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Putin To Nationalise Rothschild Central Bank

Posted by Sean Adl-Tabatabai in News, World 1 day ago Leave your thoughts


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Putin is to nationalise the Rothschild controlled Central Bank of Russia in an effort to stabilise the declining Ruble.
Euro-med.dk reports:
Under the Constitution, the CBR belongs to a foreign State – the City of London – and is taking orders from London and Washington. This bank can only print money corresponding to its cash in foreign currency, which is not sufficient for Putin´s purposes. The CBR even has to buy (worthless) US bonds for the dollars paid for Russian oil – whereby the dollars return to the FED!
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Moreover, Putin is under pressure from the West, which wants to overthrow and replace him with Western-minded oligarchs. Thus, the US ambassador to Moscow, Tefft, is said to have made it very clear: “We will displace Putin from office and install our people as leader of the government (he even mentioned the person by name) and appoint ministers”.
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Therefore, Putin now needs a strong army to prevent Russia’s submission to the US.
Fyodorov said in an interview: A split in the Russian elite took place two months ago, as part of the elite decided to stay with Putin.
Putin then made his decision, which defines the events to follow. Furthermore, the logic of 1) a state of emergency or 2) geopolitical war entered into force, while we are under pressure.
What this means is, a. Americans now cannot diminish their pressure, while b. we just enjoy the pressure, because it forces us technologically into national liberation: For many years, we could not obtain de-offshoring, but American pressure has performed this in one day.
Putin must now mercilessly clean the 5th column – in “Our Central Bank, the Ministry of Finance, the Ministry of Economy.
But above all, Putin sees the West as the big speculator against the ruble.
To put the plan straightforward: 1. A split in the government, 2. Identification of the fifth column in government, in business, in the media, 3. purge 4. a parallel active position on the Ukraine, because Ukraine and Russia is the same – like Putin said. With these words he defined his position and strategy for Russia.
Nationalization of the Central Bank of Russia would be the first signal and mean the final breach with Rothschild´s City of London / the British Empire / the “British (banksters) Crown” and its tool, the United States. Their Relationship has been tense since Putin´s seizure of the Rothschild/Chodorkowsky’s Yukos shares. Therefore, Putin hesitates with the nationalization. He also still needs authorization to enforce his plan as a strong man. For this he needs a “great necessity” which is supposedly imminent because of US aggression.:D:D:D:D:D:D:D:D:bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow:
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RIPRESA? GLI 8 BAZOOKA SPUNTATI PER IL PIL! (di Antonio Maria Rinaldi)

Pubblicato su 19 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in ECONOMIA
DROGA/PROSTITUZIONE/CONTRABBANDO, SVALUTAZIONE EURO, QE, EXPO’, TFR, SPENDING REVIEW, ANNO SANTO E RIFORME: GLI 8 BAZOOKA SPUNTATI PER IL PIL!

Di: Antonio Maria Rinaldi

Anche gli ottimisti cronici più incalliti, ormai definitivamente scalzati da coloro che per professionesupportano per partito preso le ricette economiche europee e di conseguenza quelle nostrane, iniziano fortemente a pensare che fra Bruxelles, Francoforte e Roma ci siano solo funamboli “venditori di fumo” a tirar le fila dell’economia.

Analizziamo pertanto se le ultime frecce a disposizione dell’arco per centrare la tanto decantata ripresa avranno o meno efficacia traducendosi in un effettivo incremento del PIL, oppure si riveleranno essere i soliti colpi di cerbottana destinati ad esaurirsi nel breve termine, assolutamente insufficienti a contrastare le politiche deflazionistiche imposte dai vincoli europeiche hanno gettato le economie del Continente europeo (in primis quella italiana) in conclamata recessione.

1) Iniziamo con ESA10 (European System of Accounts), cioè l’insieme delle norme riviste nell’ottobre 2014 per la determinazione e concertazione delle regole di contabilizzazione delle amministrazioni dei paesi membri sia a livello centrale che periferico, che ha sostituito il precedente schema ESA95.
I burocrati europei hanno voluto rimodulare il peso delle attività illegali, quali i traffici di sostanze stupefacenti, prostituzione e contrabbando che già erano inserite per convenzione nella determinazione del cosiddetto “sommerso”, ma con percentuali inferiori, per la computazione del PIL con la speranza di dare un “aiutino” ai governi alle prese con problemi di crescita. Ebbene, aldilà degli aspetti morali in relazione al settore “merceologico” di tali attività, l’effetto di aumentare il PIL virtualmente, praticamente per “regolamento”, si esaurisce nello spazio temporale di in un solo anno (a meno che tali settori replichino le performance d’entrata anche nei prossimi esercizi) e come effetto collaterale immediato non c’è poi pari aumento percentuale effettivo del gettito fiscale, ma addirittura paradossalmente un calo della percentuale statistica in quanto le solite attività lecite le tasse continueranno a pagarle profumatamente sempre di più.
Pertanto a conti fatti il nuovo calcolo del PIL peserà positivamente per l’Italia di un 0,4/0,5% nel 2014, azzerando nella realtà le previsioni di crescita accreditate della stessa percentuale.

2)La “svalutazione” dell’euro a cui noi abbiamo assistito specialmente contro il dollaro nei confronti del quale ha raggiunto negli ultimi 6 mesi un buon 25%, a giudizio del governo può rappresentare uno stimolo determinante al PIL grazie alle esportazioni ritornate competitive, avrà nella pratica però effetti limitati al comparto delle aziende esportatrici in quanto lo stesso euro è la valuta adottata anche dagli altri paesi europei che si avvantaggiano della stessa percentuale di svalutazione (Germania compresa!) di cui ci avvaliamo anche noi e pertanto non modificando di una virgola la convenienza o meno agli scambi intra-UE pari al 54% del totale.
Premesso che non si riesce a capire come la svalutazione dell’euro del 25% sia ora vista da politici, economisti e giornalisti come una manna dal cielo, mentre quando si ipotizza lo stesso scenario riferendosi alla ritrovata lira, invece la si dipinga sempre dagli stessi come una disgrazia: il vero vantaggio pieno ci sarebbe se fossimo solo noi rispetto a tutto il resto del mondo (Germania compresa!) ad avvalerci dello strumento della svalutazione.
Su questi concetti bisognerebbe chiedere all’on.le Paola De Micheli, neosegretario all’Economia, avendo più volte ha affermato pubblicamente che con la svalutazione della nuova lira si avrebbe avuto una pari diminuzione percentuale del PIL, se questa eventualità si ripeterà anche ora con l’euro! (della serie se capiscono qualcosa non li vogliamo)

3) Il Quantitative Easing dalla BCE è stato “formalmente” fatto passare all’opinione pubblica come una operazione per poter trasferire ai paesi europei una straordinaria liquidità affinché affluisse all’economia reale, mentre invece gli effetti certi che produrrà saranno quelli di fornire risorse al sistema finanziario europeo per assicurare un “paracadute” adeguato al rientro delle precedenti operazioni LTRO in scadenza, lanciate nel dicembre del 2011 e febbraio 2012.
Guarda caso i 60Mld di euro mensili previsti fino al settembre 2016, coincidono esattamente con le due trance in scadenza di finanziamento lanciate da Draghi per farsi surrogare dalle sue non funzioni di prestatrice di ultima istanza dal sistema bancario e finanziario e pertanto si può star certi che all’economia reale dell’eurozona difficilmente arriveranno se non le briciole.
E poi che bisogno c’era d’immettere questa liquidità così massiccia a sostegno dei titoli pubblici dei paesi eurodotati se i tassi d’interesse attualmente sono ai minimi storici dai tempi dell’età della pietra? Quando mai in Europa si sono visti più del 6% di tutti i titoli emessi esprimere tassi negativi se non in Svizzera nel periodo bellico per motivazioni tragicamente ben diverse? Quale logica dietro il QE che amplifica la possibilità della Germania di potersi finanziare a tassi negativi, mentre dall’altro lascia fuori completamente un paese in agonia come la Grecia a tassi superiori al 10%?
Il problema che si ostinano a non prendere in considerazione a Francoforte gli inquilini dell’Eurotower per non far troppo indisporre i falchi tedeschi, sacerdoti inflessibili dell’ortodossia economica su cui si fonda l’aggregazione monetaria, è nel non attivarsi veramente nel rimuovere i problemi connessi alla mancanza di garanzie.
L’assenza di copertura è il principale ostacolo che impedisce che l’enorme mole di liquidità già esistente affluisca effettivamente nella disponibilità delle aziende e delle famiglie.
Il comparto creditizio nel suo insieme non considera sufficientemente adeguate le garanzie fornite e in mancanza le banche non si fidano più di prestare il denaro!
Se poi aggiungiamo che l’Italia è l’unico paese europeo a non essere dotato di una Banca a capitale pubblico ma solo privato, che potrebbe sopperire a questa vitale esigenza come succede ad esempio in Germania. Come afferma il noto economista tedesco Markus Demary: “In Germania le banche cooperative e le casse di risparmio (che sono direttamente gestite dai Landers) non sono mai state trasformate in Spa e soprattutto nessuno pensa di farlo, sono troppo importanti per l’economia del paese e infatti la maggior parte del credito viene erogato passa di li”.

4)Per quanto tutti i componenti del governo Renzi non manchino in ogni occasione nel ribadire come l’EXPO’ 2015 sarà strumento e volano eccezionale per l’economia, va puntualizzato che gli eventuali effetti positivi per il PIL già si sono in gran parte “spalmaticon la realizzazione delle opere negli ultimi due anni e che, ad evento iniziato, ci si dovrà affidare ai potenziali, ma non certi o scontati, “effetti relazionali” con i paesi partecipanti.
Se le stesse risorse fossero state impiegate per organizzare un efficiente Agenzia per il Commercio estero, sulla falsa riga tutti degli altri partners europei che se avvalgono da sempre, finalizzata alla promozione delle imprese italiane nel mondo fornendo assistenza a tutti i livelli, sicuramente avremmo avuto una ricaduta consolidata nel tempo di gran lunga superiore. Per ora di una cosa siamo certi: a distanza di un mese e mezzo dall’apertura, l’unica cosa ad aumentarea Milano e dintorni sono stati i prezzi degli alberghi e dei servizi collegati all’evento!

5)La recente possibilità data al lavoratore di poter utilizzare il proprio TFR maturato senza dover aspettare la risoluzione del rapporto di lavoro, appare solo come una operazione di vetrina in quanto nella pratica è solo un espediente per far affluire maggior gettito fiscale nelle casse dello Stato che effettivi benefici per il rilancio dei consumi.
Facoltà che ben pochi utilizzeranno, non per altro per la penalizzante fiscalità ordinaria prevista rispetto al regime separato di fine rapporto e che se adottato da molti provocherà inevitabili problemi di liquidità alle aziende che saranno costrette a ricorrere ad alternative forme di finanziamento, visto che il TFR è una delle forme classiche di autofinanziamento (anche a basso costo!) di cui sia avvale una impresa.

6)La spending review, recentemente rilanciata dal governo affidando l’onere di sostituire il “decotto” Cottarelli a uno dei referenti economici più ascoltati da Renzi, il deputato del partito democratico Itzhak Yoram Gutgeld, ha negli anni dimostrato inequivocabilmente come sia stato esclusivamente utilizzato solo come un mezzo per aumentare la tassazione.
Spieghiamoci meglio: la traduzione letterale dall’inglese significa “revisione della spesa” e non “taglio della spesa”, come invece ci è stato fatto credere, e le azioni fino ad ora intraprese sono state pertanto quelle di effettuare non certo “revisioni”, cioè riallocare risorse a favore di dove più ne necessità eliminando gli sprechi, ma solamente procedendo a “tagli” specialmente nel sociale che come effetto pratico hanno costretto i cittadini a compensare la diminuzione delleprestazioni e servizi dando fondo alle proprie disponibilità, il che equivale a una sorta di “tassazione occulta”.
A prova di ciò basta interpellare i dati AMECO (Annual Macro-Economic database della Commissione Europea) per potersi convincere che la spesa primaria italiana rapportata al PIL E’ BEN AL DI SOTTO DELLA MEDIA EUROPEA e di paesi ad iniziare alla Francia, Finlandia, Austria, Belgio, Media EZ12, Media EZ27, Germania, Olanda!
Quindi non genericamente tagliare, ma eliminare gli sprechi ridistribuendo nei settori dove necessitano più risorse.
Invece lo spirito e le indicazioni degli ultimi governi è stato quello di tagliare con criteri orizzontalicon il duplice effetto negativo di inibire alla spesa pubblica la sua insostituibile e determinante funzione di moltiplicatore del reddito e, come spiegato sopra, diminuire le risorse adisposizione dei cittadini perché costretti a pagarsi i servizi per le prestazioni diminuite.

7) L’Anno Santo potrebbe rivelarsi, almeno sulla carta, un ottimo “business”, capace di dare il suo contributo alla ripresa economica del Paese, ma l’improvviso annuncio del Pontefice di effettuarlo a brevissimo potrebbe annullare completamente ogni potenziale vantaggio.
Affinché un evento del genere possa dare giovamento, non solo all’economia regionale più direttamente interessata ma anche a quella nazionale, sarebbe dovuta essere pianificata con un anticipo di almeno due/tre anni, mentre il prossimo 8 dicembre prevista come data ufficiale d’inizio delle celebrazioni, è assolutamente troppo vicina per assicurarsi una adeguata ricaduta economica.
Inoltre è ormai consolidata la consuetudine che il cosiddetto “turismo religioso” si avvalga di meccanismi autonomi con scarsissima ridistribuzione delle risorse, in quanto i pellegrini che si recano a Roma per partecipare alle celebrazioni sono molto poco propensi ad effettuare spese in loco.
Ne sanno qualcosa i commercianti romani che dal precedente Giubileo del 2000 ne hanno tratto ben pochi benefici, con eserciti di fedeli con la colazione al sacco preparata dall’Istituto religioso in cui avevano pernottato al massimo 2 giorni con la formula del “tutto compreso” e arrivati con i pulmann.
Si concentrerà pertanto in vantaggi per gli operatori turistici (solo quelli specializzati in questo specifico settore) e in quello dell’accoglienza (ad esclusivo appannaggio degli istituti religiosi già riconvertiti e attrezzati nel 2000 e non certo alle tradizionali strutture alberghiere).
Non sono previste poi la costruzione di particolari opere o strutture per l’ottimizzazione dell’evento, visto che già diversi secoli fa ci hanno pensato magnificamente personaggi del calibro di Michelangelo, Bramante, Maderno, Raffaello, Bernini ecc. e pertanto non ci sarà nessun “effetto leva” che in genere si attiva quando si mette in moto la filiera delle costruzioni.

8)Ed ora le riforme: se qualcuno pensa che sia l’ideale mettere in atto riforme in periodo di manifesta e duratura crisi economica, si sbaglia di grosso.
Qualsiasi riforma, ad iniziare da quella del lavoro, ha degli enormi costi in termini non solo economici ma anche e soprattutto sociali e che non contribuiscono ad aumentare nessuna percentuale di PIL.
Quanti ragionevolmente credono che le norme inserite nel jobs act incentivino l’occupazione?
Il tessuto industriale italiano, per il 90% composto dalla micro industria, di artigiani, piccola imprenditoria, di commercianti, inizierà di nuovo ad assumere personale solo ed esclusivamente in presenza di aumento dei consumi interni e non certo per una legislazioneche consente maggiore flessibilità del lavoro!!!
Ma ormai è di dominio pubblico che le “riforme”, ad iniziare proprio da quelle del lavoro, per proseguire a quelle di modifica della Costituzione, sono funzionali all’adeguamento del modello europeo che necessita dello strumento della “svalutazione interna”, cioè dei salari, e dell’abbassamento delle garanzie costituzionali per poter rendere esecutivi i suoi disegni di espropriazione dei più elementari principi della democrazia a danno della collettività e a sempre più appannaggio di interessi di parte.

Quanto allora si avvantaggerà il PIL dell’Italia dopo l’analisi di tutti questi favorevoli eventi? Gran parte di questi sono poi da considerarsi straordinari e non strutturali e quindi non idonei a replicare negli esercizi successivi gli stessi effetti che si esauriranno ben presto e che le previsioni ottimistiche, sfornate sistematicamente dalla stampa di regime su dati addomesticati delle istituzioni europee e nazionali, rientrano nelle classiche tecniche di propaganda e puntualmente smentite poi dai fatti, rimangono ormai l’unica risorsa che non conosce crisi!

Il PIL non è mai aumentato a forza di dichiarazioni o con titoli in prima pagina né tantomeno per “decreto” come invece è divenuta consuetudine in quest’Italia in ginocchio, ma promuovendo e stimolando i consumi interni con politiche economiche espansive dove lo Stato svolge un ruolo propulsivo insostituibile, ma che in questa gabbia monetaria non può perseguire e non sono neanche sufficienti tutti gli stimoli monetari possibili ed immaginabili messi in atto da una Banca Centrale che non è una Banca Centrale, ma solo la guardiana-garante della stabilità dei prezzi, cioè dell’inflazione.
Per poter cogliere in pieno le opportunità di crescita è necessario utilizzare tutti gli strumenti di cui si può avvalere uno Stato a piena Sovranità e non perseguendo vincoli esterni di bilancioconcepiti per la tutela di pochi a scapito di molti.

Antonio Maria Rinaldi
Tratto da:
http://scenarieconomici.it/ripresa-gli-8-bazooka-spuntati
 

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Argomenti per uscire dal guado dell'euroNato



A tutti gli encomiabili costituzionalisti (Luciano Barra Caracciolo, Marco Mori e gli altri) dico: a mio modesto parere l'inconstituzionalità non è - IN EUROPA- il supremo argomento per ritrovare la sovranità. Il sommo argomento è la nullità dei Trattati stessi per non adempimento da parte di alcuni Stati membri ai sensi dell'articolo 60 della Convenzione di Vienna, come ben cita Caracciolo nell'articolo sotto (cfr. 1).


Infatti è subentrata la base legale dei Trattati che non si basa sul diritto scritto delle singole Costituzioni, bensì su quello della "Concorrenza" che, come fa notare la brava costituzionalista Paola Musu, è inesistente nella nostra Costituzione per non dire antitetico laddove la Costituzione sancisce la cooperazione, la mutualità e altro, mentre è ben più compatibile e affine con il diritto di Common Law che non prevede né una Costituzione né un diritto scritto (cfr. 2).



I Trattati UE e le norme UE, dal punto di vista della gerachia giuridica, sono in ambito europeo considerati de facto superiori al livello delle norme nazionali, ma anche delle Costituzioni nazionali, ipocritamente sventolate come foglie di fico che non servono più a un... cavolo. La Costituzione, subdolamente calpestata in vari punti precedentemente, è stata platealmente tradita al momento della firma dei Trattati dai nostri governi, in particolare quelli da Maastricht in poi, visto che lì era prevista la cessione e non la delega di pezzi interi di sovranità, tra cui quella monetaria da cui discendono tutte le altre, quella alimentare, la fiscale, l'economica ecc. ecc.


Ancorché nella Costituzione stessa ci siano le basi medesime per superare sé stessa laddove cede il passo a non meglio definite organizzazioni di pace e internazionali.


E che lo si dica una volta per tutte che il testo costituzionale, lungi dall'essere perfetto, è invece perfettamente ambiguo: calpestato nelle parti buone, sovraniste e popolari, rispettato in quelle clausole e in quei commi che ne prevedono il superamento e il calpestamento stesso a vantaggio di quelle non precisate organizzazioni internazionali (ma che noi sappiamo essere UE, BCE, NATO, Banca Mondiale, FMI, ONU, Unesco, WTO e tutto il comparto atlantista di occupazione dalla fine della guerra) sempre in virtù della filippica del "mai più la guerra" o per una trita e ritrita concezione di pace che più che altro è la "pax americana" a forza di basi e nucleare e che non ha fatto altro che farci esportare guerre da 60 anni a partire dalle nostre basi di lancio.


E' quindi bene agire sul piano dell'anticostituzionalità, ma sicuramente non sufficiente per uscire dal guado euroNato; meglio sarebbe ravvisare politicamente e giuridicamente, per indebolirle, a livello delle istituzioni UE, i motivi di nullità dei Trattati nei Trattati stessi e nelle sue imperfette, difettose e illecite applicazioni dalle istituzioni e da ogni singolo Stato e utilizzare tali inadempienze come argomento sovrano per ottenere equità per l'Italia "pena" l'uscita dall'euro. Una uscita dall'euro che se si effettua, la si deve fare soprattutto non come l'ha scommess Soros ma nel senso di sovranità popolare con tutti i crismi auritiani e contabilmente corretti del caso, con tutti gli ausilii delle alleanze politiche con un fronte sovranista di popoli, e con tutto l'armamentario, in tutti i sensi, necessario per rialzare la testa.


Ravvisare anche le inique e diversissime applicazioni e interpretazioni delle stesse clausole dei Trattati da Stato a Stato, soprattutto per quel che riguarda materie importanti come la moneta, lo spread, gli spiccioli (cfr.3), la stampa banconote, le riserve d'oro, la proprietà delle diverse BCN e del nostro sistema bancario stesso (la famigerata legge Amato!), e far valere i principi stessi dei Trattati come la sussidiarietà, l'interesse di valore strategico per ogni singolo Stato, l'emergenza nazionale e sociale, i gruppi di interesse generale ecc..

Ravvisare infine, a livello politico E giuridico, tutte le mille storture nell'applicazione delle normative antitrust UE tali e sufficienti da rendere nulla tutta la competenza Concorrenza della Commissione europea e i Trattati stessi da Maastricht in poi. Una politica antitrust che è stata da 30 anni a questa parte completamente disinterpretata, finta, ingiusta, illecita, corruttiva, corrotta e soprattutto deleteria nei confronti della nostra industria, e dell'IRI di cui era stato ufficiosamente e clandestinamente deciso lo smantellamento nel 1992 sul panfilo Britannia (cfr.4 ) dalla finanza franglosassone, presenti Prodi e i prodiani, e a supporto della testimonianza di Nino Galloni (cfr 5) sull'accordo franco-tedesco di riduzione drastica del comparto industriale italiano concordato da Mitterand e Kohl (occultato dai media con l'espressione "coppia franco-tedesca" "motore dell'Europa").



Per delegittimare la Commissione europea e strapparle la competenza Concorrenza, che ha agito in tutti questi anni illecitamente vietando gli aiuti di Stato, come da Trattato, ma unicamente nei confronti di certi paesi di cui i PIIGS e facendo eccezione con paesi come Francia, Germania, Olanda, Lussemburgo, Gran Bretagna e Danimarca, basterebbe sviscerare un unico caso di fusione ABNORME, ed emblematico, quello di Suez+Gaz de France, vero potentato a cui la Commissione europea obbedisce supina in quanto comprende anche la dealer, anche comproprietaria di Banca d'Italia BNP Paribas (cfr. 6).


Questo perché, a mio parere, sventolare unicamente l'anticostituzionalità dei Trattati ne farebbe una questione meramente nazionale, fatto importante ma non sufficiente da avanzare in Europa, mentre noi dobbiamo presentare e argomentare i punti invalidanti soprattutto a livello europeo per essere credibili e persuasivi, ed è con quel livello che dobbiamo negoziare e far valere gli argomenti per annullare i Trattati sottoscritti dai nostri governi in nostro nome e per nostro conto. Compresi i diabolici Protocolli dove si sanciscono le vere diseguaglianze tra Stati membri offrendo ad alcuni di essi enormi vantaggi competitivi, si pensi solo all'esenzione accise per gli idrocarburi dalle Antille olandesi che di fatto va alla Shell/Olanda...


E compreso il sacrosanto diritto all'autodeterminazione dei popoli tradito e calpestato dai nostri politicanti stessi.


L'anticostituzionalità è quindi un argomento, ma da solo non basta.


Nicoletta Forcheri 18/3/2015


Altri Riferimenti
1. http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.it/2014/12/cuneo-euro-si-euro-no-integrale.html

2. Trattati UE: http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.it/2014/03/falsi-dilemmi.html

3. Conio Monetine: http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.it/2014/05/conio-monetine-consentito-allitalia-per.html


4. Svendita Britannia http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.it/2008/09/svendita-italia-labc-panfilo-britannia.html


5. https://www.youtube.com/watch?v=t_ssGy0LXo0 Deindustrializzazione secondo Galloni

6. Suez/Gaz de France/BNP Paribas: http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.it/search?q=Suez+gaz+de+france,+bnp+paribas
Sulle dealer: http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.it/2015/01/tesoro-bdi.html
http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.it/2015/01/tesoro-bdi.html
http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.it/2013/01/qualsiasi-similitudine-e-puramente.html
Altri riferimenti:
Guarino e la nullintà dei Trattati:
http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.it/2014/11/prof-guarino-lunione-monetaria-non-e.html
---------------------------------------------------------------------------------
Il giudice Barra Caracciolo punta il dito sulla Corte Costituzionale

Fonte: http://www.giacintoauriti.eu/notizie/93-il-giudice-barra-caracciolo-punta-il-dito-sulla-corte-costituzionale.html


Scritto da redazione.
Barra_Caracciolo.jpg
Pubblichiamo l'intervista che Cesare Sacchetti fece a novembre del 2014 al dott. Luciano Barra Caracciolo, Presidente della VI Sezione del Consiglio di Stato, che ha enunciato nel suo libro “Euro e (o?) democrazia costituzionale - La convivenza impossibile tra Costituzione e Trattati europei “ l’incostituzionalità dei Trattati europei, descrivendo l’inefficacia delle politiche di riduzione del deficit pubblico basate sul modello economico neoliberista caro alla Commissione Europea. Politiche che di fatto continuano a precipitare il Paese in una recessione ancora maggiore, con il Governo che puntualmente elabora previsioni di ripresa che fino ad ora non si sono mai realizzate.

Il dott. Barra Caracciolo evidenzia ed attualizza ciò che Auriti e il dott. Bruno Tarquini denunciarono pubblicamente sulla debolezza ( per noi immobilismo – ndr) della Corte Costituzionale nei confronti dell'Unione Europeae dei Trattati. Possibile che dell'incostituzionalità se ne accorgono magistrati come Barra caracciolo e Varone ma non se ne accorsero, e non se ne accorgono, quelli della Corte Costituzionale ?
_______________________________________________________________________________________________

Dottor Barra Caracciolo, partiamo dalle previsioni d’autunno della Commissione Europea, secondo le quali l’Italia non raggiungerà il pareggio di bilancio nel 2017. Secondo la Commissione il disavanzo strutturale aumenterà dallo 0,9 % all’ 1%. Kaitanen, vicepresidente con delega alla crescita, agli investimenti, e all’occupazione sottolinea l’importanza di rispettare il Patto di Stabilità. All’Italia saranno chieste misure correttive? Se sì, di che tipo?
Parlare di decimali su indicatori come “disavanzo strutturale” e crescita, in relazione ai modelli economici utilizzati dalla Commissione è praticamente privo di senso. Le previsioni effettuate in base al loro modello economico si rivelano costantemente sbagliate. Questo perché muovono dal presupposto neo-liberista della “neutralità” del deficit pubblico, la cui riduzione sarebbe “espansiva” in base ad uno spiazzamento dal bilancio pubblico agli investimenti privati.
Un’autentica follia che dovrebbe portare a risposte ben più nel merito della sostenibilità delle politiche imposte da parte dei nostri responsabili economici. A parte che in presenza di saldi primari costanti e di dimensioni senza pari in Europa, e probabilmente al mondo, la sola ipotesi dello spiazzamento (quando l’onere degli interessi assorbe sia il disavanzo che lo stesso saldo primario in forma di trasferimenti, per di più in parte esteri) contrasta evidenze elementari, la vera preoccupazione non è tanto se ci chiederanno inevitabili misure correttive, quanto se il livello di recessione in cui ci troveremo anche con la manovra di stabilità attuale, non rispettosa del demenziale Patto di stabilità, possa tollerare politicamente e socialmente tali “misure”.
Ma il nostro governo accetta implicitamente tale modello di (de)crescita infelice, replicando in balletti di cifre e su modalità di copertura del tutto improbabili, e continua anch’esso, da quattro anni ormai, a sfornare previsioni errate di presunta uscita dalla recessione.
- Il ministro Padoan nella lettera di chiarimenti inviata a Bruxelles ribadisce un impegno del Governo a cedere asset pubblici per un 0,7% di Pil, pari a circa 11 miliardi di euro. L’obiettivo del Governo è quello di cedere Poste, ENAV, e Fs nel 2015. La logica per giustificare questo tipo di operazione, è quella di una riduzione del debito pubblico, anche se nelle precedenti dismissioni delle partecipazioni statali del 1992 gli effetti sulla riduzione furono minimi, al contrario si verificò un aumento del livello del debito. Quali saranno gli effetti di queste privatizzazioni e non si corre il rischio di affidare a monopoli privati la gestione di servizi pubblici fondamentali?
Su tale argomento ormai praticamente tutti continuano inutilmente ad evidenziare che la misura di abbattimento del debito-stock, è tale da non giustificare di privarsi di quote societarie che danno un flusso di profitti, cioè di entrate dello Stato, che sono ben superiori all’attuale onere “medio” dei titoli del debito in circolazione e anche in emissione. Che dire?Poi dovranno aumentare le tasse o tagliare i servizi; e questo dopo aver svenduto con intempestive cessioni in un momento di mercato sfavorevole per l’Italia.
Dagli anni’90 in poi con l’introduzione delle authority nell’ordinamento italiano, il controllo sulla concorrenza e sui prezzi è affidato a queste agenzie. I dati pubblicati nel 2013 dalla CGIA di Mestre parlano di un aumento generalizzato di quasi tutti i servizi, come le assicurazioni, l’acqua, il gas e la luce, lamentando una gestione di monopoli naturali in mano ai privati. Qual è il suo giudizio sull’operato delle authority e sulla privatizzazione dei servizi pubblici?
Sono due problemi separati: la logica delle Authority è quella UE, di negazione radicale dell’art.43 Cost., che è norma di rango costituzionale che riflette principi fondamentali dell’ordinamento democratico, e perciò risponde all’idea che monopoli naturali o, nella migliore delle ipotesi, situazioni di oligopolio, diverrebero “concorrenziali” se affidati ai privati anziché alle politiche tariffarie dei governi. Le Authority agiscono, facendo il possibile, sulla struttura di mercato che trovano e sul presupposto che l’idea di “forte competizione” ordoliberista, immaginata dai trattati, non abbia riscontro nella realtà. In situazione di (almeno) oligopolio la crescita dei prezzi superiore all’inflazione, la riduzione degli investimenti e dell’innovazione tecnologica, la compressione salariale e del livello di occupazione, sono praticamente una certezza.
La CGIA di Mestre, invece di fare le consuete lamentele, genericamente rivolte contro l’inefficienza pubblica (una vera ossessione), dovrebbe interrogarsi sulla “struttura” dei mercati privatizzati e sul perché, in tutta Europa, si registrino queste stesse conseguenze.
Quali strumenti giuridici ha in mano l’Italia per recedere dal Trattato di Maastricht? Secondo lei, è possibile invocare un recesso attraverso l’art.60 della Convenzione di Vienna, lamentando un inadempimento degli altri stati membri delle clausole del Trattato, come quella del 3% di deficit/PIL, più volte violata da Germania e Francia? E, infine, qual è lo scenario più praticabile?
Ho già ampiamente analizzato le violazioni plurime dei trattati, o, ad essere benevoli, l’evidente sopravvenuta disfunzionalità delle loro regole, che giustificherebbero un recesso “causale”, secondo la Convenzione di Vienna, per "inadempimento della controparte" (art.60: principio “inadimplenti non est adimplendun”) e per sopravvenuta impossibilità dell'esecuzione (art.61 c.d. clausola rebus sic stantibus, art.61). La questione è politica ma anche culturale: bisogna “voler” guardare agli effetti distruttivi di tali regole sulla realtà industriale e sociale italiana e “saperli” collegare ai principi codificati del diritto internazionale generale.
Entrambe queste operazioni, volitiva e cognitiva, non paiono essere oggetto di determinazioni delle autorità prese nell’interesse fondamentale della Nazione.
Nel suo saggio “ Euro e(o) democrazia costituzionale” lei sottolinea l’incompatibilità giuridica tra i trattati europei e la Costituzione. E’ immaginabile che la Corte Costituzionale possa esprimersi in tal senso su questa questione?
Mi “consenta” di essere sfiduciato su questa prospettiva, che pure propugno con l’indicazione di precisi percorsi, aderenti ai principi più importanti e immodificabili della Costituzione. Aggiungo: sfiduciato “ormai”, cioè…rebus sic stantibus.
Come ho altresì indicato , abbiamo pure un ostacolo enorme nella carenza di previsioni costituzionali sulla remissione diretta, e tempestiva, alla stessa Corte costituzionale. Quand’anche cioè disponesse delle “risorse culturali”, di raccordo tra diritto ed economia, menzionate alla risposta precedente.
Il precedente che viene spesso usato per descrivere un paragone con l’Euro a livello economico, è quello dello SME, dal quale l’Italia uscì nel 1992 dopo forti speculazioni finanziarie e con lo smantellamento delle partecipazioni statali. La transizione all’epoca fu gestita da un governo tecnico, il governo Amato. Andiamo incontro allo stesso scenario, con un’uscita dall’euro gestita da un governo tecnico?
Lo Sme è stato una prova generale, tutto sommato ben riuscita, visto che mentre falliva, e successivamente alla dimostrazione che senza il vincolo monetario l’Italia aveva rapidamente ripreso la competitività della sua produzione, ci siamo immediatamente prestati, senza dubbi e obiezioni, al rilancio della convergenza di Maastricht ed alla “irrinunciabile” entrata nell’euro.
E questo senza neanche considerare l’ipotesi, dibattuta consapevolmente nell’opinione pubblica, di un “opting out” o della conservazione indefinita dello status di “paese con deroga”, in cui si trovano comodamente, crescendo, gli unici paesi UE che non stanno nell’euro. Tutta l’UEM è alle prese con stagnazione, recessione e aumento vertiginoso del debito pubblico (anche in misure ben maggiori di quelle italiane)… Tranne la Germania: per ora…
Le situazioni emergenziali nella storia recente del Paese, vengono gestite da governi tecnici, espressione spesso di poteri finanziari e sovranazionali. Negli ultimi 3 anni in particolare sono al potere governi non espressione della volontà popolare con il ruolo del Capo dello Stato , avvicinatosi più a quello di una repubblica presidenziale. Si può ancora dire che l’Italia appartiene ad un contesto istituzionale democratico vicino ai dettami della Costituzione?
La risposta al quesito è in fondo già data dalle risposte precedenti. Quanto ad isolare i singoli episodi di governi tecnici da quelli presuntivamente politici, dipende dall’idea di “politica” che si vuole considerare conforme alla Costituzione. Se, come accade praticamente, (almeno), a partire dall’adesione a Maastricht, la sovranità democratica, - cioè la cura, da parte delle Istituzioni costituzionali di indirizzo politico, dei diritti fondamentali sociali caratterizzanti la nostra Repubblica - è subordinata al vincolo esterno, la politica perde la sua caratteristica natura di scelte libere nei fini, purché vincolate al rispetto dei principi fondamentali della stessa Costituzione.
Abbiamo cioè un unico pluriventennale governo tecnico che però decide essenzialmente a Bruxelles e senza tener conto dei principi e dei diritti fondamentali della Costituzione. Basti dire che i tedeschi, attraverso gli arresti (Urteil), Lutz, Solange e Lissabon, hanno praticamente subordinato tutte, indistintamente, le fonti “europee” al sindacato di compatibilità costituzionale preventivo, esercitato dalla loro Corte costituzionale su rinvio del parlamento (o anche di privati cittadini). E si valorizza il giudizio sovrano e insindacabile dello stesso parlamento sulla accettabilità e direzione della “integrazione europea”.
 

mototopo

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FALO' MPS HA BRUCIATO FINORA 300 MILIONI DI EURO DEGLI INVESTITORI ESTERI E ALTRI 270 TRA POCHISSIMO (DISASTRO)giovedì 19 marzo 2015

In vista dell'assemblea degli azionisti del Monte e alla vigilia della presentazione delle liste per il rinnovo del consiglio d'amministrazione del Montepaschi di Siena viene naturale fare i conti in tasca ai due soci stranieri entrati nel capitale della banca senese con un patto di sindacato sul 9% del capitale al fianco della Fondazione Mps.
E tirando le somme emerge un un vero e proprio bagno di sangue, costato ad oggi oltre 300 milioni di euro.
Per il finanziere messicano Martinez Guzman, numero uno del fondo Fintech, che detiene il 4,5% della banca, la missione a Siena sta costando infatti una minusvalenza di quasi 220 milioni. A fronte di un investimento iniziale di 124,6 milioni per rilevare la quota dalla Fondazione Mps, ha dovuto tirar fuori dal portafoglio altri 225 milioni per seguire il maxi aumento di capitale da 5 miliardi dell'estate scorsa.
Il tutto per ritrovarsi in mano una quota che oggi in Borsa vale poco piu' di 130 milioni.
Ma in ambienti vicini al finanziere il sentiment verso questo investimento resta positivo, e d'altra parte non possono che dire questo, altrimenti dovrebbero ammettere d'avere compiuto un errore catastrofico, che per un finanziere equivarrebbe a una bocciatura dagli effetti imprevedibili.
Il Montepaschi rappresenta un potenziale di aggregazione, affermano persone vicine a Guzman, e sicuramente in base a come cambia l'assetto delle banche nel Paese, Mps avra' un ruolo centrale. Fintech, ribadiscono, e' un investitore di medio lungo termine e mai mordi e fuggi. Insomma, la speranza e' che col nuovo aumento di capitale il gruppo cominci a dare qualche risultato. Sempre che Mps non porti i libri in tribunale, nel frattempo.
Situazione simile anche per i soci di Btg Pactual. Il fondo brasiliano ha investito oltre 55 milioni di euro per entrare nel capitale col 2% e ha sottoscritto il primo aumento di capitale con altri 100 milioni.
Ad oggi la quota vale circa 58,3 milioni. Facendo una sottrazione si evince che la perdita sfiora i 100 milioni. Adesso che la banca varera' un nuovo aumento di capitale da 3 miliardi, necessario a colmare il deficit emerso dagli stress test della Bce, i due soci finanziari e la Fondazione Mps dovranno versare nelle casse della banca, complessivamente 270 milioni, di cui 195 milioni da parte dei fondi.
Di questa cifra 135 milioni saranno appannaggio infatti di Fintech e 60 milioni di Btg. Insomma, l'ennesimo investimento impegnativo da realizzare nella speranza di rimediare a parte del danno, oppure renderlo irrimediabile. Dipende dai punti di vista...
Redazione Milano


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mototopo

Forumer storico
PUTIN E LA BANCA CENTRALE RUSSA
Pubblicato su 20 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in POLITICA
Putin sta per nazionalizzare la Banca Centrale Russa controllata dai Rothschild, nel tentativo di stabilizzare il declino del Rublo.

dal dossier Euro-med.dk:
Secondo la Costituzione, il CBR appartiene ad uno Stato estero – la City di Londra – e sta prendendo ordini da Londra e Washington. Questa banca può stampare solo il denaro corrispondente alla sua liquidità in valuta estera, che non è sufficiente ai fini di Putin. La CBR ha anche per comprare obbligazioni (inutili) degli Stati Uniti per i dollari pagati per il petrolio russo – in cui i dollari tornano alla FED!
Inoltre, Putin è sotto pressione da parte dell’Occidente, che vuole rovesciarlo e sostituirlo con oligarchi di mentalità occidentale. Così, l’ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca, Tefft, dichiara senza mezzi termini: “Noi solleveremo Putin dall’incarico e installeremo nostri uomini, a capo del governo (ha anche ricordato la persona per nome) e nomineremo i ministri”.
Pertanto Putin oggi ha bisogno di un forte esercito per impedire la capitolazione della Russia agli Stati Uniti.
Fyodorov ha detto in un’intervista: Una spaccatura nella élite russa è avvenuta due mesi fa, dal momento che parte dell’élite ha deciso di rimanere con Putin.
Putin poi preso la sua decisione, che definisce gli eventi a seguire.

Inoltre, la logica di
1) lo stato di emergenza o
2) la guerra geopolitica è entrato in vigore, mentre siamo sotto pressione.
Ciò significa,
a. Americani ora non possono ridurre la loro pressione, mentre
b. abbiamo semplicemente da goderci la pressione, perché ci costringe tecnologicamente alla liberazione nazionale: Per molti anni, non siamo riusciti a ottenere de-offshoring, ma la pressione americana ha eseguito questo in un solo giorno.
Putin deve ora pulire senza pietà la 5 ° colonna interna “La nostra Banca centrale, il Ministero delle Finanze, il Ministero dell’Economia”.
Ma soprattutto, Putin vede l’Occidente come il grande speculatore contro il rublo.

Per mettere il piano semplice:
1. Una divisione nel governo,
2. Identificazione quinta colonna nel governo, negli affari, nei media,
3. epurazione
4. una posizione attiva parallela sull’Ucraina, perché l’Ucraina e la Russia sono la stessa cosa – come ha detto Putin. Con queste parole ha definito la sua posizione e la strategia per la Russia.
La nazionalizzazione della Banca Centrale della Russia sarebbe il primo segnale per dichiarare la rottura finale con Rothschild’s City of London / dell’Impero Britannico / la “British (bankster) Crown” e il suo strumento, gli Stati Uniti.
Il loro rapporto è stato teso fin dal sequestro da parte di Putin delle azioni Yukos Rothschild / del Chodorkowsky. Pertanto, Putin esita ancora con la nazionalizzazione.
Ha bisogno ancora dell’autorizzazione ad applicare il suo piano, nella posizione di uomo forte.
Per questo ha bisogno di un “grande necessità”, che si suppone sia imminente a causa di una aggressione degli Stati Uniti.
Fonte: http://yournewswire.com/putin-to-nationalise-rothschild-central-bank/
Tratto da:http://www.iconicon.it

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mototopo

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Euro crisis marzo 19, 2015 posted by admin
Grecia Dracma edition in 3 grafici (fuga correntisti, flop sistema bancario ed inversione della curva dei rendimenti dei Bond)

Partiamo dal fondo: se va avanti cosi’ presto vedremo circolare le banconote sottostanti, alla faccia dell’irreversibilita’ dell’Euro dichiarata da Draghi.



Continua il balletto in Grecia. Ormai c’e’ una situazione di litigio permanente tra la Grecia e l’Eur…. ops…e la Germania (suvvia, diciamolo!). Pare un dialogo tra sordi.

Le conseguenze le vedete qui: fuga epocale dei correntisti (famiglie ed imprese) dalle banche greche, imprennata dell’affidamento del sistema bancario sulla liquidita’ della Banca Centrale, ed inversione dei rendimenti dei Tassi dei Bond Greci.



Perfino il Kapo’ Martin Schulz inizia a sbraitare:
(AGI) – Berlino, 19 mar. – La situazione finanziaria della Grecia e’ “pericolosa”. L’avvertimento arriva dal presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, in vista del vertice dei leader europei. Secondo Schulz Atene ha bisogno di 2-3 miliardi di euro a breve per evitare la bancarotta. “Il tempo sta scadendo” dice e “nel breve termine servono 2-3 miliardi di euro per far fronte agli obblighi piu’ urgenti”. “La volonta del governo greco di cooperare – dice ancora – deve migliorare”, in particolare riguardo alle informazioni sui progressi delle riforme
Perfino Draghi inizia a farsela addosso (da il Sole 24 Ore)
Grexit serpeggia di nuovo nei sussurri di palazzo, tra un’insofferenza crescente e la voglia di liberazione da un problema ritenuto insolubile. Alexis Tsipras coglie perfettamente l’ostilità stizzita che circonda lui e il suo Paese: per questo prova a superare i canali del dialogo tecnocratico per portare il suo problema al massimo livello di dibattito politico. Anche se non è affatto detto che interlocutori come Angela Merkel, François Hollande, Jean-Claude Juncker e Draghi si dimostrino più aperti e disponibili. Senza nuovi e tempestivi aiuti europei, la Grecia scivola inesorabilmente verso il default e la rottura con i partner. Non aiuta la sensibilità diplomatica di Jeroen Dijsselbloem , il presidente dell’Eurogruppo che già evoca per Atene il devastante scenario di Cipro con relativa imposizione dei controlli sui movimenti dei capitali.
Né aiuta il veto della troika alle misure umanitarie promosse dal governo, buoni-pasto e luce gratuita per le fasce più povere, perché ”unilaterali”, presentate senza consultare i tecnici. E nemmeno il giudizio durissimo dell’Fmi: la Grecia è il Paese meno collaborativo della storia del Fondo. Tutti accusano Atene di non rispettare gli impegni assunti il 20 febbraio con i creditori. Il premier Tsipras replica che ha l’acqua alla gola: finanziariamente, socialmente e politicamente. Sa di essere nell’angolo in Europa. Come sa che conta poco nel negoziato avere il sostegno dell’80% dei greci nella battaglia contro l’austerità o l’approvazione a maggioranza schiacciante del parlamento agli aiuti umanitari. «Spetta alla Grecia decidere se vuole stare o no nell’euro» ripete il tedesco Wolfgang Schäuble. E persino il francese Pierre Moscovici, il commissario Ue un tempo convinta colomba, rincara: «Non possiamo tenere dentro la Grecia ad ogni costo».
Insoddisfatto dei progressi fatti fin qui, Juncker invece invita «gli uni e gli altri a intendersi». I margini di Tsipras sono ridottissimi. Quando governava il suo predecessore Antonis Samaras, i partner e la troika sapevano benissimo che il 60% degli impegni che aveva preso restavano inattuati ma facevano finta di niente e alla fine erogavano gli aiuti. «Però Samaras diceva sempre di aver intenzione di rispettare gli impegni, Tsipras no», ricorda un consumato negoziatore. Come sempre tutti hanno una parte di ragione. La questione è un’altra, drammatica: di questo passo, se l’Europa non farà un gesto costruttivo e lungimirante, con le sue sole forze la Grecia non riuscirà a restare nell’euro. C’è che si ostina a illudersi di essere comunque immune al disastro. Le immagini di ieri a Francoforte raccontano tutt’altra storia: la Grecia è un problema tutto europeo come le sue richieste di un rigore più temperato e ragionevole ormai sono europee.
GPG
 

mototopo

Forumer storico
posted by Maurizio Gustinicchi
EXPORT ITA IN DIFFICOLTA': PERCHE’ LA SVALUTAZIONE DELL’EURO NON EQUIVALE LA SVALUTAZIONE DELLA LIRA

Gli adoratori del vitello d’oro (cioè dell’Euro) hanno sempre sostenuto che NON FOSSE NECESSARIO TORNARE ALLA LIRA in quanto si poteva tranquillamente svalutare la moneta grande (contrapposizione a una grande moneta) e tenersi la BCE impostata alla FED.
Bene, tutto questo è accaduto eppure non ha funzionato, o meglio, non sta funzionando.
La valuta Euro è crollata verso il dollaro in modo considerevole (quasi 30%) ed i conti non tornano. Questi i dati recentemente pubblicati dall’Istituto Luce (ISTAT):
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COMMERCIO CON L’ESTERO
A gennaio 2015:

- flessione per l’export (-2,5%)
* contrazione delle vendite verso i mercati UE -2,6%;
* contrazione delle vendite verso i mercati extra UE -2,4%

- aumento per l’import (+1,0%).
* contrazione degli acquisti dai paesi extra UE -0,4%
* aumento degli acquisti dai paesi UE +2,0%

Nell’ultimo trimestre, rispetto al precedente, l’export risulta in espansione (+0,5%). Al netto della forte contrazione dei prodotti energetici (-20,2%), l’incremento è più ampio (+1,4%) e diffuso a tutti i comparti.

La flessione tendenziale di gennaio 2015 è di -4,2% e proviene da:
- diminuzione delle vendite -4,7% per l’area Ue
- diminuzione delle vendite pari al -3,5% per l’area extra Ue.

Per le importazioni si registra una contrazione tendenziale di pari ampiezza (-4,2%), da ascrivere principalmente all’area extra Ue (-8,5%).

A gennaio 2015 il saldo commerciale è positivo (+219 milioni).
Questo risultato è la sintesi di un surplus con i paesi Ue (+452 milioni) e di un deficit con i paesi extra Ue (-233 milioni).
Russia (-36,7%) e paesi MERCOSUR (-24,0%) sono i mercati che contribuiscono maggiormente alla flessione dell’export, mentre le vendite verso gli Stati Uniti sono in forte crescita (+23,5%).

Le importazioni da Russia (-40,2%) e paesi OPEC (-23,3%) sono in forte contrazione. In rilevante calo l’import di petrolio greggio (-41,1%) e di prodotti petroliferi raffinati (-41,0%).
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Notate bene, LA FLESSIONE (SIA DEL MESE, SIA TENDENZIALE) E’ MAGGIORE NEL MERCATO UE PIUTTOSTO CHE NELL’ALTRO.
Perché ciò?
Per un motivo molto semplice, verso i mercati in valuta diversa dall’euro le vendite hanno tenuto grazie alla svalutazione dell’Euro verso il dollaro (ma spesso qui parliamo di moda, di qualunque tipo di moda, mobili, scarpe, abbigliamento ecc.). Laddove invece il mercato è gestito con la MEDESIMA VALUTA (e in cui si è verificata una crescente continua minor competitività di costo rispetto ai più forti competitor) e composto di beni intermedi, le vendite sono calate in modo maggiore.
La SACE, non Alberto Bagnai o Claudio Borghi, ci conferma che dal 1999 ad oggi:
– la Germania ha abbassato mediamente i costi del lavoro, tramite deflazione salariale, del 15%
– l’Italia, la Spagna e la Francia l’hanno aumentata, rispettivamente, del 15%, del 20% e dell’8% circa (sino al periodo 2008-2011);
– il differenziale si è poi leggermente ridotto MA, tra Italia e Germania, esso è ancora del 23%

Questo differenziale del 23% con la svalutazione dell’Euro rimane inalterato!
Può esser però sufficiente la svalutazione dell’Euro a compensare (con nuovi mercati) le vendite Italiane perse verso la Germania? Non lo sappiamo, tutto quello che possiamo affermare è quanto segue:
1) il mercato USA vale il 25% del mercato UE per l’export italiano;
2) la Russia praticamente l’abbiamo persa;
3) il Mercosur e altre zone geografiche hanno risposto all’austerity europea con altrettanta austerity compromettendo alla grande il nostro export.

Dai punti 1, 2 e 3, possiamo RAGIONEVOLMENTE apprendere che il mondo sta rallentando i commerci al punto tale che l’extravendita in USA, unico paese che ancora compra, potrebbero non esser sufficienti a reggere l’urto negativo di un tale evento. D’altronde sono solo 300 milioni di abitanti, come possono spingere la ripresa economica di un intero continente in difficoltà?
Per questo motivo, e anche per il fatto che il BALTIC DRY INDEX segnala fortissima contrazione nei commerci internazionali in ogni parte del pianeta, possiamo affermare che LA SVALUTAZIONE DELL’EURO NON SARA’ SUFFICIENTE A RISOLLEVARE LE SORTI DEL NOSTRO PAESE. SERVIVA SUBITO SVALUTAZIONE GENERALE (DELLA LIRA) AFFINCHE’ OLTRE A TENER BOTTA I MERCATI INTERNAZIONALI EXTRAUE SI FOSSE RIEQUILIBRATA ANCHE LA PERDUTA COMPETITIVITA’ INFRA-UE (CHE PESA AD OGGI BEN OLTRE IL 50% DEL NOSTRO COMMERCIO).



AD MAIORA
Maurizio Gustinicchi
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