento presentato dai deputati Sergio Boccadutri e Teresa Piccione (Pd), già approvato in commissione e quindi parte del testo approdato in Aula, che permette alle diverse forze che siedono in Parlamento – ad eccezione del Movimento 5 Stelle, che ha rinunciato – di spartirsi una torta complessiva di 45,5 milioni senza alcun controllo sui bilanci. La legge ora, per il via libera definitivo, dovrà passare all’esame del Senato ma ha già provocato la reazione dei grillini, che poco prima della votazione finale hanno sventolato in aula banconote finte da 500 euro, in segno di protesta."


5. Certo, se il "regime-ponte" prevede la rendicontazione delle spese come fondamento dell'erogazione delle tranches di finanziamento pubblico "a esaurimento", e dunque bilanci trasparenti che giustifichino i "rimborsi" per le spese elettorali in termini di corrispondenza effettiva, poi non bisogna aggirare tale principio, vanificando il relativo sistema di controllo.
Non ci piove.


Ma il problema è un po' come quello della corruzione: ci si lancia a testa bassa contro la sua forma più "rudimentale", vistosa, ma tutto sommato meno dannosa - rispetto all'appropriazione su larghissima scala delle risorse e della ricchezza pubblica, promossa dal liberismo anti-Stato (che stila le classifiche internazionali della corruzione in base alle "impressioni" dei...corruttori)-, e ci si dimentica della traiettoria, ben peggiore cui si va incontro: in termini di risultati del paradigma del finanziamento "libero" e privatizzato delle formazioni politiche.


6. Rammentiamo "plasticamente" quanto detto sul sistema USA di finanziamento delle campagne elettorali e dei partiti in generale.
Ecco la fenomenologia, illustrata da Riccardo Seremedi in Flags of our Fathers -3, per quanto riguarda gli USA (cioè il modello finale "virtuoso":
"La cronica assenza del voto pluriclasse nelle elezioni americane
Storicamente, gli Stati Uniti hanno una delle percentuali di affluenza al voto più basse tra le democrazie del mondo e per le elezioni presidenziali del 2004 - secondo i dati del “US Census Bureau” - su 197 milioni di adulti in età di voto solo il 72% si era registrato e l'affluenza alle urne aveva interessato solo poco più del 60% dei cittadini adulti.
E' del tutto evidente che in una nazione dove la potenziale base elettorale viene erosa alla fonte dall'esclusione di persone non iscritte alle liste elettorali, dove le principali minoranze “colored” e “latinos” vengono fortemente penalizzate da decisioni poco comprensibili – come l'annullamento della sezione 4 del “Voting Rights Act” - (http://www.thepostinternazionale.it/mondo/stati-uniti/il-voto-delle-minoranze) e da un contesto sociale che le vede ancora emarginate, dove una fisiologica percentuale di astensionismo contribuisce ad ingrossare le fila dei non-votanti, è evidente – dicevamo – che si avrà una ristretta partecipazione alla costruzione dell'assetto politico nazionale, con la progressiva cristalizzazione di segmenti sociali ben definiti; si osserverà pertanto una limitata presenza pluriclasse, in quanto coloro che si recheranno alle urne tenderanno ad essere la parte più anziana, più istruita e più benestante della popolazione: per fare un esempio, va a votare l'81% di chi guadagna più di 100.000 dollari l'anno, mentre la percentuale scende al 48% tra chi è sotto i 20.000 dollari (dati elezioni 2004).
...
Pecunia non olet – Obama&Wall Street: a love affair
Le campagne elettorali americane necessitano notoriamente di grandi risorse finanziarie, ed è impensabile giungere alla sfida decisiva, e vincerla, senza avere alle spalle il consenso e la potenza di fuoco dei grandi monopolisti di Wall Street , considerando che all'epoca Obama raccolse la cifrastratosferica di 778.642 milioni di dollari (), la più alta di sempre.
Per giustificare quella messe di denaro e non intaccarne l'immagine di outsider estraneo al “sistema”, media sussidiati, supporters ed entourage obamiano sottolinearono che lo straordinario successo era dovuto alla campagna di “fund-raising” (raccolta fondi) che aveva visto protagoniste centinaia di migliaia di persone comuni donare piccole somme attraverso internet, un racconto suggestivo e di forte presa emotiva ma lontano dalla realtà: lo studio redatto dal “Campaign Finance Institute”- un gruppo indipendente - ha rilevato che la percentuale delle piccole donazioni fino a 200 dollari (o meno) oscillava tra il 24% e il 26% del totale, lo stesso range (25%) che ottenne Bush nel 2004.
https://www.blogger.com/nullMichael J. Malbin - direttore esecutivo dell'istituto – ha dichiarato in un comunicato: “Il mito è che i soldi dei piccoli donatori hanno dominato le finanze di Barack Obama (…) la realtà della raccolta fondi di Obama è stata impressionante, ma la realtà non corrisponde al mitohttps://www.blogger.com/null; sempre secondo codesto studio, Obama ha ricevuto circa l'80% del denaro dai grandi donatori, definiti come coloro che hanno dato 1.000 dollari o più, piuttosto che dai piccoli.
Diversi mesi prima della vittoria alle presidenziali, Reuters scriveva cheWall Street puts its money behind Obama” , illustrando icasticamente quanto scritto poco sopra ; del resto basta scorrere la lista dei “top contributors” per rendersi conto che i maggiori finanziatori di Obama sono proprio le multinazionali e le big banks , una realtà fattuale che cozza con l'immagine di fustigatore che Obama cerca di proiettare in pubblico,attaccandole banche mentre rastrella i quattrini a Wall Street”.



7. Ma non sono finite le implicazioni che, se volessimo mantenere una democrazia effettiva (e non idraulica, simulata e sondaggistica), dovremmo temere e su cui nessuno, ma proprio nessuno dei partiti in parlamento, pare essere "cosciente":
"Il caso Grecia, in termini di visibilità "estrema", e anche quello italiano, altrettanto visibile ma occultato dal sistema della "grancassa mediatica" pro-oligarchica, ci riportano al plateale fenomeno di inutili o quantomeno "stanche" consultazioni elettorali, in costanza di un alto astensionismo, correlato alla constatazione della invariabilità delle politiche che qualunque maggioranza uscita dalle urne sarebbe scontatamente "vincolata" a perseguire.




Negli USA ciò è stato anticipato, (rispetto all'Europa, sia pure con differenti capacità di adeguamento in ciascun paese), quasi allo "stato puro", dagli effetti dell'apertura dei mercati dei capitali - e dal conseguente paradigma dei vantaggi comparati che portava alla intensa delocalizzazione del manifatturiero esposto alla concorrenza asiatica, a cavallo fra gli anni '70 e '80: Galbraith ci parla apertamente della connessione tra ciò e l'istituzionalizzazione delle politiche monetariste anti-inflattive, che si è riflessa nella rottura della forza dei sindacati a fronte del dissolvimento del legame tra territorio e industria.

Ciò ha provocato, a sua volta, la progressiva e insesorabile sconnessione tra il partito Labor americano, cioè (tendenzialmente) quello democratico, e il supporto elettorale-finanziario apprestato dal fronte sindacale.




...Una volta che la competizione elettorale sia affidata alla esclusiva "via mediatica" a pagamento, ogni forza politica finisce per essere rappresentativa dei soli interessi di coloro che sono in grado, sul "libero mercato", di finanziare adeguatamente le campagne elettorali.

Ne è conseguita, - come effetto a catena della dissoluzione della capacità autorappresentativa della forza lavoro e di ogni altra componente sociale e produttiva non legata alla grande impresa finanziarizzata, (connessa all'indebolimento industriale-manifatturiero) -, la tendenziale coincidenza degli interessi "principali", cioè dei c.d. stakeholders, sottostanti a qualunque forza politica in grado di raccogliere (mediaticamente) il consenso a livelli sufficienti per governare.

Insomma, le differenze tra i "maggiori" partiti, (solo apparentemente in competizione), sfumano fino a divenire, per capture irreversibile da parte delle stesse forze oligarchiche, irrilevanti."

8. Saltiamo qualche passaggio e andiamo al "dunque" del perchè, parlare oggi, nell'eurozona, e in regime di pareggio di bilancio, di finanziamento privatizzato e non pubblico dei partiti, rappresenti una sensibile accelerazione della destrutturazione della democrazia costituzionale.
Chi poteva capire ha capito, chi non voleva capire, non capirà mai.
Ma lo ripetiamo lo stesso:
"Il problema dunque è l'intero paradigma che si accompagna, inevitabilmente e fin dall'inizio, cioè programmaticamente, alla moneta unica.
Nei suoi esiti finali, si tratta della deindustrializzazione ("competitiva" cioè spalmata sui paesi più deboli per imposizione del contenuto stesso del trattato, inevitabilmente congeniale ai paesi più "forti") e del suo riflesso sulla struttura politico-sociale del paese, prima ancora che su quella economica. Riportiamo il passaggio di Rodrik perchè ci pare riassumere perfettamente il fenomeno in tutte queste implicazioni:
"Le conseguenze politiche di una prematura deindustrializzazione sono più sottili, ma possono essere più significative.

I partiti politici di massa sono stati tradizionalmente un sotto-prodotto dell'industrializzazione. La politica risulta molto diversa quando la produzione urbana è organizzata in larga parte intorno all'informalità, una serie diffusa di piccole imprese e servizi trascurabili.

Gli interessi condivisi all'interno della non-elite sono più ardui da definire, l'organizzazione politica fronteggia ostacoli maggiori, e le identità personalistiche ed etniche dominano a scapito della solidarietà di classe.




Le elites non hanno di fronte attori politici che possano reclamare di rappresentare le non-elites e perciò assumere impegni vincolanti per conto di esse.

Inoltre, le elites possono ben preferire - e ne hanno l'attitudine- di dividere e comandare, perseguendo populismo e politiche clientelari, giocando a porre un segmento di non elite contro l'altro.

Senza la disciplina e il coordinamento che fornisce una forza di lavoro organizzata, il negoziato tra l'elite e la non elite, necessario per la transizione e il consolidamento democratico, hanno meno probabilità di verificarsi.
...Questo passaggio ci porta ad approfondire due aspetti, che rinviano a ragionamenti che abbiamo già in parte svolto:
a) Il primo è questo: se gli interessi condivisi all'interno della non-elite sono più ardui da definire (proprio per il venire meno di quel motore dei partiti di massa che è la industrializzazione manifatturiera legata al territorio), la non-rappresentatività di qualsiasi forza politica rispetto alla maggioranza schiacciante della non-elite, conduce all'astensionismo.
E l'astensionismo è la condizione "ideale" di svolgimento delle politiche liberiste, persino più di quelle perseguite da una dittatura oligarchica.


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Pubblicato da Quarantotto a 11:52 3 commenti: Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest









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RIFORMA COSTITUZIONALE E FINANZIAMENTO AI PARTITI: IL PATERACCHIO "MINOR" OSCURA LA VERA POSTA IN GIOCO



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1. Torniamo indietro nel tempo - di non molto - per decifrare il "senso delle priorità" della politica italiana.
Si tratta delle priorità che, tra maggioranza e opposizione, si inscrivono tutte, saldamente, all'interno dell'idea (neo)ordoliberista della limitazione del perimetro dello Stato, della riduzione dei "costi della politica", della moralizzazione del costume attuata sui fenomeni estrinseci e suggestivi (casta-corruzione-sprechi-costi della politica), fallendo totalmente di cogliere la sostanza dei problemi:
a) di democrazia sostanziale (costituzionale, in senso proprio e non solo legato alle alchimie organizzative e elettoral-istituzionali);
b) di equilibrio e crescita economica effettivi;
c) di corretta distribuzione dei redditi in attuazione dei principi inderogabili della Costituzione.
Tralasciamo (per ora) la questione della riforma costituzionale: anche se qualcuno vincesse la paura di andare a elezioni anticipate (per NON essere poi rieletto), e impedisse il formarsi della maggioranza in Senato, dalle posizioni variamente espresse sui giornali (da anni), lo farebbe per le ragioni sbagliate. Nessuna coscienza della "vera posta in gioco" coinvolta nella detta riforma.
Quindi tralasciamo: i costituzionalisti qualche "cosina" l'avevano detta e, a quanto pare, oltre a ricevere qualche insulto, non se li è filati nessuno.


2. Parliamo invece del finanziamento pubblico ai partiti.
Rammentiamo il clou della "riforma" (attuata per decreto legge!!!) del 2014:
"Giovedì 20 febbraio (2014) la Camera ha approvato definitivamente la conversione del decreto legge che abolisce il finanziamento pubblico ai partiti. L’abolizione non avverrà subito, ma nell’arco di tre anni, e il finanziamento pubblico sarà sostituito, come riassume il sito della Camera, da un «un sistema di finanziamento basato sulle detrazioni fiscali delle donazioni private e sulla destinazione volontaria del due per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche»
...Il finanziamento pubblico – che formalmente è un “rimborso elettorale”, ma ci torniamo – viene abolito, anche se non immediatamente. Nel 2014 i fondi erogati ai partiti saranno tagliati del 25 per cento, nel 2015 del 50 per cento e nel 2016 del 75 per cento. Dal 2017 questo tipo di finanziamenti diretti dello Stato, in forma di rimborsi, saranno completamente aboliti.".


3. Ora, l'inevitabile contraddizione nasce dal regime diciamo transitorio o "ponte" che fa parzialmente sopravvivere il vecchio regime in attesa del nuovo.
Il principio è semplice: da un pateracchio "maior" consegue un pateracchio "minor" (perfetto sillogismo) passando per l'applicazione di un inferenza scontata (cioè, "il consenso si conquista, ormai, cavalcando la tigre livorosa"): il finanziamento, immorale o meno, è indispensabile per far tirare avanti partiti e loro strutture fintanto che non si realizza il modello "finale" (dopo il 2017? Vedremo...), che vuole orgogliosamente riprodurre il modello USA.


4. Essendo in atto la manifestazione del "pateracchio" minor, i più convinti assertori della purezza (statunitense), hanno buon gioco a evidenziarne la furberia. Ecco qui (dall'inevitabile fonte neo-ordoliberista, più o meno a sua insaputa):
"La Casta colpisce ancora. E si fa la sanatoria con 319 sì e 88 contrari. In barba alle delibere adottate dagli Uffici di presidenza di Camera e Senato che, tra la fine di luglio e l’inizio di agosto, avevano “congelato” l’erogazione della tranche del finanziamento pubblico che i partiti avrebbero dovuto incassare prima della pausa estiva. Avrebbero, appunto. Perché due mesi fa la commissione che si occupa del controllo dei bilanci- istituita dalla legge del governo Letta che elimina progressivamente il finanziamento fino all’azzeramento nel 2017 – si era dichiarata impossibilitata a svolgere le dovute verifiche sui bilanci 2013 e 2014 per mancanza di personale.

Ecco dunque l’ennesimo colpo di spugna: un emendamento presentato dai deputati Sergio Boccadutri e Teresa Piccione (Pd), già approvato in commissione e quindi parte del testo approdato in Aula, che permette alle diverse forze che siedono in Parlamento – ad eccezione del Movimento 5 Stelle, che ha rinunciato – di spartirsi una torta complessiva di 45,5 milioni senza alcun controllo sui bilanci. La legge ora, per il via libera definitivo, dovrà passare all’esame del Senato ma ha già provocato la reazione dei grillini, che poco prima della votazione finale hanno sventolato in aula banconote finte da 500 euro, in segno di protesta."


5. Certo, se il "regime-ponte" prevede la rendicontazione delle spese come fondamento dell'erogazione delle tranches di finanziamento pubblico "a esaurimento", e dunque bilanci trasparenti che giustifichino i "rimborsi" per le spese elettorali in termini di corrispondenza effettiva, poi non bisogna aggirare tale principio, vanificando il relativo sistema di controllo.
Non ci piove.


Ma il problema è un po' come quello della corruzione: ci si lancia a testa bassa contro la sua forma più "rudimentale", vistosa, ma tutto sommato meno dannosa - rispetto all'appropriazione su larghissima scala delle risorse e della ricchezza pubblica, promossa dal liberismo anti-Stato (che stila le classifiche internazionali della corruzione in base alle "impressioni" dei...corruttori)-, e ci si dimentica della traiettoria, ben peggiore cui si va incontro: in termini di risultati del paradigma del finanziamento "libero" e privatizzato delle formazioni politiche.


6. Rammentiamo "plasticamente" quanto detto sul sistema USA di finanziamento delle campagne elettorali e dei partiti in generale.
Ecco la fenomenologia, illustrata da Riccardo Seremedi in Flags of our Fathers -3, per quanto riguarda gli USA (cioè il modello finale "virtuoso":
"La cronica assenza del voto pluriclasse nelle elezioni americane
Storicamente, gli Stati Uniti hanno una delle percentuali di affluenza al voto più basse tra le democrazie del mondo e per le elezioni presidenziali del 2004 - secondo i dati del “US Census Bureau” - su 197 milioni di adulti in età di voto solo il 72% si era registrato e l'affluenza alle urne aveva interessato solo poco più del 60% dei cittadini adulti.
E' del tutto evidente che in una nazione dove la potenziale base elettorale viene erosa alla fonte dall'esclusione di persone non iscritte alle liste elettorali, dove le principali minoranze “colored” e “latinos” vengono fortemente penalizzate da decisioni poco comprensibili – come l'annullamento della sezione 4 del “Voting Rights Act” - (http://www.thepostinternazionale.it/mondo/stati-uniti/il-voto-delle-minoranze) e da un contesto sociale che le vede ancora emarginate, dove una fisiologica percentuale di astensionismo contribuisce ad ingrossare le fila dei non-votanti, è evidente – dicevamo – che si avrà una ristretta partecipazione alla costruzione dell'assetto politico nazionale, con la progressiva cristalizzazione di segmenti sociali ben definiti; si osserverà pertanto una limitata presenza pluriclasse, in quanto coloro che si recheranno alle urne tenderanno ad essere la parte più anziana, più istruita e più benestante della popolazione: per fare un esempio, va a votare l'81% di chi guadagna più di 100.000 dollari l'anno, mentre la percentuale scende al 48% tra chi è sotto i 20.000 dollari (dati elezioni 2004).
...
Pecunia non olet – Obama&Wall Street: a love affair
Le campagne elettorali americane necessitano notoriamente di grandi risorse finanziarie, ed è impensabile giungere alla sfida decisiva, e vincerla, senza avere alle spalle il consenso e la potenza di fuoco dei grandi monopolisti di Wall Street , considerando che all'epoca Obama raccolse la cifrastratosferica di 778.642 milioni di dollari (), la più alta di sempre.
Per giustificare quella messe di denaro e non intaccarne l'immagine di outsider estraneo al “sistema”, media sussidiati, supporters ed entourage obamiano sottolinearono che lo straordinario successo era dovuto alla campagna di “fund-raising” (raccolta fondi) che aveva visto protagoniste centinaia di migliaia di persone comuni donare piccole somme attraverso internet, un racconto suggestivo e di forte presa emotiva ma lontano dalla realtà: lo studio redatto dal “Campaign Finance Institute”- un gruppo indipendente - ha rilevato che la percentuale delle piccole donazioni fino a 200 dollari (o meno) oscillava tra il 24% e il 26% del totale, lo stesso range (25%) che ottenne Bush nel 2004.
https://www.blogger.com/nullMichael J. Malbin - direttore esecutivo dell'istituto – ha dichiarato in un comunicato: “Il mito è che i soldi dei piccoli donatori hanno dominato le finanze di Barack Obama (…) la realtà della raccolta fondi di Obama è stata impressionante, ma la realtà non corrisponde al mitohttps://www.blogger.com/null; sempre secondo codesto studio, Obama ha ricevuto circa l'80% del denaro dai grandi donatori, definiti come coloro che hanno dato 1.000 dollari o più, piuttosto che dai piccoli.
Diversi mesi prima della vittoria alle presidenziali, Reuters scriveva cheWall Street puts its money behind Obama” , illustrando icasticamente quanto scritto poco sopra ; del resto basta scorrere la lista dei “top contributors” per rendersi conto che i maggiori finanziatori di Obama sono proprio le multinazionali e le big banks , una realtà fattuale che cozza con l'immagine di fustigatore che Obama cerca di proiettare in pubblico,attaccandole banche mentre rastrella i quattrini a Wall Street”.



7. Ma non sono finite le implicazioni che, se volessimo mantenere una democrazia effettiva (e non idraulica, simulata e sondaggistica), dovremmo temere e su cui nessuno, ma proprio nessuno dei partiti in parlamento, pare essere "cosciente":
"Il caso Grecia, in termini di visibilità "estrema", e anche quello italiano, altrettanto visibile ma occultato dal sistema della "grancassa mediatica" pro-oligarchica, ci riportano al plateale fenomeno di inutili o quantomeno "stanche" consultazioni elettorali, in costanza di un alto astensionismo, correlato alla constatazione della invariabilità delle politiche che qualunque maggioranza uscita dalle urne sarebbe scontatamente "vincolata" a perseguire.




Negli USA ciò è stato anticipato, (rispetto all'Europa, sia pure con differenti capacità di adeguamento in ciascun paese), quasi allo "stato puro", dagli effetti dell'apertura dei mercati dei capitali - e dal conseguente paradigma dei vantaggi comparati che portava alla intensa delocalizzazione del manifatturiero esposto alla concorrenza asiatica, a cavallo fra gli anni '70 e '80: Galbraith ci parla apertamente della connessione tra ciò e l'istituzionalizzazione delle politiche monetariste anti-inflattive, che si è riflessa nella rottura della forza dei sindacati a fronte del dissolvimento del legame tra territorio e industria.

Ciò ha provocato, a sua volta, la progressiva e insesorabile sconnessione tra il partito Labor americano, cioè (tendenzialmente) quello democratico, e il supporto elettorale-finanziario apprestato dal fronte sindacale.




...Una volta che la competizione elettorale sia affidata alla esclusiva "via mediatica" a pagamento, ogni forza politica finisce per essere rappresentativa dei soli interessi di coloro che sono in grado, sul "libero mercato", di finanziare adeguatamente le campagne elettorali.

Ne è conseguita, - come effetto a catena della dissoluzione della capacità autorappresentativa della forza lavoro e di ogni altra componente sociale e produttiva non legata alla grande impresa finanziarizzata, (connessa all'indebolimento industriale-manifatturiero) -, la tendenziale coincidenza degli interessi "principali", cioè dei c.d. stakeholders, sottostanti a qualunque forza politica in grado di raccogliere (mediaticamente) il consenso a livelli sufficienti per governare.

Insomma, le differenze tra i "maggiori" partiti, (solo apparentemente in competizione), sfumano fino a divenire, per capture irreversibile da parte delle stesse forze oligarchiche, irrilevanti."

8. Saltiamo qualche passaggio e andiamo al "dunque" del perchè, parlare oggi, nell'eurozona, e in regime di pareggio di bilancio, di finanziamento privatizzato e non pubblico dei partiti, rappresenti una sensibile accelerazione della destrutturazione della democrazia costituzionale.
Chi poteva capire ha capito, chi non voleva capire, non capirà mai.
Ma lo ripetiamo lo stesso:
"Il problema dunque è l'intero paradigma che si accompagna, inevitabilmente e fin dall'inizio, cioè programmaticamente, alla moneta unica.
Nei suoi esiti finali, si tratta della deindustrializzazione ("competitiva" cioè spalmata sui paesi più deboli per imposizione del contenuto stesso del trattato, inevitabilmente congeniale ai paesi più "forti") e del suo riflesso sulla struttura politico-sociale del paese, prima ancora che su quella economica. Riportiamo il passaggio di Rodrik perchè ci pare riassumere perfettamente il fenomeno in tutte queste implicazioni:
"Le conseguenze politiche di una prematura deindustrializzazione sono più sottili, ma possono essere più significative.

I partiti politici di massa sono stati tradizionalmente un sotto-prodotto dell'industrializzazione. La politica risulta molto diversa quando la produzione urbana è organizzata in larga parte intorno all'informalità, una serie diffusa di piccole imprese e servizi trascurabili.

Gli interessi condivisi all'interno della non-elite sono più ardui da definire, l'organizzazione politica fronteggia ostacoli maggiori, e le identità personalistiche ed etniche dominano a scapito della solidarietà di classe.




Le elites non hanno di fronte attori politici che possano reclamare di rappresentare le non-elites e perciò assumere impegni vincolanti per conto di esse.

Inoltre, le elites possono ben preferire - e ne hanno l'attitudine- di dividere e comandare, perseguendo populismo e politiche clientelari, giocando a porre un segmento di non elite contro l'altro.

Senza la disciplina e il coordinamento che fornisce una forza di lavoro organizzata, il negoziato tra l'elite e la non elite, necessario per la transizione e il consolidamento democratico, hanno meno probabilità di verificarsi.
...Questo passaggio ci porta ad approfondire due aspetti, che rinviano a ragionamenti che abbiamo già in parte svolto:
a) Il primo è questo: se gli interessi condivisi all'interno della non-elite sono più ardui da definire (proprio per il venire meno di quel motore dei partiti di massa che è la industrializzazione manifatturiera legata al territorio), la non-rappresentatività di qualsiasi forza politica rispetto alla maggioranza schiacciante della non-elite, conduce all'astensionismo.
E l'astensionismo è la condizione "ideale" di svolgimento delle politiche liberiste, persino più di quelle perseguite da una dittatura oligarchica.


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Pubblicato da Quarantotto a 11:52 3 commenti: Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest









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Forumer storico
Il piano Kalergi: il genocidio dei popoli europei

11 dicembre 2012 | Posted in EVIDENZA | Comments: 149





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di Riccardo Percivaldi

L’immigrazione di massa è un fenomeno le cui cause sono tutt’oggi abilmente celate dal Sistema e che la propaganda multietnica si sforza falsamente di rappresentare come inevitabile. Con questo articolo intendiamo dimostrare una volta per tutte che non si tratta di un fenomeno spontaneo. Ciò che si vorrebbe far apparire come un frutto ineluttabile della storia è in realtà un piano studiato a tavolino e preparato da decenni per distruggere completamente il volto del Vecchio continente.
LA PANEUROPA
Pochi sanno che uno dei principali ideatori del processo d’integrazione europea fu anche colui che pianificò il genocidio programmato dei popoli europei. Si tratta di un oscuro personaggio di cui la massa ignora l’esistenza, ma che i potenti considerano come il padre fondatore dell’Unione Europea. Il suo nome è Richard Coudenhove Kalergi. Egli muovendosi dietro le quinte, lontano dai riflettori, riuscì ad attrarre nelle sue trame i più importanti capi di stato, che si fecero sostenitori e promotori del suo progetto di unificazione europea.[1]
Nel 1922 fonda a Vienna il movimento “Paneuropa” che mira all’instaurazione di un Nuovo Ordine Mondiale basato su una Federazione di Nazioni guidata dagli Stati Uniti. L’unificazione europea avrebbe costituito il primo passo verso un unico Governo Mondiale.
Con l’ascesa dei fascismi in Europa, il Piano subisce una battuta d’arresto, e l’unione Paneuropea è costretta a sciogliersi, ma dopo la Seconda Guerra Mondiale Kalergi, grazie ad una frenetica e instancabile attività, nonché all’appoggio di Winston Churchill, della loggia massonica B’nai B’rith e di importanti quotidiani come il New York Times, riesce a far accettare il suo progetto al Governo degli Stati Uniti.

L’ESSENZA DEL PIANO KALERGI
Nel suo libro «Praktischer Idealismus», Kalergi dichiara che gli abitanti dei futuri “Stati Uniti d’Europa” non saranno i popoli originali del Vecchio continente, bensì una sorta di subumanità resa bestiale dalla mescolanza razziale. Egli afferma senza mezzi termini che è necessario incrociare i popoli europei con razze asiatiche e di colore, per creare un gregge multietnico senza qualità e facilmente dominabile dall’elite al potere.​
«L’uomo del futuro sarà di sangue misto. La razza futura eurasiatica-negroide, estremamente simile agli antichi egiziani, sostituirà la molteplicità dei popoli, con una molteplicità di personalità. [2]​
Ecco come Gerd Honsik descrive l’essenza del Piano Kalergi​
Kalergi proclama l’abolizione del diritto di autodeterminazione dei popoli e, successivamente, l’eliminazione delle nazioni per mezzo dei movimenti etnici separatisti o l’immigrazione allogena di massa. Affinchè l’Europa sia dominabile dall‘elite, pretende di trasformare i popoli omogenei in una razza mescolata di bianchi, negri e asiatici. A questi meticci egli attribuisce crudeltà, infedeltà e altre caratteristiche che, secondo lui, devono essere create coscientemente perché sono indispensabili per conseguire la superiorità dell‘elite.
Eliminando per prima la democrazia, ossia il governo del popolo, e poi il popolo medesimo attraverso la mescolanza razziale, la razza bianca deve essere sostituita da una razza meticcia facilmente dominabile. Abolendo il principio dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge e evitando qualunque critica alle minoranze con leggi straordinarie che le proteggano, si riuscirà a reprimere la massa.
I politici del suo tempo diedero ascolto a Kalergi, le potenze occidentali si basarono sul suo piano e le banche, la stampa e i servizi segreti americani finanziarono i suoi progetti. I capi della politica europea sanno bene che è lui l’autore di questa Europa che si dirige a Bruxelles e a Maastricht. Kalergi, sconosciuto all’opinione pubblica, nelle classi di storia e tra i deputati è considerato come il padre di Maastricht e del multiculturalismo.
La novità del suo piano non è che accetta il genocidio come mezzo per raggiungere il potere, ma che pretende creare dei subumani, i quali grazie alle loro caratteristiche negative come l’incapacità e l’instabilità, garantiscano la tolleranza e l’accettazione di quella “razza nobile”. [3]​
DA KALERGI AI NOSTRI GIORNI
Benché nessun libro di scuola parli di Kalergi, le sue idee sono rimaste i principi ispiratori dell’odierna Unione Europea. La convinzione che i popoli d’Europa debbano essere mescolati con negri e asiatici per distruggerne l’identità e creare un’unica razza meticcia, sta alla base di tutte le politiche comunitarie volte all’integrazione e alla tutela delle minoranze. Non si tratta di principi umanitari, ma di direttive emanate con spietata determinazione per realizzare il più grande genocidio della storia.
In suo onore è stato istituito il premio europeo Coudenhove-Kalergi che ogni due anni premia gli europeisti che si sono maggiormente distinti nel perseguire il suo piano criminale. Tra di loro troviamo nomi del calibro di Angela Merkel o Herman Van Rompuy.
La Società Europea Coudenhove-Kalergi ha assegnato alla Cancelliera Federale Angela Merkel il Premio europeo nel 2010

Il 16 novembre 2012 è stato conferito al presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy il premio europeo Coudenhove-Kalergi 2012 durante un convegno speciale svoltosi a Vienna per celebrare i novant’anni del movimento paneuropeo. Alla sue spalle compare il simbolo dell’unione paneuropea: una croce rossa che sovrasta il sole dorato, simbolo che era stato l’insegna dei Rosacroce.

L’incitamento al genocidio è anche alla base dei costanti inviti dell’ONU ad accogliere milioni di immigrati per compensare la bassa natalità europea. Secondo un rapporto diffuso all’inizio del nuovo millennio, gennaio 2000, nel rapporto della “Population division” (Divisione per la popolazione) delle Nazioni Unite a New York, intitolato: “Migrazioni di ricambio: una soluzione per le popolazioni in declino e invecchiamento, l’Europa avrebbe bisogno entro il 2025 di 159 milioni di immigrati. Ci si chiede come sarebbe possibile fare stime così precise se l’immigrazione non fosse un piano studiato a tavolino. È certo infatti che la bassa natalità di per sé potrebbe essere facilmente invertita con idonei provvedimenti di sostegno alle famiglie. È altrettanto evidente che non è attraverso l’apporto di un patrimonio genetico diverso che si protegge il patrimonio genetico europeo, ma che così facendo se ne accelera la scomparsa. L’unico scopo di queste misure è dunque quello di snaturare completamente un popolo, trasformarlo in un insieme di individui senza più alcuna coesione etnica, storica e culturale. In breve, le tesi del Piano Kalergi hanno costituito e costituiscono tutt’oggi il fondamento delle politiche ufficiali dei governi volte al genocidio dei popoli europei attraverso l‘immigrazione di massa. G. Brock Chisholm, ex direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dimosta di avere imparato bene la lezione di Kalergi quando afferma:
«Ciò che in tutti i luoghi la gente deve fare è praticare la limitazione delle nascite e i matrimoni misti (tra razze differenti), e ciò in vista di creare una sola razza in un mondo unico dipendente da un’autorità centrale» [4]​
CONCLUSIONE
Se ci guardiamo attorno il piano Kalergi sembra essersi pienamente realizzato. Siamo di fronte ad una vera terzomondializzazione dell’Europa. L’assioma portante della “Nuova civiltà” sostenuta dagli evangelizzatori del Verbo multiculturale, è l’adesione all’incrocio etnico forzato. Gli europei sono naufragati nel meticciato, sommersi da orde di immigrati afro-asiatici. La piaga dei matrimoni misti produce ogni anno migliaia di nuovi individui di razza mista: i “figli di Kalergi”. Sotto la duplice spinta della disinformazione e del rimbecillimento umanitario operato dai mezzi di comunicazione di massa si è insegnato agli europei a rinnegare le proprie origini, a disconoscere la propria identità etnica.
I sostenitori della Globalizzazione si sforzano di convincerci che rinunciare alla nostra identità è un atto progressista e umanitario, che il “razzismo” è sbagliato, ma solo perché vorrebbero farci diventare tutti come ciechi consumatori. È più che mai necessario in questi tempi reagire alle menzogne del Sistema, ridestare lo spirito di ribellione negli europei. Occorre mettere sotto gli occhi di tutti il fatto che l’integrazione equivale a un genocidio. Non abbiamo altra scelta, l’alternativa è il suicidio etnico.​
________________________​
NOTE:
[1] Tra i suoi seguaci della prima ora si incontrano i politici cechi Masarik e Benes, così come il banchiere Max Warburg che ha messo a sua disposizione i primi 60.000 marchi. Il cancelliere austriaco Monsignor Ignaz Seipel e il successivo presidente austriaco Karl Renner si incaricarono successivamente di guidare il movimento Paneuropa. Kalergi stesso indicava che alti politici francesi approvavano il suo movimento per reprimere la ripresa della Germania. Così il primo ministro francese Edouard Herriot e il suo governo, come i leaders britannici di tutti gli ambiti politici e, tra loro, il redattore capo del Times, Noel Baker, caddero nelle macchinazioni di questo cospiratore. Infine riuscì ad attrarre Winston Churchill. Nello stesso anno, quello che più tardi si trasformerà nel genocida ceco di 300.000 tedeschi dei Sudeti, Edvard Benes, fu nominato presidente onorario. Egli ha finora quasi disconosciuto Kalergi, ma negoziava anche con Mussolini per restringere il diritto di autodeterminazione degli austriaci e favorire ancora di più le nazioni vittoriose, ma fallì. Nell’interminabile lista degli alti politici del XX secolo, c’è da menzionare particolarmente Konrad Adenauer, l’ex ministro della giustizia spagnolo, Rios, e John Foster Dulles (EEUU). Senza rispettare i fondamenti della democrazia e con l’aiuto del New York Times e del New York Herald Tribune, Kalergi presentò al Congresso Americano il suo piano. Il suo disprezzo per il governo popolare lo manifestò in una frase del 1966, nella quale ricorda la sua attività del dopoguerra: << I successivi cinque anni del movimento Paneuropeo furono dedicati principalmente a questa meta: con la mobilitazione dei parlamenti si trattava di forzare i governi a costruire la Paneuropa >>. Aiutato da Robert Schuman, ministro degli esteri francese, Kalergi riesce a togliere al popolo tedesco la gestione della sua produzione dell’acciaio, ferro e carbone e la trasferisce a sovranità sovranazionale, ossia antidemocratica. Appaiono altri nomi: De Gasperi, il traditore dell’autodeterminazione dei tirolesi del sud, e Spaak, il leader socialista belga. Finge di voler stabilire la pace tra il popolo tedesco e quello francese, attraverso gli eredi di Clemenceau, quelli che idearono il piano genocida di Versailles. E negli anni venti sceglie il colore azzurro per la bandiera dell’Unione Europea. Il ruolo guida di Kalergi nella creazione dell’Europa multiculturale e nella restrizione del potere esecutivo dei parlamenti e dei governi, è evidente ai giorni nostri, e si palesa col conferimento del premio “Coudenhove Kalergi” dal cancelliere Helmut Kohl come ringraziamento per seguire questo piano, così come l’elogio e l’adulazione del potente personaggio da parte del massone e polito europeo il primo ministro del Lussemburgo, Junker. Nel 1928 si aggiunsero celebri politici e massoni francesi: Leon Blum (più tardi primo ministro), Aristide Briand, E. M. Herriot, Loucheur. Tra i suoi associati si incontrava gente molto diversa come lo scrittore Thomas Mann e il figlio del Kaiser, Otto d’Asburgo. Tra i suoi promotori, a parte i già menzionati Benes, Masarik e la banca Warburg, si incontrava anche il massone Churchill, la CIA, la loggia massonica B’nai B’rith, il “New York Times” e tutta la stampa americana. Kalergi fu il primo a cui fu assegnato il premio Carlomagno nella località di Aachen; e quando lo ricevette Adenauer, Kalergi era presente. Nel 1966 mantiene i contatti con i suoi collaboratori più importanti. Tutti coloro che sono stati insigniti di questo premio fanno parte del circolo di Kalergi e della massoneria, o si sforzarono di rappresentare gli interessi degli USA in Germania. Nell’anno 1948 Kalergi riesce a convertire il “Congresso degli europarlamentari” di Interlaken in uno strumento per obbligare i governi a tornare a occuparsi della “questione europea”, vale a dire, a realizzare il suo piano. Proprio allora si fonda il Consiglio europeo e in cima alla delegazione tedesca troviamo Konrad Adenauer appoggiato dalla CIA.
(Gerd Honsik, “Il Piano Kalergi”)
[2] Kalergi, Praktischer Idealismus
[3] Honsik, op.cit.
[4] «USA Magazine», 12/08/1955
 

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di Riccardo Percivaldi

L’immigrazione di massa è un fenomeno le cui cause sono tutt’oggi abilmente celate dal Sistema e che la propaganda multietnica si sforza falsamente di rappresentare come inevitabile. Con questo articolo intendiamo dimostrare una volta per tutte che non si tratta di un fenomeno spontaneo. Ciò che si vorrebbe far apparire come un frutto ineluttabile della storia è in realtà un piano studiato a tavolino e preparato da decenni per distruggere completamente il volto del Vecchio continente.
LA PANEUROPA
Pochi sanno che uno dei principali ideatori del processo d’integrazione europea fu anche colui che pianificò il genocidio programmato dei popoli europei. Si tratta di un oscuro personaggio di cui la massa ignora l’esistenza, ma che i potenti considerano come il padre fondatore dell’Unione Europea. Il suo nome è Richard Coudenhove Kalergi. Egli muovendosi dietro le quinte, lontano dai riflettori, riuscì ad attrarre nelle sue trame i più importanti capi di stato, che si fecero sostenitori e promotori del suo progetto di unificazione europea.[1]
Nel 1922 fonda a Vienna il movimento “Paneuropa” che mira all’instaurazione di un Nuovo Ordine Mondiale basato su una Federazione di Nazioni guidata dagli Stati Uniti. L’unificazione europea avrebbe costituito il primo passo verso un unico Governo Mondiale.
Con l’ascesa dei fascismi in Europa, il Piano subisce una battuta d’arresto, e l’unione Paneuropea è costretta a sciogliersi, ma dopo la Seconda Guerra Mondiale Kalergi, grazie ad una frenetica e instancabile attività, nonché all’appoggio di Winston Churchill, della loggia massonica B’nai B’rith e di importanti quotidiani come il New York Times, riesce a far accettare il suo progetto al Governo degli Stati Uniti.

L’ESSENZA DEL PIANO KALERGI
Nel suo libro «Praktischer Idealismus», Kalergi dichiara che gli abitanti dei futuri “Stati Uniti d’Europa” non saranno i popoli originali del Vecchio continente, bensì una sorta di subumanità resa bestiale dalla mescolanza razziale. Egli afferma senza mezzi termini che è necessario incrociare i popoli europei con razze asiatiche e di colore, per creare un gregge multietnico senza qualità e facilmente dominabile dall’elite al potere.​
«L’uomo del futuro sarà di sangue misto. La razza futura eurasiatica-negroide, estremamente simile agli antichi egiziani, sostituirà la molteplicità dei popoli, con una molteplicità di personalità. [2]​
Ecco come Gerd Honsik descrive l’essenza del Piano Kalergi​
Kalergi proclama l’abolizione del diritto di autodeterminazione dei popoli e, successivamente, l’eliminazione delle nazioni per mezzo dei movimenti etnici separatisti o l’immigrazione allogena di massa. Affinchè l’Europa sia dominabile dall‘elite, pretende di trasformare i popoli omogenei in una razza mescolata di bianchi, negri e asiatici. A questi meticci egli attribuisce crudeltà, infedeltà e altre caratteristiche che, secondo lui, devono essere create coscientemente perché sono indispensabili per conseguire la superiorità dell‘elite.
Eliminando per prima la democrazia, ossia il governo del popolo, e poi il popolo medesimo attraverso la mescolanza razziale, la razza bianca deve essere sostituita da una razza meticcia facilmente dominabile. Abolendo il principio dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge e evitando qualunque critica alle minoranze con leggi straordinarie che le proteggano, si riuscirà a reprimere la massa.
I politici del suo tempo diedero ascolto a Kalergi, le potenze occidentali si basarono sul suo piano e le banche, la stampa e i servizi segreti americani finanziarono i suoi progetti. I capi della politica europea sanno bene che è lui l’autore di questa Europa che si dirige a Bruxelles e a Maastricht. Kalergi, sconosciuto all’opinione pubblica, nelle classi di storia e tra i deputati è considerato come il padre di Maastricht e del multiculturalismo.
La novità del suo piano non è che accetta il genocidio come mezzo per raggiungere il potere, ma che pretende creare dei subumani, i quali grazie alle loro caratteristiche negative come l’incapacità e l’instabilità, garantiscano la tolleranza e l’accettazione di quella “razza nobile”. [3]​
DA KALERGI AI NOSTRI GIORNI
Benché nessun libro di scuola parli di Kalergi, le sue idee sono rimaste i principi ispiratori dell’odierna Unione Europea. La convinzione che i popoli d’Europa debbano essere mescolati con negri e asiatici per distruggerne l’identità e creare un’unica razza meticcia, sta alla base di tutte le politiche comunitarie volte all’integrazione e alla tutela delle minoranze. Non si tratta di principi umanitari, ma di direttive emanate con spietata determinazione per realizzare il più grande genocidio della storia.
In suo onore è stato istituito il premio europeo Coudenhove-Kalergi che ogni due anni premia gli europeisti che si sono maggiormente distinti nel perseguire il suo piano criminale. Tra di loro troviamo nomi del calibro di Angela Merkel o Herman Van Rompuy.
La Società Europea Coudenhove-Kalergi ha assegnato alla Cancelliera Federale Angela Merkel il Premio europeo nel 2010

Il 16 novembre 2012 è stato conferito al presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy il premio europeo Coudenhove-Kalergi 2012 durante un convegno speciale svoltosi a Vienna per celebrare i novant’anni del movimento paneuropeo. Alla sue spalle compare il simbolo dell’unione paneuropea: una croce rossa che sovrasta il sole dorato, simbolo che era stato l’insegna dei Rosacroce.

L’incitamento al genocidio è anche alla base dei costanti inviti dell’ONU ad accogliere milioni di immigrati per compensare la bassa natalità europea. Secondo un rapporto diffuso all’inizio del nuovo millennio, gennaio 2000, nel rapporto della “Population division” (Divisione per la popolazione) delle Nazioni Unite a New York, intitolato: “Migrazioni di ricambio: una soluzione per le popolazioni in declino e invecchiamento, l’Europa avrebbe bisogno entro il 2025 di 159 milioni di immigrati. Ci si chiede come sarebbe possibile fare stime così precise se l’immigrazione non fosse un piano studiato a tavolino. È certo infatti che la bassa natalità di per sé potrebbe essere facilmente invertita con idonei provvedimenti di sostegno alle famiglie. È altrettanto evidente che non è attraverso l’apporto di un patrimonio genetico diverso che si protegge il patrimonio genetico europeo, ma che così facendo se ne accelera la scomparsa. L’unico scopo di queste misure è dunque quello di snaturare completamente un popolo, trasformarlo in un insieme di individui senza più alcuna coesione etnica, storica e culturale. In breve, le tesi del Piano Kalergi hanno costituito e costituiscono tutt’oggi il fondamento delle politiche ufficiali dei governi volte al genocidio dei popoli europei attraverso l‘immigrazione di massa. G. Brock Chisholm, ex direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dimosta di avere imparato bene la lezione di Kalergi quando afferma:
«Ciò che in tutti i luoghi la gente deve fare è praticare la limitazione delle nascite e i matrimoni misti (tra razze differenti), e ciò in vista di creare una sola razza in un mondo unico dipendente da un’autorità centrale» [4]​
CONCLUSIONE
Se ci guardiamo attorno il piano Kalergi sembra essersi pienamente realizzato. Siamo di fronte ad una vera terzomondializzazione dell’Europa. L’assioma portante della “Nuova civiltà” sostenuta dagli evangelizzatori del Verbo multiculturale, è l’adesione all’incrocio etnico forzato. Gli europei sono naufragati nel meticciato, sommersi da orde di immigrati afro-asiatici. La piaga dei matrimoni misti produce ogni anno migliaia di nuovi individui di razza mista: i “figli di Kalergi”. Sotto la duplice spinta della disinformazione e del rimbecillimento umanitario operato dai mezzi di comunicazione di massa si è insegnato agli europei a rinnegare le proprie origini, a disconoscere la propria identità etnica.
I sostenitori della Globalizzazione si sforzano di convincerci che rinunciare alla nostra identità è un atto progressista e umanitario, che il “razzismo” è sbagliato, ma solo perché vorrebbero farci diventare tutti come ciechi consumatori. È più che mai necessario in questi tempi reagire alle menzogne del Sistema, ridestare lo spirito di ribellione negli europei. Occorre mettere sotto gli occhi di tutti il fatto che l’integrazione equivale a un genocidio. Non abbiamo altra scelta, l’alternativa è il suicidio etnico.​
________________________​
NOTE:
[1] Tra i suoi seguaci della prima ora si incontrano i politici cechi Masarik e Benes, così come il banchiere Max Warburg che ha messo a sua disposizione i primi 60.000 marchi. Il cancelliere austriaco Monsignor Ignaz Seipel e il successivo presidente austriaco Karl Renner si incaricarono successivamente di guidare il movimento Paneuropa. Kalergi stesso indicava che alti politici francesi approvavano il suo movimento per reprimere la ripresa della Germania. Così il primo ministro francese Edouard Herriot e il suo governo, come i leaders britannici di tutti gli ambiti politici e, tra loro, il redattore capo del Times, Noel Baker, caddero nelle macchinazioni di questo cospiratore. Infine riuscì ad attrarre Winston Churchill. Nello stesso anno, quello che più tardi si trasformerà nel genocida ceco di 300.000 tedeschi dei Sudeti, Edvard Benes, fu nominato presidente onorario. Egli ha finora quasi disconosciuto Kalergi, ma negoziava anche con Mussolini per restringere il diritto di autodeterminazione degli austriaci e favorire ancora di più le nazioni vittoriose, ma fallì. Nell’interminabile lista degli alti politici del XX secolo, c’è da menzionare particolarmente Konrad Adenauer, l’ex ministro della giustizia spagnolo, Rios, e John Foster Dulles (EEUU). Senza rispettare i fondamenti della democrazia e con l’aiuto del New York Times e del New York Herald Tribune, Kalergi presentò al Congresso Americano il suo piano. Il suo disprezzo per il governo popolare lo manifestò in una frase del 1966, nella quale ricorda la sua attività del dopoguerra: << I successivi cinque anni del movimento Paneuropeo furono dedicati principalmente a questa meta: con la mobilitazione dei parlamenti si trattava di forzare i governi a costruire la Paneuropa >>. Aiutato da Robert Schuman, ministro degli esteri francese, Kalergi riesce a togliere al popolo tedesco la gestione della sua produzione dell’acciaio, ferro e carbone e la trasferisce a sovranità sovranazionale, ossia antidemocratica. Appaiono altri nomi: De Gasperi, il traditore dell’autodeterminazione dei tirolesi del sud, e Spaak, il leader socialista belga. Finge di voler stabilire la pace tra il popolo tedesco e quello francese, attraverso gli eredi di Clemenceau, quelli che idearono il piano genocida di Versailles. E negli anni venti sceglie il colore azzurro per la bandiera dell’Unione Europea. Il ruolo guida di Kalergi nella creazione dell’Europa multiculturale e nella restrizione del potere esecutivo dei parlamenti e dei governi, è evidente ai giorni nostri, e si palesa col conferimento del premio “Coudenhove Kalergi” dal cancelliere Helmut Kohl come ringraziamento per seguire questo piano, così come l’elogio e l’adulazione del potente personaggio da parte del massone e polito europeo il primo ministro del Lussemburgo, Junker. Nel 1928 si aggiunsero celebri politici e massoni francesi: Leon Blum (più tardi primo ministro), Aristide Briand, E. M. Herriot, Loucheur. Tra i suoi associati si incontrava gente molto diversa come lo scrittore Thomas Mann e il figlio del Kaiser, Otto d’Asburgo. Tra i suoi promotori, a parte i già menzionati Benes, Masarik e la banca Warburg, si incontrava anche il massone Churchill, la CIA, la loggia massonica B’nai B’rith, il “New York Times” e tutta la stampa americana. Kalergi fu il primo a cui fu assegnato il premio Carlomagno nella località di Aachen; e quando lo ricevette Adenauer, Kalergi era presente. Nel 1966 mantiene i contatti con i suoi collaboratori più importanti. Tutti coloro che sono stati insigniti di questo premio fanno parte del circolo di Kalergi e della massoneria, o si sforzarono di rappresentare gli interessi degli USA in Germania. Nell’anno 1948 Kalergi riesce a convertire il “Congresso degli europarlamentari” di Interlaken in uno strumento per obbligare i governi a tornare a occuparsi della “questione europea”, vale a dire, a realizzare il suo piano. Proprio allora si fonda il Consiglio europeo e in cima alla delegazione tedesca troviamo Konrad Adenauer appoggiato dalla CIA.
(Gerd Honsik, “Il Piano Kalergi”)
[2] Kalergi, Praktischer Idealismus
[3] Honsik, op.cit.
[4] «USA Magazine», 12/08/1955
 

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sabato 12 settembre 2015

IL PIACERE DELLA CRUDELTA': ASSERVIRE COL DEBITO PUBBLICO (il più grande successo dell'euro).



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Van Rompuy riceve il premio Kalergy

1. Traduco, per maggior beneficio dei lettori, la parte finale dell'ultimo commento di Bazaar:
"Il debitore ha concluso un contratto con il creditore e si è impegnato nel senso che, se non dovesse restituire il dovuto, darà in sostituzione qualcos'altro che possiede, qualcosa su cui ha il controllo, per esempio, il suo corpo, sua moglie, la sua libertà...
Chiariamo la logica di tale forma di compensazione: è alquanto singolare.
Un'equivalenza è stabilita dall'atto del ricevere del creditore, in luogo di una letterale compensazione (monetaria ndr.) per qualsiasi danno (da inadempimento) (così, al posto del denaro, terra, possedimenti di ogni tipo), un vantaggio apprezzabile nella forma di un tipo di piacere - il piacere di essere autorizzato a dar liberamente sgofo al suo potere sopra chi ne sia totalmente privo, il piacere voluttuoso "di fare il male per il piacere di farlo", il godimento del violentare...Nel "punire" il debitore, il creditore partecipa del diritto (illimitato) dei padroni...La compensazione, allora, consiste in una garanzia "di" e in una legittimazione "a" la crudeltà"

(Corey Robin 2015, sulla Grecia)



2. Questa impressionante, ma non sorprendente, citazione sul modo neo-liberista di intendere i vincoli contrattuali e creditizi, è in realtà l'essenza del "mondo moderno" che si afferma con il Rinascimento e la Riforma innescata dalla predicazione di Lutero, in Germania.
Dovrebbe essere inutile ripetere che per arrivare, nell'evoluzione da mercantilismo a capitalismo industriale, a una mitigazione che potesse ribaltare questa crudeltà, occorrerà la stagione costituzionale democratica, conseguente alle lotte sociali dell'800 e del primo '900. La intrinseca logica luterana e liberista verrà però scansata solo a fronte della sconfitta militare, disastrosa, degli estremi mandatari (per conto delle oligarchie dei creditori) di questa "logica".


3. La citazione sopra tradotta ci consente di riagganciarci con le vicende alle origini di tale traiettoria "culturale" della modernità (finanziaria), narrate in un interessante libro di Carlo Martigli, "La congiura dei potenti" che, appunto, verte sul ruolo dei banchieri Fugger nella vicenda, ambigua e manovrata, di Lutero.
Sono vicende a taluni note, ma più spesso ignorate, dato la attuale grancassa mediatica: la vendita delle "indulgenze" che scatenò il malcontento verso il papato, fu in realtà indotta ed estesa su larga scala dagli stessi Fugger, al fine di lucrare una lauta percentuale del ricavato, che non andava affatto a Roma.
La Riforma, non moralizzò tale aspetto (di prelievo sostanzialmente fiscale a vantaggio di principi e vescovi, pubbliche autorità costituite), ma stabilì in definitiva che l'intero flusso di queste entrate dovesse restare in Germania (divenendo imposizione fiscale "nazionalizzata" per risanare il debito verso le banche del tempo); con, appunto, il prelievo della ricca intermediazione bancaria.


4. Dal libro ora citato, traiamo alcune citazioni in linea con quanto postato da Bazaar:
Qui (pagg.211-212), il pensiero del cardinale, vescovo-principe di Magdeburgo e Halberstadt, Alberto di Hohenzollern (uno dei maggiori protagonisti della vicenda della riforma protestante):
"I briganti come quelli che lo avevano assalito erano utili per giustificare dazi e gabelle e imporre l'ordine anche quando non serviva. Pure dei facinorosi a volte si ha necessità, per far funzionare la gogna e la forca a alimentare nel popolo la paura, fornendogli al tempo stesso qualche motivo di svago...Si creano anche ad arte, alla bisogna, le teste calde, che non mancano mai tra gli spriti più esaltati, e basta il suggerimento di una spia per spingerle ad alzare il collo, giusto in tempo perchè venga stretto da una corda nella piazza. Ma le rivolte no, su questo Fugger non sbagliava. Quelle non sono mai opportune e occorre stroncarle sul nascere, prima che il vento delle idee si faccia tempesta".


5. E' noto che tale rivolta fu quella che, - "prendendo sul serio" le iniziali prediche anti-papato, e contro l'immorale oppressione fiscale feudale ed ecclesiastica, di Lutero-, fu innescata dal monaco "folle" Thomas Muntzer. Sulla sua figura e azione Friedrich Engels scrisse un saggio nel 1850, "La guerra dei contadini in Germania".
Dalle citazioni-glossario al termine del libro, (pag.337), traiamo questa citazione del saggio di Engels (neretto aggiunto):
"Chi trasse profitto dalla rivoluzione dei contadini? I principi. Chi trasse profitto dalla rivoluzione del 1948? I grandi principi d'Austria e Prussia. Dietro ai piccoli principi [di allora] stavano i piccoli borghesi che li tenevano a sè con il pagamento delle imposte, dietro ai grandi principi del 1850 stanno i grandi borghesi filistesi che li sottomettono ben presto al loro giogo con il debito pubblico".


Insomma, "purezza del sangue" kalergica o meno, i "principi" messi accanto ai banchieri - per Kalergy, nella Pan-Europa federale, la classe dirigente naturale e incorrotta-, sono l'ideale per sottomettere l'intera società col debito pubblico, per disciplinare la masse inevitabilmente pigre e riottose che meritano la "durezza del vivere".
Naturalmente, nei tempi moderni, tutto ri-nasce con la banca centrale indipendente "nel quadro della costruzione €uropea"...
Insomma, per chi non volesse ancora capire (e forse non vorrà mai capire), il debito pubblico non è la causa della crisi: è la legittimazione del vero potere (e della soddisfazione del piacere della crudeltà") e, dunque, ci deve essere e possibilmente aumentare, (appunto, quando si infligge crudeltà con l'idea di ridurlo!).
Che è poi "il più grande successo dell'euro", quello dell'aumento del debito/PIL nei paesi debitori e quindi dell'aumento di asservimento e simmetrico godimento. E infatti (Monti ipse):

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La nostra ignoranza è la LORO forza.

16 h ·





Caro presidente Obama, si copra bene: farà freddo, freddissimo, per almeno trent’anni. Lo sostiene John Casey, già climatologo della Nasa, ora direttore di un centro studi di Orlando, la “Space and Science Research Corporation”.
L’allarme: l’attività del sole sta rapidamente cambiando, la comparsa di nuove macchie solari lascia presagire un nuovo “grande inverno” per il pianeta, a partire dal 2015-2016, con conseguenze devastanti, fenomeni di assideramento di massa e addirittura il crollo del 50% della produzione alimentare a causa del collasso dell’agricoltura terrestre. E’ il drammatico contenuto della lettera che lo scienziato ha rivolto al capo della Casa Bianca già lo scorso aprile.
ARTICOLO COMPLETO: http://www.libreidee.org/…/paura-il-sole-va-in-letargo-sta…/






Paura: il sole va in letargo, sta arrivando un’era glaciale | LIBRE
Casey scrive a Obama: il surriscaldamento è finito, il Sole va in letargo e la Terra subirà un'era glaciale devastante, dal 2015
libreidee.org













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Roberto Rambaldi https://www.youtube.com/watch?v=8VgV_ltI4kY



2015 ICE AGE COMING ?
http://www.patriotnetdaily.com/nasa-scientist-predicts-food-riots-mass-deaths-...
youtube.com














9 h
Rimuovi














La nostra ignoranza è la LORO forza.

16 h ·





La vergognosa sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa sul Mobile User Objective System a Niscemi è un altro colpo alla sovranità già limitata italiana, in un ex belpaese eterodiretto dall’estero.
Il Cga ha annullato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale, il quale lo scorso 13 febbraio aveva giudicato illegittime le autorizzazioni rilasciate dalla Regione siciliana in merito all’installazione nordamericana, fonte di grave inquinamento elettromagnetico.
ARTICOLO COMPLETO: http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2015/…/si-muos.html





Su La Testa!: SI MUOS!
"Quando i poteri pubblici violano le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all'oppressione è un diritto e un dovere del cittadino".
sulatestagiannilannes.blogspot.com











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La nostra ignoranza è la LORO forza.

16 h ·





“”La Germania pensa probabilmente che la sua popolazione sia moribonda … sta cercando di abbassare i salari interni continuando a reclutare degli schiavi attraverso l'immigrazione di massa”.
ARTICOLO COMPLETO: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php…





Come Don Chisciotte - LA GERMANIA HA BISOGNO DI IMMIGRATI DA USARE COME SCHIAVI – MARINE LE PEN
Alla ricerca della verita&amp;amp;amp;amp;amp;#039;
comedonchisciotte.org|Di Come Don Chisciotte














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TIRRENO: IL MAREMOTO DEL VULCANO MARSILI





di Gianni Lannes


Ecco una catastrofe preannunciata da tempo: voler perforare a scopo commerciale, un grande vulcano attivo nel fondo del Tirreno. E’ un’area tra le più pericolose a livello sismico e vulcanico del Mediterraneo, come documentato da una nutrita letteratura scientifica. Infatti, uno dei rischi potenziali è rappresentato dal verificarsi di un maremoto con conseguenze ed effetti devastanti sulle coste tirreniche di Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Eppure il governo Renzi, non arresta il folle progetto di sfruttamento geotermico della società Eurobuilding che procede speditamente verso un disastro.






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SPIAGGIAMENTO DI BIDONI NUCLEARI SULLE SPIAGGE DEL CATANZARESE






di Gianni Lannes


Che esito giudiziario ha avuto questo accertamento alla Procura della Repubblica di Catanzaro? Ufficialmente le navi dei veleni affondate dolosamente nei mari italiani sono ben 51. In realtà alla conta effettiva ne risultano 203, oltre ad un migliaio di container.


alcuni relitti



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BENVENUTI NELLA TERZA GUERRA MONDIALE!



foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)





di Fabio Mini*


E tutti i conflitti sono globali se non proprio nell’intervento militare, comunque nelle conseguenze economiche, sociali e morali. Quindi, a cominciare dalla guerra fredda che i paesi baltici hanno iniziato contro la Russia, dalla guerra “coperta” degli americani contro la stessa Russia, dai pretesti russi contro l’Ucraina, alla Siria, allo Yemen e agli altri conflitti cosiddetti minori o “a bassa intensità” tutto indica che non dobbiamo aspettare un altro conflitto totale: ci siamo già dentro fino al collo. Quello che succede in Asia con il Pivot strategico sul Pacifico è forse il segno più evidente che la prospettiva di una esplosione simile alla seconda guerra mondiale è più probabile in quel teatro. Non tanto perché si stiano spostando portaerei e missili (cosa che avviene), ma perché la preparazione di una guerra mondiale di quel tipo, anche con l’inevitabile scontro nucleare, è ciò che si sta preparando. Non è detto che avvenga in un tempo immediato, ma più la preparazione sarà lunga più le risorse andranno alle armi e più le menti asiatiche e occidentali si orienteranno in quel senso. E’ una tragedia annunciata, ma, del resto, abbiamo chiamato tale guerra condotta per oltre cinquant’anni “guerra fredda” o “il periodo di pace più lungo della storia moderna”. Dobbiamo quindi essere felici di questa “pace annunciata”. O no?





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ITALIA RADIOATTIVA!







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10.9.15

UN MARE NERO




di Gianni Lannes


Nel Mar Jonio fino al 2011 erano vietate attività di ricerca di petrolio, ma attualmente, grazie ad un emendamento al testo di recepimento della direttiva europea sui reati ambientali, chi comanda per conto straniero ha riaperto anche questo tratto di mare alle attività estrattive. Sono 18 attualmente i procedimenti aperti a carattere amministrativo - erano 19 fino al 12 giugno scorso quando si è conclusa la Valutazione di Impatto Ambientale dell’istanza di Enel Longanesi denominata d79 FR-EN e ubicata a largo delle coste di Gallipoli per una estensione di 748 chilometri quadrati - per il rilascio di concessioni per la coltivazione di idrocarburi per un totale di circa 14.000 chilometri quadrati. Si tratta di una istanza di permesso di prospezione (il primo passo per poter investigare i fondali marini e rilevare eventuali giacimenti di idrocarburi in essi presenti) di 4.025 chilometri quadrati di proprietà della Schlumberger Italiana nell’area vasta compresa tra Gallipoli e Crotone. Sono invece 15 le istanze di permesso di ricerca presentate, di cui otto in fase decisoria e 7 in corso di valutazione ambientale, per un’area di circa 10 mila chilometri quadrati relativa alle coste di Calabria, di Puglia e della Basilicata. Un permesso di ricerca è stato, inoltre, rilasciato alla Appennine Energy nel tratto di costa jonica di fonte alla costa di Sibari per una estensione di 63,13 chilometri quadrati - all’interno del quale è stata presentata un’istanza di autorizzazione per un pozzo esplorativo denominato “LIUBA1 OR”, come si evince dal sito del Ministero dello Sviluppo Economico - mentre una istanza di concessione di coltivazione presentata dall’ENI è in corso di valutazione ambientale e riguarda il tratto di costa tra Sibari e Rossano per circa 76,7 chilometri quadrati.




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CROTONE: AFFONDATI CONTAINER E BIDONI RADIOATTIVI





Massa Carrara (settembre 1987): il carico radioattivo della Rigel




di Gianni Lannes



Non solo le scorie radioattive liquide che il centro Enea della Trisaia ha scaricato per decenni con una condotta a mare nello Jonio, ma anche centinaia di container affondati nella zona di mare che si estende da Punta Alice ad Isola Capo Rizzuto.


Al largo di Crotone, grazie alla tacita connivenza dello Stato tricolore e dei servizi di sicurezza (in particolare Sismi e Sisde) è stato occultato forse il più grande cimitero sottomarino di scorie d’ogni genere e tipologia pericolosa del Mediterraneo. Provate a chiedere ai pescatori locali.

In questo lembo ormai degradato della Magna Grecia, i rifiuti non tracimano soltanto dalla terraferma, ma emergono anche dal mare dove le mafie istituzionali li hanno sepolti. Infatti, al largo di questa città della Calabria, sono state dolosamente inabissate navi dei veleni ed un numero incalcolabile di cassoni metallici, imbottiti di spazzatura industriale proveniente dall’Italia del Nord, e dal resto d’Europa (Francia, Germania, Olanda, Svizzera).


alcune navi di veleni



A 35 miglia da Capo Colonne, giace a 2 mila metri di profondità (latitudine 38 gradi, 56 primi nord, longitudine 17 gradi, 50 primi est), dall'11 marzo 1986 la nave italiana Maria Pia M., partita da Chioggia per Tripoli. Mentre a largo di Punta Stilo sonnecchia il mercantile battente bandiera caraibica Marineta, inghiottito dai flutti il 6 gennaio 1993.




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ENRICO MATTEI: NUCLEARE, ALGERIA, FRANCIA





Mattei al cantiere della centrale nucleare di Borgo Sabotino




di Gianni Lannes




Il fondatore dell’Eni aiutò per anni la resistenza algerina a liberarsi dal giogo colonialista francese. Fu assassinato la sera del 27 ottobre 1962, una settimana prima di stringere un accordo con le autorità di Algeri (Ben Bella) per lo sfruttamento del Sahara. Non solo petrolio e gas, ma anche uranio bramato dalla Francia, che non ha esitato a fomentare sedicenti fondamentalisti islamici e guerre di basso profilo nel Hahel.

Giacimenti naturali: una riserva strategica - utile ad alimentare i numerosi impianti atomici d'oltralpe - che fa sempre gola a Parigi. Per la cronaca: Mattei fece realizzare in Italia la prima centrale nucleare, ultimata nei primi mesi del 1963.





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9.9.15

ADRIATICO: INQUINAMENTO NUCLEARE



Trieste (rada San Bartolomeo):
portaerei nucleare USA all'ancora

di Gianni Lannes




Trieste è uno dei 12 porti nucleari italiani, dove unità a propulsione ed armamento atomico della NATO possono transitare e sostare indisturbate, senza alcun tipo di controllo civile. E i piani obbligatori di sicurezza per la popolazione italiana? Inesistenti, obsoleti o addirittura segreti.


Ecco quello che una ricerca scientifica ha evidenziato nel 1996, ovvero la presenza nei sedimenti marini dell'Adriatico settentrionale, da Trieste ad Ancona, in particolare di plutonio 239 e plutonio 240 (pericolosi per 24.400 anni).




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RIFIUTI NUCLEARI MILITARI: SCARICATI NEL MAR TIRRENO




foto Giani Lannes (tutti i diritti riservati)




di Gianni Lannes



Ecco alcuni fatti incontrovertibilmente documentati. E' proprio lo Stato, almeno quello italiano, o meglio chi lo manovra anche dall'estero per il suo sporco tornaconto, il più pericoloso ed impunito inquinatore, ad attentare alla salute pubblica. Non è cambiato nulla dal 1967, quando il governo tricolore - unitamente ad altri paesi europei - autorizzò l'inabissamento delle prime scorie nucleari statali.




Ai giorni nostri, buona parte delle scorie radioattive più pericolose (di terza categoria, ad alta attività) dell’impianto nucleare di San Piero a Grado (ex Camen, ex Cresam, infine Cisam) gestito dal ministero della Difesa, prima sono state occultate nella pineta di Migliarino San Rossore, poi sono state tombate nella miniera di Pasquasia in Sicilia. Infatti, l’ordinanza del presidente del consiglio dei ministri 7 marzo 2003 a firma del piduista Silvio Berlusconi, non menziona questa centrale nucleare a tutti gli effetti, né la sua pericolosa produzione.






foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)



Più recentemente il governo italiano ha deciso di sversare - attraverso il canale dei Navicelli - nel Mar Tirreno, ovvero nel santuario dei cetacei, un’area marina protetta sulla carta, anche 750 mila litri di liquidi radioattivi, provenienti dal reattore nucleare sperimentale della Marina Militare tricolore.




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TIRRENO: IL MAREMOTO DEL VULCANO MARSILI





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Ecco una catastrofe preannunciata da tempo: voler perforare a scopo commerciale, un grande vulcano attivo nel fondo del Tirreno. E’ un’area tra le più pericolose a livello sismico e vulcanico del Mediterraneo, come documentato da una nutrita letteratura scientifica. Infatti, uno dei rischi potenziali è rappresentato dal verificarsi di un maremoto con conseguenze ed effetti devastanti sulle coste tirreniche di Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Eppure il governo Renzi, non arresta il folle progetto di sfruttamento geotermico della società Eurobuilding che procede speditamente verso un disastro.






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SPIAGGIAMENTO DI BIDONI NUCLEARI SULLE SPIAGGE DEL CATANZARESE






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ITALIA RADIOATTIVA!







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10.9.15

UN MARE NERO




di Gianni Lannes


Nel Mar Jonio fino al 2011 erano vietate attività di ricerca di petrolio, ma attualmente, grazie ad un emendamento al testo di recepimento della direttiva europea sui reati ambientali, chi comanda per conto straniero ha riaperto anche questo tratto di mare alle attività estrattive. Sono 18 attualmente i procedimenti aperti a carattere amministrativo - erano 19 fino al 12 giugno scorso quando si è conclusa la Valutazione di Impatto Ambientale dell’istanza di Enel Longanesi denominata d79 FR-EN e ubicata a largo delle coste di Gallipoli per una estensione di 748 chilometri quadrati - per il rilascio di concessioni per la coltivazione di idrocarburi per un totale di circa 14.000 chilometri quadrati. Si tratta di una istanza di permesso di prospezione (il primo passo per poter investigare i fondali marini e rilevare eventuali giacimenti di idrocarburi in essi presenti) di 4.025 chilometri quadrati di proprietà della Schlumberger Italiana nell’area vasta compresa tra Gallipoli e Crotone. Sono invece 15 le istanze di permesso di ricerca presentate, di cui otto in fase decisoria e 7 in corso di valutazione ambientale, per un’area di circa 10 mila chilometri quadrati relativa alle coste di Calabria, di Puglia e della Basilicata. Un permesso di ricerca è stato, inoltre, rilasciato alla Appennine Energy nel tratto di costa jonica di fonte alla costa di Sibari per una estensione di 63,13 chilometri quadrati - all’interno del quale è stata presentata un’istanza di autorizzazione per un pozzo esplorativo denominato “LIUBA1 OR”, come si evince dal sito del Ministero dello Sviluppo Economico - mentre una istanza di concessione di coltivazione presentata dall’ENI è in corso di valutazione ambientale e riguarda il tratto di costa tra Sibari e Rossano per circa 76,7 chilometri quadrati.




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Massa Carrara (settembre 1987): il carico radioattivo della Rigel




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Non solo le scorie radioattive liquide che il centro Enea della Trisaia ha scaricato per decenni con una condotta a mare nello Jonio, ma anche centinaia di container affondati nella zona di mare che si estende da Punta Alice ad Isola Capo Rizzuto.


Al largo di Crotone, grazie alla tacita connivenza dello Stato tricolore e dei servizi di sicurezza (in particolare Sismi e Sisde) è stato occultato forse il più grande cimitero sottomarino di scorie d’ogni genere e tipologia pericolosa del Mediterraneo. Provate a chiedere ai pescatori locali.

In questo lembo ormai degradato della Magna Grecia, i rifiuti non tracimano soltanto dalla terraferma, ma emergono anche dal mare dove le mafie istituzionali li hanno sepolti. Infatti, al largo di questa città della Calabria, sono state dolosamente inabissate navi dei veleni ed un numero incalcolabile di cassoni metallici, imbottiti di spazzatura industriale proveniente dall’Italia del Nord, e dal resto d’Europa (Francia, Germania, Olanda, Svizzera).


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A 35 miglia da Capo Colonne, giace a 2 mila metri di profondità (latitudine 38 gradi, 56 primi nord, longitudine 17 gradi, 50 primi est), dall'11 marzo 1986 la nave italiana Maria Pia M., partita da Chioggia per Tripoli. Mentre a largo di Punta Stilo sonnecchia il mercantile battente bandiera caraibica Marineta, inghiottito dai flutti il 6 gennaio 1993.




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Mattei al cantiere della centrale nucleare di Borgo Sabotino




di Gianni Lannes




Il fondatore dell’Eni aiutò per anni la resistenza algerina a liberarsi dal giogo colonialista francese. Fu assassinato la sera del 27 ottobre 1962, una settimana prima di stringere un accordo con le autorità di Algeri (Ben Bella) per lo sfruttamento del Sahara. Non solo petrolio e gas, ma anche uranio bramato dalla Francia, che non ha esitato a fomentare sedicenti fondamentalisti islamici e guerre di basso profilo nel Hahel.

Giacimenti naturali: una riserva strategica - utile ad alimentare i numerosi impianti atomici d'oltralpe - che fa sempre gola a Parigi. Per la cronaca: Mattei fece realizzare in Italia la prima centrale nucleare, ultimata nei primi mesi del 1963.





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"Se volete rimanere schiavi dei banchieri e pagare il costo della vostra stessa schiavitù, continuate a lasciargli creare la moneta e controllare il reddito della nazione"
Sir Yosiah Stamp (direttore e presidente della banca d'Inghilterra negli anni '20)



 

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