News, Dati, Eventi finanziari amico caro, te lo dico da amico, fatti li.... qui e' tutta malvivenza (1 Viewer)

mototopo

Forumer storico
luglio 2015
UEM, FEDERALISMO, ORDOLIBERISMO, EINAUDI E VENTOTENE: LA CONTINUITA' DELLA COSTRUZIONE EUROPEA.



forum



1. Torniamo sulla traiettoria culturale di Einaudi per fornire, specialmente a lettori aggiuntisi di recente o "distratti" circa i numerosi post sul tema (accompagnati da approfondimenti fondamentali nei commenti), un quadro di fatti storici e di testimonianze dirette che chiariscano il punto.


2. Cominciamo dal "principio" (la fonte di questo e delle citazioni seguenti è questa ed era già linkata nel post precedente): "Einaudi scrive il primo articolo sul tema dell’unità europea nel 1897, a ventitrè anni, e sin da questo articolo individua nell’esigenza di superare il principio della sovranità assoluta degli Stati la via verso cui incamminarsi alla ricerca di un ordine internazionale meno primitivo. Già in questo primissimo scritto giovanile sul tema, Einaudi intuisce che il superamento del principio della sovranità assoluta degli Stati dovrà passare attraverso un lungo graduale processo, nell’ambito del quale una forma di confederazione degli Stati Uniti d’Europa potrebbe segnare un passaggio fondamentale 9"
Vediamo la nota 9:
"E’ impressionante notare che in questo scritto il giovanissimo Einaudi anticipa, per vari aspetti, tesi contenute negli scritti federalisti di Lionel Robbins, redatti nei tormentati anni della seconda guerra mondiale, scritti che, come testimonia A. Spinelli nelle sue memorie, furono da Einaudi stesso inviati agli autori del Manifesto di Ventotene (vedi Lionel Robbins, Il federalismo e l’ordine economico internazionale, scritti vari a cura di Guido Montani, il Mulino 1985)."


3. Abbiamo dunque stabilito una oggettiva connessione tra la continuità e la coerenza del pensiero federalista, e anti-Stato sovrano nazionale, di Einaudi (ben anteriore alla stessa nascita dell'URSS e alla stessa prima guerra mondiale) e le successive proiezioni nel manifesto di Ventotene (ovviamente non si fermano qui, perchè esistono tracce di comunicazione e di "guida" einaudiana dei "giovani" del Manifesto ulteriori e consistenti e, peraltro, non negate da chiunque si sia interessato seriamente della questione).
Per brevità rammentiamo che Einaudi si tace nel 1925: aveva partecipato al dibattito successivo alla prima guerra mondiale sempre sostenendo le posizioni federaliste, mondiali e, intermedie, europeiste, ma, fino a quella stessa epoca, come ci riporta una vasta letteratura storica, aveva anche sostenuto l'avvento del fascismo con una serie di articoli sul Corriere della Sera:
"Idee analoghe (a Croce, Albertini, Salvemini, ndr.) ebbe Luigi Einaudi che nel primo fascismo riconobbe una forza in grado di esercitare una funzione schiettamente liberale, dal momento che si dirigeva contro lo statalismo invasivo, contro le leghe rosse che violavano le regole della libertà del lavoro, contro l'anacronismo sociale dei popolari, contro i rivoluzionari che minacciavano la proprietà, contro la debolezza dei governi. Secondo Salvadori, Einaudi «fece allora un uso quanto mai spregiudicato del liberalismo». Nel settembre del 1922 scriveva che il pericolo di «una marcia fascista su Roma per dissolvere il Parlamento e mettere su una dittatura» non aveva fondamento; che «il programma del fascismo è nettamente quello liberale della tradizione classica»; che il fascismo si poneva il lodevole obbiettivo di sostituire la vecchia, «stracca» classe politica giolittiana con una nuova classe che però non aveva bisogno di nuove dottrine e non doveva mirare a costruire «nuovi regimi politici». «Desideriamo ardentemente», fu l'auspicio di Einaudi, «ci sia un partito, e sia quello fascista, se altri non sa far di meglio, il quale usi mezzi adatti per raggiungere lo scopo che è la grandezza materiale e spirituale della patria»."


4. Dunque, dobbiamo tenere presente che sia che si parli di fascismo sia che si cerchi la più "definitiva" soluzione federalista, Einaudi ha sempre di mira il "liberalismo", ossia, al netto della distinzione tutta crociana e interna al lessico italiano, il liberismo.
Vediamo la connessione unificatrice di queste coesistenti tendenze su strumenti apparentemente diversi.
Essa passa anzitutto per una reinterpretazione positiva della prima guerra mondiale (!), vista in questi termini (che potrebbero apparire singolari, ma che sono perfettamente coerenti con l'ostilità verso gli Stati nazionali che, come abbiamo visto, è ben anteriore alla stessa Grande Guerra):
La via da seguire suggerita da Einaudi non consiste né nel ritorno alla tradizionale politica dell’equilibrio, incapace di garantire una pace sicura, né nell’effimera Società delle Nazioni, di cui illustrò i limiti prima ancora della sua costituzione, ma nel superamento della sovranità assoluta nei settori di interesse generale e nella creazione di organi sopranazionali capaci di gestire i problemi comuni… Individuando nella prima guerra mondiale lo sforzo verso la creazione di unità statali superiori, Einaudi avvia una nuova interpretazione di questo periodo storico, che impiega come principio esplicativo fondamentale il concetto di crisi dello stato nazionale.
Tale interpretazione sarà ripresa e approfondita dalla scuola federalistica inglese negli anni trenta, in particolare da Lionel Robbins, Lord Lothian e Barbara Wootton, e dallo stesso Einaudi e dai federalisti italiani durante la seconda guerra mondiale e negli anni successivi. Dopo l’analisi dell’insufficienza degli stati sovrani a rispondere ai problemi posti dalla crescente interdipendenza economica, è questo il secondo contributo rilevante di Einaudi al chiarimento della tematica riguardante l’unificazione europea”.


5. Questo passaggio potrebbe lasciare nell'ombra quali fossero gli esatti contenuti istituzionali e funzionali delle "unità statali superiori" auspicate da Einaudi.
E che, sotto la sua influenza sono le stesse oggetto della visione del Manifesto di Ventotene, che si impernia su questo pensiero saliente, esplicitamente tributario di Einaudi (cui viene dedicato il Manifesto in persona del suo alias Junius, cfr. pag.7):
La linea di divisione fra partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa quelli che concepiscono come fine essenziale della lotta quello antico, cioè la conquista del potere politico nazionale – e che faranno, sia pure involontariamente, il gioco delle forze reazionarie lasciando solidificare la lava incandescente delle passioni popolari nel vecchio stampo e risorgere le vecchie assurdità – e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistando il potere nazionale, lo adopreranno in primissima linea come strumento per realizzare l’unità internazionale”.



6. Sul punto dell'assetto politico e socio-economico del Grande Stato sovranazionale pacificatore, soccorre, quasi coevo alla seconda serie di elaborazioni einaudiane sul tema ("Per una federazione economica europea", pubblicato nella collezione clandestina del Movimento liberale italiano a Roma nel settembre 1943: fu datato 15 settembre), il noto saggio di von Hayek (Friedrich A. Hayek, “The Economic Conditions of Interstate Federalism,” New Commonwealth Quarterly, V, No.2 (September, 1939), ristampato in F. A Hayek, Individualism and Economic Order, Chicago, Chicago Press University, 1948, pp. 255–72).

Il passaggio fondamentale di questo saggio lo abbiamo più volte riportato in questo blog (ed anche nel libro "Euro e/(o?) democrazia costituzionale"):
L'assenza di barriere doganali e la libera circolazione di persone e capitali fra gli Stati hanno alcune importanti conseguenze che spesso sfuggono: riducono notevolmente le possibilità di intervento dei singoli Stati nella politica economica. Se le merci, le persone e il denaro possono muoversi liberamente attraverso le frontiere interstatali, gli Stati membri non posso più influenzare i prezzi attraverso l'intervento pubblico. [...]
Ora, praticamente ogni politica economica odierna volta ad assistere particolari industrie procede tentando di influenzare i prezzi: lo faccia attraverso marketing board, regimi vincolistici, “riorganizzazione” obbligatoria o distruzione di eccesso di capacità produttiva di certe industrie, lo scopo è sempre quello di limitare l'offerta e quindi aumentare i prezzi. Tutto ciò diverrebbe chiaramente impossibile per il singolo Stato all'interno dell'unione: l'intero armamentario di marketing board e altre forme di organizzazioni monopolistiche cesserebbero di essere a disposizione dei governi degli Stati.”

Ma anche rispetto a interferenze meno profonde nella vita economica di quelle che comporta la regolamentazione della moneta e dei prezzi, le possibilità aperte ai singoli Stati sarebbero pesantemente limitate. Se è vero che gli Stati potrebbero ancora esercitare un controllo sulla qualità delle merci e dei metodi di produzione impiegati, non dev'essere trascurato che, posto che lo Stato non possa vietare l'ingresso di merci prodotte in altre zone dell'unione, ogni obbligo posto dalla legislazione statale su una particolare industria la svantaggerebbe seriamente rispetto alle attività simili in altre zone dell'unione. Come è stato dimostrato dall'esperienza nelle federazioni esistenti, anche norme come la restrizione del lavoro infantile diventano difficili da imporre per i singoli Stati.”

“E' anche chiaro che gli stati dell'unione non saranno più in grado di perseguire una politica monetaria indipendente. Con una moneta unica, l'autonomia delle banche centrali nazionali sarà ristretta almeno quanto lo era sotto un rigido gold standarde forse anche di più dal momento che, anche sotto il tradizionale gold standard, le fluttuazioni dei cambi tra paesi erano più ampie di quelle fra diverse parti di uno Stato o di quanto sarebbe comunque desiderabile consentire nell'unione.”

“Inoltre, nella sfera puramente finanziaria, i mezzi per raccogliere tasse sarebbero in qualche modo ridotti per i singoli Stati. Non soltanto la maggiore mobilità fra gli Stati renderebbe necessario evitare ogni sorta di tassazione che possa indurre il capitale o il lavoro a spostarsi altrove, ma insorgerebbero difficoltà anche con parecchie forme di tassazione indiretta.”

“Non intendiamo intrattenerci oltre su queste limitazioni che una federazione imporrebbe sulla politica economica degli Stati membri: probabilmente l'effetto generale è stato sufficientemente chiarito da quanto si è detto. In effetti è probabile che la prevenzione di elusioni della normativa fondamentale in materia di libera circolazione di persone, merci e capitali renda desiderabili restrizioni federali alla libertà degli Stati membri ancora più incisive di quanto si è fin qui ipotizzato e una ulteriore limitazione della possibilità di azioni indipendenti.

E qui arriva il punto cruciale del ragionamento: La pianificazione o la direzione centrale dell'economia presuppongono l'esistenza di ideali e valori comuni; il grado in cui questa pianificazione può essere realizzata dipende dalla misura in cui è possibile ottenere o imporre un accordo su questa scala di valori comuni.”




7. Per chi avesse dei dubbi, poi, sulla connessione tra il pensiero sostanziale di Hayek e quello einaudiano (a parte l'evidente cerniera della figura di Bruno Leoni), basti rammentare che lo stesso Einaudi fu tra i soci della prima ora della Mont Pelerin Society (appunto insieme allo stesso Leoni), associazione legata sì alla Scuola austriaca, ma con ampie connessioni con gli stessi ordoliberisti ed ambienti statunitensi di ispirazione liberal-liberista (per capirci al di là delle distinzioni crociane). Questi, oltre ai due italiani appena menzionati, alcuni dei soci fondatori eminenti:
Maurice Allais
Salvador de Madariaga
Walter Eucken
Milton Friedman
Friedrich August Von Hayek
Bertrand de Jouvenel
Frank H. Knight
Walter Lippman
Ludwig von Mises
Michael Polanyi
Karl Popper
Wilhelm Roepke
George Joseph Stigler
Rimarrebbe da analizzare quanta parte del pensiero federalista (preesistente alla prima guerra mondiale con una continuità di cui abbiamo mostrato l'evidenza) e, - per naturale evoluzione geo-politica in sede continentale-, ordoliberista, sia risultato prioritariamente costitutivo dell'assetto dei trattati succedutisi dagli anni '50 (si può anche facilmente ricostruire la continuità evolutiva tra costruzione europea, Mont Pelerin, e la stessa pan-european society di Kalergy, alla quale fu significativamente associato lo stesso Konrad Adenauer, che insieme a Einaudi e a De Gasperi è pacificamente riconosciuto come padre fondatore dell'originario nucleo della costruzione europea).
E lo diciamo in relazione all'articolo di Paolo Pini e Alessandro Somma, che non appare cogliere questo fondamentale aspetto: al riguardo ci pare sufficiente rinviare, per ora, al post "Verso la schiavitù" verificando il ruolo di soluzioni apparentemente "sociali" (in specie le tutele dell'ambiente e del consumatore e della piena occupazione neo-classica, cioè deflazionista) che, in realtà, dissimulano delle interpolazioni dei relativi diritti costituzionali "sociali", per privilegiare esclusivamente il ruolo "residuale" dello Stato nella regolazione del libero mercato (tanto più se assunto a istituzione massima "sovrana", quale ordine internazionale dei mercati).
Ma, ci riserviamo di approfondire questi aspetti in un secondo momento.


8. A conclusione di questo excursus chiarificatore, (sintetico, ma confermabile con qualsiasi ulteriore approfondimento delle fonti), possiamo perciò riprodurre lo splendido commento riassuntivo di Bazaar al precedente post, che nella sua eloquente capacità riassuntiva dovrebbe apparire ancora più nitido:


"Francamente non capisco il senso: Einaudi, a differenza di Spinelli, sapeva quello che diceva. Era una figura assolutamente contigua - anche per spessore - ai grandi reazionari antidemocratici e antisocialisti che auspicavano un ordine liberale del mercato e i rapporti di classe conseguenti.

A inventare "famo l'Europa grande perché fuori c'è la Cina" è, in effetti, un frame nazieuropeista di cui il neoliberista Einaudi è stato il primo spin doctor.

Non credo neanche che a Einaudi avrebbe fatto "ribrezzo" Monti, se non per la patente scarsa intelligenza: avrebbe, invece, provato una sincera simpatia per Draghi, che è di tutt'altra pasta e, non a caso, Luigino viene citato spesso dal nostro nasuto "vile affarista" (Cossiga riteneva che Marietto avesso un sensibile "fiuto" per gli affari).

Ma il punto che non mi sembra chiaro è: che differenza c'è tra il capitalismo sfrenato della dittatura finanziaria e il "liberismo [...] concorrenziale e produttivo [che parte] dal piccolo"?

Provo a risponderti io: il primo è la realtà intorno a noi e la naturale conseguenza del "liberismo" da secoli, poco prima che vada tutto in vacca e si contino i morti. Il secondo si trova solo nei libri di testo del primo anno.

L'EURSS è solo il passo necessitato prima delle liberalizzazioni:

a) fase uno: propugnare il federalismo per la pace dei popoli facendo la guerra alla Russia e alla Cina

b) fase due: abbatti dogane e frontiere per il superstato federale e ti ritrovi il liberoscambio sfrenato, ingestibile e incontrollabile dalle comunità sociali sovrane (chiamate "Stati")

c) fase tre: il potere "disperso" dalle comunità sociali viene raccolto tramite un sistema di "scatole cinesi" in qualche consiglio di amministrazione con sede all'isola di White (in cui i banchieri da ggiovani ballavano nudi).

d) fase quattro: il liberoscambismo, con l'apporto degli usuali vincoli esterni (euro, gold standard, Marina Britannica, Bomba atomica Yankee, ecc.), deindustrializza tramite i vantaggi comparati, rende il mercato vulnerabile agli shock asincroni, risolve gli sbilanci con austerità e spirali deflattive, e liberalizza il liberalizzabile: il liberismo segue, quindi, il liberoscambismo dell'EURSS.

e) fase cinque: tutto viene privatizzato in favore della classe dominante dei Paesi dominanti.

Questo è l'ideologia di cui era portatore Einaudi, e di quell'odiatore di piccole imprese e sindacati di Spinelli: lo Stato, espressione di volontà collettiva, va distrutto.
"


ADDENDUM: pare utile incorporare nel post il commento di Arturo che, su temi specifici come la moneta unica, che elimina inflazione e flessibilità del cambio, nonchè la connessa libera circolazione dei capitali, ci riporta il diretto pensiero di Einaudi.
Notare che l'inflazione, legata al fattore dell'emissione di moneta - evidentemente abbracciando, come già Hayek e Roepke, le teorie monetariste, poi poste alla base dello SME e del trattato di Maastricht-, fa formulare a Einaudi, nel 1944, la locuzione "la peggiore delle imposte" ("gravante assai più sui poveri che sui ricchi"), che verrà poi, ai nostri giorni, fatta propria dalle forze politiche e mediatiche sostenitrici dell'euro, con un "misterioso" accoglimento di tale formula a sinistra (nonostante la notoria immediata critica che di tale "mutamento di prospettiva" farà subito Federico Caffè):

"E' una citazione notissima, comunque ripetiamola:
“Il vantaggio del sistema [di una moneta unica europea] non sarebbe solo di conteggio e di comodità nei pagamenti e nelle transazioni interstatali. Per quanto altissimo, il vantaggio sarebbe piccolo in confronto di un altro, di pregio di gran lunga superiore, che è l’abolizione della sovranità dei singoli stati in materia monetaria. Chi ricorda il malo uso che molti stati avevano fatto e fanno del diritto di battere moneta non può avere dubbio rispetto alla urgenza di togliere ad essi cosiffatto diritto. Esso si è ridotto in sostanza al diritto di falsificare la moneta (Dante li avrebbe messi tutti nel suo inferno codesti moderni reggitori di stati e di banche, insieme con maestro Adamo) e cioè al diritto di imporre ai popoli la peggiore delle imposte, peggiore perché inavvertita, gravante assai più sui poveri che sui ricchi, cagione di arricchimento per i pochi e di impoverimento per i più, lievito di malcontento per ogni classe contro ogni altra classe sociale e di disordine sociale. La svalutazione della lira italiana e del marco tedesco, che rovinò le classi medie e rese malcontente le classi operaie fu una delle cause da cui nacquero le bande di disoccupati intellettuali e di facinorosi che diedero il potere ai dittatori. Se la federazione europea toglierà ai singoli stati federati la possibilità di far fronte alle opere pubbliche col gemere il torchio dei biglietti, e li costringerà a provvedere unicamente colle imposte e con i prestiti volontari, avrà, per ciò solo, compiuto opera grande. Opera di democrazia sana ed efficace, perché i governanti degli stati federati non potranno più ingannare i popoli, col miraggio di opere compiute senza costo, grazie al miracolismo dei biglietti, ma dovranno, per ottenere consenso a nuove imposte o credito per nuovi prestiti, dimostrare di rendere servigi effettivi ai cittadini.” (L. Einaudi, I problemi economici della federazione europea, saggio scritto per il Movimento federalista europeo e pubblicato nelle Nuove edizioni di Capolago, Lugano, 1944 ora in La guerra e l’unità europea, Milano, Edizioni di Comunità, 1950, pagg. 81-82).

Nelle Prediche inutili afferma (la citazione è talmente nota da essere riportata anche su wiki)
"Gli esportatori illegali di capitale sono benefattori della Patria, perché i capitali scappano quando i governi dissennati e spendaccioni li dilapidano, e allora portandoli altrove li salvano dallo scempio e li preservano per una futura utilizzazione, quando sarà tornato il buon senso."

Insomma, cambio fisso, pareggio di bilancio e libertà di circolazione dei capitali. Quanto gli stava antipatica la finanza! :) "





Pubblicato da Quarantotto a 12:57 14 commenti: Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest
 

mototopo

Forumer storico
31lug 15
Monti ha salvato *il* Paese






Monti ha salvato *il* Paese

Non so quante volte ho sentito dire la frase che ho deciso di usare come titolo di questo articolo.
Dal conoscente, al tizio al bar, all’amico (sic!) passando naturalmente ai personaggi più o meno noti.
Per citarne uno, Casini, il 22 feb 2013 twittò:
PierferdinandoCasini: Il @SenatoreMonti ha agito per gli italiani, ha salvato il Paese e allontanato lo spettro default. http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=Kg16lbxTmWA … #votoUDC
Questo “salvataggio” dalla catastrofe “dietro l’angolo” è considerato vero dalla stragrande maggioranza degli italiani (sempre meno, almeno intorno a me).
Ma in buona sostanza “da cosa” e “come” ci ha salvati il Senatore a vita?
Facciamo un passo indietro.
È l’autunno del 2011, al Governo c’è Silvio Berlusconi, eletto dal popolo italiano (attenzione, non è un dettaglio).
Premessa necessaria: se pensate che io sia Berlusconiano, chiudete qui e andate alla festa dell’unità.
A me come intellettuale, concedetemi il termine, interessano i fatti e se li scrivo su ilgiornale.it è perché qui mi hanno concesso spazio.
Se scrivo cose errate, segnalatemele e correggerò volentieri.
Se, invece, fate parte di quella categoria di grandi pensatori secondo i quali conta solo dove scrivi, e non cosa scrivi, chiudete questa finestra e resteremo sconosciuti come prima.
Ulteriore premessa: se è vero quanto illustrerò di seguito sullo stato di salute della non ancora moribonda economia italiana alla vigilia di quel fatidico novembre 2011 e dell’avvento del governo tecnico che ne determinerà l’inesorabile crollo, il futuro del Paese era stato già minato nel 1992 con l’adesione al Trattato di Maastricht e l’accettazione dei pesanti vincoli in esso sanciti, per essere poi definitivamente compromesso nel 1996, con l’accelerazione verso l’unione monetaria e la fissazione del cambio fra le valute dei paesi che sarebbero poi confluiti nell’eurozona (per approfondire).
In questo contesto, un’analisi storica obiettiva non può che portare a riconoscere la assoluta omogeneità, sulle questioni politiche essenziali e di fondo, delle due coalizioni alternatesi in quel periodo al governo dell’Italia, omogeneità solo dissimulata attraverso i litigi e gli insulti dei rappresentanti delle due coalizioni. Omogeneità discendente dall’accettazione di un “vincolo esterno”, quello dei Trattati europei, che ha reso le nostre istituzioni nazionali mere esecutrici di decisioni prese altrove, dalle burocrazie europee, imposte dalle lobby, decisioni fondate su ideologie elaborate al di fuori dei nostri centri politici e culturali ed assolutamente antitetiche al modello economico sociale delineato nella nostra Costituzione (per approfondire)
È pur vero che in tale contesto, i passi avanti determinanti nel processo di europeizzazione/globalizzazione (e di sospensione della Costituzione) sono stati effettuati da governi targati centro-sinistra, o governi tecnici riferibili comunque a quell’area, popolata da “banchieri” capaci di agire “al riparo dal processo elettorale“.
(A pagina 440-41 di questo libro
Federico Rampini chiede a Mario Monti: “Perché la Commissione europea ha accettato di diventare il capro espiatorio su cui scaricare l’impopolarità dei sacrifici?”

Risposta di Monti: “Perché, tutto sommato, alle istituzioni europee interessava che i Paesi facessero politiche di risanamento. E hanno accettato l’onere dell’impopolarità ESSENDO PIU’ LONTANE, PIU’ AL RIPARO, DAL PROCESSO ELETTORALE. Solo che questo un po’ per volta ha reso grigia e poi nera l’immagine dell’Europa presso i cittadini”.)
Il cavaliere di Arcore, infatti, allorquando la sua popolarità veniva minacciata dagli scandali giudiziari, si mostrava non troppo solerte nell’adozione sfacciata di misure economiche che ne avrebbero potuto compromettere la popolarità. Tant’è che nell’agosto del 2011 il tentennamento nell’ottemperare alle richieste “pinochettiane” contenute nella famosa lettera della BCE , determinò l’escalation che porterà al panico da spread ed alle sue dimissioni: per la macelleria sociale è più adatto un sobrio signore in Loden che un pregiudicato dai facili costumi. Ma su questo tornerò più avanti.
Proseguiamo.
Piazziamo qualche paletto al fine di capire come stava andando il Paese con Silvio Berlusconi e come ci ha salvato Mario Monti.
Berlusconi lascia il 12 novembre 2011.
Quando si dimette abbiamo il quadro seguente:

La disoccupazione è intorno all’8%
La disoccupazione giovanile è al 29%
Il rapporto Debito/PIL è al 119% circa
Il tasso di crescita del PIL è dello 0,4%
Le città sono tappezzate di questi manifesti

Tre giorni prima, il 9 novembre 2011, lo spread, di cui fino ad allora quasi nessuno aveva sentito parlare, dopo essere salito continuamente nelle settimane precedenti, toccò il suo top storico chiudendo a 552 (dopo aver raggiunto 574)
La stampa italiana ed internazionale attribuisce la causa della salita dello spread alla scarsa credibilità internazionale di Berlusconi che a casa sua dà festini con escort, probabilmente anche minorenni, frequenta Putin, fa cù-cù alla Merkel etc. etc.
Il Sole 24 ore spara un titolo che resterà nella storia: FATE PRESTO (a cacciare Berlusconi, si intende).

E così avvenne.
Berlusconi abbiamo detto salì al colle da Napolitano il 12 novembre 2011.
Con lo spread puntato alla tempia si dimise.
Per amore di verità, a mio avviso lo fece anche e soprattutto per tutelare i suoi interessi personali, nello specifico le sue aziende, da un imponente attacco speculativo (da parte di chi?)
Ecco alcuni titoli dei quotidiani del 10 novembre 2011:
http://www.lastampa.it/2011/11/10/economia/mediaset-crollae-il-biscione-intima-l-alt-a-silvio-7z9zHtXiQIX80DFpeSaldK/pagina.html

http://www.iltempo.it/politica/2011/11/10/tonfo-mediaset-perde-il-12-04-1.63454

Altri titoli sul crollo delle aziende del cavaliere li trovate qui: https://www.google.it/webhp?sourceid=chrome-instant&ion=1&espv=2&ie=UTF-8#q=mediaset+tonfo+2011
Ma restiamo ai dati del Paese.
Berlusconi si dimette con il quadro economico che avete appena letto, e deve farlo presto perché l’Italia è sull’orlo del fallimento e potrebbe essere commissariata dalla Troika.
Il Professor Monti viene nominato Senatore a vita dal Presidente Napolitano il 9 novembre 2011 e presta giuramento come Presidente del Consiglio il 16 novembre 2011, sempre del 2011.
La stampa italiana, all’unisono, accoglie il Professor Monti come un dio sceso in terra, tornato appositamente per salvare il paese dal baratro verso cui il Governo Berlusconi IV lo stava spingendo.


L’unità titola “LA LIBERAZIONE”

Monti con l’appoggio di quasi tutto il parlamento, le eccezioni sono davvero pochissime, incomincia la sua opera di “risanamento dei conti pubblici”, opera fatta di tasse, tagli, aumenti di benzina e imposte, e sacrifici di ogni genere che gli italiani devono sopportare per evitare il peggio, la catastrofe, il terzo mondo ad un passo.
Indimenticabile il pianto di Elsa Fornero all’annuncio della “riforma” delle pensioni.
Riforma successivamente giudicata incostituzionale.
La stampa internazionale loda il Professor Monti.
The Economist definì l’azione del governo di Mario Monti «impressionante» e aggiunse «in tre mesi ha salvato l’Italia dalla catastrofe».
La rivista ritrae Monti in toga che raddrizza una colonna sulla cui cima oscilla, pericolosamente, l’Italia.


Mario Monti ha svolto alla perfezione il suo compito: Ha salvato il paese.
Il Professore acclamato ha ricevuto il plauso da parte di tutti i media nazionali e dichiara che “Evitato il tracollo, l’italia crescerà dal 2013

ora-la-crescita.jpg

Il 21 dicembre 2012, dopo poco più di un anno, Monti si dimette.
E allora osserviamo questo “salvataggio”.
Ricordiamo com’era messa l’Italia quando Monti l’ha presa?
Disoccupazione intorno all’8%
Disoccupazione giovanile al 29%
Rapporto Debito/PIL al 119% circa %
Tasso di crescita del PIL dello 0,4%
Ecco il risanamento di un anno di Mario Monti, alla data delle sue dimissioni:
Disoccupazione passa dall’8% all’11,4%
Disoccupazione giovanile passa dal 29% al 38%
Rapporto Debito/PIL passa dal 119% al 126,5%
Tasso di crescita del PIL passa dal +0,4% al – 2,4%
Un salvataggio in piena regola, no?
Il sole 24 ore a Marzo 2013 titola: Istat conferma il crollo del Pil italiano: -2,4% nel 2012
Ma è il 2012, Monti ha detto che l’Italia ripartirà nel 2013.
tonfo-monti.png

La vedete l’Italia come riparte nel 2013?
Oddio… a me pare proprio di no.
Nel 2008 il c’è stato il crac della Lehman Brothers che ha avuto conseguenze devastanti per tutte le economie principali.
L’Italia, come gli altri paesi, prese una cantonata pazzesca, ma il grafico mostra, inequivocabilmente, che stava risalendo la china.
Poi, è arrivato Mario Monti a “salvarla” dal default dietro l’angolo.
Lo vedete il salvataggio?
Il PIl italiano cede di circa 4 punti in un anno. Un disastro simile al crollo del 2008.
La domanda nasce spontanea: cosa è successo?
È successo che le politiche imposte da Monti hanno distrutto la domanda interna col solo scopo di ripianare la bilancia commerciale squilibrata dall’euro.
(Il perché ho provato a spiegarlo a Beppe Servegnini qui. Se preferite l’impatto visivo, fate clic qui. Se avete voglia di capire ancora meglio il perché l’euro strangola l’economia italiana allora potete fare clic qui , qui e qui. Se non volete capire nulla, è un problema vostro.)
In questo senso l’austerità funziona. L’Italia compra prodotti tedeschi perché l’euro li rende convenienti e l’unico modo (restando nell’euro) per far sì che l’italiano la smetta di acquistare prodotti esteri è fare in modo che la smetta di acquistare prodotti. Come? Così:

Il passaggio di questa intervista che Monti rilascia alla CNN dura un minuto, ma se non avete voglia di ascoltarlo sul sito del Governo c’è la trascrizione. Eccola:


Dice, testuale: stiamo effettivamente distruggendo la domanda interna attraverso il consolidamento fiscale.
Non so se abbiate chiara la portata di questa dichiarazione di un Premier che in un rigo viola non so quanti articoli della Costituzione.
Ma quindi? Monti è stato nominato premier perché i fondamentali economici del paese erano messi maluccio, il default era a un passo e in un anno ha peggiorato forse irrimediabilmente la situazione e viene celebrato come il salvatore della patria? Non può essere andata così, direte voi.
E invece mi dispiace, è andata proprio così. Altro discorso è il come ve la hanno raccontata.
L’Italia a un passo dal default è una gigantesca fregnaccia e a dirlo non sono io: lo certifica l’Unione Europea nel suo “Fiscal Sustainability Report”.
Lo trovate qui.
L’Italia non aveva problemi di liquidità a breve, vedi grafico:

e nel lungo periodo era quella messa meglio di tutte, Germania e Francia comprese!


La logica del FATE PRESTO aveva tutto un altro scopo, e ora lo vedrete.
L’austerità, i tagli, e la pressione fiscale al 55% hanno avuto un solo preciso scopo: quello di risanare le banche tedesche e francesi che si erano esposte in modo sconsiderato verso la Grecia.
Ce lo dice in modo incontestabile Il Sole 24 ore, qui
E questo grafico illustra alla perfezione cosa è successo:


Prima dell’arrivo del Professore le banche italiane erano esposte verso la Grecia per appena 6,86 miliardi di euro e lo Stato italiano per ZERO miliardi, mentre le banche tedesche avevano crediti per 45 miliardi di euro e quelle francesi per quasi 80!
A settembre 2014 le banche francesi sono rientrate di quasi tutta la somma, quelle tedesche di oltre 30 miliardi. E chi si è accollato i debiti?
Indovinate un po’?
Risposta esatta! Noi.
Lo Stato italiano che era esposto 0 (zero) verso la Grecia ora è esposto per 40 miliardi! 40 miliardi che sono serviti non a salvare la Grecia ma a salvare le banche tedesche e francesi.
Altro che “catastrofe imminente” e “fate presto!”
Quando Francia e Germania hanno capito che la Grecia non avrebbe mai potuto restituire il denaro che incautamente le proprie banche le avevano prestato c’è stato un colossale trasferimento di crediti dal bilancio delle banche a quello degli stati. Ecco cosa sono i “Fondi salva stati”. Sono fondi salva banche.
Eravamo messi così male che abbiamo sganciato finora 60 miliardi, di cui più di 40 nell’anno di Monti il Salvatore.
fondo-salva-stati.jpg

Naturalmente se da buoni piddini non vi fidate di quanto sopra, magari potreste fidarvi di lui:
incorporato da Embedded Video



A questo e solo a questo scopo sono servite “le riforme” del Governo di Mario Monti e a questo è servito il successivo Governo Letta, e la linea è la stessa identica con Renzi: salvare l’Euro.
Ecco qui, ve lo dice pure lei:
incorporato da Embedded Video


Salvare l’Euro.
Degli europei non frega nulla a nessuno.
A questo punto al diversamente informato resta solo una cartuccia che è quella dello spread: “Ok, Alessandro, forse è andata proprio così, ma che Monti abbia fatto calare lo spread è un fatto. E grazie a Monti abbiamo risparmiato un sacco di interessi sui titoli di Stato”
Aiutiamoci con un bel grafico.

Da agosto 2011 lo spread sale, sale, sale e raggiunge il top storico di 552 punti del 9 novembre (giorno in cui il Professor Monti viene nominato senatore a vita).
Lo spread oscilla ma resta sempre altissimo, poi scende, poi risale quasi ai livelli del 9 novembre e poi dal 2012 comincia a scendere, fino a 278 punti.
Accidenti, è vero. Non appena Monti diventa Presidente del Consiglio lo spread cala vistosamente. Quindi dai, non ha salvato il paese ma ha avuto senza dubbio un effetto positivo: ha fatto scendere lo spread.
Ma siamo sicuri sia merito del loden e della voce robotica? Qualcuno di voi crede davvero che gli interessi sui Titoli di Stato di un paese dipendano dai vizi privati di un Presidente del Consiglio?
Io credo dipendano da quanto un paese è solvibile, e cioè in grado di ripagare quei titoli con gli interessi. In buona sostanza, se mi reco in banca a chiedere un prestito di 30.000 € e guadagno 10.000 € al mese, è molto probabile che io sia solvibile, anche se la sera frequento le escort.
Se, invece, non ho un reddito, difficilmente rimborserò quel prestito, anzi, non me lo concederanno.
L’Italia, come abbiamo visto, non aveva alcun problema di solvibilità.
E allora? Perché lo spread cala quando Berlusconi si dimette e arriva Monti?
Ma prima di rispondere a questa domanda, perché non puntate l’occhio a quello che succede allo spread a luglio 2012?
Sorpresa! 537 punti! Che sarà successo? Fabrizio Corona ha immortalato il Professor Monti a mignotte? Monti ha spedito un sms alla Merkel con scritto “Non è vero che sei una culona, sei solo un po’ rotondetta, ma a me piaci così”!?
Insomma, lo spread è tornato ai livelli di quando c’era lo sconsiderato Berlusconi eppure al Governo c’è il Professore in Loden. Perché lo spread sale?
Aiutiamoci con un altro grafico.

Et volià!
Eccolo là, l’unico uomo che ha il potere di far calare lo spread.
Confrontate i due grafici.
Lo spread scende una prima volta quando la BCE acquista titoli di stato, scende dal top storico quando Draghi, a dicembre 2012, lancia l’operazione LTRO e poi scende nuovamente quando Draghi, stanco della speculazione sull’euro dichiara: Whatever it Takes to Save the Euro. Ve lo devo tradurre?
Questi sono i fatti. Per le opinioni vi rimando ai giornalisti.
Come da titolo: Monti ha salvato *il* Paese. Sta a voi capire quale.
[grazie a @gr_grim per alcuni utilissimi grafici]
 

mototopo

Forumer storico
31lug 15
Monti ha salvato *il* Paese






Monti ha salvato *il* Paese

Non so quante volte ho sentito dire la frase che ho deciso di usare come titolo di questo articolo.
Dal conoscente, al tizio al bar, all’amico (sic!) passando naturalmente ai personaggi più o meno noti.
Per citarne uno, Casini, il 22 feb 2013 twittò:
PierferdinandoCasini: Il @SenatoreMonti ha agito per gli italiani, ha salvato il Paese e allontanato lo spettro default. http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=Kg16lbxTmWA … #votoUDC
Questo “salvataggio” dalla catastrofe “dietro l’angolo” è considerato vero dalla stragrande maggioranza degli italiani (sempre meno, almeno intorno a me).
Ma in buona sostanza “da cosa” e “come” ci ha salvati il Senatore a vita?
Facciamo un passo indietro.
È l’autunno del 2011, al Governo c’è Silvio Berlusconi, eletto dal popolo italiano (attenzione, non è un dettaglio).
Premessa necessaria: se pensate che io sia Berlusconiano, chiudete qui e andate alla festa dell’unità.
A me come intellettuale, concedetemi il termine, interessano i fatti e se li scrivo su ilgiornale.it è perché qui mi hanno concesso spazio.
Se scrivo cose errate, segnalatemele e correggerò volentieri.
Se, invece, fate parte di quella categoria di grandi pensatori secondo i quali conta solo dove scrivi, e non cosa scrivi, chiudete questa finestra e resteremo sconosciuti come prima.
Ulteriore premessa: se è vero quanto illustrerò di seguito sullo stato di salute della non ancora moribonda economia italiana alla vigilia di quel fatidico novembre 2011 e dell’avvento del governo tecnico che ne determinerà l’inesorabile crollo, il futuro del Paese era stato già minato nel 1992 con l’adesione al Trattato di Maastricht e l’accettazione dei pesanti vincoli in esso sanciti, per essere poi definitivamente compromesso nel 1996, con l’accelerazione verso l’unione monetaria e la fissazione del cambio fra le valute dei paesi che sarebbero poi confluiti nell’eurozona (per approfondire).
In questo contesto, un’analisi storica obiettiva non può che portare a riconoscere la assoluta omogeneità, sulle questioni politiche essenziali e di fondo, delle due coalizioni alternatesi in quel periodo al governo dell’Italia, omogeneità solo dissimulata attraverso i litigi e gli insulti dei rappresentanti delle due coalizioni. Omogeneità discendente dall’accettazione di un “vincolo esterno”, quello dei Trattati europei, che ha reso le nostre istituzioni nazionali mere esecutrici di decisioni prese altrove, dalle burocrazie europee, imposte dalle lobby, decisioni fondate su ideologie elaborate al di fuori dei nostri centri politici e culturali ed assolutamente antitetiche al modello economico sociale delineato nella nostra Costituzione (per approfondire)
È pur vero che in tale contesto, i passi avanti determinanti nel processo di europeizzazione/globalizzazione (e di sospensione della Costituzione) sono stati effettuati da governi targati centro-sinistra, o governi tecnici riferibili comunque a quell’area, popolata da “banchieri” capaci di agire “al riparo dal processo elettorale“.
(A pagina 440-41 di questo libro
Federico Rampini chiede a Mario Monti: “Perché la Commissione europea ha accettato di diventare il capro espiatorio su cui scaricare l’impopolarità dei sacrifici?”

Risposta di Monti: “Perché, tutto sommato, alle istituzioni europee interessava che i Paesi facessero politiche di risanamento. E hanno accettato l’onere dell’impopolarità ESSENDO PIU’ LONTANE, PIU’ AL RIPARO, DAL PROCESSO ELETTORALE. Solo che questo un po’ per volta ha reso grigia e poi nera l’immagine dell’Europa presso i cittadini”.)
Il cavaliere di Arcore, infatti, allorquando la sua popolarità veniva minacciata dagli scandali giudiziari, si mostrava non troppo solerte nell’adozione sfacciata di misure economiche che ne avrebbero potuto compromettere la popolarità. Tant’è che nell’agosto del 2011 il tentennamento nell’ottemperare alle richieste “pinochettiane” contenute nella famosa lettera della BCE , determinò l’escalation che porterà al panico da spread ed alle sue dimissioni: per la macelleria sociale è più adatto un sobrio signore in Loden che un pregiudicato dai facili costumi. Ma su questo tornerò più avanti.
Proseguiamo.
Piazziamo qualche paletto al fine di capire come stava andando il Paese con Silvio Berlusconi e come ci ha salvato Mario Monti.
Berlusconi lascia il 12 novembre 2011.
Quando si dimette abbiamo il quadro seguente:

La disoccupazione è intorno all’8%
La disoccupazione giovanile è al 29%
Il rapporto Debito/PIL è al 119% circa
Il tasso di crescita del PIL è dello 0,4%
Le città sono tappezzate di questi manifesti

Tre giorni prima, il 9 novembre 2011, lo spread, di cui fino ad allora quasi nessuno aveva sentito parlare, dopo essere salito continuamente nelle settimane precedenti, toccò il suo top storico chiudendo a 552 (dopo aver raggiunto 574)
La stampa italiana ed internazionale attribuisce la causa della salita dello spread alla scarsa credibilità internazionale di Berlusconi che a casa sua dà festini con escort, probabilmente anche minorenni, frequenta Putin, fa cù-cù alla Merkel etc. etc.
Il Sole 24 ore spara un titolo che resterà nella storia: FATE PRESTO (a cacciare Berlusconi, si intende).

E così avvenne.
Berlusconi abbiamo detto salì al colle da Napolitano il 12 novembre 2011.
Con lo spread puntato alla tempia si dimise.
Per amore di verità, a mio avviso lo fece anche e soprattutto per tutelare i suoi interessi personali, nello specifico le sue aziende, da un imponente attacco speculativo (da parte di chi?)
Ecco alcuni titoli dei quotidiani del 10 novembre 2011:
http://www.lastampa.it/2011/11/10/economia/mediaset-crollae-il-biscione-intima-l-alt-a-silvio-7z9zHtXiQIX80DFpeSaldK/pagina.html

http://www.iltempo.it/politica/2011/11/10/tonfo-mediaset-perde-il-12-04-1.63454

Altri titoli sul crollo delle aziende del cavaliere li trovate qui: https://www.google.it/webhp?sourceid=chrome-instant&ion=1&espv=2&ie=UTF-8#q=mediaset+tonfo+2011
Ma restiamo ai dati del Paese.
Berlusconi si dimette con il quadro economico che avete appena letto, e deve farlo presto perché l’Italia è sull’orlo del fallimento e potrebbe essere commissariata dalla Troika.
Il Professor Monti viene nominato Senatore a vita dal Presidente Napolitano il 9 novembre 2011 e presta giuramento come Presidente del Consiglio il 16 novembre 2011, sempre del 2011.
La stampa italiana, all’unisono, accoglie il Professor Monti come un dio sceso in terra, tornato appositamente per salvare il paese dal baratro verso cui il Governo Berlusconi IV lo stava spingendo.


L’unità titola “LA LIBERAZIONE”

Monti con l’appoggio di quasi tutto il parlamento, le eccezioni sono davvero pochissime, incomincia la sua opera di “risanamento dei conti pubblici”, opera fatta di tasse, tagli, aumenti di benzina e imposte, e sacrifici di ogni genere che gli italiani devono sopportare per evitare il peggio, la catastrofe, il terzo mondo ad un passo.
Indimenticabile il pianto di Elsa Fornero all’annuncio della “riforma” delle pensioni.
Riforma successivamente giudicata incostituzionale.
La stampa internazionale loda il Professor Monti.
The Economist definì l’azione del governo di Mario Monti «impressionante» e aggiunse «in tre mesi ha salvato l’Italia dalla catastrofe».
La rivista ritrae Monti in toga che raddrizza una colonna sulla cui cima oscilla, pericolosamente, l’Italia.


Mario Monti ha svolto alla perfezione il suo compito: Ha salvato il paese.
Il Professore acclamato ha ricevuto il plauso da parte di tutti i media nazionali e dichiara che “Evitato il tracollo, l’italia crescerà dal 2013

ora-la-crescita.jpg

Il 21 dicembre 2012, dopo poco più di un anno, Monti si dimette.
E allora osserviamo questo “salvataggio”.
Ricordiamo com’era messa l’Italia quando Monti l’ha presa?
Disoccupazione intorno all’8%
Disoccupazione giovanile al 29%
Rapporto Debito/PIL al 119% circa %
Tasso di crescita del PIL dello 0,4%
Ecco il risanamento di un anno di Mario Monti, alla data delle sue dimissioni:
Disoccupazione passa dall’8% all’11,4%
Disoccupazione giovanile passa dal 29% al 38%
Rapporto Debito/PIL passa dal 119% al 126,5%
Tasso di crescita del PIL passa dal +0,4% al – 2,4%
Un salvataggio in piena regola, no?
Il sole 24 ore a Marzo 2013 titola: Istat conferma il crollo del Pil italiano: -2,4% nel 2012
Ma è il 2012, Monti ha detto che l’Italia ripartirà nel 2013.
tonfo-monti.png

La vedete l’Italia come riparte nel 2013?
Oddio… a me pare proprio di no.
Nel 2008 il c’è stato il crac della Lehman Brothers che ha avuto conseguenze devastanti per tutte le economie principali.
L’Italia, come gli altri paesi, prese una cantonata pazzesca, ma il grafico mostra, inequivocabilmente, che stava risalendo la china.
Poi, è arrivato Mario Monti a “salvarla” dal default dietro l’angolo.
Lo vedete il salvataggio?
Il PIl italiano cede di circa 4 punti in un anno. Un disastro simile al crollo del 2008.
La domanda nasce spontanea: cosa è successo?
È successo che le politiche imposte da Monti hanno distrutto la domanda interna col solo scopo di ripianare la bilancia commerciale squilibrata dall’euro.
(Il perché ho provato a spiegarlo a Beppe Servegnini qui. Se preferite l’impatto visivo, fate clic qui. Se avete voglia di capire ancora meglio il perché l’euro strangola l’economia italiana allora potete fare clic qui , qui e qui. Se non volete capire nulla, è un problema vostro.)
In questo senso l’austerità funziona. L’Italia compra prodotti tedeschi perché l’euro li rende convenienti e l’unico modo (restando nell’euro) per far sì che l’italiano la smetta di acquistare prodotti esteri è fare in modo che la smetta di acquistare prodotti. Come? Così:

Il passaggio di questa intervista che Monti rilascia alla CNN dura un minuto, ma se non avete voglia di ascoltarlo sul sito del Governo c’è la trascrizione. Eccola:


Dice, testuale: stiamo effettivamente distruggendo la domanda interna attraverso il consolidamento fiscale.
Non so se abbiate chiara la portata di questa dichiarazione di un Premier che in un rigo viola non so quanti articoli della Costituzione.
Ma quindi? Monti è stato nominato premier perché i fondamentali economici del paese erano messi maluccio, il default era a un passo e in un anno ha peggiorato forse irrimediabilmente la situazione e viene celebrato come il salvatore della patria? Non può essere andata così, direte voi.
E invece mi dispiace, è andata proprio così. Altro discorso è il come ve la hanno raccontata.
L’Italia a un passo dal default è una gigantesca fregnaccia e a dirlo non sono io: lo certifica l’Unione Europea nel suo “Fiscal Sustainability Report”.
Lo trovate qui.
L’Italia non aveva problemi di liquidità a breve, vedi grafico:

e nel lungo periodo era quella messa meglio di tutte, Germania e Francia comprese!


La logica del FATE PRESTO aveva tutto un altro scopo, e ora lo vedrete.
L’austerità, i tagli, e la pressione fiscale al 55% hanno avuto un solo preciso scopo: quello di risanare le banche tedesche e francesi che si erano esposte in modo sconsiderato verso la Grecia.
Ce lo dice in modo incontestabile Il Sole 24 ore, qui
E questo grafico illustra alla perfezione cosa è successo:


Prima dell’arrivo del Professore le banche italiane erano esposte verso la Grecia per appena 6,86 miliardi di euro e lo Stato italiano per ZERO miliardi, mentre le banche tedesche avevano crediti per 45 miliardi di euro e quelle francesi per quasi 80!
A settembre 2014 le banche francesi sono rientrate di quasi tutta la somma, quelle tedesche di oltre 30 miliardi. E chi si è accollato i debiti?
Indovinate un po’?
Risposta esatta! Noi.
Lo Stato italiano che era esposto 0 (zero) verso la Grecia ora è esposto per 40 miliardi! 40 miliardi che sono serviti non a salvare la Grecia ma a salvare le banche tedesche e francesi.
Altro che “catastrofe imminente” e “fate presto!”
Quando Francia e Germania hanno capito che la Grecia non avrebbe mai potuto restituire il denaro che incautamente le proprie banche le avevano prestato c’è stato un colossale trasferimento di crediti dal bilancio delle banche a quello degli stati. Ecco cosa sono i “Fondi salva stati”. Sono fondi salva banche.
Eravamo messi così male che abbiamo sganciato finora 60 miliardi, di cui più di 40 nell’anno di Monti il Salvatore.
fondo-salva-stati.jpg

Naturalmente se da buoni piddini non vi fidate di quanto sopra, magari potreste fidarvi di lui:
incorporato da Embedded Video



A questo e solo a questo scopo sono servite “le riforme” del Governo di Mario Monti e a questo è servito il successivo Governo Letta, e la linea è la stessa identica con Renzi: salvare l’Euro.
Ecco qui, ve lo dice pure lei:
incorporato da Embedded Video


Salvare l’Euro.
Degli europei non frega nulla a nessuno.
A questo punto al diversamente informato resta solo una cartuccia che è quella dello spread: “Ok, Alessandro, forse è andata proprio così, ma che Monti abbia fatto calare lo spread è un fatto. E grazie a Monti abbiamo risparmiato un sacco di interessi sui titoli di Stato”
Aiutiamoci con un bel grafico.

Da agosto 2011 lo spread sale, sale, sale e raggiunge il top storico di 552 punti del 9 novembre (giorno in cui il Professor Monti viene nominato senatore a vita).
Lo spread oscilla ma resta sempre altissimo, poi scende, poi risale quasi ai livelli del 9 novembre e poi dal 2012 comincia a scendere, fino a 278 punti.
Accidenti, è vero. Non appena Monti diventa Presidente del Consiglio lo spread cala vistosamente. Quindi dai, non ha salvato il paese ma ha avuto senza dubbio un effetto positivo: ha fatto scendere lo spread.
Ma siamo sicuri sia merito del loden e della voce robotica? Qualcuno di voi crede davvero che gli interessi sui Titoli di Stato di un paese dipendano dai vizi privati di un Presidente del Consiglio?
Io credo dipendano da quanto un paese è solvibile, e cioè in grado di ripagare quei titoli con gli interessi. In buona sostanza, se mi reco in banca a chiedere un prestito di 30.000 € e guadagno 10.000 € al mese, è molto probabile che io sia solvibile, anche se la sera frequento le escort.
Se, invece, non ho un reddito, difficilmente rimborserò quel prestito, anzi, non me lo concederanno.
L’Italia, come abbiamo visto, non aveva alcun problema di solvibilità.
E allora? Perché lo spread cala quando Berlusconi si dimette e arriva Monti?
Ma prima di rispondere a questa domanda, perché non puntate l’occhio a quello che succede allo spread a luglio 2012?
Sorpresa! 537 punti! Che sarà successo? Fabrizio Corona ha immortalato il Professor Monti a mignotte? Monti ha spedito un sms alla Merkel con scritto “Non è vero che sei una culona, sei solo un po’ rotondetta, ma a me piaci così”!?
Insomma, lo spread è tornato ai livelli di quando c’era lo sconsiderato Berlusconi eppure al Governo c’è il Professore in Loden. Perché lo spread sale?
Aiutiamoci con un altro grafico.

Et volià!
Eccolo là, l’unico uomo che ha il potere di far calare lo spread.
Confrontate i due grafici.
Lo spread scende una prima volta quando la BCE acquista titoli di stato, scende dal top storico quando Draghi, a dicembre 2012, lancia l’operazione LTRO e poi scende nuovamente quando Draghi, stanco della speculazione sull’euro dichiara: Whatever it Takes to Save the Euro. Ve lo devo tradurre?
Questi sono i fatti. Per le opinioni vi rimando ai giornalisti.
Come da titolo: Monti ha salvato *il* Paese. Sta a voi capire quale.
[grazie a @gr_grim per alcuni utilissimi grafici]
 

mototopo

Forumer storico
La Nuova Via della Seta, “New Deal” cinese: conseguenze economiche e geopolitiche

agosto 1, 2015 Lascia un commento

Global Europe Anticipation Bulletin (GEAB) Global Research, 31 luglio 2015 Gli storici ricorderanno che il presidente cinese Xi Jinping ha lanciato ufficialmente la nuova “Via della Seta” con un discorso di 30 minuti alla Conferenza Economica di Boao sull’isola di Hainan, il 28 marzo 2015, di fronte a 16 capi di Stato o di governo e a circa 100 ministri dei 65 Paesi sulla via, terrestre o marittima di questa nuova rotta commerciale[1]. Per noi, interessati alla previsione politica, che sfida ha lanciato! La Cina suggerisce ciò che immaginiamo il futuro facendo un passo indietro di diversi secoli, anche due millenni. Tale mossa non è assurda, ma un dato di fatto! La forza di nazioni come Russia, Iran, India o Cina deriva dalla loro capacità di pensare al futuro. L’Europa ha una profondità storica, le due guerre mondiali l’hanno incoraggiata a riscoprire l’età prima delle nazioni, di Carlo Magno o anche dell’impero romano. Questo modo di pensare è probabilmente più estraneo agli Stati Uniti che esamineranno il progetto cinese con il peggior sospetto. Tuttavia dovranno convivere con la realtà: l’appetito per questa “resurrezione del passato” degli alleati europei, ma anche di un Paese come Israele [2]; tutti Paesi che hanno appena deciso di aderire all’Asian Infrastructure Investment Bank creata dalla Cina per l’occasione, confermando che il progetto che si basa su un antico passato ha un futuro. Di seguito ci si propone di abbozzare le prevedibili conseguenze dell’iniziativa cinese. Tre elementi vanno identificati con maggiore chiarezza: Parliamo di “Via e Corridoio” del potere cinese? Quali saranno le ripercussioni sul resto dell’Eurasia? Quale sarà l’atteggiamento degli Stati Uniti di fronte a ciò che rappresenta la prima sfida della nuova era, dove apprenderà che il potere è condiviso.
65 Paesi, 4,4 miliardi di persone, 63% della popolazione mondiale, sono interessati dalla Nuova Via della Seta. Per il momento questi Paesi rappresentano solo il 29% della produzione mondiale, ma siamo solo all’inizio di un riequilibrio globale intorno l’Eurasia. La Cina prevede che entro 10 anni le sue relazioni commerciali con i Paesi lungo ciò che definisce “Via e Corridoio” dovrebbero più che raddoppiare a 2,5 trilioni di dollari. La Cina ha inviato un segnale molto forte: in un momento in cui la sua crescita economica rallenta, non ha scelto di stimolare la propria economia attraverso la spesa militare, giustificando una possibile “guerra fredda” con gli Stati Uniti[3]. Ha scelto diplomazia e commercio per riequilibrare: per dipendere meno dal rapporto economico transatlantico, sembra debba rafforzare varie relazioni “in occidente”. E’ questione letteralmente di ridiventare “Il Regno di Mezzo”[4]. Per raccogliere i capitali necessari per la nuova gigantesca infrastruttura viaria economica, la Cina ha lanciato l’Asian Infrastructure Investment Bank con 52 Paesi partecipanti, tra cui le nove principali economie europee. Il capitale iniziale doveva originariamente essere di 100 miliardi di dollari, ma dato l’afflusso di adesioni, sarà più alto. La Cina ha già fatto sapere che, per attirare gli investimenti, il diritto di veto sarà dato dal Consiglio di Amministrazione (a differenza degli Stati Uniti nelle istituzioni finanziarie di Bretton Woods). Tuttavia, cerchiamo di non avere illusioni, la Cina, attingendo dall’immemorabile esperienza diplomatica, troverà tutti i mezzi indiretti per controllare la banca di investimento pubblico di cui ha preso l’iniziativa[5]. Il Paese intende approfittare di una situazione favorevole per promuovere i propri interessi: la Russia ha bisogno del suo sostegno se vuole resistere alla resa dei conti con gli Stati Uniti sul futuro dell’Ucraina. E l’Unione europea è seriamente tentata dall’aumento degli investimenti cinesi in Europa, per uscire dalla crisi[6]. Tuttavia, non si sopravvaluti la posizione di forza della Cina. Avendo accumulato enormi riserve di dollari, sente, data la fragilità dell’economia statunitense, la necessità di diversificare il proprio patrimonio. Investire parte delle riserve di valuta in un progetto importante come la “Nuova Via della Seta” corrisponde a un bisogno. D’altra parte nella lotta diplomatica che la mette contro gli Stati Uniti, la Russia non è totalmente dipendente dalla Cina: non solo può contare sul suo deterrente nucleare, ma anche sul supporto, diretto o indiretto, di India, Iran e Turchia. Infine, ricordiamo con cura che la Cina è una potenza finanziaria lungi dall’essere sufficiente negli investimenti su due continenti e quattro mari. Il progetto “Via e corridoio” avrà successo solo se i gruppi regionali v’investiranno massicciamente[7]. Dal punto di vista dell’UE ciò solleva la questione di sapere cosa seguirà il Piano Juncker. La Banca europea per gli investimenti e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo svolgeranno un ruolo sempre più importante nei prossimi anni permettendo all’Europa di fare la sua parte nella “Nuova Via della Seta”.
L’Unione europea è a un bivio. La crisi ucraina diventa un handicap se continua: non solo le sanzioni economiche imposte alla Russia influenzano negativamente l’economia europea, ma sempre più opportunità di investimenti vanno persi in Asia centrale, e l’Unione rischia di dividersi tra un campo atlantista e uno desideroso di accordarsi con la Russia. A dire il vero non c’è altra via che il rafforzamento degli accordi di Minsk. E per evitare una crisi infinita, la Germania gradualmente sostanzierà il pilastro europeo dell’Alleanza atlantica, abbastanza da influenzare gli Stati Uniti ed uscire dalla crisi. Il modo in cui i Paesi europei si sono gettati sull’Asian Infrastructure Investment Bank conferma il riequilibrio verso l’Eurasia dal legame transatlantico, l’equivalente europeo del movimento cinese dal transpacifico alla “Nuova Via della Seta” che potrebbe avvenire rapidamente. La mappa che si dispiega davanti ai nostri occhi è affascinante per uno storico abituato a pensare come Fernand Braudel, storico del Mediterraneo e del capitalismo, su un approccio “a lungo termine”: dal punto di vista cinese, la Via di terra parte da Xian, passando per Bishkek, Tashkent, Teheran, Ankara, Mosca, Minsk prima di raggiungere Rotterdam, Anversa, Berna e Venezia. L’antica città dei Dogi è all’estremità occidentale della Via marittima che passa da Atene, Cairo, Gibuti, Nairobi, Colombo, Kuala Lumpur, Singapore (con un ramo verso Jakarta), Hanoi, Hong Kong e Fuzhou terminando a Hangzhou. La Cina dunque si offre di riaprire un collegamento commerciale vecchio di 2000 anni, e di proporre, a differenza della visione fatalista di Huntington, un vero dialogo tra le civiltà confuciana, indiana, persiana, turca, araba, africana orientale, cristiana ortodossa e le zone d’influenza occidentali. Gli attori della globalizzazione policentrica, gli eredi degli imperi cinese, mongolo, persiano, russo, ottomano, arabo, bizantina, romano-germanico, francese e inglese hanno l’affascinante possibilità di vivere finalmente una storia comune e pacifica. Va prestato attenzione, nell’equilibrio dell’Eurasia, a che all’India sia sempre ricercata e meglio integrata nelle nuove reti che la Cina attualmente pianifica. Francia e Germania, con il resto dell’Unione europea, ha una carta naturale da giocarvi, anche importante dal punto di vista dei loro interessi a lungo termine: questa “Nuova Via della Seta” sarà utile ai Paesi interessati basandosi sull’equilibrio di forze. Il riavvicinamento con l’India è un vantaggio prezioso da fare pesare su Russia e Cina. Inoltre, permette di rimanere in linea con la logica BRICS, una logica a cui la Via della Seta non appartiene al momento, mentre il dinamismo cinese e l’esigenza russa di neutralizzare l’influenza degli USA in Asia centrale favoriscono la Shanghai Cooperation Organization. Il progetto cinese di “Nuova Via della Seta” è reso possibile dalla nuova età organizzativa, dove Internet è una delle manifestazioni più eclatanti. I leader cinesi hanno sicuramente capito più velocemente degli omologhi europei che la rivoluzione informatica ha fatto esplodere la vecchia opposizione geopolitica tra potenze continentali e marittime.
Attraversata da treni ad alta velocità, chiamata a dipendere sempre meno dalla concentrazione geografica delle proprie risorse energetiche, l’Eurasia è in procinto di diventare uno “spazio liquido”[8]. La Nuova Via della Seta può, senza esagerare, essere considerata un doppio asse “liquido” rientrando negli stessi criteri di analisi. Ovviamente, un tale sviluppo avrà le sue zone d’ombra. Gli “spazi liquidi” potrebbero essere infestati da pirati, già numerosi su Internet. Pepe Escobar su Asia Times online chiama da tempo “guerra liquida” [9] il modo in cui gli Stati Uniti contribuiscono a distruggere Stati come Iraq, Libia o Ucraina. Tuttavia, cerchiamo di misurare il cambiamento in atto e gli immensi cambiamenti all’orizzonte per l’Unione europea, la cui missione non è più costruire questo “piccolo promontorio del continente asiatico”, di cui Paul Valéry parlava, ma di organizzare una tripla connessione: euro-atlantica, euro-africana ed eurasiatica…
Note
[1] Die Welt, 30/03/2015
[2] Japan Times, 04/01/2015
[3] Mentre nel 2010, la Cina decise di ridurre la spesa militare (fonte: Wikipedia), le tensioni tra occidente e nazioni emergenti, espressasi nel 2014 con la crisi ucraina, tuttavia portarono ad aumentarle del 12,2% lo scorso anno e al 10% annunciato per il 2015. Detto questo, in percentuale sul PIL, metodo abitualmente scelto per misurare le spese militari di un Paese (ricordiamo che gli Stati Uniti chiedono ai membri della NATO di contribuire per il 2% del PIL al bilancio dell’Alleanza), la quota di questa spesa è più o meno stabile, intorno al 2,1% (gli Stati Uniti spendono oltre il 4%), tenendo conto del fatto che il PIL della Cina è aumentato di quasi il 7% quest’anno. Un altro sembra dire che la Cina aumenta la spesa militare in modo ragionevolmente possibile e ciò nel contesto della sua apertura al mondo, dov’è costretta ad essere più trasparente co una serie di spese occulte che indubbiamente, semplicemente con questo processo, emergono allo scoperto. Ma il bilancio totale delle spese militari non supera i 95 miliardi di euro rispetto ai 460 miliardi degli Stati Uniti, sapendo che tale somma è in gran parte dedicata al mantenimento di un enorme forza militare (2,1 milioni), e che la quota dedicata all’acquisto di attrezzature è tanto più ridotta (fonte: Deutsche Welle, 03/04/2015). Questi fattori portano il nostro team a considerare che, contrariamente a ciò che i media occidentali vorrebbero farci credere, la Cina non è militarmente aggressiva.
[4] Michel Aglietta/Guo Bai, La voie chinoise. Capitalisme et empire, Paris, Odile Jacob, 2012
[5] François Godement, Que veut la Chine?, Paris, Odile Jacob, 2012
[6] Claude Meyer, La Chine banquier du monde, Fayard, Paris 2014
[7] Eurasia Review, 30/03/2015
[8] Ho preso in prestito questo concetto da John Urry, Global complexity 2000
[9] Pepe Escobar, Globalistan: come il mondo globalizzato si dissolve nella guerra liquida 2007
Copyright © 2015 Global Research
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
Share this:

Clicca per stampare (Si apre in una nuova finestra)
Clicca per inviare l'articolo via mail ad un amico (Si apre in una nuova finestra)
19Condividi su Facebook (Si apre in una nuova finestra)19
1Clicca per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)1
Clicca per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
Clicca per condividere su Reddit (Si apre in una nuova finestra)
Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra)
Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
Clicca per condividere su Pocket (Si apre in una nuova finestra)
Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra)







Filed under Eurasia, Geopolitica Tagged with accordi commerciali, accordi internazionali, accordi petroliferi, AIIB, anti-egemonia, anti-egemonismo, antiatlantismo, antimperialismo, Arctic Silk Road, Asia meridionale, Asia orientale, Asian Infrastructure Investment Bank, Banca BRICS, Banca di Cina, Beijing, Blocco antiegemonico, Blocco BAO, blocco eurasiatico, Brics, Cina, Cina e Russia, Cina-India, CNPC, Collective Security Treaty Organization, CSTO, diplomazia, diplomazia energetica, economia, economia internazionale, economia mondiale, economia politica, economia regionale, equilibrio mondiale, Estremo Oriente, EurAsEC, eurasia, Eurasian Trade Zone, eurasiatismo, Federazione Russa, Gas, gasdotti, gasdotto, Gazprom, geo-comunicazioni, geo-energia, geo-energie, geo-influenza, geo-risorse, Geoeconomia, geoenergia, geofilosofia, geografia, geoinfluenza, Geopolitica, georisorse, Geostrategia, Giacimenti, giacimenti di idrocarburi, Giappone, globalizzazione, India, industria dell'energia, industria della difesa, industria petrolifera, Iran, Islambad, Kazakhstan, Kazakistan, Kirghizistan, mercato mondiale, mondializzazione, Mondo Multipolare, Mongolia, Mosca, multipolarismo, Narendra Modi, NBS, NDB, nti-egemonia, Nuova Banca di Sviluppo, Nuova Via della Seta, Nuovo ordine mondiale, OCS, oleodotti, oleodotto, oleogasdotti, oleogasdotto, Organizzazione della Cooperazione di Shanghai, Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, Pacifico-Asia, Paesi BRICS, Pakistan, Patto di Shanghai, Pechino, Petrolio, petrolio energia, Politica della difesa, politica della sicurezza, politica economica, politica energetica, politica industriale, politica internazionale, politica mondiale, politica regionale, relazioni economiche, relazioni estere, relazioni industriali, relazioni internazionali, Repubblica Popolare Cinese, Repubblica Popolare di Cina, RIC, risorse di idrocarburi, risorse energetiche, risorse finanziarie, Rosneft, Russia, Russia e Cina, Russia-India, SCO, sfera d'influenza, Shanghai, Shanghai Cooperation Organization, Siberia, Silk Road Belt, sistema bancario, sistema finanziario, sistema internazionale, sovranismo, sovranità, strategia, Tadjikistan, Tagikistan, UEE, Unione dello Spazio Economico, unione economica eurasiatica, Unione Eurasiatica, Unione Indiana, Uzbekistan, Via della Seta Marittima, Vladimir Putin, Xi Jinping


La Russia abbatte il golpe furtivo degli USA

agosto 1, 2015 Lascia un commento

Tony Cartalucci New Eastern Outlook 31/07/2015 Sono tempi duri per l’industria della “rivoluzione colorata” degli USA. Perfezionato in Europa orientale dopo la caduta dell’Unione Sovietica e affinato durante la cosiddetta “primavera araba”, il processo di sovversione di un Paese per rovesciarne il governo con la copertura di proteste di massa inscenate sembra essere finalmente alla fine. Ecco perché negli Stati Uniti non è più possibile nascondere il fatto che dietro a tali proteste, che spesso anche nascondono il ruolo di elementi armati infiltrati segretamente, si dia l’ultima spinta ai governi presi di mira. La nazioni hanno imparato ad identificare, denunciare ed opporsi a tale tattica, e come con Adolf Hitler e la tattica del regime nazista della Blitzkrieg, una volta individuate le contromisure appropriate, l’efficacia dell’assalto travolgente, militare o politico, viene neutralizzata. Ciò s’è recentemente visto in Armenia durante le cosiddette proteste “Erevan Elettrica”. Erevan è la capitale dell’Armenia ed “elettrica” è in riferimento alla presunta motivazione dei manifestanti, l’aumento dei prezzi della luce. Le “rivoluzioni colorate” sono sempre iniziate con una motivazione apparentemente legittima, che rapidamente diventava politica scartando molte richieste legittime, le precedenti richieste pratiche, per concentrarsi quasi esclusivamente sul “cambio di regime”. Gli agitatori armeni che guidano Erevan “elettrica” neanche se ne rendono conto, usando la maggior parte del loro slancio iniziale nel tentativo di convincere il mondo che non sono un’altra sommossa appoggiata dagli USA.
Il colpo di Stato furtivo
Nikol Pashinjan e il suo partito “Contratto civico” sono nettamente appoggiati dagli USA. Così molti trovato sospetto che ne sia la voce prominente, insistendo sul fatto che il movimento “Erevan elettrica” non sia politico e appoggiato dagli USA. Verelq, sito armeno che inspiegabilmente si collega al sito armeno di Radio Free Europe/Radio Liberty del dipartimento di Stato, avrebbe indicato nell’articolo, “Nikol Pashinyan: le proteste a Erevan sono di natura esclusivamente sociale” che: “Anche se si guardano ai processi con il microscopio, è possibile visualizzare componenti politiche e politici, nazionali e stranieri, nelle dimostrazioni. La gente non vuole che cresca il prezzo della luce. Questo è tutto“, dice Pashinjan, secondo cui l’energia elettrica è prima di tutto un prodotto: la vendono le reti elettriche e i cittadini la comprano. “Le azioni di protesta dovrebbero essere considerate come protezione dei diritti dei consumatori. La politica non c’entra nulla“, ha detto. Ma la politica c’entra. Come i politici come lo stesso Pashinjan, che ha visitato i manifestanti incarcerati nella fallita rivolta, e che a un certo punto ha invocato la costruzione di un “muro umano” di prominenti personalità armene tra manifestanti e polizia. Armenia Now, finanziato dal dipartimento di Stato, (nuovo centro di formazione dei giornalisti) riporta, “La politica in mezzo: legislatori, figure pubbliche formano un “muro umano” tra la polizia e i manifestanti”: “L’appello per creare un muro umano è stato fatto dal deputato di opposizione Nikol Pashinyan, esortando tutti i parlamentari, ex e attuali, studiosi, rappresentanti del mondo dello spettacolo, avvocati, giornalisti, rappresentanti religiosi e altre figure pubbliche a visitare il sito della protesta per garantire che la forza venisse usata sui manifestanti”. Altri legami evidenti tra proteste, Pashinjan e ONG appoggiate dagli USA sono state indicate dall’analista geopolitico Andrew Korybko nell’articolo, “‘Erevan Elettrica’ va fuori controllo“. Nonostante questi legami, alcuni hanno tentato di affermare che Pashinjan sia semplicemente un opportunista e che il suo sostegno dagli USA e i tentativi delle ONG degli USA di manipolare le proteste avevano poco a che fare con le proteste. Ma niente potrebbe essere più lontano dalla verità.
L’azione furtiva degli agitatori
La prossima generazione di “rivoluzioni colorate” degli USA tenterà di offuscare i legami tra essa e i loro agitatori, nel tentativo di riprendere l’iniziativa strategica mantenendo la massima negazione plausibile. Ma se si osserva bene, scopriranno che per quanto ricorrano a offuscamento e sotterfugi, non potranno nascondere i collegamenti tra il dipartimento di Stato USA e la sua mafia. Le proteste sono opera del gruppo “No al saccheggio”, guidato da avvocati e attivisti organizzati da National Endowment for Democracy (NED) e USAID del dipartimento di Stato degli USA, dall’Associazione dei giovani avvocati armeni (AYLA) finanziata dall’Open Society e dell’Helsinki Citizens’ Assembly Vanadzor Office che apertamente coordinava gli sforzi di “No al saccheggio” per fare pressione sul governo su numerosi problemi. Almeno 2 membri di AYLA, Ara Gharagjozjan e Arthur Kocharjan, sono stati identificati membri del nucleo di “No al saccheggio”. Il sito di AYLA, “Iravaban“, elenca vari giovani avvocati e attivisti che avevano frequentato uno dei programmi di tirocinio nel 2014. Iravaban ha anche seguito le contorte vicende delle proteste dall’inizio alla fine, così come le attività di AYLA ed ‘Helsinki Citizens’ Assembly Vanadzor Office per sostenere le proteste. Numerosi altri “siti notiziari” pro-proteste, incluso Hetq, se ammettono di essere finanziati dall’Open Society Foundation del criminale finanziario George Soros, non indicano la NED come sponsor, ma la NED tuttavia elenca Hetq. C’è anche Media.am, finanziata dall’USAID e dal Fondo europeo per la democrazia. Tutto ciò si aggiunge alla vasta rete di media locali finanziati da ONG straniere, per diffondere l’illusione del consenso alla disinformazione spacciata sulle proteste. Insieme ai programmi di formazione finanziati per indottrinare gli studenti e creare avvocati e attivisti nelle arti più fini della sedizione, permettendogli di poter gestire per conto proprio le sommosse, gli Stati Uniti ritengono che ci sia sufficiente negazione plausibile per nascondere i legami tra essi e i capi della protesta. Sforzi simili furono fatti a Hong Kong e più recentemente Thailandia, dove le sommosse apertamente appoggiate dagli USA furono aizzate da elementi addestrati e scatenati dagli agenti degli USA. Nonostante questa attenta disposizione, le proteste di “Erevan Elettrica” non hanno mai avuto un peso decisivo. La ragione è semplice: era sospettata di essere appoggiata dagli USA e i loro agenti più evidenti, che alla fine avrebbero dovuto guidare le proteste, non poterono farlo poiché confermarono il sospetto minando il proprio tentativo. Senza che simili agenti agiscano e diano ulteriore sostegno, proteste maggiori sono logisticamente e politicamente impossibili.
Come abbattere un colpo di Stato furtivo
I media della Russia influenzano sempre più la scena mondiale, avendo un ruolo essenziale nel smascherare e sventare la destabilizzazione e il rovesciamento del governo in Armenia da parte degli USA. La capacità di essere un passo avanti alla narrazione occidentale e denunciarne gli attori prima che siano sul palco, comporta che la gente sappia già cosa cercare. Quando i manifestanti scesero in piazza e le proteste si trascinavano, ONG e media occidentali le sostenevano confermando gli avvertimenti dei russi. Quando il goffo ed evidente agente Pashinjan si presentò, non ci furono dubbi che il prezzo della luce, da vero punto di contesa, veniva utilizzato per creare un più grande, dirompente e in definitiva pericoloso tentativo di cambio di regime eterodiretto. In futuro, il governo dell’Armenia dovrà essere attento nel concedere ad interessi stranieri lo sfruttamento di contese; la dedizione al progresso economico e sociale non va ignorato, con la fiducia che ciò possa ridurre potenziali proteste. Altre nazioni hanno molto da imparare da come la Russia ha sventato questo ultimo tentativo degli USA di proiettare potenza all’estero disturbando la vita di un popolo sovrano a migliaia di miglia di distanza. Grazie a persone semplicemente informate di ciò che davvero succede, seguendo il denaro e denunciando gli attori coinvolti, il popolo dell’Armenia ha deciso da solo se sostenere o meno la sommossa, scegliendo saggiamente di no. Quando l’Armenia adotterà leggi simili a quella della Russia sulle ONG, come mandato di dichiarare apertamente e quanto spesso di ricevere finanziamenti esteri, il popolo valuterà se o meno le sommosse che tali ONG sostengono siano veramente a favore dei loro interessi, o di quelli di Wall Street e Washington. Tony Cartalucci, ricercatore e scrittore di geopolitica di Bangkok, per la rivista online New Eastern Outlook.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
 

aquilarealeatapple

Forumer attivo
si deve esserlo sempre in forma ..
Qual'è il problema moto ? il grave problema ? Che il cambiamento che loro vogliono fare è fatto da caino perchè loro stessi sono caini .. quello che ha ucciso il fratello .. te lo spiegherò in pani , nel semplice del più semplice ..
salario regolare di una persona che lavora : 1000 - 1500 euro al mese
salario di un parassita che succhia risorse al sistema facendo finta di lavorare : da euro 10 mila ad euro 75 mila al mese ..
lascierò volutamente fuori le istituzionalità autorevoli che il denaro se lo fabbricano al pari di falsari !
sostanzialmente e paradossalmente verificabile .. 1 kilo di pane semplice 3 euro
salario regolare di una persona che lavora : da 333 kg di pane al mese - 500 kg di pane al mese
salario di un parassita che succhia risorse al sistema facendo finta di lavorare : da 3333 kg di pane al mese - 25000 kg di pane al mese
è mai possibile che questi signori della seconda specie facciano del bene in termini assoluti e non relativi ? Senza secondi fini ?
Equilibrio , uguaglianza senza condizioni ai tutti e per tutti , tempo libero , il tetto , il vestiario , 3 pani , un pesce , 4 frutti al di coi 5 litri d'acqua ? Ve lo siete chiesto ?
 
Ultima modifica:

mototopo

Forumer storico
denuncia contro le più alte carico dello Stato per la cessione della nostra sovranità: scaricatela e depositatela (versione aggiornata al maggio 2015).

Denunciamo il colpo di Stato finanziario, In Evidenza
di Marco Mori





92

Ho nuovamente il piacere di mettere a disposizione di tutti i cittadini di buona volontà la denuncia contro il colpo di Stato in atto che vi invito a depositare in massa presso Procure e forze dell’ordine. Lasciate pure il domicilio presso il mio studio se ritenete, serve per avere comunicazione di eventuali iniziative di archiviazione. Ovviamente non ci sono costi per nessuno, tutto quello che faccio è a disposizione del Paese, per arrivare alla sua liberazione da questa oscena dittatura finanziaria.
Trattasi di atto in cui si rileva che la cessione di sovranità nazionale (che come noto appartiene al popolo) è un reato del quale si sono macchiate tutte le più alte cariche dello Stato.
Non mi dilungo nella spiegazione. Le oltre settanta pagine del mio lavoro parlano da sole, buona lettura. Se trovate errori di battitura o di stesura avvisatemi per consentirmi la correzione. Preferisco mettere subito a disposizione il tutto che proseguire nel lavoro di correzione sottraendo tempo prezioso alla diffusione della verità. La sostanza prevale sulla forma, sempre.
CLICCATE QUI PER LA COPIA WORD: Esposto contro la cessione della sovranità nazionaleNUOVO2
* * *
STUDIO LEGALE
AVVOCATO MARCO MORI
CORSO G. MAMELI 98/4 – 16035 RAPALLO
VIA CORNIGLIANO 53/3 – 16152 GENOVA
TEL. E FAX 0185/231221
C.F.: MRO MRC 78P29 H183L
Pec: [email protected]
P.I. 01579720994

PROCURA DELLA REPUBBLICA
ATTO DI DENUNCIA – QUERELA
Promosso da __________________________________________________ nato/a a _______________________ il ____________________ e residente in____________________________, via ____________________________ ed ai fini del presente atto elettivamente domiciliato presso lo studio e la persona dell’Avv. Marco Mori che condivide in toto il contenuto del presente atto da esso integralmente redatto in ogni sua parte (C.F.: MRO MRC 78P29 H183L – Tel e Fax: 0185.23122 – Pec: [email protected]), sito in Rapallo (GE), C.so Mameli 98/4.
* * *
-L’art. 1 della Costituzione Italiana recita: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo,che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
-L’art. 11 della Costituzione Italiana dispone: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;consente in condizioni di parità con gli altri Stati, alle LIMITAZIONI di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni;promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
-L’art. 47 Cost.: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.
Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.
-L’art. 241 c.p. punisce la violazione dei precetti costituzionali suindicati disponendo: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza o l’unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.
La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l’esercizio di funzioni pubbliche”.
-L’art. 243 c.p. punisce: “Chiunque tiene intelligenze con lo straniero affinché uno Stato estero muova guerra o compia atti di ostilità contro lo Stato italiano, ovvero commette altri fatti diretti allo stesso scopo, è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni. Se la guerra segue, si applica la pena di morte; se le ostilità si verificano, si applica l’ergastolo”.
-L’art. 264 c.p. punisce: “Infedeltà in affari di Stato. Chiunque, incaricato dal Governo italiano di trattare all’estero affari di Stato, si rende infedele al mandato è punito, se dal fatto possa derivare nocumento all’interesse nazionale, con la reclusione non inferiore a cinque anni”.
-L’art. 283 c.p. punisce: “Chiunque con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato e la forma di governo, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni”.
L’art. 287 c.p. punisce: “Chiunque usurpa un potere politico, ovvero persiste nell’esercitarlo indebitamente, è punito con la reclusione da sei a quindici anni”.
L’art. 294 c.p. punisce: “Chiunque con violenza, minaccia o inganno impedisce in tutto o in parte l’esercizio di un diritto politico, ovvero determina taluno ad esercitarlo in senso difforme dalla sua volontà, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.
L’art. 90 della Cost. dispone: “Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento (art. 77 c.p. mil.p) o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato d’accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri”.
Tali norme, ad avviso di chi scrive, sono state palesemente ignorate da molti uomini che hanno avuto responsabilità politiche di governo negli ultimi trent’anni, fino all’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al precedente Presidente Giorgio Napolitano, al Senatore a vita ed ex Presidente del Consiglio Mario Monti, ed all’ormai ex Presidente del Consiglio Enrico Letta nonché ai membri del Governo ed alla maggioranza del Parlamento. Tali norme continuano ad essere violate anche dall’attuale Presidente del Consiglio Matteo Renzi che anzi sta dando un’accelerazione alla modifica surrettizia della forma di governo del paese.
Prima di loro, analoga violazione del precetto costituzionale, è stata posta in essere dai Governi capeggiati da Giuliano Amato e successivamente da Romano Prodi i quali hanno posto le basi per il radicale spoglio della sovranità e dell’indipendenza della Repubblica italiana in favore di quelle autorità private che già ai sensi dell’art. 106 del Trattato di Maastricht (TCE poi sostituito dal TFUE), hanno il potere assoluto ed incontrastato (ex art. 108 TCE, oggi art. 130 TFUE) di emettere moneta dal nulla e senza alcun vincolo giuridico traendone profitti e poteri consequenzialmente illimitati: “La BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno della Comunità”.
Ai sensi dell’art. 104 del Trattato di Maastricht fu posto anche il primo paletto alla politica di deficit di bilancio, politica imprescindibile per la crescita economica: “Gli stati membri devono evitare disavanzi pubblici eccessivi” fissando altresì i primi parametri debito-pil disciplinati con il poco noto protocollo n. 12 “Sulla procedura per i disavanzi eccessivi” allegato al Trattato UE ed all’altrettanto poco noto Regolamento CE n. 1466/97.
In sostanza Maastricht e le successive modifiche sono state formulate da un gruppo di banchieri che, letteralmente riunendosi in una stanza, hanno messo le base per l’eversione dell’ordine democratico in Europa.
I vertici di BCE e di Banca d’Italia sono anch’essi corresponsabili per la commissione delle fattispecie criminose di cui sopra, ivi compreso l’attuale governatore di BCE Mario Draghi.
Ma andiamo con ordine con una necessaria ricostruzione storica, seppur largamente parziale, dei fatti avvenuti. Da essi con semplicità si potrà trarre spunto per una compiuta indagine che non potrà che portare alla conclusione della totale fondatezza delle tesi dello scrivente.
* * *
PREMESSO IN FATTO
1) Nel 1972, tra gli Stati dell’allora Comunità economica europea (Italia, Francia, Germania Occidentale ed il Benelux), venne stipulato un accordo atto a mantenere stabili e predeterminati entro certi parametri i margini di fluttuazione delle rispettive valute, nonché i margini delle stesse rispetto al dollaro. Detto accordo è meglio noto come “serpente monetario europeo”. L’esperimento si avviò verso un rapido fallimento per l’uscita, solo due anni dopo, della Francia e dell’Italia.
Si trattò del primo storico tentativo di creare un organo bancario centrale per quella che sarebbe stata la futura Unione Europea. La ragione della rapida uscita di Italia e Francia fu la crisi petrolifera del 1973 che non sarebbe stata economicamente superabile senza la possibilità di svalutare lira e franco. Allora una simile scelta economica non fu bollata come “populismo” ma come un atto concreto e scientificamente valido per limitare gli effetti della crisi economica sui cittadini;
2) Nel 1979, con ormai alle spalle la crisi petrolifera, venne posto in essere il secondo tentativo di stipulare un accordo di cambio delle valute entro limiti di oscillazione predefiniti, il cd. SME.
3) Nel luglio 1981 avveniva ciò che comunemente viene chiamato il divorzio tra l’allora Ministero del Tesoro (in persona di Beniamino Andreatta) e la Banca d’Italia. A decorrere da tale anno la Banca d’Italia non aveva più alcun obbligo di acquistare le obbligazioni emesse dal Ministero. Era il primo passo della perdita, in capo alla Stato Italiano, della possibilità di svolgere in totale autonomia ed indipendenza, nonché secondo regole pienamente democratiche e rispettose dei precetti costituzionali, l’emissione di moneta nel sistema. Si iniziava il cammino che avrebbe portato alla completa perdita della sovranità monetaria.
4) Pacifico ed incontestabile che fino a quando era la Banca Centrale ad acquistare le obbligazioni emesse dal Ministero del Tesoro non vi era alcun indebitamento reale da parte dello Stato. Tale procedura infatti costituiva una semplice operazione contabile “fittizia” che, al contrario della cessione delle obbligazioni sui mercati, non comportava alcun costo per la Nazione ma ne aumentava unicamente la ricchezza.
5) Gli effetti sul debito del precitato divorzio sono stati oltremodo evidenti (raddoppiò in dieci anni!).
La ragione di ciò è ovvia: da allora l’unico canale d’emissione monetaria nel sistema è divenuto il ricorso ai mercati e dunque, il prestito a tassi molto meno convenienti dei precedenti. Al contrario i due unici rimanenti modi di emissione monetaria scevri di profitti per i banchieri privati, cioè l’emissione diretta di moneta da parte dello Stato o una banca centrale pubblica prestatrice di ultima istanza, sono stati definitivamente accantonati;
6) L’Italia, in virtù del precitato divorzio tra Ministero del Tesoro e Banca d’Italia, non solo vedeva il proprio debito pubblico esplodere letteralmente, ma addirittura il paese arrivava al punto di dover abbandonare il sistema dello SME. L’uscita però avvenne non prima che fosse intrapreso quello che può essere definito, senza tema di smentita, il primo esproprio della ricchezza del nostro paese in favore dei creditori del debito pubblico passato, in poco più di dieci anni, dal 55% al 115,6% del PIL.
Nello specifico detto esproprio fu intrapreso dal Governo capeggiato da Giuliano Amato il quale mise in essere una manovra correttiva da 100 mila miliardi di lire, compreso il tristemente noto prelievo forzoso dai conti correnti siti nelle banche italiane ratificato ex post con decreto legge (fatto privo di legittimità giuridica), correva il 10 luglio 1992.
L’esito della manovra fu ampiamente negativo sui conti pubblici tanto che il debito pubblico saliva ulteriormente negli anni successivi per raggiungere nel 1994 il picco del 121,8% del PIL.
La crisi del debito consentì, altresì, di varare la nota e massiccia attività di privatizzazione che ha caratterizzato gli anni novanta.
La privatizzazione contribuì ad una piccola discesa del debito stesso ma ovviamente non ne eliminava le cause strutturali che erano da ricercarsi nel nuovo sistema di creazione della moneta inaugurato nel 1981. Ecco dunque l’unica riforma strutturale che ad oggi salverebbe il paese, recuperare la sovranità monetaria illegittimamente ceduta.
7) Proprio durante la crisi del debito pubblico, esattamente come sta avvenendo oggi per le ultime riforme volute dall’UE di cui si dirà infra, venne stipulato il Trattato di Maastricht, correva il 7 febbraio 1992. L’entrata in vigore fu prevista per il 1° novembre 1993 e seguiva il Trattato di Roma del 1957 con cui era stata istituita la Comunità economica europea (CEE) e l’atto unico europeo che entrando in vigore nel 1 luglio 1987 lo aveva emendato.
Venne altresì varata la Legge n. 82 del 7 febbraio 1992, proposta dall’allora Ministro del Tesoro Guido Carli, con la quale si disponeva che la decisione circa il tasso ufficiale di sconto (ovvero il costo convenzionale del denaro alla sua emissione) divenisse di competenza esclusiva di Banca Italia senza che venisse concordata preventivamente con il Ministero stesso: “Art. 1. Le variazioni alla ragione normale dello sconto e alla misura dell’interesse sulle anticipazioni in conto corrente e a scadenza fissa presso la Banca d’Italia sono disposte, in relazione alle esigenze di controllo della liquidità del mercato, dal Governatore della Banca d’Italia con proprio provvedimento, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”.
Con il Trattato di Maastricht invece vennero poste le basi per la definitiva cessione della sovranità monetaria ed economica nazionale e la consegna della stessa a quei mercati che avevano ormai allungato le loro mani sul debito pubblico italiano fin dall’anno 1981. Manovra che era già fallita per due volte nei precedenti vent’anni ma che, questa volta, era favorita dalla crisi economica in atto e dalla conseguente politica della paura che influenzava inevitabilmente le scelte elettorali dei cittadini.
Solo l’Europa avrebbe potuto salvare l’Italia. Ma l’Europa che aveva in mente la finanza non era quella auspicata e sognata dai cittadini.
L’Europa fortemente voluta dalla finanza era unicamente quella in cui la creazione della moneta era strappata dal controllo democratico ed attribuita in via esclusiva ad un organo di proprietà privata che così avrebbe acquisito un controllo totale delle politiche economiche nazionali e ciò senza alcun rischio d’impresa;
8) Al di là di alcuni principi generali suggestivi e certamente condivisibili, il Trattato di Maastricht, costituendo il SEBC, ovvero il sistema europeo delle banche centrali, viola palesemente i principi di cui agli artt. 1, 2, 11 e 47 della nostra Costituzione e più in generale si pone in radicale antitesi con l’intero modello economico previsto nella nostra Costituzione.
Si tratta di un duplice attacco alla sovranità ed all’indipendenza nazionale. Valore che l’ordinamento penale giustamente protegge e tutela ex art. 241 c.p. ed ex art. 243 c.p.
Da un lato il Trattato fornisce base giuridica al fatto di consentire che sia l’Europa a dettare le politiche economiche delle nazioni, dall’altro priva le nazioni stesse di una Banca Centrale con cui finanziare in autonomia dette politiche.
Priva altresì le nazioni della possibilità di svalutare la propria moneta per rispondere ad esigenze economiche: da Maastricht in poi non sarà più la moneta ad adeguarsi all’economia ma l’economia a doversi adeguare alla moneta.
Il denaro quindi da strumento alternativo al baratto per consentire lo scambio di beni e servizi di cui costituiva unicamente l’unità di misura, diventa esso stesso prodotto e strumento di predazione.
Priva altresì le nazioni della possibilità di fare deficit.
Fin d’ora, sopra ad ogni congettura, valga il vero.
Il TEU ha istituito BCE, Banca Centrale Europea di proprietà di azionisti privati che avrebbe dovuto iniziare ad operare dal giugno 1998, fatto poi realmente avvenuto, a cui ha conferito l’assoluta indipendenza di gestione delle politiche monetarie.
BCE diviene l’unico organo autorizzato ad emettere moneta nella comunità Europea ex art. 106 Trattato UE.
Ai sensi dell’art. 108 del TUE, BCE era ed è un organo che non risponde ad alcun criterio democratico: “Nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dal presente trattato e dallo statuto SEBC, né la BCE né una banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai governi degli stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari nonché i governi degli stati membri si impegnano a rispettare questo principio e non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle banche centrali nazionali nell’assolvimento dei loro compiti” (Detta norma è stata confermata anche dal successivo Trattato di Lisbona, oggi art. 130 TFUE).
Utile rammentare che questa indipendenza è priva di senso logico posto che BCE è di proprietà delle banche centrali europee che a loro volta sono in massima parte di proprietà dei principali gruppi bancari internazionali i quali rispondono ad interessi propri e non certo al benessere collettivo.
L’interesse del banchiere creditore universale degli stati è ovviamente la stabilità dei prezzi, infatti posta al centro dei Trattati UE, e non il sostegno dell’economia reale.
La cessione di sovranità monetaria si giustificava con l’idea di eliminare che lo Stato gestisse in via clientelare la spesa pubblica.
E per evitare tutto questo si decise, ab origine, di arrendersi al clientelarismo stesso consegnando la moneta ai privati che ovviamente ponevano immediatamente al centro i propri interessi anziché quelli pubblici.
Non possiamo in alcun modo confondere il libero mercato, sistema che ha dimostrato di funzionare in quanto stimola in modo costruttivo il personalismo (se vogliamo l’egoismo) umano, con il potere creativo della moneta che non può essere sottratto al pubblico interesse.
A BCE, altresì, è stato posto il divieto di svolgere attività di prestatore di ultima istanza potendo prestare unicamente al tasso ufficiale di sconto, unilateralmente determinato, alle banche commerciali (dunque in palese conflitto d’interessi anche alle banche che compongono il suo “board”) le quali poi speculano sui debiti delle nazioni acquistati sul mercato secondario causando un’imposizione fiscale semplicemente folle (il dato reale della pressione fiscale in Italia è pari, tra imposte dirette ed indirette, ad una somma superiore al 68% del reddito).
L’Italia, con una moneta così concepita, perdeva dunque sia il controllo diretto dei tassi d’interesse che da allora vengono decisi dal mercato, che ovviamente li può facilmente influenzare spostando i propri capitali (peraltro, dopo l’abolizione del “gold standard”, creati dal nulla senza limiti quantitativi), sia la possibilità di svalutare la moneta stessa. Possibilità che si era resa necessaria per superare la crisi petrolifera e quella del debito del 1992, causata come già detto proprio dal divorzio tra Ministero del Tesoro e Banca Italia.
L’art. 101 TUE disponeva: “E’ vietata la concessione di scoperti di conto o di qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della BCE o da parte delle banche centrali agli Stati Membri, a istituzioni o organi della Comunità, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli stati membri, così come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della BCE o delle banche centrali nazionali”. (Il testo è stato riconfermato dall’art. 123 TFUE).
Ovviamente la disciplina del Trattato che ha istituito il SEBC confligge palesemente con la costituzione, anche con riferimento all’art. 47 che merita di essere rammentato: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito”.
L’indipendenza della banca centrale è dunque pacificamente incostituzionale in quanto non consente alla mano pubblica il controllo diretto del credito ma anzi subordina lo Stato alla banca centrale stessa così violando anche l’art. 47 Cost.
L’Art. 104 del TUE ha altresì attribuito tutti i poteri di raccomandazione e di imposizione di politiche fiscali d’austerità a BCE, di fatto sottraendo definitivamente la sovranità alle nazioni dell’Europa che da tale momento venivano ufficialmente consegnate ai mercati.
La politica economica è così divenuta di competenza di soggetti che sfuggono a qualsivoglia controllo democratico. Il potere politico dunque è stato pacificamente usurpato.
Anche il profitto dell’attività di emissione della moneta viene disciplinato dallo stesso Trattato di Maastricht e riservato in favore del SEBC stesso e dunque degli azionisti delle singole banche centrali.
9) In data 2 ottobre 1997 viene stipulato il Trattato di Amsterdam, uno dei trattati fondamentali dell’allora Comunità Europea che entrerà in vigore nel maggio 1999.
Questo Trattato viene ratificato dall’Italia con la Legge n. 209/1998.
10) All’avvicinarsi dell’avvento dell’euro il Consiglio Europeo emetteva, ai sensi dell’art. 103, paragrafo 5 del TUE, deliberato secondo la procedura dell’art. 189 C del Trattato (a seguito di discutibile parere di ammissibilità procedurale reso dal Parlamento Europeo – Si rinvia alla lettura dell’interessante lavoro sul punto del Prof. Giuseppe Guarino), il purtroppo poco noto regolamento 1466 del luglio 1997 di cui è utile riportare uno stralcio:
“Sezione 1 OBIETTIVO E DEFINIZIONI
Art. 1 Il presente regolamento stabilisce le disposizioni relative al contenuto, alla presentazione, all’esame e alla sorveglianza dei programmi di stabilità e dei programmi di convergenza nell’ambito della sorveglianza multilaterale che deve essere esercitata dal Consiglio per prevenire tempestivamente il determinarsi di disavanzi pubblici eccessivi e promuovere il coordinamento delle politiche economiche.
Sezione 2 PROGRAMMI DI STABILITA’
Art. 3 1.Ciascuno stato membro partecipante presenta al Consiglio e alla Commissione le informazioni necessarie ai fini dell’esercizio periodico della sorveglianza multilaterale di cui all’art. 103 del Trattato nella forma di un programma di stabilità, che costituisce una base essenziale per la stabilità dei prezzi ed una crescita vigorosa, sostenibile e favorevole alla creazione di lavoro. 2. Il programma di stabilità contiene le seguenti informazioni:
a) l’obiettivo a medio termine di una situazione di bilancio della pubblica amministrazione, con un saldo prossimo al pareggio o in attivo e il percorso di avvicinamento a tale obiettivo nonché l’andamento previsto del rapporto debito/PIL (omissis…)
Art. 4 I programmi di stabilità sono presentati prima del 1° marzo 1999. Successivamente sono presentati programmi aggiornati ogni anno. Gli Stati membri che abbiano adottato la moneta unica in un momento successivo presentano il loro programma di stabilità entro sei mesi dalla decisione del Consiglio relativa alla loro partecipazione alla moneta unica.
2. Gli Stati membri rendono pubblici i programmi di stabilità ed i programmi aggiornati.
Art. 5 1. Sulla base della valutazione della Commissione e del comitato di cui all’articolo 109 C del trattato, il Consiglio esamina, nell’ambito della sorveglianza multilaterale di cui all’articolo 103, se l’obiettivo di bilancio a medio termine di ciascun programma di stabilità preveda un margine di manovra per evitare il determinarsi di un disavanzo eccessivo, se le ipotesi economiche sulle quali il programma è fondato siano realistiche e se le misure adottate e/o proposte siano adeguate per la realizzazione del percorso prospettato di avvicinamento all’obiettivo di bilancio a medio termine.
Il Consiglio esamina inoltre se il programma di stabilità faciliti un più stretto coordinamento delle politiche economiche e se le politiche economiche dello Stato membro interessato siano coerenti con gli indirizzi di massima per le politiche economiche.
2. Il Consiglio procede all’esame di ciascuno dei programmi di stabilità di cui al paragrafo 1 entro al massimo due mesi dalla presentazione del programma. Il Consiglio, su raccomandazione della Commissione e previa consultazione del comitato di cui all’articolo 109 C, formula un parere sul programma. Se, conformemente all’articolo 103, ritiene che gli obiettivi e i contenuti del programma debbano essere rafforzati, il Consiglio invita, nel suo parere, lo Stato membro interessato ad adeguare il suo programma (omissis…);
Art. 6 1. Nell’ambito della sorveglianza multilaterale di cui all’articolo 103, paragrafo 3, il Consiglio verifica l’applicazione dei programmi di stabilità, fondandosi sulle informazioni fornite dagli Stati membri partecipanti e sulle valutazioni della Commissione e del comitato di cui all’articolo 109 C, in particolare allo scopo di individuare scostamenti sensibili, in atto o prevedibili, della posizione di bilancio rispetto all’obiettivo a medio termine o al percorso di avvicinamento a tale obiettivo definito nel programma per il saldo di bilancio della pubblica amministrazione.
2. Qualora individui uno scostamento sensibile della posizione di bilancio dall’obiettivo a medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo, il Consiglio, allo scopo di prevenire tempestivamente il determinarsi di un disavanzo eccessivo, rivolge allo Stato membro interessato una raccomandazione, a norma dell’articolo 103, paragrafo 4, perché adotti le necessarie misure di aggiustamento del bilancio.
(omissis…).
SEZIONE 3 PROGRAMMI DI CONVERGENZA
Art. 7 1. Ciascuno Stato membro non partecipante presenta al Consiglio e alla Commissione le informazioni necessarie ai fini dell’esercizio periodico della sorveglianza multilaterale di cui all’articolo 103 nella forma di un programma di convergenza, che costituisce una base essenziale per la stabilità dei prezzi e per una crescita vigorosa (tecnicamente impossibile con queste regole! n.d.s.), sostenibile e favorevole alla creazione di posti di lavoro.
2. Il programma di convergenza contiene le seguenti informazioni, in particolare le variabili relative ai criteri di convergenza: a) l’obiettivo a medio termine di una situazione di bilancio della pubblica amministrazione, con un saldo prossimo al pareggio o in attivo e il percorso di avvicinamento a tale obiettivo; l’andamento previsto dal rapporto debito pubblico/PIL; gli obiettivi a medio termine di politica monetaria; le relazioni tra tali obiettivi e la stabilità dei prezzi e dei cambi (omissis…).
Il regolamento in questione è un autentico “economicidio” oltre che un’evidente cessione di sovranità in materia di politica economica ed ha posto le basi alle norme che nel proseguo della denuncia andremo ad esaminare compiutamente.
L’obbligo giuridico per una nazione di prelevare a mezzo tassazione dai cittadini la medesima somma, oppure una somma addirittura superiore (avanzo primario) a quanto per essi speso è incompatibile, sotto il profilo scientifico, con qualunque scenario di crescita, tantomeno con quello di una crescita “vigorosa” come afferma lo stesso regolamento sopra trascritto.
Tale fattore di politica economica combinato all’istituzione del SEBC e quindi all’impossibilità degli stati di emettere moneta senza ricorrere all’indebitamento tramite i mercati ha decretato lo scacco matto per la sovranità e l’indipendenza di ogni nazione UE, condannate fin dal 1999 all’arrivo di una crisi di violenza inaudita che, in prima battuta, si riflette sulla distruzione della domanda interna ed il conseguente crollo occupazionale aprendo anche la strada a violenti scenari deflattivi già in atto (la deflazione in cui si trova l’Italia oggi dimostra inequivocabilmente l’insufficienza di moneta nell’economia reale causata proprio dalle regole economiche imposte da Maastricht in poi. Siamo ben sotto al parametro stesso che BCE dovrebbe rispettare, ovvero quello del 2%. La deflazione è un dato eccezionale per le banche creditrici e drammatico per gli Stati debitori).
Crisi che a sua volta, ed è questo il cuore della presente denuncia, costituisce lo strumento per ottenere ulteriori cessioni della sovranità e dell’indipendenza degli stati in un disegno criminoso senza uguali nella storia.
Con ulteriore regolamento 7 luglio 1997 n. 1467 venivano poi previste sanzioni economiche per gli stati inadempienti verso la politica economica imposta dal Consiglio Europeo con un meccanismo sanzionatorio pecuniario in proporzione del PIL (con massimale allo 0,5%) disciplinato dall’art. 12 di predetto regolamento.
Ma proseguiamo nel racconto cronologico dei fatti.
11) Il 1° giugno 1998 BCE entra formalmente in attività, precisamente sei mesi prima dell’entrata in vigore dell’euro ovvero la moneta unica privata europea;
12) In data 11 dicembre 2000 viene sottoscritto il Trattato di Nizza il quale è essenzialmente rivolto all’individuazione delle riforme istituzionali (cessioni di sovranità ovviamente) da adottare per l’ingresso di nuovi stati all’interno dell’unione e poco interessa ai fini del presente esposto;
13) In data 1 gennaio 2002 l’euro diventa la valuta corrente di dodici paesi della Comunità Europea;
14) Con Legge 28 dicembre 2005 n. 262 (disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari) si apre la strada alla cessione della maggioranza delle quote pubbliche della Banca d’Italia che vengono cedute ad azionisti privati (Dall’elenco azionisti disponibile anche su Wikipedia emerge che il capitale sociale di Banca Italia è al 94,33% in mano a banche ed assicurazioni private).
Specificamente la norma che ha consentito tale abominio giuridico è l’art. 19 comma 10 della precitata legge: “Con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988 n. 400, è ridefinito l’assetto proprietario della Banca d’Italia, e sono disciplinate le modalità di trasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici”.
15) Il 13 dicembre 2007 veniva stipulato il Trattato di Lisbona con il quale la Comunità Europea diveniva ancor più propriamente “Unione Europea”. Trattasi di un passo ulteriore verso la cancellazione delle sovranità nazionali precedentemente stoppata dalla bocciatura francese ed olandese alla Costituzione europea avvenuta nel 2005. Dunque un passo ulteriore compiuto non solo senza il consenso dei popoli ma calpestando il loro rifiuto già formalizzato.
Il Trattato ha la caratteristica di essere estremamente frammentario e disorganico fatto che ne complica notevolmente l’intelligibilità.
16) Negli anni successivi il debito pubblico continuava la sua crescita con un PIL al palo a causa delle politiche economiche restrittive decise unilateralmente dalla Commissione Europea.
L’Italia in virtù di tali politiche economiche profondamente (e volutamente!) recessive che determinavano un costante aumento della pressione fiscale, otteneva una serie storica record di “avanzi primari” (il termine avanzo primario sta a significare che le entrate fiscali superano le spese correnti al netto degli interessi sul debito pubblico debito).
Tali politiche di avanzo si protraggono da vent’anni con la conseguenza che la moneta nell’economia reale italiana, non nascendo spontaneamente in natura, si è via via ridotta distruggendo l’economia del paese.
Precisamente nel 2011 il saldo primario italiano arrivava a circa 30 miliardi di euro (Fonte Corte dei Conti).
Ciò, come ovvio, non provocava alcun miglioramento nell’economia del paese che anzi sprofondava sempre più verso la recessione. L’avanzo primario non impediva al debito pubblico di continuare la sua ascesa ma anzi, finiva per favorirla direttamente.
Dunque è circostanza dimostrabile documentalmente che negli ultimi anni circa un quarto della pressione fiscale complessiva veniva utilizzata (e viene utilizzata tutt’oggi) unicamente per pagare interessi sul debito in favore dei mercati e dunque anche di quelle banche che, essendo azioniste di BCE, hanno unilateralmente deciso la politica monetaria dell’Unione Europea con l’assoluta indipendenza di cui all’art. 108 del TUE (oggi 130 TFUE) e che poi acquistano sul mercato secondario le obbligazioni nazionali determinandone il relativo interesse secondo le leggi della domanda e dell’offerta che dunque finiscono per governare con il solo spostamento dei propri ingenti capitali.
Le Banche sono dunque autorizzate a comprare denaro creato dal nulla a costi bassissimi per poi acquistare il debito pubblico con margini di guadagno enormi.
Se ad esempio si acquista il denaro allo 0,25% e poi con questo denaro si comprano i titoli di debito a percentuali del 7%, come avvenuto ad esempio nel novembre 2011, si moltiplica il costo del denaro di ben 28 volte!
Si lucra premendo dei semplici pulsanti senza produrre alcun beneficio per l’economia reale e violentando la Costituzione non solo in merito alla sovranità ma anche con riferimento agli artt. 41, 42 e 43 che giustamente antepongono l’interesse pubblico all’iniziativa economica privata.
Pensare che per anni il dibattito del conflitto di interessi nel nostro paese ha riguardato il Sig. Silvio Berlusconi senza mai intaccare l’ulteriore e più evidente conflitto d’interesse che esisteva, ed esiste, nell’emissione della moneta, è davvero surreale.
L’emissione di moneta infatti è la principale sovranità di una nazione, sovranità che ne garantisce l’indipendenza dai mercati. Dunque non esisteva nulla di più importante su cui vigilare. Perdere la sovranità monetaria in favore di uno straniero equivale a tutti gli effetti ad un’occupazione militare e rappresenta un atto palesemente ostile contro la personalità giuridica dello Stato e come tale punibile ex art. 243 c.p.
BCE è indipendente dalle nazioni ma le nazioni sono completamente dipendenti da BCE.
17) Sempre nell’anno 2011, nonostante l’importante avanzo primario di cui si è detto, l’Italia è diventata vittima di un vile (ed ampiamente premeditato) attacco speculativo proprio da parte di quei mercati che, rispondendo all’interesse del profitto, agiscono secondo logiche esclusivamente mercantilistiche in una materia, quella monetaria, che invece è di primario interesse pubblico. Come noto la leva monetaria determina direttamente il tasso di occupazione in una nazione.
Con maggior precisione la leva monetaria consente di gestire l’inflazione, elemento chiave per ottenere la piena occupazione secondo i parametri macroeconomici della nota curva di Phillips (esiste una relazione di proporzionalità diretta matematicamente dimostrabile tra aumento dell’inflazione e aumento dell’occupazione).
Il problema più grave causato dall’attacco speculativo comunque non è stato direttamente l’illegittimo profitto delle banche private, ma il fatto che in nome del procurato stato di emergenza l’Italia si sia spogliata di ulteriori fette di sovranità con una serie di provvedimenti del Governo e del Parlamento avvallati dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano;
18) Sono emerse alcune indiscrezioni, di straordinaria gravità, circa il fatto che già nell’estate 2011 (dunque ben prima della crisi di Governo del successivo autunno) Mario Monti sarebbe stato contattato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per sondare una sua disponibilità a divenire Presidente del Consiglio; indiscrezioni ribadite nelle interviste di Alan Friedman a Carlo De Benedetti, Romano Prodi e Mario Monti stesso in cui si confermano incontri in cui Napolitano avrebbe preallarmato Monti per un incarico da premier;
19) Il 1 luglio 2011 l’agenzia di rating Standard & Poor’s bocciava l’Italia affermando: “Restano sostanziali rischi per il piano di riduzione del debito, principalmente a causa della debole crescita”. Il ragionamento dell’agenzia regge unicamente per il fatto che la banca centrale non può più acquistare direttamente il debito pubblico italiano posto che, in caso contrario, la nazione sarebbe sempre e comunque stata solvibile.
20) In data 4 agosto 2011 BCE, come già detto, l’indiscussa portatrice degli interessi della finanza, annunciava l’acquisto sul mercato secondario di titoli di Stato irlandesi e portoghesi, ma non di quelli italiani. Tale dichiarazione aumentava enormemente le difficoltà di collocazione dei titoli di debito pubblico.
21) Nello stesso periodo luglio-agosto 2011 la DeutsheBank cedeva circa l’88% dei titoli di stato italiani nel suo portafoglio contribuendo attivamente all’acuirsi della crisi del debito causando l’innalzamento dei tassi di interesse dei titoli di stato italiani.
22) Ma non è finita qui. L’attacco dei mercati all’indipendenza ed alla sovranità della nazione diventa sempre più frontale: in data 5 agosto 2011 sempre BCE inviava una lettera che, a quanto appreso dagli organi di stampa, avrebbe dovuto rimanere segreta alla pubblica opinione, con la quale addirittura imponeva al Governo Berlusconi l’instaurazione della politica dell’austerità dettando specificatamente la futura agenda economica e le future riforme richieste al paese.
Detta lettera sarebbe stata sottoscritta sia dal Governatore in carica Jean Claude Trichetche da quello che lo sarebbe divenuto a breve ovvero Mario Draghi (In allora Governatore di Banca Italia).
L’austerità, dopo aver completamente distrutto l’economia greca, arrivava dunque anche in Italia dove avrebbe lasciato dietro di se una scia analoga di fallimenti e morte (dal 2011 ad oggi il numero dei suicidi nel nostro paese è stato a dir poco drammatico e le denunce di semplici cittadini ex art. 580 c.p. sono state giustamente innumerevoli);
23) Nello specifico BCE, con la citata missiva di cui si chiede sin d’ora l’acquisizione a codesta Spett.le Procura della Repubblica, aveva l’ardire di subordinare l’acquisto dei titoli italiani sul mercato secondario (e dunque in ogni caso ad un tasso ben maggiore, fino a 28 volte maggiore nel novembre 2011, di quello praticato dalla stessa Banca Centrale in favore delle banche commerciali) alla fedele applicazione della politica del rigore finanziario e fiscale. BCE metteva sul piatto anche la riforma delle pensioni, da poco oggetto di censura da parte della Corte Costituzionale, imponendo all’Italia, come ammesso dallo stesso ex Ministro Fornero, di agire dietro la minaccia di non acquistare i titoli di Stato sul mercato secondario.
Questo è pacificamente reato contro la personalità giuridica di uno Stato ma purtroppo, ad oggi, solo la Procura di Trani, ha avuto il coraggio di indagare sui fatti del 2011 portando sul banco degli imputati proprio le agenzie di rating che hanno declassato l’Italia collaborando all’attacco speculativo.
Nel processo in corso il Governo Renzi ha inteso non costituirsi quale parte civile. Fatto ovvio, Renzi non avrebbe potuto costituirsi in giudizio contro chi gli sta imponendo l’agenda delle riforme per il completamento dello smantellamento della personalità giuridica del paese.
24) Occorre ora menzionare il termine “SPREAD”. Variabile completamente sconosciuta alle masse prima del 2011.
La parola “Spread” significa semplicemente: “differenziale”. Differenziale, nello specifico senso che a noi interessa ai fini del presente esposto, tra il rendimento sul mercato secondario delle obbligazioni emesse dallo Stato italiano con quelle emesse dalla Germania.
Trattasi di un dato la cui esistenza è palesemente illegittima e priva di senso logico posto che l’art. 11 della Costituzione, nel consentire limitazioni alla sovranità, specifica che le stesse debbano avvenire “in condizioni di parità”con gli altri stati. Ergo se la Germania si finanzia ad un tasso inferiore a quello italiano detta parità non sussiste.
Ad ogni buon conto a Gennaio 2011 lo Spread tra titoli italiani e tedeschi era pari a soli 173 punti saliti a 225 nel luglio 2011 (dunque saliti oggettivamente di poco). Non vi era alcuna ragione dunque che potesse giustificare l’intervento di BCE e la richiesta di applicazione di misure di austerità al paese dato anche l’avanzo primario conseguito. Tantomeno vi erano ragioni per cui una grande banca tedesca come DeutscheBank dovesse tagliare l’esposizione verso i titoli di Stato italiani.
Peraltro la stessa crescita dello Spread era motivata proprio dalle minacce della banca centrale di non acquistare i titoli di stato italiano sui mercati.
Come detto nel 2011 l’Italia era in netto avanzo primario e dunque la situazione era addirittura migliore di quella degli anni precedenti, come migliore erano tutti i dati macroeconomici a partire da quello relativo all’occupazione rispetto ad oggi. Non c’era alcun motivo sopravvenuto perché il paese fosse, solo in allora, ritenuto a rischio insolvenza. L’unica ragione erano le mosse di BCE e DeutscheBank che, ventilata l’ipotesi di uscita dall’euro, volevano tenere il paese sotto scacco per impedirlo. Tornare alla sovranità e all’indipendenza avrebbe impedito alla finanza di dettare legge in Italia;
25) L’Italia, in ogni caso, rispondeva a BCE con il varo, nel mese di agosto 2011, di una manovra correttiva da 45,5 miliardi, ma proprio Berlusconi, conscio di non poter proseguire oltre nell’applicazione di una politica economica restrittiva, paventò un’uscita del paese dall’euro avviando all’uopo una trattativa in sede europea e ciò nell’autunno 2011.
Dagli organi di stampa si è potuto apprendere che tale idea comportò la reazione immediata dell’UE.
Il Wall Street Journal riportava la notizia di una telefonata del 20 ottobre 2011 di Angela Merkel a Giorgio Napolitano per chiedere addirittura le dimissioni di Berlusconi. Lo stesso ex premier spagnolo Zapatero riferisce di pressioni dell’UE su Silvio Berlusconi che avrebbero portato alle sue dimissioni;
26) Sempre fonti giornalistiche hanno riportato alcune frasi dette dal Presidente della Commissione UE José Barroso ad un ministro italiano secondo cui “era necessario staccare la spina a Berlusconi” e che la strategia doveva essere “una raffica di dichiarazioni da tutti i fronti”;
27) Bini Smaghi, ex membro del consiglio direttivo della BCE, ha confermato, sempre sulla base di indiscrezioni di stampa, che “non è un caso che le dimissioni di Berlusconi siano avvenute dopo che l’ipotesi di uscita dall’Euro era stata ventilata in colloqui privati con i governi di altri paesi”.
Come un membro del consiglio direttivo di BCE possa conoscere i colloqui privati svolti tra i Governi europei desta sconcerto e preoccupazione.
Ad ogni buon conto conferma delle intenzioni di Berlusconi è stata data anche da Hans-Werner Sinn, Presidente dell’Ifo, istituto di ricerca tedesco;
28) Costituisce elemento di fatto anche la conferma da parte dell’ex Ministro del Tesoro U.S.A. Geithner che nel 2011 alcune personalità europee non meglio precisate contattarono l’amministrazione Obama presentando un piano per costringere il governo Berlusconi a dimettersi;
29) Nel mese di settembre 2011 avveniva il già citato declassamento da parte delle agenzie di rating. BCE rimaneva a guardare perseverando in una politica apertamente ostile agli interessi della nazione.
30) In data 9 novembre 2011, dunque, prima che il Premier italiano avesse rassegnato le dimissioni, alcuni ispettori della BCE venuti a verificare con mano l’adempimento dell’Italia alle imposizioni di cui alla lettera di agosto 2011, nel corso di un incontro con la Commissione Bilancio del Senato, avrebbero addirittura dichiarato: “Verrà fatto il governo Monti. Voi lo sosterrete?”, “Se voi non sostenete il Governo Monti, noi non compriamo i vostri titoli per due mesi, e voi andate in fallimento”.
Tale circostanza, di carattere palesemente estorsivo, sarebbe stata narrata dal senatore della Lega Nord Massimo Garavaglia. Si chiede all’Ill.ma Procura adita di accertare compiutamente i fatti perché assolutamente dirimenti ai fini del presente esposto.
31) Sempre in data 9.11.2011 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con una coincidenza temporale davvero sorprendente, provvedeva all’immediata nomina di Mario Monti quale senatore a vita della Repubblica Italiana. Tale nomina non trovava alcuna valida spiegazione;
32) In pari data si verificava, altresì, un vero e proprio crollo delle azioni delle principali aziende di Silvio Berlusconi tra cui Fininvest S.p.a. e Mediaset S.p.a. (Le azioni Mediaset perdevano il 12,2% del valore in un solo giorno). Fininvest S.p.a., che nel 2010 aveva avuto un utile netto di circa 160 milioni di Euro, alla fine del 2011 riportava un crollo tale da registrare utile per soli 7,5 milioni.
33) Tre giorni dopo Silvio Berlusconi cedeva effettivamente alle minacce di BCE, UE e dei mercati presentando le proprie dimissioni.
Il Presidente della Repubblica conferiva proprio allo stesso Mario Monti l’incarico di formare il nuovo Governo, ovvero il Governo scelto della Banca Centrale Europea per l’esecuzione delle misure di austerità previste allo scopo di ottenere dall’Italia la cessione di ulteriori fette di sovranità ed indipendenza. Cessioni ovviamente avvenute in assenza di condizioni di reciprocità.
Correva il giorno 13.11.2011, una data che rimarrà indelebile nella storia di questo paese, quanto la data dell’inizio della prima o della seconda guerra mondiale. I danni già subiti dall’Italia a causa dalla politica dell’austerità economica sono infatti paragonabili solo a quelli cagionati da un evento bellico.
Da notare che Mario Monti, di cui sono ampiamente noti i rapporti di collaborazione con ambienti bancari e finanziari stranieri quali Goldman Sachs e Moody’s, al momento di accettare l’incarico di Presidente del Consiglio giurando fedeltà alla Repubblica e alla nazione italiana a norma dell’art. 1, comma 3, legge n. 400/88 (“Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione”) faceva ancora parte, con mansioni dirigenziali, di organismi quali il “gruppo Bilderberg” e la “Commissione Trilaterale”, che riuniscono annualmente esponenti del mondo politico, imprenditoriale, finanziario e scientifico occidentale. Dette organizzazioni costituiscono, a giudizio di un numero crescente di osservatori e studiosi, una forma di “governo oligarchico transnazionale”, caratterizzato dalla segretezza e da meccanismi di cooptazione, che di fatto si sovrappone alle aule parlamentari dei rappresentanti del popolo democraticamente eletti, esautorandoli dalle loro funzioni.
34) I fatti sopracitati si sono sposati perfettamente (e non può essere una mera coincidenza) con l’immediato intervento del Consiglio Europeo che su proposta della Commissione Europea:
-in data 8.11.11 inasprisce con regolamento n. 1177/11 il sistema sanzionatorio ed i vincoli di bilancio di cui al precitato Reg. CE n. 1467/97;
-in data 16.11.11 modifica con il regolamento CE n. 1175/11 il Reg. CE n. 1466/97 sempre nel senso di una maggiore stringenza della disciplina di bilancio;
-sempre in data 16.11.11 il regolamento CE n. 1173/11 legiferava ulteriormente in merito all’effettiva esecuzione della sorveglianza di bilancio nella zona euro;
-nello stesso senso si colloca la Direttiva n. 2011/85/UE relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri.
Trattasi del cosiddetto “Six Pack”.
La Commissione Europea non si ferma qui ed in data 23.11.11 emana altre due proposte: il cd. “Two Pack”.
Esso si riferisce ad una proposta di regolamento sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri e di un’altra recante disposizioni comuni in materia di monitoraggio e valutazione del bilancio. Tradotto in parole povere con il Two Pack la “legge di stabilità” – provvedimento che in Italia sostituisce la vecchia “legge finanziaria” e definisce l’ammontare della spesa e degli investimenti pubblici – viene sottoposta al potere di veto e decisionale di Bruxelles.
Il PSC (patto di stabilità e crescita) diviene così completo in tutta la sua violenza trattando le nazioni, spogliate completamente della propria indipendenza e sovranità nella totale ignoranza dei cittadini, complice il velo di silenzio calato dai mass media, come soggetti che devono unicamente obbedire alla Commissione (posto che le leggi sono state materialmente redatte dalla stessa) sotto pena sanzioni e forme di commissariamento.
In Italia si continua a dibattere dell’ormai anacronistico vincolo del 3% annuo nel rapporto tra deficit e PIL mentre con il PSC si è imposto l’obbligo a tutti i paesi aderenti all’UE di ridurre nella misura del 60% (oggi superiore al 135%) il rapporto tra debito complessivo e PIL e ciò nel periodo di venti anni.
I Parlamenti Nazionali non hanno più alcun potere salvo quello di aumentare l’imposizione fiscale al fine di eseguire gli ordini che giungono alla nazione addirittura, come accaduto per il nostro paese, sotto forma di missiva della Banca Centrale, ente di proprietà privata.
35) Il Governo Monti rispondeva agli ordini della Commissione Europea e di BCE e metteva subito in essere, senza esitazione alcuna, una massiccia politica di aumento della tassazione (auto, casa, pensioni, imposte dirette ed indirette, bolli, addizionali regionali, costi della giustizia, taglio delle pensioni da poco dichiarato incostituzionale, solo per citarne alcune).
Il Presidente Monti forniva anche una serie di dichiarazioni pubbliche che non possono lasciare adito a dubbi circa gli interessi a cui lo stesso Governo stava rispondendo, ovvero gli interessi del profitto dei privati che hanno usurpato la sovranità nazionale utilizzando a tal fine la stessa Commissione Europea.
Risulta peraltro assai banale un concetto: se per ogni euro circolante lo Stato Italiano, che non può emettere moneta, deve restituire il valore nominale della moneta creata dal nulla e diventata circolante maggiorato degli interessi, potrà adempiere alle proprie obbligazioni solo depredando i cittadini dei risparmi accumulati nelle loro vite con buona pace dell’art. 47 Cost. Il dato non può essere contestato sotto alcun profilo logico, tecnico o giuridico.
Se lo Stato, altresì, non può perseguire l’aumento del deficit a causa delle politiche economiche di pareggio imposte dalla Commissione Europea, la velocità predatrice della moneta aumenta ulteriormente portando le nazioni ad un’inevitabile collasso, il quale è scientificamente indiscutibile.
Se lo si nega, o si ignorano le dinamiche della creazione della moneta oppure si è in totale malafede.
L’Ill.ma Procura adita non potrà ignorare questi fatti senza prima prendere puntuale cognizioni della basi economiche e giuridiche necessarie per comprenderli (sul punto non si può che invitare all’attenta visione dei video contenuti sul sito www.riscossaitaliana.it dove economisti e magistrati di chiara fama affrontano le tematiche oggetto del presente esposto. Si citano per la parte giuridica, tra gli altri, Luciano Barra Caracciolo, Presidente V sez. del Consiglio di Stato e Paolo Maddalena vice Presidente emerito della Corte Costituzionale).
36) In punto malafede, peraltro, è stato lo stesso Mario Monti ad aver rilasciato una serie di dichiarazioni inequivocabilmente confessorie che riepilogano gli allucinanti eventi sin d’ora narrati.
Specificamente alla CNN Monti ha addirittura dichiarato testualmente il seguente concetto: “Bene stiamo guadagnando posizioni migliori in termini di competitività grazie alle riforme strutturali. Stiamo effettivamente distruggendo la domanda interna attraverso il consolidamento fiscale”.
In termini economici dunque Monti ha detto apertamente, forse ormai in preda ad un delirio di onnipotenza, che il suo Governo stava abbattendo i salari con politiche fiscali attraverso la distruzione della domanda interna e che dunque tale abbattimento, secondo lui, avrebbe finito per renderci nuovamente competitivi per mezzo del conseguente crollo dei salari.
Monti intendeva ottenere la moneta, che non viene più immessa nell’economia reale dagli Stati, attraverso le esportazioni. Tale politica è ovviamente matematicamente impossibile visto che una nazione non può vivere di sole esportazioni nel lungo periodo. Anche perché se tutti i paesi del mondo esportassero chi mai potrebbe importare? I marziani?
In sostanza con queste politiche si innesca una competizione verso la deflazione fra i vari Stati.
Ascoltare questa frasi come questa mette davvero i brividi in quanto il costo sociale di una simile operazione è stato ed è immenso (centinaia di morti per suicidio in tutta Italia).
Tutto questo in nome del profitto dei mercati.
-In data 26.09.2011 durante la trasmissione “L’infedele” Mario Monti prosegue nel suo personale indecoroso spettacolo facendo un’altra dichiarazione orribile: “Oggi secondo me stiamo assistendo, non è un paradosso, al grande successo dell’euro e qual’è la manifestazione più concreta del grande successo dell’euro? La Grecia! Perché l’euro è stato creato sì per avere una moneta unica ma soprattutto per convincere la Germania, che ha fatto il grande sacrificio di rinunciare al marco per avere una moneta comune europea, che attraverso l’euro, attraverso i vincoli che nascevano dall’euro, la cultura della stabilità, il Presidente Ciampi richiamava sempre la cultura della stabilità tedesca, si sarebbe diffusa un po’ per volta a tutti. Quale caso di scuola si sarebbe mai potuto immaginare, caso limite, di una Grecia, che da… è costretta a dare abbastanza peso alla cultura della stabilità e sta trasformando se stessa”.
Forse su tale frase è meglio non proferire commenti di sorta posto che si finirebbe per trascendere ampiamente il limite della continenza espositiva. Dunque è bene limitarsi ad elencare i dati ufficiali della catastrofe Greca.
Nel 2008 la Grecia aveva un debito pubblico pari al 99,19% del PIL. Dopo l’austerità il dato è schizzato al 178,3% nel 2013, dato che continua a peggiorare. Desolante.
Nello stesso periodo il PIL che aveva segnato il massimo nel 2008 è sceso fino a 176,6 miliardi ovvero ha avuto un calo del 23%.
Ma ovviamente il dato più drammatico, che evidenzia il crimine insito nelle misure di austerità, è il dato occupazionale. La Grecia nel 2008 aveva un tasso di disoccupazione pari al 7,68% passato già nel 2011 al 14,62%.
Il dato della disoccupazione in Grecia è arrivato nel 2013 al 27,3% e continua a salire.
Trattasi dello specchio esatto di quanto sta accadendo in Italia con le politiche di consolidamento fiscale inaugurate nel 2011.
Quanto compiuto in Grecia dunque non è un successo dell’euro ma un crimine contro l’umanità.
-Infine si cita un’ultima dichiarazione, facilmente rinvenibile su vari canali you tube, in cui Monti confessa la commissione di delitti contro la personalità dello Stato: “Io ho una distorsione che riguarda l’Europa ed è una distorsione positiva, anche l’Europa, non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi e di GRAVI crisi per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario . E’ chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini, ad una collettività nazionale possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico di non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto visibile conclamata. Certamente occorrono delle autorità di enforcement (n.d.s. costrizione traducendo in Italiano) rispettate che si facciano rispettare che siano indipendenti e che abbiano risorse e mezzi adeguati oggi abbiamo in Europa troppi Governi che si dicono liberali e che come prima cosa hanno cercato di attenuare la portata la capacità di azione le risorse l’indipendenza delle autorità che si sposano necessariamente al mercato in un’economia anche solo liberale”.
Tale dichiarazione renderebbe addirittura superflua la prosecuzione nella lettura del presente atto al fine di dichiarare la piena responsabilità di Monti Mario e di chi persegue le medesime politiche per il reato di cui all’art. 241 c.p. e/o 243 c.p. e si inquadra alla perfezione nel contesto normativo in cui l’UE è stata via via trasformata, da strumento di sviluppo e pace, in una dittatura finanziaria dalla quale solo la magistratura, l’unico potere ancora realmente libero nel nostro paese (e non a caso oggetto, come l’avvocatura, di recenti attacchi per minarne l’indipendenza), può finalmente salvarci.
37) Il Senatore Monti, in piena coerenza con il proprio dichiarato obiettivo di ridurre la sovranità nazionale attraverso una grave crisi indotta con l’aumento della pressione fiscale e conseguente distruzione della domanda interna, ha condotto l’Italia alla promulgazione delle seguenti leggi di ulteriore limitazione della sovranità e dell’indipendenza del paese.
Leggi approvate dal Parlamento che dunque ha assunto anche le conseguenti piene responsabilità civili e soprattutto penali:
- Il Parlamento ratifica, con legge promulgata da Napolitano il 23.07.2012 il Trattato sulla stabilità il coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria, meglio noto come Fiscal Compact che eleva a fonte primaria del diritto UE il PSC già approvato con i regolamenti del 2011 della commissione europea (six pack e two pack);
- Con legge Costituzionale n. 1 del 20 aprile 2012 sono state riformate, limitando la sovranità dello Stato Italiano in favore dell’Unione Europea alcuni articoli della Costituzione. La norma che più rileva è ovviamente la modifica dell’art. 81 Cost. che introduce il pareggio in bilancio che oggi recita: “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.
Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.
Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.
Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale”;
-Con Legge 23 luglio 2012 n. 116 il Parlamento ha ratificato il Trattato che istituisce il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) redatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012, legge promulgata dal Presidente della Repubblica e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale in data 28.07.2012.
Trattasi di una norma che sottrae un’altra fetta altrettanto importante della nostra sovranità nazionale.
Il MES in sostanza è un meccanismo di assistenza finanziaria agli Stati ma per la cui fruizione sono necessarie l’assolvimento di severe condizioni ed ulteriori cessioni di sovranità.
Il MES non crea alcuna base monetaria ma funziona unicamente in base alle somme erogate dagli stati membri.
Trattasi di somme che non vengono immediatamente versate nella loro interezza ma che, in caso di richiesta, dovrebbero essere erogate (prendendole dalle tasche dei cittadini!) senza dilazione dallo stato membro e ciò ai sensi dell’art. 9 della citata legge.
Non si può dunque che parlare di una nuova ed evidentissima cessione della sovranità nazionale che impone altresì condizioni estremamente gravose per un paese ormai economicamente distrutto dalle misure di austerità imposte dallo stesso Governo Monti sotto l’egida di BCE e lo sguardo compiaciuto di Giorgio Napolitano che anzi in data 13.10.2012 dichiarava: “per crescere cedere ulteriore sovranità all’Europa”. Trattasi di un’affermazione che sic et simpliciter costituisce un reato perché si chiede di cancellare e/o comunque comprimere ulteriormente la personalità giuridica dell’Italia, bene tutelato dal nostro codice penale.
Specificatamente l’Italia è stata messa in condizione di dover versare, a semplice richiesta del MES, l’astronomica somma di € 125.395.900.000.
Altresì i membri del MES godono di tutele giuridiche fuori dalla realtà di qualsivoglia stato di diritto.
Ovvero di immunità totale ed assoluta secretazione degli atti compiuti ai sensi dell’art. 35 L. 23/7/2012 n. 116. Infine il MES pur prestando denaro alle nazioni contro interessi e sacrifici macroeconomici è esente da qualsivoglia tassazione ex art. 36 della citata legge.
38) Il Governo Monti termina con le dimissioni del Presidente del Consiglio rassegnate in data 21.12.2012 ed il paese torna alle elezioni sempre con la legge che poi sarà dichiarata incostituzionale con sentenza n. 1 del 2014.
39) Il clima in cui si svolgono le elezioni politiche è di terrore e paura. Ogni tentativo di mettere in discussione le fallimentari politiche di austerità e di cessione della sovranità nazionale viene stigmatizzato come populismo. In mancanza del rispetto delle politiche di rigore fiscale viene falsamente prospettata la distruzione economica della nostra nazione. Ciò è perfettamente in linea con la dichiarazione del Sig. Monti sopra trascritta e prodotta.
40) Nel frattempo (marzo 2013) il Parlamento Europeo, mentre l’Italia è distratta dalle questioni interne, approva il già citato “Two Pack” e dunque dal 2014 sarà compito esclusivo della Commissione Europea decidere sulla nostra Legge di Stabilità (la Legge più importante dello Stato) acquisendo così il totale controllo delle politiche economiche nazionali. La sovranità sul punto dunque non viene limitata ma completamene sottratta al Parlamento Italiano, fatto completamente illegittimo e rilevante sotto il profilo penale;
41) Il nuovo governo viene formato in data 28 aprile 2013, sempre su incarico del primo presidente della Repubblica ad essere rieletto per un secondo mandato (in data 22 aprile 2013).
La scelta del Presidente ricade ancora una volta su una persona diversa dai candidati alla Presidenza del Consiglio, ovvero Enrico Letta, il quale ha da subito proseguito con assoluta dedizione nelle politiche imposte dalla BCE (anche per tramite UE) e dunque dirette inequivocabilmente alla distruzione della domanda interna allo scopo di abbattere i salari ed indurre una crisi che conseguentemente porti i cittadini ad accettare nuove cessioni della sovranità nazionale anche grazie meccanismi di “enforcement” (costrizione) quali il MES e il poco noto ERF (European Redemption Fund) che impone agli Stati di garantire con beni reali il proprio debito esattamente come fanno i cittadini quando chiedono un mutuo. Semplicemente ridicolo: le nazioni private della sovranità vengono declassate al rango di qualsivoglia altro soggetto privato.
42) In data 15 giugno 2013 il Governo Letta vara il “Decreto del Fare” con il quale è stata ulteriormente incrementata la pressione fiscale con esso. Viene confermato l’aumento dell’IVA dal 1 ottobre (aumento che ha comportato un calo del relativo gettito ma è stato molto efficace nell’abbattere i consumi) e l’aumento degli acconti sulle imposte dirette, azione economicamente folle in un sistema già in recessione certificata in cui dunque non è prevedibile una crescita dei redditi per l’anno successivo.
43) Ma non è finita qui. Il 12 settembre 2013, conformemente alle dichiarazioni di Monti con le quali si premetteva l’essenzialità delle gravi crisi al fine di procedere alla sottrazione di fette della sovranità nazionale, il Parlamento Europeo ha approvato anche la cd. “Unione Bancaria” e ciò su proposta della Commissione Europea.
Si sottolinea solo l’art. 4.3.1 di questa proposta, poi approvata dal Parlamento Europeo: “Principi, Istituzioni e Compiti. (omissis…) i costi o le altre spese sostenuti in relazione all’applicazione degli strumenti di risoluzione delle crisi siano in primo luogo a carico degli azionisti e dei creditori dell’ente soggetto a risoluzione della crisi e solo in ultima analisi, se necessario a carico del settore finanziario”.
Tale norma certifica che laddove una banca fallisce siano i correntisti a pagarne il prezzo e non già il settore finanziario. Dopo aver obbligato addirittura i pensionati ad avere un conto corrente, ecco a chi sarà chiesto il sacrificio per le vili speculazioni della finanza internazionale.
Tale norma è stata salutata trionfalmente dal nostro Governo in particolare nelle persone di Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni e ciò la dice lunga sugli interessi ai quali queste persone rispondono.
Questa è la nostra Europa, l’Europa voluta dagli esponenti del nostro governo.
44) Pare quasi superfluo dire, avvicinandosi alla conclusione di questa lunga (seppur largamente incompleta) premessa, che a seguito delle politiche di austerità tutti i dati economici del paese sono peggiorati e la sovranità ed indipendenza dell’Italia è stata cancellata e ciò senza contare l’imminente arrivo di altro strumento che Mario Monti chiamerebbe di “enforcement” ovvero il già citato ERF (European Redemption Fund).
Ecco in sintesi i principali dati macroeconomici.
Nel 2007 il tasso di disoccupazione italiana era al 6,1%, nel 2011 superava di poco la misura dell’8% mentre oggi è già pari al 13,6% ed è in crescita esponenziale. L’analogia con gli effetti dell’austerità in Grecia è oltremodo evidente e porta alla conclusione che anche qui, proseguendo con le attuali politiche, si arriverà a tassi di disoccupazione analoghi.
Il debito pubblico del nostro paese a dicembre 2011 era pari ad € 1.907.612.000.000, dopo un solo anno di “cura” Monti era già salito ad € 1.989.432.000.000.
A dicembre 2013 il debito ha addirittura sfondato la soglia di € 2.070.000.000.000 ed il rapporto con il PIL, nel frattempo precipitato a causa delle politiche volte alla distruzione della domanda interna, ha raggiunto il 130% così peggiorando considerevolmente il dato del 120% del 2011.
Oggi il debito, sotto il Governo Renzi (Governo che persegue le medesime politiche di sottrazione dell’indipendenza e della sovranità nazionale), ha sfondato il muro del 130% arrivando a Marzo alla cifra complessiva di 2.120 miliardi di Euro.
Insomma l’austerità ha spinto la nazione in una spirale recessiva volta ad ottenere le elencate (macroscopiche) cessioni della sovranità nazionale con conseguenze disastrose per la vita umana.
45) In data 7 agosto 2014 Mario Draghi, governatore di BCE, ha espressamente chiesto che gli Stati UE cedano la propria sovranità per le riforme strutturali come riportato anche dall’ansa.
Matteo Renzi, a quanto appreso dagli organi di stampa, si è detto d’accordo salvo poi proferire alcune dichiarazioni di facciata sprovviste di reali iniziative a difesa della nostra sovranità ed incontrandosi subito dopo con Mario Draghi stesso, investito di chissà quale potere esente dal vaglio della sovranità popolare.
Si ribadisce peraltro che le “cessioni di sovranità” sono espressamente vietate dalla Costituzione la quale prevede unicamente la possibilità di mere limitazioni per altro vincolate da un preciso scopo ovvero “pace e la giustizia tra le Nazioni”. Al contrario la proposta di rendere limitabile “ogni sovranità” fu dibattuta e respinta in seno all’assemblea costituente in data 24 marzo 1947. In particolare fu bocciato l’assunto: “accetta e propugna, a condizione di reciprocità e di uguaglianza, qualsiasi limitazione di sovranità, che sia necessaria ad una organizzazione internazionale che assicuri la pace e la giustizia tra i popoli”.
46) Il 1 dicembre 2014, anche Padoan si è unito al coro affermando “Cedere sovranità all’Europa per uscire dalla crisi”, Laura Boldrini ha fatto altrettanto su twitter affermando addirittura che è necessario vincere le resistenze alla cessione di sovranità. Insomma si continua a parlare, a totale sproposito, di un atto ostile contro la personalità giuridica del paese, atto che costituisce reato a prescindere dal fatto che le cessioni siano o meno dannose per l’economia italiana. Sul punto si dirà meglio infra;
47) Matteo Renzi, il Presidente del Consiglio, del terzo governo consecutivamente imposto da forze esterne al Paese, prosegue nella direzione dei suoi predecessori arrivando a modificare surrettiziamente la forma di governo del paese con la riforma costituzionale che elimina il bicameralismo e la versione moderna della Legge Acerbo che consolidò il fascismo nel 1923, ovviamente parliamo dell’italicum;
48) In sostanza conferendo la maggioranza assoluta, nell’unico ramo del Parlamento rimasto, ad un solo partito si cancellano con un battito di ciglia tutti i meccanismi di garanzia costituzionale previsti per l’equilibrio tra i tre poteri fondamentali dello Stato. La maggioranza assoluta in Parlamento consentirà, a cascata, la nomina di ogni altra Istituzione Repubblicana. Il potere esecutivo prevarrà su tutti gli altri in quella che era una Repubblica Parlamentare. Ovviamente tale modifica dell’ordinamento Costituzionale modifica la forma Repubblicana in chiara violazione dell’art. 139 Cost. Gravissimo dunque che il nuovo Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella abbia promulgato il cd. italicum.
L’art. 283 c.p. infatti sanziona anche il mutamento della forma di governo del paese, norma modificata nel 2006 con l’inserimento della violenza quale elemento costitutivo del reato. Anche di questo di dirà infra.
49) Merita ultima menzione in questa lunga (seppur incompleta) analisi le frasi dette dal deputato PD, Alfredo D’Attorre sulla rete “La 7” il 1 maggio 2015. Il deputato ha affermato che il PD persegue interessi stranieri e che la disoccupazione è mantenuta alta volutamente. Dichiarazione che non sorprende chi ha chiaro il disegno eversivo di fondo ma che ovviamente deve indurre l’Ill.ma Procura della Repubblica adita a procedere ad una seria indagine su quanto oggetto della presente denuncia (si noti che non si è scelta la forma dell’esposto alla luce del fatto che i reati di cui si dirà infra in diritto sono palesi e manifesti e non frutto di opinioni personalidello scrivente. Purtroppo solo l’assenza di un approfondito studio economico e giuridico su queste tematiche rende ancora oscuro il disegno complessivo, ma ormai una parte sempre più ampia di operatori del diritto stanno ribadendo, senza più alcun freno, i medesimi concetti).
50) Occorre dunque prendere atto che quelle compiute negli ultimi atti non sono libere scelte politiche ma un attacco al potere d’imperio dello Stato che finisce per essere gradualmente svuotato della sua personalità giuridica.
Tale azione non è una libera scelta ma un comportamento che configura reato per la lesione di quel particolare bene giuridico che è la personalità giuridica del Paese, bene tutelato nel capo I, del titolo I del secondo libro del codice penale.
Non rileva dunque che gli attori di tali politiche siano o meno in buona o mala fede circa il futuro del paese, ma rileva solo che scientemente abbiano inteso menomare la sovranità e l’indipendenza del paese.
Tutto ciò richiamato e premesso, l’esponente ritiene che i fatti sommariamente esposti costituiscano le condotte commissive di gravissimi reati penali.
IN DIRITTO
Sulla base dei fatti premessi si ritiene, senza alcun tema di smentita, che siano stati consumati i reati di cui all’epigrafe del presente atto commessi dalle più alte cariche dello Stato, dai membri dei Governi e dei Parlamenti che si sono succeduti dal 1992 ad oggi, nonché dai governatori della Banca d’Italia e di BCE sempre dal 1992 ad oggi.
Ivi compresi dunque le persone dei Sig.ri Giuliano Amato, Romani Prodi, Mario Monti, Enrico Letta, Fabrizio Saccomanni, Mario Draghi, Matteo Renzi, certamente Giorgio Napolitano e forse anche del Presidente Sergio Mattarella dopo l’assurda promulgazione dell’Italicum, chiedendo all’uopo che si valuti l’emissione dei provvedimenti cautelari meglio visti e ritenuti ovvero di valutare l’arresto in flagranza di reato posto che le illegittime cessioni di sovranità nazionale stanno proseguendo alacremente con inevitabile compromissione del bene giurdico della personalità dello Stato penalmente tutelato. Anzi, come abbiamo visto, le cessioni vengono ormai invocate senza alcun freno pur costituendo un atto palesemente eversivo.
Ecco le norme del codice penale da esaminare:
A) Il reato di cui all’art. 241 c.p. (attentati contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato) che in riferimento alla persona del Capo dello Stato diviene punibile ex art. 90 Cost. letto in combinato con il dettato di cui all’art. 77 c.p. mil.p. ed
B) Il reato di cui all’art. 243 c.p. (Intelligenze con lo straniero a scopo di guerra contro lo Stato Italiano) che tuttavia ad avviso di chi scrive non può coinvolgere il Capo dello Stato per espressa limitazione costituzionale;
C) Il reato di cui all’art. 264 c.p. (Infedeltà in affari di Stato). La frase di D’Attore “Il PD persegue interessi stranieri” obbliga ad un’indagine specifica sul punto;
D) Il reato di cui all’art. 283 c.p. (attentato contro la Costituzione dello Stato), che in riferimento alla persona del Capo dello Stato diviene punibile ex art. 90 Cost. letto in combinato con il dettato di cui all’art. 77 c.p. mil.p.;
E) Il reato di cui all’art. 287 c.p. (usurpazione di potere politico o di comando militare);
F) Il reato di cui all’art. 289 c.p. (attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali) che in riferimento alla persona del Capo dello Stato diviene punibile ex art. 90 Cost. letto in combinato con il dettato di cui all’art. 77 c.p. mil.p.;
G) Il reato di cui all’art. 294 c.p. (Attentato contro i diritti politici del cittadino).
* * *
-In merito al reato sub. A)
L’art. 241 c.p. punisce chi: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti ed idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza o l’unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.
La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l’esercizio di funzioni pubbliche”.
In primo luogo si sottolinea come la norma in esame sia stata modificata con L. 24.02.2006 n. 85.
Nella previgente formulazione la parola “violenti” non era inserita ed il reato era punito con la morte (ergo ergastolo ex lege).
Detta modifica normativa è assai inquietante ed ha anticipato di pochi mesi la pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 16751 del 21.07.2006 che per la prima volta era chiamata a disquisire proprio in merito a questioni monetarie e di sovranità, per quanto in maniera palesemente incidentale visto che l’attore non aveva in alcun modo contestato la legittimità dei Trattati Europei con cui la cessione si era verificata.
I fatti abbondantemente narrati nelle premesse del presente esposto ovviamente rientravano perfettamente all’interno della condotta punita dall’art. 241 c.p. prima della poco comprensibile riforma del 2006 visto che l’indipendenza del Paese è stata pacificamente compromessa dalle cessioni di sovranità.
Ci si chiede tuttavia quale fosse l’urgenza di riformare reati sostanzialmente mai applicati nella storia dell’ordinamento italiano come quelli che puniscono i delitti contro la personalità dello Stato.
La privazione della sovranità nazionale infatti è fatto gravissimo e ciò sia se è compiuta con la forza sia se lo è con l’uso di una semplice penna.
Ci si domanda dunque se la modifica della fattispecie penale sia stata fatta appositamente al fine di consentire che le cessioni di sovranità compiute in spregio agli artt. 1 ed 11 Cost. non fossero più perseguibili.
In tale caso la stessa L 24.02.2006 n. 85 costituirebbe elemento costitutivo del reato e dunque parte dell’intero disegno criminoso per cui si discute, con conseguente legittima applicazione dell’art. 241 c.p. nel testo previgente.
In sostanza nel 2006 si tentò ed in parte si attuò la depenalizzazione del colpo di Stato!
Lo scenario che consegue a tale ragionamento risulta assai inquietante e dovrà essere uno dei principali punti d’indagine su cui l’Ill.ma Procura adita dovrà impegnarsi.
Ad ogni buon conto, nonostante la citata modifica normativa, chi scrive ritiene che la fattispecie di cui all’art. 241 c.p. sia, in ogni caso, ancora ampiamente applicabile per le cessioni della sovranità e la menomazione dell’indipendenza del paese avvenute dal 1992 ad oggi ed ancora in essere come prova anche la destituzione del Governo Berlusconi avvenuta nel 2011.
Ma andiamo con ordine.
In primo luogo occorre esaminare approfonditamente gli art. 1 ed 11 cost. e valutare la loro compatibilità con il Trattato Istitutivo dell’Unione Europea e con le ulteriori norme recentemente approvate dal Parlamento Italiano come, ad esempio, la L. 23.07.2012 n. 116 istitutiva del cd. MES nonché la riforma costituzionale che, sempre nel 2012, ha modificato gli artt. 81, 97, 117 e 119 Cost. in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento e con i diritti inalienabili dell’uomo.
Come noto l’art. 1 della Costituzione recita: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Fermo il diritto al lavoro, diritto peraltro ampiamente frustrato dagli effetti deflattivi delle politiche di austerità dirette alla distruzione della domanda interna, il riferimento ai limiti alla sovranità popolare porta alla necessaria lettura dell’art. 11 Cost. che dispone: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
La ratio della norma costituzionale era dunque quella di favorire la pace tra le nazioni consentendo a tale fine una limitazione della sovranità purché compiuta in condizione di reciprocità. Trattasi di norma nata alla fine del secondo conflitto mondiale e non certo concepita pensando alla nascita dell’UE o di BCE.
Ovviamente la cessione della sovranità monetaria ad una banca sovranazionale composta da azionisti privati, banca che non risponde ad alcun controllo democratico in quanto indipendente dagli Stati dai quali non può accettare neppure meri consigli ex TFUE, non è atto conforme alla nostra Costituzione.
La cessione è per definizione la perdita della sovranità per consegnarla ad un soggetto esterno, fatto che nel caso in esame è pacificamente avvenuto. Inoltre BCE non sarebbe comunque organismo che rientra nei vincoli di scopo ben previsti dall’art. 11 Cost.
Si rammenta come detto in narrativa che non ogni limitazione di sovranità è possibile, essendo tale inciso dibattuto e respinto in seno all’Assemblea Costituente (seduta pomeridiana del 24.03.1947).
Tanto meno è conforme alla Costituzione la totale cessione della sovranità in materia di politica economica.
Sul punto il PSC (il patto di stabilità e crescita che impone vincoli tassativi al deficit con conseguenti sanzioni e commissariamenti del Paese che così non può più perseguire i suoi scopi, in primis la tutela del lavoro) costituisce indiscutibilmente una cessione assoluta di sovranità e non certo una mera limitazione in condizioni di reciprocità per gli scopi di cui all’art. 11 Cost.
Tornando a BCE invece risulta evidente, che tra i Governi e la stessa Banca Centrale non vi è alcuna parità di poteri e che dunque la conseguente cessione assoluta della sovranità monetaria in favore di detta banca, peraltro per motivi che nulla hanno a che vedere con lo sviluppo della pace e della giustizia tra le nazioni, esula ampiamente dai limiti del dettato costituzionale rientrando nel pieno ambito di operatività della fattispecie penale di cui all’art. 241 c.p. visto che l’indipendenza del Paese è lesa.
Peraltro, come già detto, non solo BCE è un organismo sovranazionale che ex lege non può accettare anche solo semplici “consigli” dagli Stati e dagli altri organi UE, ma addirittura è una Banca Centrale che non ha alcuna funzione di prestatore di ultima istanza ma fornisce credito unicamente alle banche commerciali consentendo loro enormi profitti senza sostenere in alcun modo l’economia reale e sottoponendo gli Stati ai capricci della speculazione che, semplicemente decidendo di non acquistare i titoli di Stato, impone a proprio piacimento le politiche nazionali. L’agenda del Governo, da Monti a Renzi, è pacificamente quella disposta dalla famosa missiva di BCE del 2011 e dalle più grandi banche d’affari internazionali.
Anche sul punto la Procura potrà acquisire una mole enorme di documenti se avrà finalmente il coraggio di non considerare ineluttabile quanto sta accadendo.
Queste banche commerciali, che poi altro non sono che le stesse componenti del consiglio d’amministrazione di BCE, usano la massa monetaria immessa dal nulla nel sistema unicamente per trarre profitti ed acquistare beni o servizi a prezzi ormai stracciati, anche grazie all’ulteriore follia delle privatizzazioni.
Storia di poco tempo fa la triste svendita di pezzi della nostra nazione compiuta in medio oriente dal Presidente del Consiglio Enrico Letta e proseguita da Matteo Renzi che ha recentemente avvallato l’ulteriore svendita di Alitalia.
Ad ogni buon conto le norme che provano inconfutabilmente quanto specificato sono quelle già menzionate nella premessa del presente atto a cui si rinvia integralmente per una migliore lettura.
La crisi del 2011, iniziata con l’invio della lettera di BCE al Governo Berlusconi per richiedere l’applicazione delle misure di austerità e che ha poi condotto all’avvento di Mario Monti, è stata la vera leva con cui fare accettare alle nazioni ulteriori e sempre più consistenti cessioni di sovranità privandole dei pur esigui margini di manovra che il Trattato di Maastricht prima e Lisbona poi ancora lasciavano. Tale leva nel caso di specie è stata addirittura utilizzata per destituire un Governo legittimamente eletto con un altro gradito alla finanza.
Come testualmente dichiarato da Monti Mario la crisi è divenuta l’arma necessaria per fare sì che l’Europa potesse fare dei passi avanti che, sempre secondo Monti, sono appunto l’illecita cessione di sovranità in favore del mercato, così abbattendo definitivamente le singole sovranità nazionali. Trattasi di dichiarazione palesemente confessoria.
In questo contesto si colloca l’approvazione da parte del Governo del MES, del pareggio di bilancio in costituzione in esecuzione del Trattato cd. Fiscal Compact (una clamorosa e totale cessione di sovranità in materia economica), del cd. two-pack nonché dell’unione bancaria e delle ulteriori riforme costituzionali in programma e già più volte annunciate da quelli che una volta erano Governi di Stati sovrani e che oggi sono meno di colonie inermi nanti al potere dei mercati.
Sotto il profilo della fattispecie penale dell’art. 241 c.p. è dunque indubbio che la sovranità nazionale sia stata sottratta in favore di organi stranieri tra cui la stessa BCE e che l’indipendenza dello Stato non solo sia stata limitata ma addirittura completamente cancellata.
Infine si ricorda che l’art. 47 Cost. dispone che sia la Repubblica a coordinare e controllare il credito e non viceversa.
Il SEBC (Sistema europeo delle banche centrali), con la sua totale indipendenza, non ha dunque alcuna legittimità giuridica.
La Costituzione è letteralmente stuprata!
In punto diritto, ai fine della ricorrenza del reato penale in parola, occorre unicamente disquisire ancora circa il presupposto consumativo del reato così come modificato nel 2006 e dunque trattare anche del concetto di “atti violenti” inserito nell’art. 241 c.p.
Tuttavia la risoluzione giuridica del problema appare più semplice di quanto possa in un primo momento apparire.
La giurisprudenza, infatti, è assolutamente unanime e consolidata sull’interpretazione ampia del concetto di violenza che non comprende solo l’atto fisico dell’agente.
La violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza “impropria”, che si attua attraverso l’uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione.
L’austerità è l’atto “impropriamente” violento (anche se forse si potrebbe parlare addirittura di atto apertamente violento in re ipsa viste le conseguenze di morte che ha comportato e comporta) imposto da BCE e pedissequamente posto in essere dal Governo Monti prima, Letta poi e Renzi oggi, sempre con l’avvallo del Presidente Napolitano e purtroppo dopo la promulgazione dell’italicum (pare) anche da parte del Presidente Sergio Mattarella, che distruggendo la domanda interna e conseguentemente riducendo la popolazione in una condizione di paura e sempre più dilagante povertà, ha determinato l’accettazione sulla base di una falsa forza maggiore di ogni atto con cui la sovranità italiana è stata completamente sottratta.
Il reato dunque è perfettamente consumato.
Lo stesso poi può dirsi con specifico riferimento alla falsa crisi dello spread del 2011. In allora l’atto violento furono le stesse manovre poste in essere da BCE che determinarono l’insostenibile aumento dei tassi d’interesse al punto di ottenere la sostituzione di un Governo eletto con quello gradito alla finanza.
Occorre fare un’ultima riflessione laddove non si aderisse all’eccezione di “atti violenti” che ivi si espone trattando di altro reato previsto dal codice penale.
* * *
-in merito al reato sub B)
I fatti sino ad ora narrati rientrerebbero comunque nell’ambito di operatività di cui all’art. 243 c.p. che punisce: “Chiunque tiene intelligenze con lo straniero affinché uno Stato estero muova guerra o compia atti di ostilità contro lo Stato italiano, ovvero commette altri fatti diretti allo stesso scopo, è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni. Se la guerra segue, si applica la pena di morte; se le ostilità si verificano, si applica l’ergastolo”.
Trattasi di disposizione normativa che mira a tutelare l’interesse del mantenimento della pace e dell’esclusione, nello svolgimento delle relazioni internazionali, di interferenze da parte di soggetti non autorizzati, conniventi con lo straniero, capaci di compromettere i rapporti e la pacifica convivenza tra i popoli.
Il verificarsi dell’evento bellico non è elemento necessariamente richiesto per la consumazione del reato in parola per il quale è sufficiente l’avvenuta intelligenza con lo straniero a tale fine o a quello di compiere anche altri atti altrimenti ostili alla nazione che è proprio ciò che interessa in questa sede.
Tenere “intelligenze” significa semplicemente stringere un accordo con lo straniero, accordo che ai fini del reato in parola può anche essere assolutamente palese e non già occulto. La stipula di un trattato è pacificamente un atto d’intelligenza con lo straniero.
La qualificazione giuridica meno immediata è invece quella che definisce appunto il concetto di “atto ostile”. Per comprendere il senso del termine basta ricordare il capo del codice penale in cui il reato è inserito, ovvero quello che mira a tutelare la personalità giuridica dello Stato.
Atti di ostilità dunque sono tutte le azioni d’inimicizia diverse dalla guerra stessa che risultino dannose degli interessi del paese anche qualora non coercitivi o non violenti. Ecco dunque spiegata la ragione per cui, non aderendo a quanto precedentemente asserito, l’art. 243 c.p. diventa norma residuale rispetto al 241 c.p.
L’ordinamento democratico della Repubblica Italiana si basa ovviamente sulla nostra Costituzione che all’articolo 1 attribuisce espressamente la sovranità al popolo. Tale passaggio costituisce l’essenza di una democrazia nel senso proprio del termine.
Un atto d’intelligenza con lo straniero che comporta la sottrazione della sovranità e dell’indipendenza nazionale deve necessariamente qualificarsi come “atto ostile” a quel bene giuridico che si può definire personalità dello Stato Italiano.
Non vi è infatti azione più ostile nei confronti di una nazione di quella diretta a cancellarne la sovranità o a menomarne l’indipendenza. Ogni evento bellico è per sua definizione il tentativo di sottomettere un altro Stato menomandone proprio la sua sovranità e la sua indipendenza.
Oggi la compromissione dell’indipendenza e della sovranità nazionale non avviene dunque con i carri armati ma con i vincoli di bilancio imposti con i trattati che spogliano la nazione di qualsivoglia capacità giuridica in materia politica ed economica.
La cessione di sovranità dell’Italia in favore dell’Europa rappresenta indiscutibilmente la fine dell’Italia quale nazione libera ed indipendente, ciò è esattamente quello che accadrebbe in caso di occupazione militare del paese.
Laddove la cessione della sovranità e la menomazione dell’indipendenza avviene ricorre la piena punibilità ex art. 243 c.p. Atto ostile è pertanto semplicemente ciò che contrasta con la personalità dello Stato.
Se si parla di interessi nazionali la valutazione dovrà quindi essere esclusivamente giuridica e non di mera opportunità. Anche se si ritenesse che la cancellazione dell’Italia come Stato possa essere atto compiuto nell’interesse del popolo italiano stesso, ciò non toglierebbe la qualifica di atto ostile ad un trattato che disponga suddetta cancellazione.
Ergo il carattere ostile di un atto è in re ipsa nella cessione di sovranità compiuta in violazione di principi fondamentali della nostra costituzione indipendentemente dal fatto che si possa pensare o meno che tale cessione migliorerà la qualità della vita nel nostro paese.
Dunque i discorsi come quelli di Mario Monti, di Giorgio Napolitano, di Mario Draghi, Laura Boldrini, Padoan e Matteo Renzi di cui si è già detto, ove si enfatizza il disegno criminoso di “cedere” (dichiarano apertamente che non si tratta di limiti!) la sovranità nazionale in favore dell’Europa dei mercati non fa altro che evidenziare indiscutibilmente l’elemento psicologico del reato in parola.
Il fatto che gli ultimi tre Presidenti del Consiglio imposti dagli stranieri sponsorizzino la fine dell’Italia quale nazione sovrana ed indipendente è per evidenza logica un atto ostile all’Italia.
In merito all’elemento psicologico per la consumazione del reato non rileva che il soggetto agente voglia il male della popolazione italiana ma unicamente che il soggetto agente abbia il dolo specifico di compiere un atto ostile alla sopravvivenza della nazione Italia quale entità indipendente e sovrana dotata di propria personalità giuridica.
D’altrocanto è facile comprendere che la stessa definizione di Stato comporta il potere sovrano dello stesso sul proprio territorio, il cd. potere d’imperio. Lo Stato appunto è popolo, territorio e sovranità, ed in uno Stato democratico la sovranità appartiene al popolo e dunque non può essere ceduta a terzi.
Se uno Stato non ha più questo potere perché sottoposto ad un “vincolo esterno”, qualsiasi siano le ragioni per cui ciò avviene, la personalità giuridica è irrimediabilmente perduta.
Che piaccia o meno costruire un nuovo Stato cancellando la personalità giuridica di quello in essere è sic et simpliciter un atto eversivo.
Senza poi dimenticare che questa Europa è semplicemente una dittatura finanziaria e non il sogno d’integrazione che pensavamo di portare avanti.
Oggi i veri europeisti sono coloro che si oppongono a questo disegno.
* * *
-in merito al reato sub C)
L’art. 264 c.p. sanziona: “Chiunque incaricato dal Governo italiano di trattare all’estero affari di Stato, si rende infedele al mandato è punito, se dal fatto possa derivare nocumento per l’interesse nazionale, con la reclusione non inferiore a cinque anni”.
La norma è fin troppo chiara e tassativa.
Se nei rapporti internazionali si perseguono interessi contrari a quello del paese si commette reato. Ovviamente per interessi contrari non si deve intendere solo quelli dannosi per l’economia dello Stato ma anche quelli che mirano a causare la cessione della sovranità e dell’indipendenza nazionale poiché costituiscono una menomazione della personalità giuridica dell’Italia, atto per definizione contrario ai nostri interessi e ovviamente a noi ostile.
Ma ovviamente vi è di più.
La crisi non è un fatto ineluttabile ma è causata dalle norme che hanno imposto al Paese una serie record di avanzi primari, ovvero norme che ci hanno imposto di tassare più di quanto spendiamo al netto degli interessi sul debito (ciò avviene sin dal Protocollo n. 12 allegato al Trattato di Maastricht che ha imposto il noto limite al deficit annuo in rapporto al PIL nella misura del 3%, misura che fin da allora era già superata con il solo costo degli interessi passivi, così condannando matematicamente l’Italia ad una violenta crisi economica).
Così facendo la moneta circolante nell’economia reale si è ridotta e l’economia, come un corpo umano senza sufficiente sangue, è ovviamente morta.
Si è scientemente deciso di lasciarci in costante rarefazione monetaria, ovviamente al fine di cancellare Stati nazionali e democrazia.
Ad ogni buon conto dopo le dichiarazioni di D’Attorre su La 7 non è in nessun caso ipotizzabile che l’Ill.ma Procura ometta di aprire una seria ed attenta indagine sul punto visto che si è apertamente dichiarato che il PD fa interessi stranieri e non quelli nazionali, mantenendo volutamente alta la disoccupazione.
Occorre sentire a SIT il coraggioso e sincero deputato al fine di chiedere la spiegazione tecnica di una simile dichiarazione che ammette la sussistenza di un grave reato in corso.
* * *
-in merito al reato sub D)
L’art. 283 c.p. punisce: “Chiunque con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato e la forma di governo, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni”.
Le considerazioni giuridiche sono in tutto e per tutto analoghe alle precedenti.
La Costituzione in forza della crisi è stata effettivamente modificata. In particolare sono cambiati gli artt. 81, 97, 117 e 119 Cost. con la messa al bando di qualsivoglia politica di espansione monetaria da parte dei singoli stati.
Il pareggio in bilancio, una follia macroeconomica manifesta, è diventata norma di carattere costituzionale.
L’illustre economista John Maynard Keynes si rivolterebbe nella tomba, il suo pensiero è stato messo al bando dalla Costituzione Italiana.
Anche la fattispecie penale in esame ha visto aggiungere al proprio testo il termine “violenza”. Anche in questo caso la violenza è quella posta in essere grazie al meccanismo della paura indotta dalle conseguenze dell’austerità chiesta da BCE.
Paura che ha consentito, subito dopo l’inizio del Governo Monti, di approvare a tempo record la vergognosa riforma costituzionale menzionata, contraria ai principi fondamentali della nostra carta ovvero ai più volte menzionati artt. 1 e 11 cost. nonché all’art. 47 Cost. che imponendo la tutela del risparmio eleva il deficit ad obbligo giuridico, posto che il risparmio è matematicamente possibile solo con una politica di deficit nel lungo periodo. Se lo Stato recupera a tassazione tutta la moneta immessa con la spesa pubblica non serve il pallottoliere per comprendere che il risparmio diventa matematicamente impossibile.
Il tema è estremamente tecnico e pertanto, per comodità dell’Ill.ma Procura si rinvia agli atti di un convegno che ha visto partecipare, oltre allo scrivente, anche numerosi magistrati, giuristi ed economisti di spicco tutti concordi nella suesposta affermazione. Ecco il link: Il ruolo del risparmio e della moneta nel disegno costituzionale. - Avv. Marco Mori
La configurazione del reato in parola appare dunque evidente e ciò per le ragioni già abbondantemente esposte.
Si è infatti inserito in Costituzione una cessione di sovranità monetaria ed economica incompatibile con gli scopi delle limitazioni possibili ex art. 11 Cost. impedendo alla Repubblica di agire in futuro compatibilmente al suo scopo fondante, la tutela del lavoro.
Sul punto si rammenta la superiorità dei principi fondamentali dell’ordinamento e dei diritti inalienabili dell’uomo su ogni altra norma, nonché sugli stessi Trattati UE e più in generale sul diritto internazionale.
La sentenza n. 238/14 della Corte Costituzionale è stata chiarissima sul punto: “Non v’è dubbio, infatti, ed è stato confermato a più riprese da questa Corte, che i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e i diritti inalienabili della persona costituiscano un «limite all’ingresso[…] delle norme internazionali generalmente riconosciute alle quali l’ordinamento giuridico italiano si conforma secondo l’art. 10, primo comma della Costituzione»(sentenze n. 48 del 1979 e n. 73 del 2001) ed operino quali “controlimiti” all’ingresso delle norme dell’Unione europea (ex plurimis: sentenze n. 183 del 1973, n.170 del 1984, n. 232 del 1989, n. 168 del 1991, n. 284 del 2007), oltre che come limiti all’ingresso delle norme di esecuzione dei Patti Lateranensi e del Concordato (sentenze n. 18 del 1982, n. 32, n. 31 e n. 30 del 1971). Essi rappresentano, in altri termini, gli elementi identificativi ed irrinunciabili dell’ordinamento costituzionale, per ciò stesso sottratti anche alla revisione costituzionale (artt. 138 e 139 Cost.: così nella sentenza n. 1146 del 1988)”.
Ed ancora la Corte sempre con la medesima pronunzia ha ribadito: “Anche in una prospettiva di realizzazione dell’obiettivo delmantenimento di buoni rapporti internazionali, ispirati ai principi di pace e giustizia, in vista dei quali l’Italia consente a limitazioni di sovranità (art. 11 Cost.), il limite che segna l’apertura dell’ordinamento italiano all’ordinamento internazionale e sovranazionale (artt. 10 ed 11 Cost.) è costituito, come questa Corte ha ripetutamente affermato(con riguardo all’art. 11 Cost.: sentenze n. 284 del 2007, n. 168 del 1991, n. 232 del 1989, n. 170 del 1984, n. 183 del 1973; con riguardo all’art. 10, primo comma, Cost.: sentenze n. 73 del 2001, n. 15 del 1996 e n. 48 del 1979; anche sentenza n. 349 del 2007), dal rispetto dei principi fondamentali e dei diritti inviolabili dell’uomo, elementi identificativi dell’ordinamento costituzionale”.
Ciò comporta che ovviamente anche la Legge Costituzionale che ha modificato le norme della Costituzione citate è soggetta al medesimo vaglio di legittimità. Costituendo, in particolare la modifica dell’art. 81 Cost., un vincolo permanente all’esercizio della sovranità del paese che annulla la fondazione della stessa Repubblica sul lavoro cancellando la tutela del risparmio. Per tali ragioni non vi è dubbio alcun che il pareggio in bilancio in Costituzione sia un illecito penale oltre che una violazione manifesta dei principi fondamentali (e dunque inemendabili ex art. 139 Cost.) della nostra carta fondamentale.
Rammentiamo poi che la norma punisce anche una diversa ed ulteriore condotta: la modifica della forma di Governo.Atto che sta ponendo in essere proprio Matteo Renzi con la riforma della legge elettorale e quella costituzionale volta ad abolire il bicameralismo perfetto.
Tale riforma, consegnando la maggioranza assoluta ad una forza sola nel paese, determina una surrettizia modifica della forma di Stato. La Repubblica Parlamentare cede il passo e viene smantellata. L’esecutivo assume il controllo totale anche degli organi di garanzia e di equilibrio tra i tre poteri fondamentali dello Stato poiché ne sceglierà i membri.
Ante 2006 il reato sarebbe stato pacifico, oggi occorre identificare la violenza nella cooptazione, nella coercizione del partito al Governo sui membri del Parlamento.
Tale coercizione è avvenuta sia attraverso la falsa rappresentazione di una crisi economica evitabile solo con simili demenziali provvedimenti, sia grazie alla composizione del Parlamento di meri nominati. Un nominato siede nelle Istituzioni poiché è stato ivi inserito dal partito ed è consapevole che non rispettando gli ordini perderà il proprio posto.
Ecco che il ricorso alla fiducia nel momento che si approva una legge in un Parlamento di nominati diviene la forma di coercizione suprema, senza contare che ovviamente il fatto che il Parlamento sia composto da nominati è un palese e già accertato illecito costituzionale con possibili riflessi penali per le ragioni che si diranno infra.
* * *
-in merito al reato sub. E)
L’art. 287 c.p. punisce chi: “Chiunque usurpa un potere politico, ovvero persiste nell’esercitarlo indebitamente, è punito con la reclusione da sei a quindici anni”.
Usurpare significa arrogarsi ovvero assumere un potere che per legge non spetta.
L’usurpazione, ai fini della configurazione della fattispecie delittuosa, deve riguardare un potere politico. La destituzione di un Governo legittimamente eletto e la sostituzione di esso con altro, che invece non ha avuto alcuna legittimazione democratica, configura pienamente la consumazione del reato in parola.
Le campagne elettorali si basano su programmi ed il programma dell’austerità, tanto caro alla finanza mondiale e richiesto da BCE per ovvie ragioni di speculazione finanziaria e dominio politico, non era stato assolutamente posto all’attenzione delle sovrane decisioni del popolo italiano.
Nello specifico dunque il Governo Berlusconi è stato destituito in favore del Governo prescelto dai mercati finanziari per diretto ordine dell’Unione Europea e della sua banca centrale privata, BCE.
Addirittura, stando a quanto emerso in questi mesi, sia la lettera di BCE che le politiche che il Governo Monti avrebbe dovuto adottare, dovevano rimanere sconosciute all’opinione pubblica italiana.
Le informazioni dovevano essere diluite e distribuite passo dopo passo al fine di creare consenso nei cittadini.
Corrado Passera, a.d. di Banca Intesa, stando alle rivelazioni apprese sugli organi di stampa, già nell’estate 2011, propose proprio a Napolitano e Monti un piano per la ripresa economica chiedendo di “non proporre tale piano agli italiani, adesso e con sincerità, ma costruendo il vasto consenso necessario attraverso la condivisione di benefici e sacrifici”;
Non può e non deve trarre in inganno, ai fini della configurazione del reato di cui si discute, il fatto che Berlusconi abbia rassegnato le proprie dimissioni visto che la sua scelta non è stata in alcun modo libera. La volontà del Governo è stata palesemente cooptata.
Ciò è avvenuto per tramite di pesantissime ingerenze di organismi esteri di cui in premessa e con l’attacco diretto della finanza agli stessi interessi economici personali di Silvio Berlusconi che, messo all’angolo, ha fatto un passo indietro consegnando l’Italia al Governo di Mario Monti.
Il Governo Monti, in pochi mesi, ha messo in ginocchio l’economia del paese con una politica di consolidamento fiscale esclusivamente e dichiaratamente rivolta alla distruzione della domanda interna.
Tale politica ha causato nell’economia reale solo fallimenti, disperazione e suicidi. Di contro, la medesima politica, ha determinato la ripresa dei mercati azionari che rispondono proprio agli interessi di chi aveva espressamente richiesto l’austerità.
Lo stesso Monti ha più volte confermato tale circostanza con dichiarazioni a dir poco sconcertanti menzionate in narrativa e facilmente reperibili in rete semplicemente scrivendo le parole chiave “Monti-sovranità”.
Ma vi è di più.
L’usurpazione del potere politico trascende dalla destituzione del Governo Berlusconi e trova le proprie basi giuridiche dalla legge elettorale approvata nell’anno 2005, il cd. “Porcellum”.
Uno dei temi più dibattuti negli ultimi mesi nel nostro paese è quello relativo alla pronuncia della Corte Costituzionale che con sentenza n. 1/2014 ha dichiarato l’illegittimità della Legge elettorale che ha formato l’attuale Parlamento ovvero la Legge 21 dicembre 2005 n. 270.
Con detta sentenza la Corte ha sostanzialmente scoperto l’acqua calda, ovvero che il cd.“porcellum” era ed è costituzionalmente illegittimo e ciò sia in riferimento al premio di maggioranza che alla mancata possibilità per l’elettore di esercitare la propria preferenza in ordine ad uno specifico candidato.
La Cassazione con la successiva sentenza n. 8878/2014 ha potuto, in conseguenza della declaratoria d’incostituzionalità della legge elettorale che: “i ricorrenti non hanno potuto esercitare il diritto di voto nelle elezioni (omissis…), svoltesi successivamente all’entrata in vigore della L. n. 270/2005 e sino alla data della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 1 del 2014, secondo le modalità, previste dalla Costituzione, del voto personale, eguale, libero e diretto”. La Cassazione ha poi evidenziato “la grave alterazione della rappresentatività democratica”.
In sostanza si è dunque acclarata un’usurpazione del potere politico posto che il Parlamento non è allo stato composto nel rispetto della Costituzione.
La Corte Costituzionale ha rimarcato nella propria pronunzia l’importanza del principio della continuità dello Stato che tuttavia non conferisce, ad avviso di chi scrive, legittimitàall’usurpazione del potere politico protrattasi per quasi dieci anni e che ancora si protrae e si protrarrà con l’indegno italicum, legge che ancora una volta prevede un folto gruppo di nominati in Parlamento ed un premio di maggioranza che stravolge l’essenza parlamentare della Repubblica.
La Corte, semplicemente, ha richiamato la Costituzione, mantenendo l’esistenza di uno Stato fino alle prossime necessarie elezioni così esprimendosi: “Rileva nella specie il principio fondamentale della continuità dello Stato, che non è un’astrazione e dunque si realizza in concreto attraverso la continuità in particolare dei suoi organi costituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento. È pertanto fuori di ogni ragionevole dubbio – è appena il caso di ribadirlo – che nessuna incidenza è in grado di spiegare la presente decisione neppure con riferimento agli atti che le Camere adotteranno prima di nuove consultazioni elettorali: le Camere sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare. Tanto ciò è vero che, proprio al fine di assicurare la continuità dello Stato, è la stessa Costituzione a prevedere, ad esempio, a seguito delle elezioni, la prorogatio dei poteri delle Camere precedenti «finché non siano riunite le nuove Camere» (art. 61 Cost.), come anche a prescrivere che le Camere, «anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni» per la conversione in legge di decreti-legge adottati dal Governo (art. 77, secondo comma, Cost.)”.
La Corte correttamente ha pertanto conferito legittimità, secondo i limiti costituzionali, alle attuali camere ma, proprio i limiti richiamati in sentenza presupponevano necessariamente l’immediato scioglimento delle stesse.
Solo dopo tale atto formale il Parlamento avrebbe potuto legiferare in caso d’urgenza manifesta. L’art. 61 Cost. infatti dispone: “Finché non sono riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti”.
Il regime della prorogatio passa per lo scioglimento delle camere.
Ad avviso di chi scrive la prosecuzione dell’attività legislativa senza passare da tale passaggio costituzionalmente necessario rappresenta usurpazione manifesta del potere politico.
Vale solo la pena rimarcare che questo Parlamento, come noto, sta addirittura modificando la Costituzione.
Ciò giustifica ampiamente la richiesta d’intervento urgente della Magistratura con particolare riferimento all’adozione di una misura cautelare, della specie meglio vista e ritenuta, che pare l’unico mezzo atto a fermare tale aberrazione morale e giuridica prima che per la democrazia sia troppo tardi.
Questo è il pensiero dello scrivente.
* * *
F) L’art. 289 c.p. dispone:“È punito con la reclusione da uno a cinque anni, qualora non si tratti di un più grave delitto, chiunque commette atti violenti diretti ad impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente:
1) al Presidente della Repubblica o al Governo l’esercizio delle attribuzioni o delle prerogative conferite dalla legge;
2) alle assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte costituzionale o alle assemblee regionali l’esercizio delle loro funzioni”.
Il commento della configurabilità della fattispecie in esame non necessita di particolari approfondimenti giuridici.
Unico dubbio potrebbe essere l’alternatività di tale reato con quelli precedentemente menzionati. Alternatività che tuttavia non interessa la persona del Presidente della Repubblica che può essere messo in stato d’accusa solo ai sensi delle norme richiamate dall’art. 77 c.p. militare di pace, norma che fa espresso richiamo proprio all’art. 289 c.p.
Sul punto si rimanda comunque alle valutazioni dell’Ill.ma Procura adita.
Nel merito della condotta penalmente sanzionata è oltremodo evidente che l’atto idoneo in via definitiva ad impedire al Governo l’esercizio delle proprie attribuzioni è certamente la sua destituzione e/o comunque la sottrazione allo stesso della propria sovranità ed indipendenza posta in essere con i comportamenti meglio individuati nella premessa del presente atto dal 1981 ad oggi.
Sul punto si ripetono le considerazioni già svolte anche sul tema della modifica del 2006 che ha aggiunto il termine “violenti” alla fattispecie.
* * *
-in merito al reato sub. G)
L’art. 294 c.p. punisce: “Chiunque con violenza, minaccia o inganno impedisce in tutto o in parte l’esercizio di un diritto politico, ovvero determina taluno ad esercitarlo in senso difforme dalla sua volontà, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.
L’Italia ha avuto ben tre Presidenti del Consiglio imposti dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano su ordine dei mercati finanziari e ciò a decorrere dal novembre 2011.
Lo strappo costituzionale che si è compiuto non ha precedenti.
La fattispecie in esame ha trovato la propria consumazione in due distinti momenti.
In primo luogo quando, alla caduta del Governo Berlusconi sotto il peso della lettera di BCE e della speculazione condotta dai mercati che controllano quali proprietari la stessa Banca Centrale, si è posto a capo del Governo una persona che neppure sedeva in Parlamento tanto che per legittimare la nomina fu addirittura necessario nominare Monti Senatore a vita.
In tale frangente dunque i cittadini furono privati dei loro diritti politici con violenza, minaccia e/o inganno.
Una falsa crisi per poter nominare un Governo che cedesse la sovranità del paese, ecco il disegno della finanza a cui anche Mario Monti ha aderito con passione.
Ancora una volta le considerazioni giuridiche sul punto sono le medesime già esposte e dunque si rimanda interamente ad esse.
Occorre però rilevare che il reato in oggetto si è consumato anche nel periodo antecedente alle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2013. La campagna elettorale infatti è stata segnata dagli effetti delle misure di austerità richieste da BCE ed eseguite dal Sig. Mario Monti con la predetta complicità del Governo e del Parlamento.
La tornata elettorale è stata dunque dominata dalla falsa paura che senza rigore finanziario l’Italia sarebbe fallita. Il voto non è stato libero in forza di un preciso disegno criminoso.
La già trascritta dichiarazione del Sig. Mario Monti costituisce la prova provata della veridicità di quanto si afferma. Vale dunque la pena riportala nuovamente data la sua manifesta violenza intrinseca (e la sua natura palesemente confessoria in merito anche ai reati di cui agli artt. 241, 243 e 264 c.p.): “Io ho una distorsione che riguarda l’Europa ed è una distorsione positiva, anche l’Europa, non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi e di GRAVI crisi per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario . E’ chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini, ad una collettività nazionale possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico di non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto visibile conclamata. Certamente occorrono delle autorità di enforcement (n.d.s. costrizione traducendo in Italiano) rispettate che si facciano rispettare che siano indipendenti e che abbiano risorse e mezzi adeguati oggi abbiamo in Europa troppi Governi che si dicono liberali e che come prima cosa hanno cercato di attenuare la portata la capacità di azione le risorse l’indipendenza delle autorità che si sposano necessariamente al mercato in un’economia anche solo liberale”.
La coercizione psicologica sugli elettori italiani è stata dunque pacificamente ammessa. In claris non fit interpretatio!
Infine si rammenta che a seguito della declaratoria di incostituzionalità delle Legge elettorale di cui si è detto è un Parlamento illegittimo composto in violazione accertata delle norme costituzionali a procedere nella modifica della stessa Costituzione.
Francamente chi non vede in tutto questo un’eversione dell’ordine democratico, a prescindere dalle legittime idee politiche di turno, è completamente cieco.
* * *
Si rammenta infine alla Procura che le opportune ed approfondite indagini in merito ai temi trattati nel presente esposto potrebbero portare all’attenzione anche un’altra norma penale, l’art. 246 c.p. (corruzione del cittadino da parte dello straniero).
Sul punto chi scrive non ha prove di dazioni di denaro da parte di gruppi finanziari in favore delle più alte cariche dello Stato italiano.
Tuttavia il conflitto di interessi in cui versano ed hanno versato numerosi membri delle Istituzioni è palese e manifesto visto che, ad incarichi in favore delle più grandi banche d’affari internazionali, o comunque altre istituzioni internazionali, sono succedute funzioni governative.
Si pensi ad esempio la posizione dello stesso Mario Monti o del Ministro Padoan.
Ovviamente il conflitto d’interessi evidente in cui versavano e versano non prova automaticamente la commissione del delitto di cui all’art. 246 c.p.
Ma sul punto si chiede alla Procura di fare chiarezza pur non formulando lo scrivente una formale denuncia ai sensi e per gli effetti di tale norma.
Per tutte le altre ipotesi di reato la denuncia è invece formale è non formulata contro ignoti.
Monti e Padoan hanno oggettivamente qualcosa da spiegare ed il processo in corso a Trani, di cui la Procura dovrebbe ad avviso dello scrivente acquisire integralmente gli atti poiché connesso alla presente denuncia, lo dimostra.
A Padoan e Renzi poi chiederei di spigare perché lo Stato non si è costituito parte civile nel procedimento nonostante ciò sia contrario agli interessi nazionali.
Tutto ciò richiamato e premesso l’esponente
CHIEDE
Che i responsabili dei reati di cui in epigrafe indicati siano condannati penalmente in base alle norme penali suindicate ovvero a quelle meglio viste e ritenute da codesta Ill.ma Procura della Repubblica.
Si esprime la volontà di ricevere informazione circa eventuale iniziativa archiviatoria presso il domicilio eletto.
Si chiede di voler affrontare la problematica indicata nel presente esposto con massima attenzione giuridica e non come una mera polemica sulla struttura dell’attuale sistema monetario.
Il fatto che un comportamento sia da tempo consolidato non implica la sua corrispondenza alla legge ed a volte, come in questo caso, più l’operazione fraudolenta è semplice ed alla luce del sole, più è difficile riconoscerne l’antigiuridicità intrinseca che ha determinato a cascata tutte le successive conseguenze sulla personalità giuridica della nostra amata nazione.
La sovranità appartiene al popolo e non può essere delegata a privati che non hanno fra i propri scopi istituzionali quello del bene pubblico ma unicamente gli utili, privati che stanno portando morte e distruzione in tutta Europa favorendo il rischio di conflitti tra Nazioni.
Si chiede l’emissione dei provvedimenti cautelari meglio visti e ritenuti per fermare quello che appare, a tutti gli effetti, un colpo di Stato, peraltro ormai in fase di oggettiva ultimazione.
Si indicano tutte le persone indicate nel presente atto quali sommari informatori dei fatti ivi narrati al fine di ricostruire compiutamente gli accadimenti che ovviamente sono estremamente articolati e complessi (benché il substrato giuridico sia banale. Cedere sovranità = atto ostile contro la personalità dello Stato = reato).
Si indicano come ulteriori sommari informatori i Sig.ri Giulio Tremonti, Jean-Claude Junker, José Manuel Durao Barroso, Renato Brunetta, Nigel Farage, tutti i Giudici della Corte Costituzionale che hanno pronunciato la sentenza n. 1/2014 ai fini che possano fornire interpretazione autentica della stessa circa la legittimità del Parlamento oltre ai limiti della prorogatio, Stefano Fassina, Giuseppe Lauricella, Alexis Tsipras, Yanis Varoufakis, i legali rappresentanti di Goldman Sachs e JP Morgan (che come noto ha scritto la lista delle riforme che l’Italia dovrebbe fare), nonché i legali rappresentanti delle principali agenzie di rating internazionale con riserva di ulteriormente dedurre ed argomentare.
Per i temi economici dibattuti si ritiene utile sentire il premio nobel per l’economia Paul Krugman.
Si chiede altresì acquisizione degli atti di indagine relative al procedimento penale pendente a Trani in riferimento ai fatti del 2011 P.M. Michele Ruggiero, acquisizione della lettera di BCE del 2011 nonché di ogni altro elemento di fatto indicato nel presente esposto.
Con la massima osservanza.
Luogo e data.
Firmato

Nessun tag
 

mototopo

Forumer storico
6

Share on facebook

Share on print

Share on twitter

Share on oknotizie

Share on email

Share on favorites

More Sharing Services

QUANTO COSTANO ALLO STATO ITALIANO I CLANDESTINI FATTI ARRIVARE DAL 2014 A OGGI DAL GOVERNO RENZI? 5,4 MILIARDI DI EURO
venerdì 31 luglio 2015
In questi giorni, sotto l’aulico nome burocratese di “efficientamento” della sanità, è andato in onda l’ennesimo taglio allo stato sociale operato dal premier non eletto Matteo Renzi, l’uomo che a detta sua “ha salvato l’euro”, ma che non riesce a combinare nulla di buono in casa propria, prova ne sia che il principale quotidiano economico francese, Les Hecos, lo ha sbertucciato sul “mitico” jobs act, definendola una riforma assolutamente inutile. Avete avuto traccia di questa notizia sui media nostrani?
Continua

QUANTO COSTANO ALLO STATO ITALIANO I CLANDESTINI FATTI ARRIVARE DAL 2014 A OGGI DAL GOVERNO RENZI? 5,4 MILIARDI DI EURO

SALVINI,QUARTIERI DI ABUSIVI
lunedì 3 agosto 2015
 

Users who are viewing this thread

Alto